N. 602 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 1994

                                N. 602
 Ordinanza  emessa  il  28  giugno 1994 dalla Corte dei conti, sezioni
 riunite nel giudizio per parificazione del rendiconto generale  dello
 Stato
 Bilancio  dello  Stato - Rendiconto generale dello Stato - Previsione
 che le anticipazioni concesse dallo Stato  all'Amministrazione  delle
 pp.tt.  a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993, si intendono
 a tutti  gli  effetti  quali  trasferimenti  definitivi  -  Incidenza
 negativa  della  rinuncia  a  detti  crediti sul conto del patrimonio
 statale senza la necessaria indicazione della copertura finanziaria.
 Bilancio dello Stato - Rendiconto generale dello Stato  -  Previsione
 che  il  rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e
 prestiti all'Amministrazione delle pp.tt. a pareggio dei bilanci fino
 a tutto il 1993, e'  posto  a  carico  del  Ministero  del  tesoro  -
 Insufficienza  della indicazione della relativa copertura mediante le
 disponibilita' gia' utilizzabili  per  le  anticipazioni  finalizzate
 alla copertura del disavanzo delle pp.tt.
 (D.L.  1  dicembre  1993,  n.  487,  art.  7,  terzo e quarto comma,
 convertito in legge 29 gennaio 1994, n. 71).
 (Cost., art. 81, quarto comma).
(GU n.42 del 12-10-1994 )
                          LA CORTE DEI CONTI
    Uditi nella pubblica udienza del giorno 28 giugno 1994 il relatore
 consigliere prof. Manin  Carabba  ed  il  pubblico  ministero,  nella
 persona del procuratore generale, dott. Emidio Di Giambattista;
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
                           RITENUTO IN FATTO
    1.  -  Il  rendiconto  generale  dello Stato, nella sua essenziale
 componente del conto del patrimonio, reca, al  conto  generale  n.  2
 (crediti  e partecipazioni) la partita n. 4047 concernente il credito
 del tesoro nei confronti della amministrazione delle  poste  e  delle
 telecomunicazioni pari a 27.626,651 miliardi per la quota capitale ed
 a  22,604  miliardi  per  gli  interessi; questa partita trova la sua
 genesi nelle anticipazioni concesse negli esercizi passati,  sino  al
 31  dicembre  1993,  a  copertura  dei  disavanzi  di  gestione della
 amministrazione  postale.  Quanto  alla  gestione  di   bilancio   il
 rendiconto per l'esercizio 1993 reca la iscrizione, in competenza, al
 capitolo  8316 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, di
 3.466,685 miliardi per "anticipazioni all'amministrazione delle poste
 e delle telecomunicazioni a copertura  del  disavanzo  di  gestione".
 Sullo  stesso capitolo il rendiconto registra disponibilita' in conto
 residui pari a 1.666,534 miliardi, che risultano interamente pagate.
    Nello stato di previsione dell'entrata la  previsione  concernente
 il  rimborso  delle  quote  di capitale puo' considerarsi ricompresa,
 anche se  con  una  quantificazione  genericamente  riferita  ad  una
 molteplicita'  di  fonti,  entro  il capitolo 4555 (quote di capitale
 comprese nelle annualita'  di  ammortamento  di  anticipazioni  varie
 concesse dal tesoro a ministeri, province, comuni, aziende, societa',
 enti   ed   istituti   diversi).   Una  puntuale  previsione  (sempre
 nell'ambito dello stato di previsione dell'entrata) ha ad oggetto, al
 capitolo 3231, gli "interessi da corrispondersi  dall'amministrazione
 delle  poste  e  delle telecomunicazioni sulle anticipazioni concesse
 dal Ministero del tesoro per la copertura dei disavanzi di gestione",
 per tale voce  il  rendiconto  1993  registra  pagamenti  per  22,604
 miliardi  (a  fronte di previsioni definitive di competenza pari a 25
 miliardi).
    All'interno  del conto consuntivo dell'amministrazione delle poste
 e delle telecomunicazioni, il conto del  patrimonio  reca,  al  conto
 generale n. 5 (debiti), la partita n. 23 per un importo di 30.518,977
 miliardi,  rappresentanti  il  debito  nei confronti del tesoro, e le
 partite da 1 a 24 che registrano un debito a fronte di  anticipazioni
 della Cassa depositi e prestiti a copertura dei disavanzi di gestione
 per 572,764 miliardi.
