N. 658 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 aprile - 24 ottobre 1994

                                N. 658
 Ordinanza  emessa  il  13   aprile   1994   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  24  ottobre  1994)  dal  tribunale amministrativo
 regionale dell'Umbria sul ricorso  proposto  da  Mangiapane  Antonino
 contro regione Toscana
 Regione Toscana - Rimborso di spese di viaggio nei confronti di tutti
    i  componenti effettivi e supplenti del Co.Re.Co. che risiedano in
    comuni diversi da quello sede del comitato  stesso  -  Previsione,
    con norma qualificata interpretativa, della spettanza del rimborso
    nel  solo  caso  di  spostamento del soggetto per partecipare alle
    sedute del comitato - Esclusione del  rimborso  degli  spostamenti
    per   il  compimento  di  doveri  inerenti  la  propria  ordinaria
    attivita' lavorativa - Incidenza  su  situazione  definita  (nella
    specie)  per  effetto  di  intervenuto  accordo transattivo tra le
    parti - Violazione dei principi di certezza del  diritto,  parita'
    di   trattamento,  difesa  in  giudizio,  tutela  giurisdizionale,
    corretto andamento dell'attivita' della pubblica  amministrazione,
    lealta'  e  trasparenza  -  Eccedenza  dei  limiti  della potesta'
    legislativa regionale.
 (Legge regione Toscana 6 aprile 1989, n. 22, unico comma).
 (Cost., artt. 3, 24, 97, 113 e 117).
(GU n.46 del 9-11-1994 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  466/1993
 proposto  da  Mangiapane  Antonino  rappresentato  e difeso dall'avv.
 Mario Rampini con domicilio eletto in Perugia, viale Indipendenza  n.
 49;  contro  la  regione  Toscana  in  persona  del  presidente  pro-
 temporedella giunta  regionale,  rappresentanto  e  difeso  dall'avv.
 Calogero  Narese  con domicilio eletto in Perugia, via M. Angeloni n.
 80/  b  (st.  avv.   Antonio   Bellini);   per   annullamento   della
 deliberazione  di  giunta regionale Toscana n. 2627 del 29 marzo 1993
 con cui e' stato disposto l'annullamento d'ufficio della delibera  di
 giunta  regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989, nonche' di ogni altro
 atto presupposto, connesso, conseguente e/o collegato;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Toscana;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla  pubblica  udienza del 13 aprile 1994 la relazione del
 dott. Bruno Mollica e uditi, altresi' l'avv. M. Rampini per la  parte
 ricorrente  e  l'avv.  Antonio  Bellini  in sostituzione dell'avv. C.
 Narese per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto;
                               F A T T O
    Il dott. Antonino Mangiapane, attualmente segretario generale  del
 comune  di  Perugia,  impugna  la deliberazione della giuta regionale
 della Toscana  indicata  in  epigrafe,  con  cui  e'  stato  disposto
 l'annullamento   d'ufficio   della   precedente  delibera  di  giunta
 regionale n. 1555 del 21  febbraio  1989,  che,  in  accoglimento  di
 proposta  transattiva,  attribuiva all'odierno ricorrente la somma di
 L.  39.770.200  a  titolo  di  rimborso  spese  di  viaggio  per   la
 partecipazione,  quale  membro  di diritto, alle sedute delle sezioni
 decentrate del Co.Re.Co. di Siena ed Arezzo nel  periodo  in  cui  lo
 stesso  espletava  le  funzioni di segretario generale delle relative
 amministrazioni provinciali.
    Espone l'istante di aver mantenuto nel detto periodo la residenza,
 propria  e  dei  familiari,   in   Perugia,   previa   autorizzazione
 dell'amministrazione  di  appartenenza,  e  di  aver partecipato alle
 sedute del comitato  quasi  esclusivamente  in  ore  pomeridiane  per
 almeno quattro giorni alla settimana.
