N. 602 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 giugno 1994
N. 602 Ordinanza emessa il 28 giugno 1994 dalla Corte dei conti, sezioni riunite nel giudizio per parificazione del rendiconto generale dello Stato Bilancio dello Stato - Rendiconto generale dello Stato - Previsione che le anticipazioni concesse dallo Stato all'Amministrazione delle pp.tt. a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993, si intendono a tutti gli effetti quali trasferimenti definitivi - Incidenza negativa della rinuncia a detti crediti sul conto del patrimonio statale senza la necessaria indicazione della copertura finanziaria. Bilancio dello Stato - Rendiconto generale dello Stato - Previsione che il rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti all'Amministrazione delle pp.tt. a pareggio dei bilanci fino a tutto il 1993, e' posto a carico del Ministero del tesoro - Insufficienza della indicazione della relativa copertura mediante le disponibilita' gia' utilizzabili per le anticipazioni finalizzate alla copertura del disavanzo delle pp.tt. (D.L. 1 dicembre 1993, n. 487, art. 7, terzo e quarto comma, convertito in legge 29 gennaio 1994, n. 71). (Cost., art. 81, quarto comma).(GU n.42 del 12-10-1994 )
LA CORTE DEI CONTI Uditi nella pubblica udienza del giorno 28 giugno 1994 il relatore consigliere prof. Manin Carabba ed il pubblico ministero, nella persona del procuratore generale, dott. Emidio Di Giambattista; Ha pronunciato la seguente ordinanza; RITENUTO IN FATTO 1. - Il rendiconto generale dello Stato, nella sua essenziale componente del conto del patrimonio, reca, al conto generale n. 2 (crediti e partecipazioni) la partita n. 4047 concernente il credito del tesoro nei confronti della amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni pari a 27.626,651 miliardi per la quota capitale ed a 22,604 miliardi per gli interessi; questa partita trova la sua genesi nelle anticipazioni concesse negli esercizi passati, sino al 31 dicembre 1993, a copertura dei disavanzi di gestione della amministrazione postale. Quanto alla gestione di bilancio il rendiconto per l'esercizio 1993 reca la iscrizione, in competenza, al capitolo 8316 dello stato di previsione del Ministero del tesoro, di 3.466,685 miliardi per "anticipazioni all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a copertura del disavanzo di gestione". Sullo stesso capitolo il rendiconto registra disponibilita' in conto residui pari a 1.666,534 miliardi, che risultano interamente pagate. Nello stato di previsione dell'entrata la previsione concernente il rimborso delle quote di capitale puo' considerarsi ricompresa, anche se con una quantificazione genericamente riferita ad una molteplicita' di fonti, entro il capitolo 4555 (quote di capitale comprese nelle annualita' di ammortamento di anticipazioni varie concesse dal tesoro a ministeri, province, comuni, aziende, societa', enti ed istituti diversi). Una puntuale previsione (sempre nell'ambito dello stato di previsione dell'entrata) ha ad oggetto, al capitolo 3231, gli "interessi da corrispondersi dall'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni sulle anticipazioni concesse dal Ministero del tesoro per la copertura dei disavanzi di gestione", per tale voce il rendiconto 1993 registra pagamenti per 22,604 miliardi (a fronte di previsioni definitive di competenza pari a 25 miliardi). All'interno del conto consuntivo dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, il conto del patrimonio reca, al conto generale n. 5 (debiti), la partita n. 23 per un importo di 30.518,977 miliardi, rappresentanti il debito nei confronti del tesoro, e le partite da 1 a 24 che registrano un debito a fronte di anticipazioni della Cassa depositi e prestiti a copertura dei disavanzi di gestione per 572,764 miliardi. I riscontri effettuati dalla Corte in sede di parificazione pongono in evidenza che all'importo delle partite del conto n. 5 concernenti il debito dell'amministrazione postale per anticipazioni della Cassa depositi e prestiti finalizzate alla copertura dei disavanzi, va aggiunto l'ammontare registrato in entrata dal rendiconto 1993 dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni (capitolo 610), legato appunto ad anticipazioni della cassa depositi e prestiti a copertura del disavanzo, per 2.663,771 miliardi. Appaiono sostanzialmente in linea