N. 613 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 1994

                                N. 613
 Ordinanza emessa il 16 maggio 1994 dal pretore di Reggio  Emilia  nel
 procedimento penale a carico di Baracchi Oscar
 Reato  in  genere - Sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi -
 Ambito di applicazione - Inapplicabilita'  per  espresso  divieto  ai
 reati  (nella  specie contestati all'imputato) di inquinamento idrico
 previsti dalla legge n. 319/1976, diversamente  da  quanto  stabilito
 per  le  analoghe  figure criminose di cui ai decreti legislativi nn.
 915/1982,  203/1988  e  133/1992  -  Ingiustificata   disparita'   di
 trattamento - Irragionevolezza - Richiamo alla sentenza n. 249/1993.
 (Legge  24  novembre  1981  n. 689, art. 60, secondo comma).  (Cost.,
 art. 3).
(GU n.42 del 12-10-1994 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti  del  procedimento  penale  n.  2369/93R.G.  contro
 Baracchi  Oscar, imputato del reato di cui all'art. 21, primo e terzo
 comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 e succ. mod., perche' nella
 sua qualita' di legale rappresentante della Cooperativa agricola Sta-
 lla sociale di Campegine, effettuava uno scarico di reflui di  stalla
 in   acque   superficiali   (fosso   Lora  II)  senza  la  prescritta
 autorizzazione ed eccedente nei parametri di B.O.D., C.O.D. ed  azoto
 ammoniacale  NH4  i  limiti di cui alla tabella A della legge citata.
 Accertata in Campegine, l'11 febbraio 1992;
    Premesso che la  difesa  dell'imputato  ha  fatto  preliminarmente
 presente   che   essa   intende   chiedere,   in   tesi  subordinata,
 l'applicazione delle sanzioni sostitutive di  cui  agli  artt.  53  e
 segg. della legge n. 689/1981 e succ. mod. (con specifico riferimento
 all'applicazione  della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria) e
 sulla  base  di  tale  presupposto  ha  sollevato  la  questione   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 60, secondo comma, della legge
 n. 689/1981, nella parte in cui  non  consente  l'applicazione  delle
 sanzioni  sostitutive  al  reato  di  cui all'art. 21 della cd. legge
 Merli e cio' per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
    Tanto premesso e richiamato, osserva:
    La questione qui proposta non appare manifestamente infondata.
    In ordine alla sua rilevanza nel presente giudizio, occorre notare
 che gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico  ministero  (e  dei
 quali  questo  pretore  ha  preso visione), ove le relative emergenze
 venissero confermate in dibattimento,  potrebbero  "in  ipotesi"  non
 consentire l'assoluzione dell'imputato.
    E'  pacifico  che  egli  sia  legale rappresentante della latteria
 sociale  titolare   dello   scarico   in   questione,   dedita   alla
 trasformazione  del  latte  conferito  dai  singoli  soci  in burro e
 formaggio.
    Tale insediamento, per  giurisprudenza  costante  della  Corte  di
 cassazione  (v.  tra le altre, per casi del tutto identici Cassazione
 n. 1071/1990 imp. Campana; Cassazione 11 marzo  1991  imp.  Ferretti;
 Cassazione 17 dicembre 1993
 imp.  Giroldini)  piu'  volte condivisa da questa pretura deve essere
 qualificato come "insediamento produttivo".
    Emerge dagli  atti  delle  indagini  preliminari  (v.  verbali  di
 sopraluogo   e   campionamento   e   verbali  di  analisi)  che  tale
 insediamento ha effettuato uno scarico di reflui di stalla  in  acque
 superficiali.
    Quindi  doveva  rispettare i limiti di cui alla tabella C allegata
 alla cd. legge Merli (dal 1 marzo 1980 se scarico "esistente"  oppure
 fin  dal  momento  della  sua attivazione se scarico "nuovo"; cfr. al
 riguardo art. 12, primo comma, n. 2, art.  13,  primo  comma,  n.  2,
 lett. a) della legge n. 319/1976).
    Tali  limiti  non  paiono  essere  stati  rispettati  (v.  referto
 analitico nel fascicolo del p.m.) senza che possa ipotizzarsi  alcuna
 fattispecie di forza maggiore o caso fortuito.
    La    modestia    dell'episodio,    unita    alla   incensuratezza
 dell'imputato,   sono   elementi    che    potrebbero    giustificare
 l'applicazione, come richiesto, della sanzione sostitutiva della pena
 pecuniaria  in luogo della corrispondente pena detentiva prevista dal
 contestato art. 21 della legge n. 319/1976.
    Senonche', a tale sostituzione  osta  l'art.  60,  secondo  comma,
 della  legge  n.  689/1981  che  espressamente  prevede  che  le pene
 sostitutive non si applicano ai reati previsti dagli artt.  21  e  22
 della legge 10 maggio 1976, n. 319.