    A  seguito  di  richiesta  delle  competenze dovute per il periodo
 novembre 1980/novembre 1981 e nell'inerzia  dell'amministrazione,  il
 Mangiapane  otteneva l'emissione di decreto ingiuntivo per il chiesto
 importo di L. 6.971.800; tale decreto veniva revocato  dal  tribunale
 di  Firenze  con sentenza 6 dicembre 1983-5 marzo 1984, con decisione
 che veniva confermata dalla corte d'appello di  Firenze  in  data  22
 giugno  1985; peraltro, la Corte di cassazione, adita dal Mangiapane,
 in  accoglimento  del  ricorso,  rinviava  la  questione  alla  Corte
 d'appello di Bologna con sentenza n. 5194 in data 12 giugno 1987.
    La  giunta regionale Toscana, con atto 11897 del 14 dicembre 1987,
 procedeva  nel  frattempo  alla  liquidazione  della  somma   di   L.
 38.531.000  per  il  periodo  dicembre  1981/giugno 1987, trattenendo
 peraltro la somma di L. 6.971.800  in  relazione  alla  pendenza  del
 processo dinanzi alla Corte di appello di Bologna.
    Relativamente   al  periodo  fino  al  novembre  1981  veniva  poi
 instaurata  una  trattativa  stragiudiziale  tra  le  parti  che   si
 concludeva  con  l'adozione  della  precitata deliberazione di giunta
 regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989, attributiva  dell'importo  di
 L.  39.770.200;  tale  deliberazione  veniva peraltro annullata dalla
 commissione regionale di controllo con decisione n. 3765 del 3 maggio
 1989.
    Tale ultimo provvedimento,  gravato  dal  Mangiapane  con  ricorso
 straordinario al Capo dello Stato, veniva in tale sede annullato, si'
 che  si  determinava  la  reviviscenza  della deliberazione di giunta
 regionale n. 1555/1989.
    Successivamente, la regione emanava la legge  regionale  6  aprile
 1989,  n.  22, dichiaratamente interpretativa dell'art. 3 della legge
 regionale n. 80/1978, con  cui  veniva  stabilito  che  la  normativa
 precedente  doveva  intendersi nel senso della spettanza del rimborso
 delle spese di viaggio nel solo  caso  di  spostamento  del  soggetto
 interessato   al  fine  esclusivo  di  partecipare  alle  sedute  del
 comitato, con esclusione, quindi, del  caso  in  cui  il  membro  del
 comitato  fosse  tenuto  ad  effettuare  tale  spostamento per motivi
 inerenti alla propria attivita' lavorativa.
    La Corte d'appello di Bologna si pronunciava poi (sent. n. 972 del
 9  novembre  1989)  per  il  rigetto  della causa innanzi alla stessa
 proposta; la Corte di cassazione respingeva,  infine,  con  sent.  n.
 12987/1992,  il  ricorso  del  Mangiapane avverso la detta decisione,
 sentenza che veniva impugnata con ricorso  per  revocazione,  tuttora
 pendente.
    Nel   frattempo,  il  Mangiapane  si  gravava  dinanzi  al  t.a.r.
 dell'Umbria avverso il  provvedimento  con  cui  la  regione  Toscana
 chiedeva  la  restituzione degli importi in precedenza erogati con la
 delibera della giunta regionale n. 11897, del 14 dicembre 1987 ed  il
 ricorso  veniva  accolto con sentenza n. 412 del 9 dicembre 1992, nei
 cui confronti pende appello al consiglio di Stato.
    Si  perveniva,  quindi,  all'adozione  della  delibera  di  giunta
 regionale n. 2627 dle 29 marzo 1993 - di annullamento d'ufficio della
 delibera n. 1555 del 21 febbraio 1989 - gravata in questa sede.