con le risultanze del rendiconto sopra esposte, le valutazioni del Tesoro, illustrate in sede di relazione tecnica al disegno di legge di conversione del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487 (atto Senato, XI legislatura, n. 1699). L'art. 7 del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71 (senza modificazioni per quanto attiene sia all'art. 7, sia all'art. 15 in tema di copertura) stabilisce che le anticipazioni concesse dallo Stato all'amministrazionee postale a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993 "si intendono a tutti gli effetti quali trasferimenti definitivi" (terzo comma); e che il rimborso delle anticipazioni concesse dalla cassa depositi e prestiti all'amministrazione postale a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993 "e' posto a carico del Ministero del tesoro" (quarto comma). Nessuna previsione di copertura e' contenuta nel d.l. e nella legge di conversione per l'art. 7, terzo comma, per quel che riguarda la trasformazione delle anticipazioni del tesoro in trasferimenti definitivi. Il maggior onere derivante dall'art. 7, quarto comma (assunzione da parte del tesoro dei debiti dell'amministrazione postale nei confronti della Cassa depositi e prestiti per anticipazioni a copertura dei disavanzi di gestione) e' coperto, dall'art. 15, primo comma, del medesimo d.l. n. 487/1993, "mediante utilizzo delle proiezioni" per gli anni 1994, 1995 e 1996, "dello stanziamento iscritto al capitolo 8316 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1993". Secondo la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione del d.l. n. 487 del 1993 (A.S. XI legislatura n. 1699) la utilizzazione delle disponibilita' destinate per il ripianamento dei disavanzi della amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, incluse nel bilancio a legislazione vigente per il 1994, si lega ad un piano di risanamento dell'ente "Poste italiane" le cui linee sono parte integrante della citata relazione tecnica; il nuovo ente nasca dalla "trasformazione" della amministrazione postale (art. 1 del d.l. n. 487), ne assorbe le funzioni di servizio pubblico (art. 2) e diviene "titolare dei rapporti attivi e passivi, nonche' dei diritti e dei beni" della disciolta amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni. La relazione tecnica quantifica in 82 miliardi, per il 1994, in 81 miliardi per il 1995 e in 79 miliardi per il 1996, l'onere ricadente sul tesoro per l'ammortamento della quota capitale e degli interesi delle anticipazioni concesse alla amministrazione postale dalla cassa depositi e prestiti. CONSIDERATO IN DIRITTO 2. - Il collegio delle sezioni riunite di questa Corte ritiene, in via preliminare, non controversa la propria legittimazione a sollevare questione di legittimita' costituzionale, in relazione ai precetti posti dall'art. 81 della Costituzione, in sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato, cosi' come e' disciplinato dagli articoli 38 e seguenti del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214. Le motivazioni a sostegno della tesi richiamata sono persuasivamente poste dalle sentenze della Corte costituzionale n. 165/1963, n. 121/1966 e n. 142 del 1968. 3. - Le ragioni di merito e le considerazioni specifiche in materia di rilevanza delle questioni di costituzionalita' concernenti l'art. 7, terzo e quarto comma del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, in rapporto al rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 1993, devono essere esposte distinguendo la diversa portata delle due norme richiamate, analizzando separatamente il terzo e quarto comma del citato art. 7. L'art. 7 terzo comma, come si e' detto, dispone che "le anticipazioni concesse dallo Stato all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993, si intendono, a tutti gli effetti, quali trasferimenti definitivi". La relazione tecnica governativa che accompagna il disegno di legge di conversione del d.l. n. 487 del 1993 (A.S. XI legislatura, n. 1699) afferma che "la rinuncia da parte del tesoro ai debiti pregressi rappresentati dalle anticipazioni fornite all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a copertura dei disavanzi di gestione non costituisce nuovi oneri per lo Stato in quanto i debiti sono gia' presenti nel patrimonio dell'amministrazione stessa; si tratta, pertanto, di