    La  questione  di  illegittimita' costituzionale di tale norma per
 contrasto con l'art. 3 non appare  essere  manifestamente  infondata,
 risultando la predetta esclusione oggettiva carente di ragionevolezza
 e  cosi'  presentandosi  per  cio'  stesso  lesiva  del  principio di
 uguaglianza.
    Tale  carenza di ragionevolezza emerge se si pone mente alle norme
 dettate nel corso del tempo dopo l'emanazione della cd.  legge  Merli
 nonche'  della  legge  n.  689/1981,  per tutelare sia lo stesso bene
 giuridico inteso in senso generale (vale a dire  l'ambiente  per  cui
 nozione unitaria cfr. Corte costituzionale n. 641/1987) sia lo stesso
 bene  giuridico inteso nel senso piu' specifico e particolare (vale a
 dire la tutela delle acque dall'inquinamento).
    Sotto il primo profilo si deve ricordare, ad  esempio  che  per  i
 reati previsti in caso di smaltimento dei rifiuti di cui al d.P.R. n.
 915/1982  oppure  in  materia  di  inquinamento atmosferico di cui al
 d.P.R. n. 203/1988 non e' prevista alcuna  preclusione  oggettiva  ex
 art. 60 della gia' citata legge.
    Ne'  puo'  affermarsi che, le ipotesi di reato contemplate da tali
 norme  siano  meno  gravi  o  sanzionino  condotte  meno  dannose   e
 pericolose per l'ambiente.
    E'  sufficiente  al  riguardo porre mente ai reati previsti per lo
 smaltimento, in tutte le sue varie fasi, dei rifiuti tossico  nocivi.
 E'  sufficiente  porre  mente alla circostanza che anche il d.P.R. n.
 203/1988 prevede ipotesi di reato sanzionate con  la  pena  detentiva
 per il superamento dei valori limite fissati dalla normativa.
    La  irragionevolezza  di  cui  sopra emerge in maniera ancora piu'
 evidente se, in estrema sintesi, si  esamina  di  decreto  l.gvo.  n.
 133/1992  che  ha dato attuazione a varie direttive Cee in materia di
 scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque.
    Tale decreto prevede ipotesi di reato che oggettivamente  appaiono
 essere  piu'  gravi  di quelle previste dalla legge Merli dal momento
 che disciplina specificamente le sostanze che vengono  definite  come
 pericolose  "perche'  tali  da  mettere  in pericolo la salute umana,
 nuocere alle risorse viventi ed al sistema  ecologico  idrico".  Tale
 concetto  di  pericolosita'  per le persone e per l'ambiente non pare
 essere presente nella cd. legge Merli e certamente non  pare  proprio
 potersi ravvisare nello scarico in esame? Non solo ma, ad es., l'art.
 18, primo comma, del precedente decreto l.gvo sanziona lo scarico con
 autorizzazione  revocata prevedendo una pena edittale massima (3 anni
 di arresto) ben superiore alla pena prevista dalla legge n.  319/1976
 sempre  per  lo  scarico  con  autorizzazione  revocata  (v. art. 21,
 secondo comma, ultima parte della legge Merli  che  prevede  la  pena
 detentiva,  alternativa,  fino ad un massimo di due anni di arresto).
 Ed ancora lo scarico con superamento dei valori limite e'  sanzionato
 con  pena  edittale  massima (due anni di arresto) che e' identica in
 entrambe le normative in esame.
    Malgrado tale situazione per i reati previsti dal decreto l.gvo n.
 133/1992 (certamente di gravita' non inferiore a quelli  della  legge
 n. 319/1976 contestati all'imputato) e' possibile sostituire ai sensi
 dell'art.  53  e  segg.  della  legge  n.  689/1981 la eventuale pena
 detentiva da  applicarsi  in  concreto,  a  differenza  di  quanto  -
 ripetesi  -  avviene  per  i  reati  ex  artt. 21 e 22 della legge n.
 319/1976.
    Ne'  una  ragione  di   giustificazione   a   tale   evidente   ed
 irragionevole  disparita'  di  trattamento normativo puo', per i fini
 che qui interessano, essere  desunta  dallo  scopo  perseguito  dalla
 norma  di  cui all'art. 60 della legge n. 689/1981 che era certamente
 quella  di  escludere  oggettivamente  l'applicazione  delle sanzioni
 sostitutive per ipotesi di reato ritenute dal legislatore  gravi  per
 la specifica importanza del bene tutelato. Tale scopo, se non proprio
 venuto  meno  del  tutto,  non  e' stato certamente poi perseguito in
 concreto dal legislatore  con  i  riferimenti  ai  reati  in  materia
 ambientali  dal  momento  che tutte le norme sanzionatorie emanate in
 tale materia, dopo l'entrata in vigore della legge n.  689/1981,  non
 escludono l'applicazione delle sanzioni sostitutive ne' certamente il
 legislatore  e'  intervenuto  sul testo dell'art. 60 per estendere le
 ipotesi  di  esclusioni  oggettive  ivi  previste  ai   nuovi   reati
 introduttivi dalle norme emanate in difesa dell'ambiente.