    Sostiene  in primo luogo l'istante che l'effetto retroattivo della
 legge interpretativa trova il limite obiettivo  delle  situazioni  di
 diritto  gia'  definite per scelta negoziale delle parti e, comunque,
 delle situazioni integralmente  esaurite;  il  provvedimento  sarebbe
 dunque illegittimo per:
      1)  violazione  degli indicati principi nonche' carenza assoluta
 di potere ed inoltre per eccesso di  potere  per  contraddittorieta',
 manifesta ingiustizia e sviamento;
      2)  la natura della legge regionale n. 22/1989 - posta alla base
 dell'annullamento   d'ufficio   impugnato   -    non    sarebbe    di
 interpretazione  autentica,  giacche'  contiene  norme oggettivamente
 modificative dell'art. 3 della legge regionale  n.  80/1978  e,  come
 tali,  inidonee  a  produrre effetti ex tunc; pertanto, la stessa non
 sarebbe applicabile al momento di emanazione della delibera  n.  1555
 del  21  febbraio 1989, essendo a tale momento in vigore la precitata
 legge regionale n. 80/1978;
      3) in via subordinata, si chiede che venga  rimesso  alla  Corte
 costituzionale il giudizio di illegittimita' della legge regionale n.
 22/1989 per sviamento del potere legislativo e violazione degli artt.
 3, 24, 51, 97 e 101 della Costituzione;
      4)  la  deliberazione  impugnata sarebbe illegittima anche nella
 parte in cui la giunta regionale  individua  i  motivi  di  interesse
 pubblico concreto ed attuale alla rimozione della precedente delibera
 n.  1555/1989;  ne' sussisterebbe la identita' di situazioni e quindi
 l'esigenza di evitare disparita' di trattamento.
    Ne discende il vizio di violazione  dei  principi  in  materia  di
 autotutela  nonche'  di  eccesso  di  potere per difetto assoluto dei
 presupposti;
      5) sussiste altresi' l'illegittimita'  dell'intero  procedimento
 per  violazione  e/o errata e/o falsa applicazione degli artt. 7, 8 e
 10 della legge n. 241/1990,  non  essendo  stata  data  comunicazione
 all'interessato dell'avvio del procedimento; e cio' nonostante che il
 ricorrente   avesse   richiesto,   con  nota  del  25  gennaio  1993,
 l'indicazione  del  responsabile  del  procedimento  medesimo.   Tale
 comportamento  dell'amministrazione  ha quindi impedito al Mangiapane
 di intervenire nel procedimento di  riesame  della  deliberazione  n.
 1555  citata;  donde  l'ulteriore  vizio  di  eccesso  di  potere per
 manifesta  ingiustizia,  arbitrarieta',  difetto  di  motivazione   e
 sviamento di potere.
    In  conclusione, l'istante chiede l'accoglimento del gravame e, in
 subordine,  la  declaratoria  di  non  manifesta  infodatezza   delle
 eccezioni  di  incostituzionalita'  sollevate,  con  rimessione della
 questione alla Corte costituzionale.
    Si e' costituita la regione Toscana ed ha preliminarmente eccepito
 il difetto di giurisdizione del giudice  amministrativo  nell'assunto
 che la materia inerente al rimborso delle spese di viaggio dei membri
 del  Co.Re.Co.  non attiene al rapporto di pubblico impiego; inoltre,
 la giurisdizione del giudice ordinario,  in  quanto  affermata  nelle
 precitate  decisioni dell'A.G.O. e non piu' contestata nei successivi
 gradi di giudizio, deriverebbe dall'autorita' di cosa  giudicata  fra
 le  parti  nonche' dalla natura del rapporto giuridico, che coinvolge
 diritti soggettivi di natura patrimoniale.
    Nel  merito,   la   difesa   dell'amministrazione   regionale   ha
 diffusamente sostenuto la infondatezza del gravame.
    All'udienza  del  13  aprile  1994  la  causa e' stata ritenuta in
 decisione.
                             D I R I T T O
    I - Va in primo luogo chiarito, in punto di fatto, che la  vicenda
 di  cui  e' causa - e che si innesta nel quadro di una complessa lite
 giudiziaria avviata dal dott. Mangiapane nei confronti della  regione
 Toscana  fin dal 1982 - trae origine da un accordo transattivo fra le
 parti, recepito nella deliberazione di giunta regionale  21  febbraio
 1989,   n.  1555,  inerente  alla  liquidazione  della  somma  di  L.
