N. 566 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 dicembre 1993- 1 settembre 1994
N. 566 Ordinanza emessa il 3 dicembre 1993 (pervenuta alla Corte costituzionale il 1 settembre 1994) dal tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione staccata di Latina sui ricorsi riuniti proposti da Porcelli Pietro Alvaro ed altro contro il comune di Cisterna di Latina. Regione Lazio - Edilizia e urbanistica - Mutamenti di destinazione d'uso d'immobili - Previsione della necessita' di concessione edilizia, quando le modifiche (realizzate con o senza opere) hanno per oggetto una delle categorie stabilite dagli strumenti urbanistici e di semplice autorizzazione quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria - Irrazionale previsione della concessione per mutamenti di destinazione d'uso realizzati senza la esecuzione di opere e contrasto con i principi fissati dalla legislazione statale in materia (art. 26 della legge n. 47/1985) - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 73/1991. (Legge regione Lazio 2 luglio 1987, n. 36, art. 7, primo e terzo comma). (Cost., art. 117).(GU n.40 del 28-9-1994 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 606 e 618 del 1992 proposti da: quanto al ricorso n. 606/1992 dal sig. Pietro Alvaro Porcelli, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Garofalo ed elettivamente domiciliato presso lo studio in Latina, viale dello Statuto n. 37; quanto al ricorso n. 618/1992 dal sig. Amedeo Di Lelio, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Pica, e con lo stesso elettivamente domiciliato in Latina, via Giustiniano n. 7 (c/o studio avv. Carlo Giupponi); contro il comune di Cisterna di Latina, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Antonio Ciccarese ed elettivamente domiciliato presso lo studio in Latina, via Pancini 12; per l'annullamento dell'ordinanza n. 22 del 19 febbraio 1992 del sindaco del comune di Cisterna di Latina, con la quale veniva ingiunto al sig. Di Lelio Amedeo e al sig. Porcelli Pietro Alvaro, ognuno per quanto di propria competenza, di ripristinare nel locale sito in corso della Repubblica 430, la destinazione d'uso prevista in progetto e prescritta dalle norme di piano ponendo termine a diverso uso attualmente in essere; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visto l'atto costituzionale in giudizio del comune di Cisterna di Latina; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 3 dicembre 1993 il cons. Goffredo Zaccardi; Uditi l'avv. G. Garofalo per se stesso ed in sostituzione dell'avv. M. Pica (ricorso n. 618/1992) per i ricorrenti e l'avv. A. Bucciarelli, con delega dell'avv. A. Ciccarese; Ritenuto e considerato quanto segue; F A T T O Il signor Porcelli, con decorrenza dal 31 gennaio 1983, veniva autorizzato dal sindaco del comune di Cisterna di Latina ad esercitare, attraverso il subingresso alla licenza n. 835 rilasciata alla signora Mazzali Nerina, attivita' di commercio al minuto con sede fissa, presso i locali siti in Cisterna di Latina, via Appia km 55,180. In data 23 marzo 1991, il sindaco del comune di Cisterna di Latina, dietro parere favorevole della commissione comunale al commercio, e della U.S.L. LT/2, autorizzava il trasferimento dell'esercizio commerciale predetto da via Appia km 55,180 a corso della Repubblica 430, presso il locale di proprieta' del sig. Di Lelio Amedeo. Con ordinanza notificata in data 26 febbriao 1992, il sindaco del comune di Cisterna di Latina, ordinava al sig. Porcelli Pietro Alvaro e al sig. Di Lelio Amedeo, ognuno per quanto di propria competenza, di ripristinare nel locale de quo, la destinazione d'uso a magazzino per artigianato o piccola industria prevista in progetto e prescritta dalle norme del piano regolatore, ponendo termine al diverso uso attualmente in essere. Con i ricorsi in epigrafe e' impugnato detto provvedimento per i seguenti motivi: A - Ricorso Di Lelio, n. 618/1992. 