    I  riscontri  effettuati  dalla  Corte  in  sede  di parificazione
 pongono in evidenza che all'importo delle  partite  del  conto  n.  5
 concernenti  il debito dell'amministrazione postale per anticipazioni
 della Cassa  depositi  e  prestiti  finalizzate  alla  copertura  dei
 disavanzi,   va   aggiunto  l'ammontare  registrato  in  entrata  dal
 rendiconto   1993   dell'amministrazione   delle   poste   e    delle
 telecomunicazioni  (capitolo  610),  legato  appunto ad anticipazioni
 della cassa depositi  e  prestiti  a  copertura  del  disavanzo,  per
 2.663,771 miliardi.
    Appaiono sostanzialmente in linea con le risultanze del rendiconto
 sopra  esposte,  le  valutazioni  del  Tesoro,  illustrate in sede di
 relazione tecnica al disegno di legge  di  conversione  del  d.l.  1
 dicembre 1993, n. 487 (atto Senato, XI legislatura, n. 1699).
    L'art. 7 del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge
 29  gennaio  1994,  n. 71 (senza modificazioni per quanto attiene sia
 all'art. 7, sia all'art. 15 in tema di copertura) stabilisce  che  le
 anticipazioni  concesse  dallo  Stato  all'amministrazionee postale a
 pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993 "si intendono  a  tutti
 gli  effetti  quali trasferimenti definitivi" (terzo comma); e che il
 rimborso delle anticipazioni concesse dalla cassa depositi e prestiti
 all'amministrazione postale a  pareggio  dei  bilanci  fino  a  tutto
 l'anno  1993  "e'  posto  a  carico del Ministero del tesoro" (quarto
 comma).
    Nessuna previsione di copertura e' contenuta  nel  d.l.  e  nella
 legge di conversione per l'art. 7, terzo comma, per quel che riguarda
 la  trasformazione  delle  anticipazioni  del tesoro in trasferimenti
 definitivi.
    Il maggior onere derivante dall'art. 7, quarto  comma  (assunzione
 da  parte  del  tesoro  dei  debiti  dell'amministrazione postale nei
 confronti  della  Cassa  depositi  e  prestiti  per  anticipazioni  a
 copertura  dei disavanzi di gestione) e' coperto, dall'art. 15, primo
 comma, del medesimo  d.l.  n.  487/1993,  "mediante  utilizzo  delle
 proiezioni"  per  gli  anni  1994,  1995  e 1996, "dello stanziamento
 iscritto al capitolo 8316 dello stato di previsione del Ministero del
 tesoro per l'anno 1993".
    Secondo la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di
 conversione del d.l. n. 487 del 1993 (A.S. XI legislatura  n.  1699)
 la  utilizzazione  delle disponibilita' destinate per il ripianamento
 dei   disavanzi   della   amministrazione   delle   poste   e   delle
 telecomunicazioni, incluse nel bilancio a legislazione vigente per il
 1994,  si  lega ad un piano di risanamento dell'ente "Poste italiane"
 le cui linee sono parte integrante della citata relazione tecnica; il
 nuovo ente nasca dalla "trasformazione" della amministrazione postale
 (art. 1 del d.l.  n.  487),  ne  assorbe  le  funzioni  di  servizio
 pubblico  (art. 2) e diviene "titolare dei rapporti attivi e passivi,
 nonche' dei diritti e dei beni" della disciolta amministrazione delle
 poste e delle telecomunicazioni.
    La relazione tecnica quantifica in 82 miliardi, per il 1994, in 81
 miliardi  per il 1995 e in 79 miliardi per il 1996, l'onere ricadente
 sul tesoro per l'ammortamento della quota capitale e  degli  interesi
 delle anticipazioni concesse alla amministrazione postale dalla cassa
 depositi e prestiti.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    2. - Il collegio delle sezioni riunite di questa Corte ritiene, in
 via   preliminare,   non  controversa  la  propria  legittimazione  a
 sollevare questione di legittimita' costituzionale, in  relazione  ai
 precetti  posti  dall'art. 81 della Costituzione, in sede di giudizio
 di parificazione del rendiconto generale dello Stato, cosi'  come  e'
 disciplinato dagli articoli 38 e seguenti del testo unico delle leggi
 sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214.
    Le   motivazioni   a   sostegno   della   tesi   richiamata   sono
 persuasivamente poste dalle sentenze della  Corte  costituzionale  n.
 165/1963, n. 121/1966 e n. 142 del 1968.