modificare solo l'appostazione del debitore". Il debito assunto dal Tesoro - con la trasformazione delle anticipazioni in trasferimenti definitivi - non costituisce, secondo la relazione tecnica, un nuovo onere dal momento che era gia' "iscritto nel conto patrimoniale dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni" e, quindi, concorreva, comunque, "a formare il debito complessivo dello Stato". Le motivazioni cosi' svolte dalla relazione tecnica, a sostegno della mancata copertura dell'art. 7, terzo comma, non appaiono per- suasive, per le ragioni di seguito schematicamente riportate. a) In primo luogo le sezioni riunite osservano che il consolidamento dei conti del bilancio statale, della gestione di tesoreria e degli altri enti ricompresi entro l'aggregato del "settore statale" assume un rilievo giuridico, nel sistema normativo in materia di bilancio (legge 5 agosto 1978, n. 468, modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362), in quanto componente essenziale dei "conti di cassa" esposti annualmente (entro il mese di febbraio di ogni anno) dal Ministro del tesoro con la relazione sulla stima del fabbisogno del settore statale presentata al Parlamento, ed aggiornato trimestralmente (art. 30); in termini di fabbisogno di cassa del settore statale sono, inoltre, espressi, fra l'altro, gli obiettivi per il triennio incluso nel bilancio pluriennale fissati dal documento di programmazione economico-finanziaria (art. 3 della legge n. 468/1978, modificata dalla legge n. 362/1998); infine i confini del fabbisogno di cassa del settore statale sono indirettamente segnati dal "livello massimo del ricorso al mercato finanziario" determinato dalla legge finanziaria (art. 11 legge n. 468/1978, modificata con legge n. 362/1988). Resta fermo, per altro, che il Parlamento, con l'approvazione della legge finanziaria (e dei provvedimenti collegati) e della legge di bilancio, definisce le grandezze concernenti la gestione del bilancio dello Stato; cosi' come al bilancio dello Stato, in senso proprio, continua a far riferimento la costruzione del sistema decisionale disegnato dalle citate leggi nn. 468 e 362. In altre parole resta ben chiara la distinzione fra bilancio statale e settore statale, aggregato quest'ultimo entro il quale sono incluse la gestione di tesoreria e la gestione di altri enti e di amministrazioni o aziende autonome. La rinuncia da parte dello Stato ad un credito nei confronti di altri enti inclusi nel settore statale ma con contabilita' e finanze non ricomprese nel bilancio dello Stato non puo' considerarsi compensata all'interno della operazione di consolidamento dello stesso settore statale, le cui finalita', come si e' posto in rilievo, si legano ai conti di cassa ed alla definizione degli obiettivi programmatici, ma non cancellano la necessaria distinzione fra bilancio e rendiconto dello Stato, da un lato, e, dall'altro, risultati di cassa del piu' ampio aggregato incluso entro la nozione di settore statale. Nel caso in esame, inoltre, la distinzione e' ancor piu' necessaria, dal momento che, per effetto dello stesso d.l. n. 487/1993 (entro il quale si colloca l'art. 7, terzo comma, ora in esame), l'amministrazione delle poste e telecomunicazioni e' trasformata in ente pubblico economico; e quindi esce dallo stesso aggregato del "settore statale" per restare inclusa entro la piu' ampia nozione di settore pubblico. Ed e' evidente che le operazioni di consolidamento del piu' vasto aggregato del settore pubblico hanno valore di verifica degli obiettivi posti dal documento di programmazione economico-finanziaria e di conoscenza degli andamenti complessivi di finanza pubblica; ma certamente si tratta di operazioni descrittive che non conducono alla irrilevanza dei rapporti e dei flussi che legano la gestione del bilancio dello Stato e le risultanze del rendiconto generale dello Stato con le gestioni e le risultanze a consuntivo delle gestioni degli altri enti inclusi nel settore pubblico. Altre considerazioni riguardano la specifica natura della operazione di rinuncia al credito del tesoro compiuta con l'art. 7, terzo comma, in quanto legata al ripianamento di perdite relative ad esercizi pregressi nella gestione della amministrazione postale. Il ripianamento dei deficit pregressi ha gia' esplicato i suoi effetti in termini di cassa attraverso le