1) errore sui presupposti, travisamento dei fatti ed illegittimita' dell'ordinanza sindacale; 2) violazione di legge, contraddittorieta' e superficialita' dell'ordinanza sindacale, eccesso di potere, carenza di motivazione; 3) mutamento di destinazione per atto amministrativo dell'autorita' comunale; 4) inapplicabilita' ed errata applicazione della legge 47/1985 e del regolamento edilizio del Comune di Cisterna art. 3 lettera E. B - Ricorso Porcelli, n. 606/1z992. 1) violazione di tutta la normativa regolante il commercio con particolare riguardo alla legge n. 421/1976. Falsa applicazione di legge in particolare della legge 47/1985, della legge regione Lazio n. 36/1987 e della legge regione Lazio n. 5/1977. Violazione dell'art. 41 della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di attivita' istruttoria e di congrua motivazione. Mancanza del pubblico interesse. Tavisamento. Sviamento. Contradditorieta'. Illogicita'. Perplessita'; 2) falsa applicazione di legge in particolare della legge n. 47/1985. Tabella punto 4 come esplicitato dal punto 6 della circolare del 30 luglio 1985, n. 3357/1925 (Ministero dei Lavori Pubblici) nonche' di ogni altra norma regolante la materia. Eccesso di potere per difetto di attivita' istruttoria e per difetto assoluto di motivazione. L'amministrazione intimata si e' costituita confutando nel merito la fondatezza dei ricorsi e chiedendone la reiezione. D I R I T T O 1) Con i due ricorsi indicati in epigrafe - che vengono riuniti per evidenti motivi di connessione - e' impugnata l'ordinanza n. 22 del 19 febbraio 1992 del sindaco di Cisterna di Latina con cui si ordina ai ricorrenti Di Lelio (ricorso n. 618/1992) e Porcelli (ricorso n. 602/1992) (rispettivamente proprietario e conduttore dell'immobile situato in Cisterna di Latina corso della Repubblica n. 430 e, segnatamente, della porzione al piano terra larga mt. 5,30 e lunga mt. 15) di ripristinare nel locale suddetto la originaria destinazione d'uso prevista nel progetto assentito con licenza edilizia n. 3325/1975 e conforme alle norme di piano (magazzino) rispetto alla destinazione in atto ad esercizio commerciale. Il provvedimento, che assegna centoventi giorni per il ripristino in dichiarata applicazione della disposizione di cui all'art. 12 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiama poi impropriamente gli artt. 7, secondo comma e 8 della stessa legge e l'art. 8 della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36; ma in definitiva contiene una statuizione chiara ed inequivoca nel primo e secondo considerato, laddove cita l'art. 7, primo e terzo comma della legge regionale, talche' puo' ritenersi emesso in applicazione di quest'ultima norma. In base a tali disposizioni infatti le modifiche di destinazione d'uso di immobili realizzate con o senza opere quando hanno per oggetto una delle categorie stabilite dagli strumenti urbanistici sono soggette a concessione edilizia mentre quando riguardano gli ambiti di una stessa categoria sono soggette ad autorizzazione da parte del sindaco. Nel caso di specie si tratta di immobile ricadente in zona C/7 destinata a "piccole industrie, artigianato e attivita' complementari" sottozona B di completamento che "si riferisce alle aree attualmente edificate dell'industria e artigianato e destinate al mantenimento d'uso". Si tratta, quindi, di una destinazione "artigianale" che costituisce una delle "categorie generali" di cui alla legge regionale n. 35/1977 per la cui variazione opera il procedimento che si e' delineato. In effetti il locale di cui trattasi e' destinato a magazzino - cfr. copia conforme del progetto assentito n. 1975 con licenza edilizia n. 3325 acquisito agli atti di causa in esito ad ordinanza presidenziale istruttoria il 5 novembre 1992 - e non puo' vedere mutare la sua destinazione d'uso se non previo rilascio di concessione edilizia in forza delle norme richiamate, anche se non siano eseguite opere. Rispetto a tali disposizioni che gia' impongono