    3.  -  Le  ragioni  di  merito  e  le considerazioni specifiche in
 materia di rilevanza delle questioni di costituzionalita' concernenti
 l'art. 7, terzo e quarto comma del d.l. 1  dicembre  1993,  n.  487,
 convertito  nella  legge  29  gennaio  1994,  n.  71,  in rapporto al
 rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 1993,  devono  essere
 esposte  distinguendo  la diversa portata delle due norme richiamate,
 analizzando separatamente il terzo e quarto comma del citato art. 7.
    L'art.  7  terzo  comma,  come  si  e'  detto,  dispone  che   "le
 anticipazioni  concesse dallo Stato all'amministrazione delle poste e
 delle telecomunicazioni a pareggio dei bilanci fino  a  tutto  l'anno
 1993,   si  intendono,  a  tutti  gli  effetti,  quali  trasferimenti
 definitivi".
    La relazione tecnica governativa  che  accompagna  il  disegno  di
 legge  di conversione del d.l. n. 487 del 1993 (A.S. XI legislatura,
 n. 1699) afferma che "la rinuncia  da  parte  del  tesoro  ai  debiti
 pregressi      rappresentati      dalle     anticipazioni     fornite
 all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a copertura
 dei disavanzi di gestione non costituisce nuovi oneri per lo Stato in
 quanto   i    debiti    sono    gia'    presenti    nel    patrimonio
 dell'amministrazione  stessa; si tratta, pertanto, di modificare solo
 l'appostazione del debitore". Il debito assunto dal Tesoro -  con  la
 trasformazione  delle anticipazioni in trasferimenti definitivi - non
 costituisce, secondo la relazione tecnica, un nuovo onere dal momento
 che era gia' "iscritto nel  conto  patrimoniale  dell'amministrazione
 delle   poste  e  delle  telecomunicazioni"  e,  quindi,  concorreva,
 comunque, "a formare il debito complessivo dello Stato".
    Le motivazioni cosi' svolte dalla relazione  tecnica,  a  sostegno
 della  mancata  copertura dell'art. 7, terzo comma, non appaiono per-
 suasive, per le ragioni di seguito schematicamente riportate.
       a)  In  primo  luogo  le  sezioni  riunite  osservano  che   il
 consolidamento  dei  conti  del  bilancio  statale, della gestione di
 tesoreria  e  degli  altri  enti  ricompresi  entro  l'aggregato  del
 "settore  statale" assume un rilievo giuridico, nel sistema normativo
 in materia di bilancio (legge 5 agosto 1978, n. 468, modificata dalla
 legge 23 agosto 1988, n. 362), in quanto  componente  essenziale  dei
 "conti  di  cassa"  esposti annualmente (entro il mese di febbraio di
 ogni anno) dal Ministro del tesoro con la relazione sulla  stima  del
 fabbisogno   del   settore   statale  presentata  al  Parlamento,  ed
 aggiornato trimestralmente (art. 30); in  termini  di  fabbisogno  di
 cassa  del  settore statale sono, inoltre, espressi, fra l'altro, gli
 obiettivi per il triennio incluso nel  bilancio  pluriennale  fissati
 dal  documento  di programmazione economico-finanziaria (art. 3 della
 legge n. 468/1978, modificata dalla  legge  n.  362/1998);  infine  i
 confini   del   fabbisogno   di   cassa   del  settore  statale  sono
 indirettamente segnati dal "livello massimo del  ricorso  al  mercato
 finanziario"  determinato  dalla  legge finanziaria (art. 11 legge n.
 468/1978, modificata con legge n. 362/1988).