anticipazioni erogate dal tesoro. In questo senso, dal punto di vista dell'impatto macroeconomico, l'operazione di consolidamento, con la trasformazione delle anticipazioni del tesoro in contribuzioni definitive, e' neutrale. Ma resta un effetto profondo sul conto del patrimonio dello Stato che vede cancellata una partita di credito molto rilevante. Simili operazioni, pur non aumentando il fabbisogno di cassa, determinano la crescita dello stock del debito pubblico a carico della gestione del bilancio statale. b) Per le considerazioni sopra esposte la Corte ritiene evidente la incidenza della norma recata dall'art. 7, terzo comma, del d.l. n. 487/1993, convertito in legge n. 71/1994, sul conto del patrimonio; risulta posta nel nulla la partita n. 4047 del conto generale n. 2 del conto del patrimonio dello Stato. Il Collegio di queste sezioni riunite ritiene che lo squilibrio che viene a determinarsi, attraverso la disposizione dell'art. 7, terzo comma del d.l. n. 487/1993, nel conto del patrimonio dello Stato, costituisca un nuovo onere che avrebbe dovuto essere coperto da una specifica norma. Il fatto che l'art. 15 del d.l. n. 487 non rechi alcuna previsione di copertura per quanto attiene all'onere conseguente alla norma dell'art. 7, terzo comma, da' luogo alla valutazione in virtu' della quale non e' manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' del citato art. 7, terzo comma, in relazione al precetto dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Nel sistema delineato dall'art. 22 della legge n. 468/1978 il conto generale del patrimonio costituisce parte integrante del rendiconto generale dello Stato. Questa Corte dei conti ha ripetutamente sottolineato la essenziale importanza del conto del patrimonio che integra le risultanze della contabilita' finanziaria (conto del bilancio). Solo attraverso una valutazione integrata delle risultanze del conto del bilancio e del conto del patrimonio e' possibile conseguire un giudizio significativo della gestione complessiva della finanza dello Stato. Sembra indubbio, alla luce delle considerazioni sopra enunciate, che la rottura degli equilibri e il peggioramento del conto del patrimonio dello Stato, siano fenomeni tali da poter concretare nuovi e maggiori oneri, per i quali, ai sensi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione, e' necessario che la legge indichi i mezzi per farvi fronte. c) Per quanto attiene al conto del bilancio viene meno, senza dubbio, l'entrata per gli interessi da corrispondersi da parte della amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni al tesoro (capitolo 3231 dello stato di previsione dell'entrata). Per questi motivi le sezioni riunite ritengono non manifestamente infondata la questione della non conformita' dell'art. 7, terzo comma, del d.l. n. 487/1993, per il quale non e' prevista alcuna forma di copertura (nemmeno per le minori entrate conseguenti al venir meno della voce attiva "interessi" gia' contabilizzata in bilancio), all'art. 81, quarto comma, della Costituzione. 4. - L'art. 7, quarto comma del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, dispone che "il rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni a pareggio dei bilanci fino a tutto l'anno 1993, e' posto a carico del Ministero del tesoro". L'art. 15, primo comma, dello stesso d.l. n. 487 prevede la copertura dei relativi oneri; la relazione tecnica che accompagna il disegno di legge di conversione consente di precisare che la copertura prevista specificamente per l'ammortamento del debito assunto dal Tesoro (in conseguenza appunto dell'art. 7, quarto comma) si articola in annualita' pari rispettivamente a 82, 81 e 79 miliardi per gli esercizi 1994, 1995 e 1996. L'intero meccanismo di copertura degli oneri discendenti dal d.l. n. 487/1993, convertito nella legge n. 71/1994 (recato dall'art. 15 del citato provvedimento) si basa sulla utilizzazione, disposta con la legge di bilancio per il 1994 (legge 24 dicembre 1993, n. 539), delle disponibilita' gia' utilizzabili per le anticipazioni finalizzate alla copertura del disavanzo dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni. La congruita' delle quantificazioni poste a base della stima degli oneri e per la misura delle coperture si lega alla attuazione del piano di risanamento inserito nella relazione tecnica, che ha ad oggetto