    Al  contrario si e' assistito ad un ampliamento della possibilita'
 di applicare le sanzioni sostitutive che  attualmente  (v.  legge  n.
 169/1993)  possono  trovare  applicazione  in  concreto  per reati di
 competenza non pretorile e  sanzionati  con  pene  assai  consistenti
 rendendo  ulteriormente  incomprensibile  la limitazione oggettiva in
 esame.
    In altri termini tale politica legislativa  priva  di  sostanziale
 coordinamento  tra le varie norme ha finito con il determinare con la
 materia in esame una evidente  disparita'  normativa  non  altrimenti
 giustificabile  che richiama, nella sua essenza, la disparita' che si
 era  venuta  a  creare  in  tema  di  applicazione   delle   sanzioni
 sostitutive a seguito della entrata in vigore del nuovo c.p.p.
    Piu'  esattamente  a  seguito  della attribuzione al pretore della
 competenza a giudicare dal reato ex art. 589 del c.p. a cui non aveva
 fatto riscontro un adeguamento e coordinamento con l'art. 60 in esame
 si era venuta a creare la situazione, carente di ragionevolezza,  per
 cui il reato ex art. 589 g.p. commesso con violazione delle norme per
 la  prevenzione  degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del
 lavoro potevano applicarsi le sanzioni sostitutive di cui agli  artt.
 53  e  segg.  della  legge  n.  689/1981, possibilita' che invece era
 espressamente esclusa dall'art. 60 con  riferimento  al  reato,  meno
 grave,  ex  art.  590  del  c.p., secondo e terzo comma, commesso con
 violazione delle precedenti norme con  le  conseguenze  previste  dal
 primo e secondo comma, art. 583 del c.p.
    La   Corte  costituzionale,  proprio  richiamando  la  carenza  di
 ragionevolezza di tale sistema normativo con la  conseguente  lesione
 del   principio  di  uguaglianza,  ha  dichiarato  la  illegittimita'
 costituzionale dell'art. 60 nella parte in cui stabilisce che le pene
 sostitutive non si applicano al precitato  art.  590  del  c.p.  come
 sopra caratterizzato (v. sentenza n. 249/1993).
    Ne',  infine,  sembra  essere  rilevante l'osservazione secondo la
 quale,   se   mai,   deve   essere   sospettato   di   illegittimita'
 costituzionale  l'art. 60 nella parte in cui le conclusioni oggettive
 ivi previste non si estendono anche alle ipotesi di reato  introdotte
 dalle  normative  a  tutela  dell'ambiente approvata dopo la legge n.
 689/1981.
    Un siffatto ragionamento non pare accoglibile poiche' finisce  con
 il  comportare  una  estensione di tali esclusioni oggettive in malam
 partem ritenuta non ammissibile dalla stessa Corte costituzionale (v.
 ad es. ord. n. 261/1986  con  cui  veniva  dichiarato  manifestamente
 inammissibile  la questione di legittimita' costituzionale, sollevata
 dal pretore di Santhia' con ord. 15 marzo 1985,  dell'art.  60  della
 legge  n.  689/1981 nella parte in cui non prevedeva, per il reato di
 discarica abusiva di  r.s.u.  mediante  stoccaggio  sul  terreno,  la
 inapplicabilita'  delle  piu'  voltre  citate  sanzioni sostitutive a
 differenza di quanto previsto dagli artt. 21 e  22  della  cd.  legge
 Merli,  trattandosi,  in  buona  sostanza,  di  questione  diretta  a
 sollecitare  una  pronuncia  additiva  in  materia  penale;  cfr.  al
 riguardo anche ord. n. 188/1993).
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 2 marzo 1953, n. 87.
    Ritenuta  la rilevanza al fine del presente giudizio, dichiara non
 manifestamente infodata, in relazione all'art. 3 della  Costituzione,
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 60, secondo
 comma, della legge 2 febbraio 1981, n. 689, nella parte  in  cui  non
 consente  l'applicazione  delle  pene  sostitutive  ai  reati  di cui
 all'art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319;
    Sospende il giudizio ed ordina  la  immediata  trasmissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
    Manda   alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
 ordinanza  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  per   la
 comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Reggio Emilia, addi' 16 maggio 1994
                           Il v.p.o: LUSENTI

 94C1117