N. 616 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 luglio 1994

                                N. 616
 Ordinanza  emessa  il 29 luglio 1994 dal pretore di Cagliari, sezione
 distaccata di Decimomannu nel procedimento penale a carico di Lavanga
 Pasquale
 Inquinamento - Rifiuti (nella specie: anidride e fanghi residuati da
    acque reflue) -  Esclusione,  dalla  categoria,  degli  stessi  se
    quotati  in borse merci o in listini e mercuriali istituiti presso
    le locali camere di commercio - Conseguente inapplicabilita' della
    disciplina penale in tema  di  rifiuti  a  seguito  di  scelta  di
    autorita' amministrativa - Disparita' di trattamento a seconda che
    un materiale sia o meno incluso nei listini ufficiali della camera
    di  commercio  nelle  diverse  regioni  - Lesione del principio di
    riserva statale della legge penale.
 (D.L. 8 luglio 1994, n. 438, art. 2, terzo, quarto e quinto comma).
 (Cost., artt. 3 e 25).
(GU n.43 del 19-10-1994 )
                              IL PRETORE
    Esaminati gli atti di causa;
    Rilevato che in pendenza del presente giudizio e' stato emanato il
 d.l.  8  luglio  1994,  n.  438, recante "Disposizioni in materia di
 riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di  consumo
 in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in
 materia  di  smaltimento  dei rifiuti", che incide sulle disposizioni
 del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915;
    Ritenuto che il suddetto decreto-legge appare in contrasto con gli
 artt. 3 e 25 della Costituzione e che tale questione sia rilevante ai
 fini della decisione del presente giudizio;
    Ritenuta  pertanto  l'opportunita'  di  sottoporre  d'ufficio   al
 giudizio  della  Corte  costituzionale  la  questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, terzo, quarto e quinto comma, del d.l. 8
 luglio 1994,  n.  438,  per  violazione  delle  norme  costituzionali
 richiamate;
                             O S S E R V A
    Lavanga  Pasquale e' stato citato a giudizio davanti a questo pre-
 tore per rispondere del reato di cui all'art. 25, secondo comma,  del
 d.P.R.  10  settembre  1982, n. 915, per avere, in qualita' di legale
 rappresentante della Fluorsid S.p.a., gestito, senza l'autorizzazione
 regionale,  in  localita'  Terrasili,  territorio  di  Assemini,  una
 discarica  di  rifiuti  speciali  (anidrite  e fanghi residuati dalla
 decantazione delle acque reflue). Accertato dal 1987.
    Dall'istruzione dibattimentale e' emerso che la societa'  Fluorsid
 aveva  accumulato,  gia'  a  partire  dal  1974,  anidrite  e  fanghi
 derivanti da un processo  di  decantazione  delle  acque  reflue  nel
 territorio  del  comune  di  Assemini,  occupando  uno  spazio che il
 direttore  dello  stabilimento   industriale,   Dilena   Sergio,   ha
 quantificato  attualmente  in  circa  280.000 m(Elevato al Cubo), per
 circa 450.000 tonnellate, in gran  parte  di  anidrite,  pur  essendo
 priva della prescritta autorizzazione regionale.
    La   medesima   condotta   di   gestione   di   "discarica"  senza
 autorizzazione era  stata  giudicata  con  sentenza  del  pretore  di
 Decimomannu  in  data  1  dicembre  1987.  Nel  corso  del precedente
 procedimento  era  stato  accertato  che  il  volume  del   materiale
 depositato  era  di  circa  151.000  m(Elevato  al Cubo). E' evidente
 pertanto che nel corso degli anni successivi vi e' stato un  continuo
 incremento  dell'accumulo  di  anidrite  e fanghi, sino alla data (22
 giugno 1993) del provvedimento di sequestro  preventivo,  emesso  dal
 g.i.p. presso la pretura circondariale di Cagliari.
    Si  e'  difeso  l'imputato asserendo, fra l'altro, che i materiali
 depositati in localita' Terrasili  non  potevano  essere  considerati
 rifiuti  ai  sensi del d.P.R. n. 915/1982, in quanto erano oggetto di
 compravendita con le cementerie e il settore edilizio.
    A tal fine ha allegato il bollettino  ufficiale  del  luglio  1993
 della  camera  di  commercio, industria, artigianato e agricoltura di
 Cagliari, ove  risulta  inclusa  l'anidrite,  invocando  pertanto  il
 disposto dell'art. 2, terzo comma, d.l.  8 luglio 1994, n. 438.