la futura gestione del nuovo ente "Poste italiane". Sulla congruita' e razionalita' del meccanismo di copertura cosi' configurato le sezioni riunite della Corte riferiscono al Parlamento nella diversa sede della relazione quadrimestrale sulla legislazione di spesa ex, art. 11-ter, sesto comma della legge n. 468/1978, come modificata dalla legge n. 362/1988. In sede di giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato le sezioni riunite hanno ritenuto dubbia la ragionevolezza della copertura limitatamente a quella parte del primo comma dell'art. 15 del decreto-legge n. 487 riferibile al disposto dell'art. 7, quarto comma. Non sembra dubbio, sulla base delle argomentazioni gia' svolte a proposito dell'art. 7, terzo comma, che la disposizione dell'art. 7, quarto comma incida sul conto del patrimonio dello Stato attribuendo al tesoro oneri in precedenza ricadenti sull'amministrazione postale per il rimborso delle anticipazioni concesse dalla Cassa depositi e prestiti. Correttamente, del resto, in questa ipotesi, la legge si da' carico di formulare una norma di copertura. L'onere per la copertura dei disavanzi pregressi dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, che viene definitivamente assunto dal tesoro, ha certamente natura di onere non comprimibile, assimilabile, per quanto attiene alle modalita' di copertura, alle spese obbligatorie; la forma di copertura prevista - in annualita' ricavate all'interno delle risorse di bilancio in precedenza destinate alle anticipazioni all'amministrazione postale (secondo il piano esposto dalla relazione tecnica al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 487) - appare in contrasto con il disposto dell'art. 11-ter, primo comma, lettera c) della legge n. 468/1978, come modificata dalla legge n. 362/1988; norma, quest'ultima, i cui precetti possono essere considerati, sulla base di un prudente apprezzamento delle concrete fattispecie, come integrativi dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione. Il ripianamento di deficit pregressi posto a carico di futuri esercizi aumenta la quota di oneri non comprimibili e, quindi, accresce la rigidita' del bilancio. Diviene maggiore, cosi', il rischio che, in via generale, deriva dal restringersi dei margini di copertura per gli esercizi successivi al primo desumibili dal prospetto di copertura che costituisce parte integrante della legge finanziaria per il 1994 (legge 24 dicembre 1993, n. 538). Per questi motivi le sezioni unite ritengono non manifestamente infondata la questione della non conformita' della copertura dell'art. 7, quarto comma, del decreto-legge n. 487, cosi' come disposta dall'art. 15, primo comma, dello stesso decreto-legge, all'art. 81, quarto comma, della Costituzione. 5. - La serieta' del problema che verrebbe a determinarsi nel caso dieventuale dichiarazione della illegittimita' costituzionale delle norme sottoposte al giudizio della Corte costituzionale, e' ben presente al collegio di queste sezioni riunite. E' opportuno porre in evidenza, quindi, che, secondo la Corte dei conti, resta ampia la sfera di discrezionalita' del legislatore che puo' graduare nel tempo e differenziare la gamma degli strumenti volti a recuperare gli equilibri della gestione. In particolare, per quanto attiene ai disavanzi pregressi dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, potrebbe essere valutata la possibilita' di includere, il recupero dei disavanzi pregressi nell'ambito dei contenuti del "contratto di programma" disciplinato dall'art. 8 del decreto-legge n. 487/1993, convertito nella legge n. 71/1994; tenendo presente, in particolare, come posto in evidenza dal servizio bilancio della Camera dei deputati (Camera dei deputati, servizio bilancio dello Stato, verifica delle quantificazioni, A.S. n. 1699; A.C. n. 3521, doc. n. 137, 24 gennaio 1994), che la relazione tecnica non quantifica il maggior gettito per la devoluzione allo Stato dei canoni di concessione dei servizi telegrafici, di radiodiffusione ad uso pubblico, e dei servizi radioelettrici ad uso privato, disposta dall'art. 15, quarto comma, del medesimo decreto-legge n. 487/1993. 