    Resta fermo, per altro,  che  il  Parlamento,  con  l'approvazione
 della legge finanziaria (e dei provvedimenti collegati) e della legge
 di  bilancio,  definisce  le  grandezze  concernenti  la gestione del
 bilancio dello Stato; cosi' come al bilancio dello  Stato,  in  senso
 proprio,  continua  a  far  riferimento  la  costruzione  del sistema
 decisionale disegnato dalle citate leggi nn.  468  e  362.  In  altre
 parole resta ben chiara la distinzione fra bilancio statale e settore
 statale,  aggregato  quest'ultimo  entro  il  quale  sono  incluse la
 gestione  di  tesoreria  e  la  gestione   di   altri   enti   e   di
 amministrazioni  o aziende autonome. La rinuncia da parte dello Stato
 ad un credito nei confronti di altri enti inclusi nel settore statale
 ma con contabilita' e finanze non ricomprese nel bilancio dello Stato
 non puo' considerarsi  compensata  all'interno  della  operazione  di
 consolidamento  dello  stesso settore statale, le cui finalita', come
 si e' posto  in  rilievo,  si  legano  ai  conti  di  cassa  ed  alla
 definizione  degli  obiettivi  programmatici,  ma  non  cancellano la
 necessaria distinzione fra bilancio e rendiconto dello Stato,  da  un
 lato,  e,  dall'altro,  risultati  di  cassa del piu' ampio aggregato
 incluso entro la nozione di  settore  statale.  Nel  caso  in  esame,
 inoltre,  la  distinzione  e' ancor piu' necessaria, dal momento che,
 per effetto dello stesso d.l. n. 487/1993 (entro il quale si colloca
 l'art. 7, terzo comma, ora in esame), l'amministrazione delle poste e
 telecomunicazioni e' trasformata in ente pubblico economico; e quindi
 esce dallo stesso aggregato del "settore statale" per restare inclusa
 entro la piu' ampia nozione di settore pubblico. Ed e'  evidente  che
 le  operazioni di consolidamento del piu' vasto aggregato del settore
 pubblico hanno valore di verifica degli obiettivi posti dal documento
 di  programmazione  economico-finanziaria  e  di   conoscenza   degli
 andamenti complessivi di finanza pubblica; ma certamente si tratta di
 operazioni   descrittive  che  non  conducono  alla  irrilevanza  dei
 rapporti e dei flussi che legano la gestione del bilancio dello Stato
 e le risultanze del rendiconto generale dello Stato con le gestioni e
 le risultanze a consuntivo delle gestioni degli  altri  enti  inclusi
 nel settore pubblico.
    Altre   considerazioni   riguardano   la  specifica  natura  della
 operazione di rinuncia al credito del tesoro compiuta con  l'art.  7,
 terzo  comma, in quanto legata al ripianamento di perdite relative ad
 esercizi pregressi nella gestione della amministrazione postale.
    Il ripianamento dei deficit pregressi ha  gia'  esplicato  i  suoi
 effetti  in  termini di cassa attraverso le anticipazioni erogate dal
 tesoro.  In  questo  senso,   dal   punto   di   vista   dell'impatto
 macroeconomico, l'operazione di consolidamento, con la trasformazione
 delle  anticipazioni  del  tesoro  in  contribuzioni  definitive,  e'
 neutrale. Ma resta un effetto profondo sul conto del patrimonio dello
 Stato che vede cancellata una partita  di  credito  molto  rilevante.
 Simili  operazioni,  pur  non  aumentando  il  fabbisogno  di  cassa,
 determinano  la  crescita  dello  stock  del debito pubblico a carico
 della gestione del bilancio statale.
     b) Per le considerazioni sopra esposte la Corte ritiene  evidente
 la  incidenza  della norma recata dall'art. 7, terzo comma, del d.l.
 n.  487/1993,  convertito  in  legge  n.  71/1994,  sul   conto   del
 patrimonio;  risulta  posta  nel  nulla  la partita n. 4047 del conto
 generale n. 2 del conto del patrimonio dello Stato.
    Il Collegio di queste sezioni riunite ritiene  che  lo  squilibrio
 che  viene  a  determinarsi,  attraverso la disposizione dell'art. 7,
 terzo comma del d.l. n. 487/1993, nel  conto  del  patrimonio  dello
 Stato,  costituisca  un nuovo onere che avrebbe dovuto essere coperto
 da una specifica norma. Il fatto che l'art. 15 del d.l. n.  487  non
 rechi  alcuna  previsione  di  copertura per quanto attiene all'onere
 conseguente alla norma dell'art.  7,  terzo  comma,  da'  luogo  alla
 valutazione  in virtu' della quale non e' manifestamente infondato il
 dubbio di costituzionalita'  del  citato  art.  7,  terzo  comma,  in
 relazione al precetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    Nel  sistema  delineato  dall'art.  22  della legge n. 468/1978 il
 conto  generale  del  patrimonio  costituisce  parte  integrante  del
 rendiconto   generale   dello   Stato.  Questa  Corte  dei  conti  ha
 ripetutamente sottolineato la essenziale  importanza  del  conto  del
 patrimonio  che  integra le risultanze della contabilita' finanziaria
 (conto del bilancio). Solo attraverso una valutazione integrata delle
 risultanze del conto del bilancio  e  del  conto  del  patrimonio  e'
 possibile   conseguire   un  giudizio  significativo  della  gestione
 complessiva della finanza dello Stato.