la concessione edilizia per il mutamento di destinazione d'uso e' meramente esplicativo l'art. 3, secondo comma, lettera a) del regolamento edilizio del comune di Cisterna di Latina secondo cui le modifiche di destinazione d'uso aventi le caratteristiche sopradelineate sono soggette a concessioni edilizie pur se relative a porzioni di unita' edilizie. Rileva, pertanto, ai fini della statuizione sui ricorsi indicati in epigrafe l'applicazione delle disposizioni della legge regionale n. 36/1987 contenute nell'art. 7 primo e terzo comma, emanate in attuazione dell'art. 25, ultimo comma, della legge n. 47/1985. Ne' possono essere considerate pregiudiziali le questioni poste in entrambi i ricorsi circa la carenza di motivazione ed il difetto di presupposto dell'atto impugnato nonche' la contraddittorieta' rispetto al provvedimento con cui il comune ha autorizzato il trasferimento dell'attivita' commerciale svolta dal Porcelli nel locale di proprieta' del Di Lelio. Anche a non volere tener conto che quest'ultimo aveva gia' cessato la sua attivita' commerciale nel dicembre 1990 in modo che il trasferimento di cui trattasi (del marzo 1991) era riferito ad un immobile che anche di fatto oltre che in base alle norme urbanistiche non era piu' adibito ad attivita' commerciale, appare decisiva la considerazione che l'avvio dell'attivita' commerciale del Di Lelio nel locale di cui trattasi risalente al 1976 - epoca in cui non era necessario alcun titolo per cambiare la destinazione d'uso di un immobile - se vale rendere lecita l'attivita' del Di Lelio non ha pero' modificato la destinazione urbanistica impressa all'immobile con il piano particolareggiato ne' ha reso suscettibile l'immobile in questione di una diversa destinazione in via permanente. 2) Cio' premesso in punto di rilevanza, ritiene il Collegio non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7 della legge regionale n. 36/1987 nella parte in cui (primo e terzo comma) sottopone a concessione edilizia le modifiche di destinazione d'uso di immobili realizzate senza l'esecuzione di opere. A) Emergono in primo luogo: profili di illegittimita' sui quali si e' pronunciata al Corte costituzionale con sentenza n. 73/1991: a) la modifica funzionale della destinazione di un immobile puo' essere sottoposta soltanto ad autorizzazione - e non a concessione edilizia - e la legge regionale puo' fissare solo criteri affinche' i comuni in sede di pianificazione urbanistica procedono "eventualmente" ed "in ambiti determinati" del proprio territorio alla regolamentazione delle destinazioni d'uso prescrivendo, in alcuni casi, la preventiva autorizzazione del sindaco. Il principio fissato dalla legge statale e' chiaro su questi aspetti ed emerge il contrasto tra legge regionale richiamata e l'art. 25, quarto comma, della legge 47/1985 con violazione dell'art. 117 della Costituzione; b) vi e', anche, una invasione dei poteri riservati all'autonomia comunale con violazione del principio di autonomia fissato nell'art. 5 della Costituzione; c) il principio della legge statale secondo cui anche il mutamento di destinazione d'uso di un immobile realizzato con l'esecuzione di opere - che non necessitano di concessione edilizia in via autonoma per la loro consistenza - richiede l'autorizzazione del sindaco che discende testualmente dall'art. 26 della legge n. 47/1985 conferma la scelta del legislatore nazionale secondo cui la modifica di destinazione d'uso realizzata senza opere o e' libera ovvero, alle condizioni sancite dall'art. 25, quarto comma, puo' essere sottoposta ad autorizzazione ma non a concessione edilizia. B) Ritiene, peraltro, il collegio che vi siano due altri profili di illegittimita' che meritano di essere segnalati: il possibile contrasto con l'art. 41 della Costituzione per la indebita compressione della iniziativa economica privata e l'eccesso di potere legislativo, con violazione del principio di razionalita' fissato dall'art. 3 della