    La  norma  prevede  infatti  l'esclusione dei materiali quotati in
 borse merci o in listini e mercuriali ufficiali istituiti  presso  le
 camere di commercio entro il novembre 1993, dal campo di applicazione
 della  disciplina  delle  attivita'  finalizzate  al  riutilizzo come
 materia prima o come fonte di energia dei residui derivanti da  cicli
 di  produzione  o  di consumo, sottraendo a qualsiasi controllo tutti
 quei "residui" (da considerare rifiuti sino a  prova  contraria)  che
 una  semplice  attestazione  della camera di commercio ha qualificato
 come materiale avente un valore di mercato.
    Sembra  a  questo  giudice   che   la   scelta   di   un'autorita'
 amministrativa di includere o no un certo materiale in un listino non
 possa condizionare l'applicabilita' della normativa penale in tema di
 rifiuti,  atteso inoltre che l'identificazione della "merce" potrebbe
 avvenire in un capoluogo di regione e non  in  un  altro,  provocando
 intuibili disparita' di trattamento.
    L'incongruenza  della  disciplina  in  questione si delinea ancora
 piu' chiaramente nei commi quarto e quinto del medesimo articolo, ove
 e' stabilito che  "il  Ministro  dell'ambiente,  di  concerto  con  i
 Ministri    della    sanita',   dell'industria,   del   commercio   e
 dell'artigianato e delle risorse agricole,  alimentari  e  forestali,
 provvedera', con proprio decreto, a seguito di ricognizione positiva,
 alla  formazione di un elenco nazionale dei materiali quotati che, in
 relazione alle loro precise specifiche  merceologiche,  proprieta'  e
 caratteristiche,   continuano   ad   essere   esclusi  dal  campo  di
 applicazione del presente decreto e di quelli ai quali non si applica
 l'esclusione stessa".
    Cio' significa che la diversa qualificazione operata  dal  decreto
 ministeriale  potrebbe  riclassificare  "residuo"  un materiale prima
 quotato come merce  da  una  camera  di  commercio,  facendo  ruotare
 completamente   la   disciplina   applicabile   e  creando  ulteriore
 incertezza sul gia' complesso rapporto residuo-rifiuto.
    In pratica l'art. 2 del d.l. citato ha attribuito alle camere  di
 commercio,   salvo  nuove  qualificazioni  ministeriali  di  non  ben
 precisata natura, modalita' e criteri, il potere  di  sottrarre  alla
 disciplina  dettata  per  le  materie  prime  secondarie  i materiali
 arbitrariamente inseriti nei listini ufficiali, con la conseguenza di
 sottrarre gli stessi  alla  regolamentazione  prevista  dallo  stesso
 decreto  o,  qualora  non  fosse  dimostrato  "in  modo  effettivo ed
 oggettivo il riutilizzo" (art.  12,  quarto  comma),  al  trattamento
 sanzionatorio previsto dal d.P.R. n. 915/1982.
    Tale  previsione,  oltre ad essere in contrasto con il regolamento
 CEE  n.  259/1993,  il  quale  non  contempla  affatto   l'esclusione
 descritta,  si  palesa  in contrasto con i principi costituzionali di
 parita' di trattamento e di riserva di legge penale.
    In  ordine  al  primo   profilo   e'   di   tutta   evidenza   che
 dall'inclusione   nei  listini  ufficiali  operata  dalla  camera  di
 commercio  in  una   regione   e   non   in   un'altra   dipenderebbe
 l'operativita' o meno degli obblighi sanciti nel decreto, con le rel-
 ative  sanzioni,  e  specularmente  di quelli stabiliti nel d.P.R. n.
 915/1982, con  la  conseguenza  che  uno  stesso  materiale  potrebbe
 ricevere  un  diverso  trattamento  a  seconda del luogo ove la legge
 viene applicata.
    Quanto alla violazione della riserva di legge,  il  meccanismo  di
 cui all'art. 2 rende possibile, diversamente configurando un elemenco
 della  fattispecie penale, la rilevanza penale di un medesimo fatto (
 sub d.l. n. 438/1994 oppure sub d.P.R. n.  915/1982),  in  relazione
 alla  diversa e non definitiva classificazione dei materiali da parte
 delle locali camere di commercio.
    Nella specie l'inclusione dell'anidrite nel listino  della  camera
 di  commercio  di Cagliari comporterebbe l'inapplicabilita' del d.l.
 in questione, in quanto merce  e  non  "residuo",  e  di  conseguenza
 impedirebbe  la  verifica dell'effettiva ed oggettiva destinazione al
 riutilizzo  e  dell'eventuale sussunzione nell'ambito applicativo del
 d.P.R. n. 915/1982 (art. 12, quarto comma del d.l. cit.).
    La questione  appare  pertanto  non  manifestamente  infondata  in
 relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione.
                               P. Q. M.
    Ritenuta  rilevante  e  non  manifestamente infondata la questione
 proposta;
    Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  la   comunicazione   ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Decimomannu, addi' 29 luglio 1994
                           Il pretore: SPANU

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