    Sembra indubbio, alla luce delle considerazioni  sopra  enunciate,
 che  la  rottura  degli  equilibri  e  il peggioramento del conto del
 patrimonio dello Stato, siano fenomeni tali da poter concretare nuovi
 e maggiori oneri, per i quali, ai sensi dell'art. 81,  quarto  comma,
 della  Costituzione,  e'  necessario che la legge indichi i mezzi per
 farvi fronte.
     c) Per quanto attiene al conto del  bilancio  viene  meno,  senza
 dubbio,  l'entrata per gli interessi da corrispondersi da parte della
 amministrazione delle  poste  e  delle  telecomunicazioni  al  tesoro
 (capitolo 3231 dello stato di previsione dell'entrata).
    Per  questi motivi le sezioni riunite ritengono non manifestamente
 infondata la questione  della  non  conformita'  dell'art.  7,  terzo
 comma,  del  d.l.  n.  487/1993, per il quale non e' prevista alcuna
 forma di copertura (nemmeno per  le  minori  entrate  conseguenti  al
 venir  meno  della  voce  attiva  "interessi"  gia' contabilizzata in
 bilancio), all'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    4. - L'art. 7, quarto comma del d.l. 1  dicembre  1993,  n.  487,
 convertito  nella  legge  29  gennaio  1994,  n.  71, dispone che "il
 rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti
 all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a  pareggio
 dei bilanci fino a tutto l'anno 1993, e' posto a carico del Ministero
 del tesoro".
    L'art.  15,  primo  comma,  dello  stesso  d.l. n. 487 prevede la
 copertura dei relativi oneri; la relazione tecnica che accompagna  il
 disegno  di  legge  di  conversione  consente  di  precisare  che  la
 copertura  prevista  specificamente  per  l'ammortamento  del  debito
 assunto dal Tesoro (in conseguenza appunto dell'art. 7, quarto comma)
 si articola in annualita' pari rispettivamente a 82, 81 e 79 miliardi
 per gli esercizi 1994, 1995 e 1996.
    L'intero meccanismo di copertura degli oneri discendenti dal d.l.
 n.  487/1993,  convertito nella legge n. 71/1994 (recato dall'art. 15
 del citato provvedimento) si basa sulla utilizzazione,  disposta  con
 la  legge  di  bilancio per il 1994 (legge 24 dicembre 1993, n. 539),
 delle  disponibilita'  gia'   utilizzabili   per   le   anticipazioni
 finalizzate  alla  copertura del disavanzo dell'amministrazione delle
 poste e delle telecomunicazioni. La congruita' delle  quantificazioni
 poste  a base della stima degli oneri e per la misura delle coperture
 si lega alla attuazione  del  piano  di  risanamento  inserito  nella
 relazione  tecnica,  che  ha  ad oggetto la futura gestione del nuovo
 ente "Poste italiane".
    Sulla congruita' e razionalita' del meccanismo di copertura  cosi'
 configurato  le sezioni riunite della Corte riferiscono al Parlamento
 nella diversa sede della relazione quadrimestrale sulla  legislazione
 di  spesa  ex, art. 11-ter, sesto comma della legge n. 468/1978, come
 modificata dalla legge n. 362/1988.
    In sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale dello
 Stato le sezioni riunite  hanno  ritenuto  dubbia  la  ragionevolezza
 della   copertura  limitatamente  a  quella  parte  del  primo  comma
 dell'art.  15  del  decreto-legge  n.  487  riferibile  al   disposto
 dell'art. 7, quarto comma.
    Non  sembra  dubbio, sulla base delle argomentazioni gia' svolte a
 proposito dell'art. 7, terzo comma, che la disposizione dell'art.  7,
 quarto  comma incida sul conto del patrimonio dello Stato attribuendo
 al tesoro oneri in precedenza ricadenti sull'amministrazione  postale
 per  il  rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e
 prestiti. Correttamente, del resto, in questa ipotesi,  la  legge  si
 da' carico di formulare una norma di copertura.
    L'onere    per    la    copertura    dei    disavanzi    pregressi
 dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, che viene
 definitivamente assunto dal tesoro, ha certamente natura di onere non
 comprimibile, assimilabile, per  quanto  attiene  alle  modalita'  di
 copertura,  alle spese obbligatorie; la forma di copertura prevista -
 in annualita' ricavate  all'interno  delle  risorse  di  bilancio  in
 precedenza  destinate  alle anticipazioni all'amministrazione postale
 (secondo il piano esposto dalla relazione tecnica al disegno di legge
 di conversione del decreto-legge n. 487) - appare in contrasto con il
 disposto dell'art. 11-ter, primo comma, lettera  c)  della  legge  n.