6. - Deve essere, conclusivamente, valutata la questione della rilevanza delle questioni di costituzionalita' sollevate con la presente ordinanza, in rapporto alla natura ed ai limiti della deliberazione di parificazione, disciplinata dagli articoli da 38 a 43 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. n. 1214/1934. E' necessario, dunque, partire dalle motivazioni della sentenza 30 dicembre 1968, n. 142 della Corte costituzionale che ha ad oggetto questioni di costituzionalita' sollevate dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione, concernenti la conformita' di alcune leggi sostanziali di spesa, presupposto di capitoli di bilancio, in rapporto al precetto dell'art. 81, quarto comma. La citata sentenza n. 142 del 1968 ha affermato la inammissibilita' "per manifesta rilevanza" delle questioni sollevate dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione (ordinanza delle sezioni riunite 25 luglio 1967, in occasione della deliberazione sul rendiconto generale dello Stato per il 1966) sulla base delle argomentazioni di seguito schematicamente richiamate. In primo luogo la Corte costituzionale ha affermato che oggetto del giudizio di parificazione "sono i modi e la misura in cui le previsioni del bilancio sono state adempiute, i limiti in esso prestabiliti rispettati nel corso dell'esercizio", i cui risultati sono esposti nel rendiconto. In secondo luogo la citata sentenza afferma che "all'atto di procedere alla parificazione la Corte dei conti non applica le leggi sostanziali di spesa, riflettentisi nei capitoli del bilancio di previsione, e neppure applica la legge di approvazione del bilancio. Le prime, al pari di quest'ultima, essa ha gia' applicato, in corso d'esercizio, operando il riscontro di legittimita' sui singoli atti soggetti al suo controllo. Ne' il giudizio di parificazione implica revisione e possibile riforma dei risultati, ormai acquisiti, del riscontro effettuato". La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale sollevata con la presente ordinanza deve essere valutata, secondo il collegio di queste sezioni riunite, sulla base di due diversi ordini di argomentazioni: la diversita' della fattispecie oggetto del giudizio di parificazione del rendiconto 1993 rispetto al quelle poste nella stesa sede con riguardo all'esercizio 1966; il diverso contesto legislativo entro il quale si pone il giudizio di parificazione offerto dalla disciplina del bilancio dettata dalla legge 5 agosto 1978, n. 468, modificata dalla legge 23 agosto 1988, n. 362 nonche' dalla nuova disciplina del controllo della Corte dei conti dettata dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20. Con l'ordinanza delle sezioni riunite 25 luglio 1967, la Corte dei conti, muovendo dall'esame delle risultanze del rendiconto concernenti alcuni capitoli di spesa, sollevava questioni di legittimita' costituzionale delle disposizioni legislative che offrivano la base sostanziale per tali autorizzazioni di spesa; disposizioni che - affermava la citata ordinanza - "pur comportando oneri a carico del bilancio dello Stato, non recano indicazioni alcuna dei mezzi per farvi fronte e, pertanto, appaiono in contrasto con il precetto del quarto comma dell'art. 81 della Costituzione". Con la presente ordinanza la Corte dei conti pone in rilievo il diverso fenomeno di disposizioni legislative (quelle appunto recate dall'art. 7, terzo e quarto comma, del decreto-legge n. 487/1993) che direttamente incidono sul conto del patrimonio dello Stato alterandone le risultanze e modificandone, in senso peggiorativo, gli equilibri. Quanto al secondo ordine di argomentazioni e' da osservare - secondo le sezioni riunite - che il giudizio di parificazione del rendiconto generale dello Stato, conserva il contenuto originario di riscontro e verifica delle risultanze del rendiconto, con i vincoli ed i limiti posti dalla legge di bilancio. Ma questo raffronto assume piu' ampli contenuti nel quadro del procedimento di bilancio disciplinato dalle leggi n. 468 e n. 362 che costruiscono - come ha chiarito la sentenza n. 4 del 1994 della Corte costituzionale - la decisione di bilancio come articolata nei diversi momenti della legge finanziaria, dei provvedimenti collegati e della legge di bilancio in senso proprio. La stessa sentenza n. 4 afferma la rilevanza del "legame genetico, strutturale e funzionale" che lega i diversi momenti e fasi del processo di bilancio. Le sezioni riunite, nell'esperienza compiuta con i giudizi di parificazione nell'ambito della nuova disciplina del bilancio, ritengono