Costituzione per le gravi conseguenze sull'attivita' imprenditoriale o economica derivanti dalla inosservanza di norme edilizie che sottopongono a concessione edilizia anche attivita' non integranti la realizzazione di opere e non incidenti sugli standards urbanistici. Dal primo angolo visuale si puo' osservare che un limite all'attivita' economica dei privati dovrebbe essere posto, nella fisiologia del sistema, per il rispetto della liberta' di tutti gli operatori economici ovvero per motivi di interesse generale attinenti all'andamento ed allo sviluppo dell'economia e non dovrebbe, invece, riguardare interessi diversi tutelati e tutelabili con un complesso adeguato ed articolato di disposizioni di carattere urbanistico che tiene conto ed ha quale presupposto fondamentale l'utilizzo del territorio, quale risorsa limitata, con la realizzazione di un'opera edilizia avente una ben precisa funzione. Senza questo elemento caratterizzante potrebbe non essere compatibile con la norma costituzionale richiamata l'incisione della iniziativa imprenditoriale dei singoli. E' utile in proposito ricordare che opportunamente la norma statale di principio fa salva la possibilita' di far ricadere sui privati i diversi oneri e pesi urbanistici conseguenti alla diversa utilizzazione di uno stesso immobile e ricadenti sulla collettivita'. Non vi e' ragione pero', soddisfatte che siano queste esigenze, di chiedere altro a quei soggetti che non modifichino in nulla l'assetto edilizio complessivo, ivi compresa l'incidenza sugli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444. Dal secondo angolo visuale c'e' da dire che la scelta si noti bene "eventuale" del regime autorizzatorio rimessa alle valutazioni dei comuni appare razionale anche tenendo conto delle peculiarita' delle sanzioni ad esso collegate che prevedono si' forme di ristoro di carattere pecuniario (art. 10 legge n. 47/1985) ma non incidono in termini di rimozione delle attivita' - posto che nel caso che ci occupa opere non vi sono - e, quindi, il soggetto, che pur abbia realizzato un abuso, e' tenuto a ristorare l'Ente locale del maggior carico urbanistico ed a pagare quanto dovuto a titolo di sanzione ma potra' continuare a svolgere la sua attivita'. E' significativo, a questo riguardo, che lo stesso provvedimento impugnato - con un evidente salto logico su cui non si sono pero' appuntate censure specifiche - abbia irrogato le sanzioni previste per le opere di difformita' parziale dalla concessione. A rigore, invece, l'applicazione delle norme regionali di cui trattasi dovrebbe condurre all'acquisizione e demolizione delle opere utilizzate in modo difforme dalle prescrizioni urbanistiche. 3) Alla stregua delle considerazioni che precedono il collegio sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo e terzo comma della legge regionale del Lazio n. 36/1987.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, primo e terzo comma, legge regionale n. 36/1987 (regione Lazio) nella parte in cui sottopone a concessione edilizia la modifica di destinazione d'uso di immobile realizzato senza opere, in relazione all'art. 117 della Costituzione, stante il disposto del quarto comma dell'art. 25 della legge n. 47/1985 e rinvia la questione stessa per l'esame da parte della Corte costituzionale; Sospende il giudizio in attesa della decisione della Corte stessa; Rinvia al definitivo la pronuncia sul merito e sulle spese; Manda alla segreteria di notificare copia della presente ordinanza, ai sensi dell'art. 23, ultimo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, alle parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente della giunta regionale del Lazio e di comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed al presidente del consiglio regionale del Lazio. Cosi' deciso in Latina nella Camera di Consiglio del 3 dicembre 1993. Il presidente: CAMOZZI Il consigliere est: ZACCARDI Il segretario: (firma illeggibile) 94C1066