 468/1978,   come   modificata   dalla   legge   n.  362/1988;  norma,
 quest'ultima, i cui precetti possono essere considerati,  sulla  base
 di   un  prudente  apprezzamento  delle  concrete  fattispecie,  come
 integrativi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    Il ripianamento di deficit pregressi  posto  a  carico  di  futuri
 esercizi  aumenta  la  quota  di  oneri  non  comprimibili e, quindi,
 accresce la rigidita'  del  bilancio.  Diviene  maggiore,  cosi',  il
 rischio  che, in via generale, deriva dal restringersi dei margini di
 copertura  per  gli  esercizi  successivi  al  primo  desumibili  dal
 prospetto  di  copertura che costituisce parte integrante della legge
 finanziaria per il 1994 (legge 24 dicembre 1993, n. 538).
    Per questi motivi le sezioni unite  ritengono  non  manifestamente
 infondata   la   questione  della  non  conformita'  della  copertura
 dell'art. 7, quarto comma,  del  decreto-legge  n.  487,  cosi'  come
 disposta  dall'art.  15,  primo  comma,  dello  stesso decreto-legge,
 all'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
    5. - La serieta' del problema che verrebbe a determinarsi nel caso
 dieventuale  dichiarazione  della illegittimita' costituzionale delle
 norme sottoposte al  giudizio  della  Corte  costituzionale,  e'  ben
 presente al collegio di queste sezioni riunite. E' opportuno porre in
 evidenza,  quindi,  che,  secondo  la Corte dei conti, resta ampia la
 sfera di discrezionalita' del legislatore che puo' graduare nel tempo
 e differenziare la gamma  degli  strumenti  volti  a  recuperare  gli
 equilibri  della  gestione.  In  particolare,  per  quanto attiene ai
 disavanzi  pregressi  dell'amministrazione  delle   poste   e   delle
 telecomunicazioni,   potrebbe  essere  valutata  la  possibilita'  di
 includere,  il  recupero  dei  disavanzi  pregressi  nell'ambito  dei
 contenuti  del  "contratto di programma" disciplinato dall'art. 8 del
 decreto-legge n. 487/1993, convertito nella legge n. 71/1994; tenendo
 presente,  in  particolare,  come  posto  in  evidenza  dal  servizio
 bilancio  della  Camera  dei  deputati (Camera dei deputati, servizio
 bilancio dello Stato, verifica delle quantificazioni, A.S.  n.  1699;
 A.C. n. 3521, doc. n. 137, 24 gennaio 1994), che la relazione tecnica
 non  quantifica  il maggior gettito per la devoluzione allo Stato dei
 canoni di concessione dei servizi telegrafici, di radiodiffusione  ad
 uso  pubblico,  e dei servizi radioelettrici ad uso privato, disposta
 dall'art. 15, quarto comma, del medesimo decreto-legge n. 487/1993.
    6. - Deve essere, conclusivamente,  valutata  la  questione  della
 rilevanza  delle  questioni  di  costituzionalita'  sollevate  con la
 presente ordinanza, in  rapporto  alla  natura  ed  ai  limiti  della
 deliberazione  di  parificazione, disciplinata dagli articoli da 38 a
 43 del testo unico delle leggi sulla Corte dei  conti  approvato  con
 r.d. n. 1214/1934.
    E' necessario, dunque, partire dalle motivazioni della sentenza 30
 dicembre  1968,  n.  142 della Corte costituzionale che ha ad oggetto
 questioni di costituzionalita' sollevate dalla  Corte  dei  conti  in
 sede  di  giudizio  di  parificazione,  concernenti la conformita' di
 alcune  leggi  sostanziali  di  spesa,  presupposto  di  capitoli  di
 bilancio, in rapporto al precetto dell'art. 81, quarto comma.
    La   citata   sentenza   n.   142   del   1968   ha  affermato  la
 inammissibilita' "per manifesta rilevanza" delle questioni  sollevate
 dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione (ordinanza
 delle   sezioni   riunite   25   luglio   1967,  in  occasione  della
 deliberazione sul rendiconto generale dello Stato per il 1966)  sulla
 base delle argomentazioni di seguito schematicamente richiamate.
    In  primo  luogo  la Corte costituzionale ha affermato che oggetto
 del giudizio di parificazione "sono i modi e  la  misura  in  cui  le
 previsioni  del  bilancio  sono  state  adempiute,  i  limiti in esso
 prestabiliti rispettati nel corso dell'esercizio",  i  cui  risultati
 sono esposti nel rendiconto.
