N. 551 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 maggio 1994
N. 551 Ordinanza emessa il 18 maggio 1994 dal pretore di Lecce nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Cotardo Tiziana ed altre contro la ditta Luel ed altri Lavoro (rapporto di) - Trattamento di disoccupazione - Indennita' di mobilita' in seguito a licenziamento collettivo per cessazione dell'attivita' aziendale - Mancata previsione della corresponsione di detta indennita' anche ai lavoratori non iscritti nelle liste di mobilita' per non avere il datore di lavoro attivato ed esaurito la procedura prevista dall'art. 4, commi da uno a dodici, della legge impugnata - Irrazionale subordinazione del diritto ad una prestazione previdenziale al comportamento di un soggetto (datore di lavoro) estraneo al rapporto di natura previdenziale ed indifferente alle conseguenze economiche del suo inadempimento soprattutto nell'ipotesi di cessazione di attivita' prodromica ad una procedura di liquidazione dell'impresa. (Legge 23 luglio 1991, n. 223, art. 7, primo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.40 del 28-9-1994 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva che precede, osserva, in punto di fatto, che la ditta Luel ha verbalmente proceduto al licenziamento di tutti i dipendenti, in data 31 dicembre 1992, per cessazione di attivita', senza avere preventivamente attivato e perfezionato la procedura prevista dall'art. 4, commi da 2 a 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223. 1. - Cio' posto, rileva che, ai sensi dell'art. 24, secondo comma, della stessa legge, la predetta procedura sarebbe dovuta essere osservata dal datore di lavoro, oltre che per l'ipotesi di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, anche in caso di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'. Dall'esame delle disposizioni di cui all'art. 4, commi da 2 a 9, della legge n. 223/1991 appare evidente il loro preciso riferimento all'ipotesi di licenziamenti collettivi per riduzione di personale: la c.d. procedura di mobilita' trova, pertanto, applicazione, per il caso di cessazione di attivita' aziendale, soltanto per la parte compatibile. Ed invero, in questa fattispecie non rilevano le norme che pongono limiti formali al potere di recesso del datore di lavoro poiche' appare irragionevole ritenere che possa essere disposta la reintegrazione di un lavoratore in un'azienda che esista soltanto giuridicamente, qualora sia dichiarata l'invalidita' o l'inefficacia del recesso: l'art. 18 della legge n. 300/1970, richiamato dall'art. 5, terzo comma, della legge n. 223/1991, assicura una tutela reale, mentre, non essendo possibile un'effettiva reintegrazione, la tutela del lavoratore illegittimamente licenziato ai sensi dell'art. 4, nono comma, della stessa legge potrebbe essere soltanto risarcitoria, qualora l'azienda dovesse aver cessato la sua attivita' produttiva. Egualmente, nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita', non rivestono importanza alcuna i motivi della decisione imprenditoriale, risultando insindacabili dal giudice e dalle altre parti sociali, come pure i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, investendo la decisione aziendale tutti i suoi dipendenti. La procedura di mobilita' e' stata, quindi, estesa ai lavoratori licenziati per cessazione di attivita' non gia' per la parte che vale a salvaguardare i dipendenti da un potere di recesso del datore di lavoro arbitrario, indiscriminato e immotivato, quanto, invece, per la parte che tende ad assicurare ai lavoratori la tutela previdenziale (art. 7) e sociale (art. 8) conseguente all'iscrizione nelle liste di mobilita'. La procedura di mobilita' si esaurisce, pertanto, in questo caso, in adempimenti soltanto formali, quali la comunicazione alle rappresentanze sindacali e all'ufficio provinciale del lavoro, della volonta' di cessare l'attivita' aziendale (artt. 2 e 4) e la successiva comunicazione dell'esaurita procedura, contestualmente all'elenco dei lavoratori licenziati con i rispettivi profili, all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, competente per la compilazione della lista dei lavoratori in mobilita' (art. 9). 2. - Orbene, l'inesistenza o il mancato perfezionamento della procedura di mobilita' porta conseguentemente alla mancata iscrizione di un lavoratore licenziato per cessazione di attivita' nelle liste di collocamento; lo stesso lavoratore, pertanto, anche se in possesso del requisito dell'anzianita' aziendale previsto dall'art. 16, primo comma, della legge n. 223/1991, non potrebbe aver diritto all'indennita' di mobilita', quale prevista dall'art. 7 della stessa legge. Detta norma dispone, infatti, che i lavoratori abbiano diritto all'indennita' di mobilita', se "collocati in mobilita' ai sensi dell'art. 4"; prescrive cioe' che sia seguita una procedura che si concluda con l'iscrizione di un lavoratore nelle liste di mobilita' perche' questi possa godere dell'indennita' di mobilita'. 3. - A questo punto e' bene soffermarsi sulla natura dell'indennita' di mobilita'. Trattasi, ad avviso di questo pretore, di una prestazione previdenziale che viene erogata dall'I.N.P.S. ai lavoratori che siano collocati nelle liste di mobilita' e che siano in possesso di determinati requisiti di anzianita', legislativamente previsti. In questa materia l'I.N.P.S. non esercita, quindi, alcun potere di discrezionalita' amministrativa, ma svolge attivita' meramente ricognitiva; il lavoratore iscritto nelle liste di mobilita', che sia in possesso dei prescritti requisiti soggettivi, sottratti a qualsiasi valutazione discrezionale, vanta, pertanto, un diritto nei confronti dell'I.N.P.S. per il pagamento dell'indennita' di mobilita'. 