quale contenuto essenziale della deliberazione e della relazione sul rendiconto generale dello Stato la verifica del rispetto, nelle risultanze della gestione, dei vincoli posti dalla legge finanziaria; in primo luogo del saldo netto da finanziarie e del limite massimo del ricorso al mercato. Le valutazioni oggetto della deliberazione sul rendiconto prendono, di conseguenza, necessariamente, in considerazione gli equilibri complessivi della gestione, quali sono espressi dal conto del bilancio e dal conto del patrimonio; equilibri da porre in relazione al sistema dei vincoli e limiti posti dalla legge finanziaria. Non sembra dubbio, alla luce della considerazioni sopra esposte, che la valutazione sulla non manifesta infondatezza di disposizioni legislative che (come accade per l'art. 7, terzo e quarto comma, del decreto-legge n. 487/1993) incidono direttamente ed alterano gli equilibri del rendiconto generale dello Stato, appaia sicuramente fra quelle necessarie ai fini del giudizio di parificazione; per questo sussiste la rilevanza della questione sollevata con la presente ordinanza. Quanto ai rapporti con il controllo precedentemente svolto dalla Corte dei conti nelle sedi proprie per l'esame della legittimita' dei singoli atti e', in primo luogo, da osservare che, nel corso del 1993, non sono stati sottoposti al controllo atti concernenti la concessione di anticipazioni del Tesoro o della Cassa depositi e prestiti all'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni. Il giudizio di parificazione del rendiconto dello Stato per l'esercizio 1993 costituisce, dunque, la prima occasione utile, per la Corte dei conti, di esame dei problemi concernenti i disavanzi pregressi dell'amministrazione postale; tale esame sara', inoltre, reso piu' complesso e, comunque, diversamente costruito, in futuro, a causa della trasformazione dell'amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni in ente "Poste italiane", gia' operante in questo esercizio 1994. Si puo' osservare, infine, che, nel sistema disegnato dalla riforma dei controlli della Corte dei conti (legge 14 gennaio 1994, n. 20) viene meno il controllo preventivo o successivo di legittimita' su tutti gli atti che dispongono pagamenti dello Stato. Il momento di chiusura del riscontro contabile, che pure resta una delle componenti del giudizio di parificazione, e' offerto, nel nuovo sistema, dalla verifica, tuttora onnicomprensiva, dei documenti consuntivi di tutti i pagamenti della gestione statale, quali sono recati dalle contabilita' mensili di tesoreria, dai ruoli di spesa fissa, dal debito vitalizio. Ma queste attivita' di verifica e di riscontro lasciano impregiudicato un piu' ampio spazio di valutazione della legittimita' dei presupposti della spesa che trova espressione fra l'altro, nella fase, per sua natura conclusiva, della deliberazione delle sezioni riunite sul rendiconto generale dello Stato. Per i suesposti motivi la questione di costituzionalita' sopra esaminata e', ad avviso delle sezioni riunite, rilevante e non manifestamente infondata.
P. Q. M. Visti gli artt. 38, 39, 40, 41, 42 e 43 del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214; Visto l'art. 134 della Costituzione; Visti l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; La Corte dei conti a sezioni riunite in sede giurisdizionale Ordina che, sospeso il giudizio in corso sul rendiconto generale dello Stato per l'esercizio 1993, per la parte attinente ai risultati della gestione del capitolo 8316 del conto consuntivo del Ministero del tesoro, sul conto consuntivo (conto del bilancio e conto del patrimonio) della ex amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni, della partita n. 4047 (crediti) del conto generale n. 2 del conto del patrimonio dello Stato, vengano trasmessi gli atti alla Corte costituzionale, per l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, terzo e quarto comma, del d.l. 1 dicembre 1993, n. 487, convertito nella legge 29 gennaio 1994, n. 71, in relazione all'art. 81, quarto comma, della Costituzione; che, a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Ministro del tesoro e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' disposto in Roma, nella Camera di Consiglio del 28 giugno 1994. Il presidente: CARBONE Depositata in segreteria il 2 agosto 1994. Il segretario: SFORZA 94C1106