    In  secondo  luogo  la  citata  sentenza  afferma che "all'atto di
 procedere alla parificazione la Corte dei conti non applica le  leggi
 sostanziali  di  spesa,  riflettentisi  nei  capitoli del bilancio di
 previsione, e neppure applica la legge di approvazione del bilancio.
    Le prime, al pari di quest'ultima,  essa  ha  gia'  applicato,  in
 corso  d'esercizio, operando il riscontro di legittimita' sui singoli
 atti soggetti al suo controllo.  Ne'  il  giudizio  di  parificazione
 implica revisione e possibile riforma dei risultati, ormai acquisiti,
 del riscontro effettuato".
    La   rilevanza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata con la presente ordinanza deve essere valutata, secondo  il
 collegio  di queste sezioni riunite, sulla base di due diversi ordini
 di  argomentazioni:  la  diversita'  della  fattispecie  oggetto  del
 giudizio  di  parificazione  del  rendiconto  1993 rispetto al quelle
 poste nella stesa sede con riguardo all'esercizio  1966;  il  diverso
 contesto   legislativo   entro  il  quale  si  pone  il  giudizio  di
 parificazione offerto dalla disciplina  del  bilancio  dettata  dalla
 legge  5  agosto 1978, n. 468, modificata dalla legge 23 agosto 1988,
 n. 362 nonche' dalla nuova disciplina del controllo della  Corte  dei
 conti dettata dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20.
    Con l'ordinanza delle sezioni riunite 25 luglio 1967, la Corte dei
 conti,   muovendo   dall'esame   delle   risultanze   del  rendiconto
 concernenti  alcuni  capitoli  di  spesa,  sollevava   questioni   di
 legittimita'   costituzionale   delle  disposizioni  legislative  che
 offrivano la base  sostanziale  per  tali  autorizzazioni  di  spesa;
 disposizioni  che  - affermava la citata ordinanza - "pur comportando
 oneri a carico del  bilancio  dello  Stato,  non  recano  indicazioni
 alcuna  dei mezzi per farvi fronte e, pertanto, appaiono in contrasto
 con il precetto del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione".
    Con la presente ordinanza la Corte dei conti pone  in  rilievo  il
 diverso  fenomeno  di disposizioni legislative (quelle appunto recate
 dall'art. 7, terzo e quarto comma, del decreto-legge n. 487/1993) che
 direttamente  incidono  sul  conto   del   patrimonio   dello   Stato
 alterandone le risultanze e modificandone, in senso peggiorativo, gli
 equilibri.
    Quanto  al  secondo  ordine  di  argomentazioni  e' da osservare -
 secondo le sezioni riunite - che il  giudizio  di  parificazione  del
 rendiconto  generale dello Stato, conserva il contenuto originario di
 riscontro e verifica delle risultanze del rendiconto, con  i  vincoli
 ed i limiti posti dalla legge di bilancio. Ma questo raffronto assume
 piu'   ampli  contenuti  nel  quadro  del  procedimento  di  bilancio
 disciplinato dalle leggi n. 468 e n. 362 che costruiscono -  come  ha
 chiarito  la  sentenza  n. 4 del 1994 della Corte costituzionale - la
 decisione di bilancio come articolata nei diversi momenti della legge
 finanziaria, dei provvedimenti collegati e della legge di bilancio in
 senso proprio. La stessa sentenza  n.  4  afferma  la  rilevanza  del
 "legame  genetico,  strutturale  e  funzionale"  che  lega  i diversi
 momenti e fasi del processo di bilancio.
    Le sezioni riunite, nell'esperienza  compiuta  con  i  giudizi  di
 parificazione   nell'ambito  della  nuova  disciplina  del  bilancio,
 ritengono quale contenuto  essenziale  della  deliberazione  e  della
 relazione  sul  rendiconto  generale  dello  Stato  la  verifica  del
 rispetto, nelle risultanze della gestione, dei  vincoli  posti  dalla
 legge  finanziaria;  in  primo luogo del saldo netto da finanziarie e
 del limite massimo del ricorso al  mercato.  Le  valutazioni  oggetto
 della   deliberazione   sul   rendiconto  prendono,  di  conseguenza,
 necessariamente, in considerazione gli  equilibri  complessivi  della
 gestione,  quali sono espressi dal conto del bilancio e dal conto del
 patrimonio; equilibri da porre in relazione al sistema dei vincoli  e
 limiti posti dalla legge finanziaria.