4. - Queste considerazioni valgono a disattendere l'eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa del Ministero del lavoro che e' stato chiamato in causa per il fatto che agli uffici regionali del lavoro e della massima occupazione compete la tenuta delle liste dei lavoratori in mobilita'. Si discute, infatti, se il giudice, nel caso di omessa procedura da parte dell'azienda che abbia cessata la sua attivita', possa dichiarare il diritto dei lavoratori licenziati ad essere iscritti nelle liste di mobilita', verificatene le condizioni di legge, nel contraddittorio con il Ministero del lavoro. Si e' prospettata tale soluzione in quanto il diritto ad una prestazione previdenziale (indennita' di mobilita') sarebbe stato collegato all'iscrizione nelle liste di mobilita', obbligatoria in presenza di determinate condizioni (esaurimento della procedura di mobilita' da parte del datore di lavoro); si e' cosi' richiamata, per gli aspetti in comune con la presente fattispecie, la giurisprudenza formatasi in materia di collocamento dei lavoratori agricoli, in cui si e' ritenuto che il giudice possa dichiarare il diritto di un lavoratore ad essere iscritto negli appositi elenchi, a seguito di un giudizio meramente ricognitivo, dal quale discendono diritti a prestazioni presidenziali da far valere nei confronti di soggetto (I.N.P.S.) diverso da quello legittimato a contraddire (S.C.A.U.). La soluzione al suesposto quesito non puo', tuttavia, che essere negativa avendo il legislatore subordinato l'iscrizione nelle liste di mobilita' al comportamento di un soggetto (datore di lavoro) estraneo agli uffici regionali del lavoro; questi, quindi, legittimamente possono rifiutare l'iscrizione negli appositi elenchi, su istanza dei lavoratori interessati che lamentino l'omessa procedura da parte del loro datore di lavoro. La compilazione della lista dei lavoratori in mobilita' e' obbligatoria per gli uffici regionali del lavoro, ma se esaurita la procedura di mobilita'. 5. - Resta, pertanto, da verificare se, sotto un profilo costituzionale, possa essere legittima una norma che subordini il diritto ad una prestazione previdenziale (indennita' di mobilita') al comportamento di un soggetto (datore di lavoro) estraneo al rapporto di natura previdenziale ed indifferente alle conseguenze economiche del suo inadempimento soprattutto se la cessazione dell'attivita' dovesse risultare prodromica ad una procedura di liquidazione della societa'. Ad avviso di questo pretore, l'iscrizione nelle liste di mobilita', da cui discendono diritti di natura previdenziale ed anche sociale, non puo' essere condizionata dal comportamento arbitrario di un soggetto che sia estraneo ai rapporti di natura obbligatoria che conseguirebbero all'iscrizione medesima, tanto piu' quando lo stesso soggetto puo' risultare indifferente ai riflessi economici negativi della sua condotta. Come si puo' argomentare dalle stesse disposizioni dettate in materia di condizioni apposte ad un negozio giuridico, e' giuridicamente irragionevole far dipendere un diritto da un fatto volontario, il cui adempimento o la cui omissione non sia giusitificato da seri e apprezzabili motivi, ma da ragioni arbitrarie. 6. - Per quanto sopra esposto, l'art. 7, primo comma, della legge n. 223/1991 sembra confliggere con gli artt. 3 e 38 della Costituzione, nella parte in cui prevede che il diritto all'indennita' di mobilita' possa spettare soltanto ai lavoratori collocati in mobilita' ai sensi dell'art. 4 e non anche a quelli che sarebbero dovuti essere collocati in mobilita', ma che non sono stati iscritti nelle liste di mobilita', per non avere il datore di lavoro attivato ed esaurito la procedura prevista dall'art. 4, commi da 2 a 12, della legge medesima, nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'. Appare, invero, contrastante con il principio di eguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione una disposizione di legge che dovesse creare situazioni sperequate nei confronti di lavoratori licenziati per lo stesso motivo (cessazione di attivita'), per il solo fatto che un soggetto, indifferente rispetto ai rapporti che conseguono alla sua condotta, provveda o meno al compimento di atti formali, quale e' appunto la procedura di mobilita' nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'. Risulta, inoltre, contrastante con gli artt. 3 e 38 della Costituzione una norma che dovesse far discendere il diritto ad una prestazione previdenziale da comportamenti arbitrari di soggetti estranei al rapporto previdenziale. La dedotta questione e', inoltre, rilevante nel presente giudizio poiche' tutti i ricorrenti, licenziati per cessazione di attivita', possiedono i requisiti per usufruire dell'indennita' di mobilita', loro negata perche' non iscritti nelle liste di mobilita', per non avere il datore di lavoro neppure attivato la procedura di mobilita' prevista dall'art. 4, commi da 2 a 12, della legge n. 223/1991.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 7, primo comma, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nella parte in cui non prevede che il diritto all'indennita' di mobilita' spetti anche ai lavoratori che sarebbero dovuti essere collocati in mobilita', ma che non sono stati iscritti nelle liste di mobilita' per non avere il datore di lavoro attivato ed esaurito la procedura prevista dall'art. 4, commi da 2 a 12, della stessa legge, nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'; Sospende il giudizio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e alle parti costituite. Lecce, addi' 18 maggio 1994 Il pretore: BENFATTO 94C1051