    Non  sembra  dubbio, alla luce della considerazioni sopra esposte,
 che la valutazione sulla non manifesta infondatezza  di  disposizioni
 legislative  che (come accade per l'art. 7, terzo e quarto comma, del
 decreto-legge n. 487/1993)  incidono  direttamente  ed  alterano  gli
 equilibri del rendiconto generale dello Stato, appaia sicuramente fra
 quelle  necessarie  ai fini del giudizio di parificazione; per questo
 sussiste la rilevanza  della  questione  sollevata  con  la  presente
 ordinanza.
    Quanto  ai  rapporti con il controllo precedentemente svolto dalla
 Corte dei conti nelle sedi proprie per l'esame della legittimita' dei
 singoli atti e', in primo luogo, da  osservare  che,  nel  corso  del
 1993,  non  sono  stati  sottoposti  al controllo atti concernenti la
 concessione di anticipazioni del Tesoro  o  della  Cassa  depositi  e
 prestiti all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni.
    Il  giudizio  di  parificazione  del  rendiconto  dello  Stato per
 l'esercizio 1993 costituisce, dunque, la prima occasione  utile,  per
 la  Corte  dei  conti,  di esame dei problemi concernenti i disavanzi
 pregressi dell'amministrazione postale; tale  esame  sara',  inoltre,
 reso piu' complesso e, comunque, diversamente costruito, in futuro, a
 causa  della  trasformazione dell'amministrazione delle poste e delle
 telecomunicazioni in ente "Poste italiane", gia' operante  in  questo
 esercizio 1994.
    Si  puo'  osservare,  infine,  che,  nel  sistema  disegnato dalla
 riforma dei controlli della Corte dei conti (legge 14  gennaio  1994,
 n.   20)   viene   meno  il  controllo  preventivo  o  successivo  di
 legittimita' su tutti gli atti che dispongono pagamenti dello  Stato.
 Il  momento  di  chiusura del riscontro contabile, che pure resta una
 delle componenti del giudizio di parificazione, e' offerto, nel nuovo
 sistema,  dalla  verifica,  tuttora  onnicomprensiva,  dei  documenti
 consuntivi  di  tutti  i pagamenti della gestione statale, quali sono
 recati dalle contabilita' mensili di tesoreria, dai  ruoli  di  spesa
 fissa,  dal  debito  vitalizio.  Ma queste attivita' di verifica e di
 riscontro lasciano impregiudicato un piu' ampio spazio di valutazione
 della legittimita' dei presupposti della spesa che trova  espressione
 fra   l'altro,   nella   fase,   per  sua  natura  conclusiva,  della
 deliberazione delle sezioni riunite  sul  rendiconto  generale  dello
 Stato.
    Per  i  suesposti  motivi  la questione di costituzionalita' sopra
 esaminata e', ad  avviso  delle  sezioni  riunite,  rilevante  e  non
 manifestamente infondata.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  38,  39,  40, 41, 42 e 43 del testo unico delle
 leggi sulla Corte dei conti approvato con  regio  decreto  12  luglio
 1934, n. 1214;
    Visto l'art. 134 della Costituzione;
    Visti  l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e
 l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    La Corte dei conti a sezioni riunite in sede giurisdizionale
    Ordina che, sospeso il giudizio in corso sul  rendiconto  generale
 dello Stato per l'esercizio 1993, per la parte attinente ai risultati
 della  gestione  del capitolo 8316 del conto consuntivo del Ministero
 del tesoro, sul conto consuntivo (conto  del  bilancio  e  conto  del
 patrimonio)   della   ex   amministrazione   delle   poste   e  delle
 telecomunicazioni, della partita n. 4047 (crediti) del conto generale
 n. 2 del conto del patrimonio dello Stato, vengano trasmessi gli atti
 alla   Corte   costituzionale,   per   l'esame   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 7, terzo e  quarto  comma,  del
 d.l.  1  dicembre  1993,  n.  487, convertito nella legge 29 gennaio
 1994,  n.  71,  in  relazione  all'art.  81,  quarto   comma,   della
 Costituzione;
      che,   a   cura  della  segreteria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri  ed  al  Ministro
 del  tesoro  e  sia  comunicata  ai  Presidenti  delle due Camere del
 Parlamento.
    Cosi' disposto in Roma, nella Camera di Consiglio  del  28  giugno
 1994.
                        Il presidente: CARBONE
    Depositata in segreteria il 2 agosto 1994.
                         Il segretario: SFORZA

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