 39.770.200  a  titolo  di  rimborso   spese   di   viaggio   per   la
 partecipazione  dell'istante,  fino al novembre 1981, quale membro di
 diritto, alle sedute delle sezioni decentrate del comitato  regionale
 di  controllo  sugli  atti  degli  Enti locali di Siena ed Arezzo nel
 periodo in  cui  lo  stesso,  autorizzato  a  risiedere  in  Perugia,
 espletava   le   funzioni   di  segretario  generale  delle  relative
 amministrazioni provinciali.
    Nella specie, viene impugnata la deliberazione di giunta regionale
 29 marzo 1993, n. 2627,  che  ha  disposto  l'annullamento  d'ufficio
 della  precitata delibera n. 1555/1989, la cui reviviscenza era stata
 in  precedenza  sancita  per  effetto  dell'accoglimento  di  ricorso
 straordinario  al  Capo  dello  Stato proposto dal Mangiapane avverso
 l'atto  di  annullamento,  in  sede  di  controllo,   emanato   dalla
 commissione  di  controllo sugli atti della regione Toscana in data 3
 maggio 1989 (atto n. 3765).
    Va ancora ricordato che, parallelamente a tale vertenza,  si  sono
 sviluppate  tra  le  parti  altre  vicende processuali - di cui si e'
 fatto cenno nella pregressa esposizione in  fatto  -  che,  peraltro,
 come  espressamente  riconosciuto anche dalla difesa della resistente
 regione, "rimangono tra di loro  completamente  indipendenti"  e  non
 incidono sulla definizione della presente controversia.
    II  -  Devono  essere disattese le eccezioni preliminari sollevate
 dalla regione Toscana ed intese a  contestare  la  sussistenza  della
 giurisdizione di questo tribunale.
    La  controversia  inerisce  infatti  alla spettanza delle spese di
 viaggio in relazione alla partecipazione a  sedute  del  comitato  di
 controllo  da  parte  di  componente  di  diritto,  nominato  ratione
 muneris, quale segretario generale  dell'amministrazione  provinciale
 di  Siena  ai sensi dell'art. 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62:
 essa trova la sua genesi, pertanto, nella esistenza  del  sottostante
 rapporto d'impiego e, in quanto tale, e' attratta nella giurisdizione
 esclusiva del giudice amministrativo.
    Ne' puo' fondatamente sostenersi che, nella specie, si sia formato
 il  giudicato  sulla giurisdizione, attenendo le sentenze dell'A.G.O.
 indicate  nella  esposizione  in  fatto  alla  diversa   controversia
 relativa alla revoca del decreto ingiuntivo per lire 6.971.000, e non
 gia'   all'annullamento   d'ufficio   della  deliberazione  regionale
 transattiva,  che  segna  una  fase  autonoma  nella   complessa   ed
 ultradecennale vicenda giurisdizionale tra il Mangiapane e la regione
 Toscana.
    In  ordine,  poi,  all'eccepito  coinvolgimento  di  posizioni  di
 diritto soggettivo di natura patrimoniale, basti rilevare che e'  qui
 impugnato  un provvedimento di annullamento d'ufficio, in quanto tale
 connotato  da  contenuti   di   discrezionalita',   direttamente   ed
 autoritativamente    incidenti    sulla    posizione   di   vantaggio
 dell'interessato.
    Ne  discende  la  sussistenza  della  giurisdizione  del   giudice
 amministrativo sulla controversia.
    III  -  Nel  merito,  il  collegio deve porsi, anche d'ufficio, il
 problema della  costituzionalita'  dell'articolo  unico  della  legge
 regionale 6 aprile 1989, n. 22.
    La questione e' certamente rilevante ai fini del decidere.
    Nel   quadro  delle  censure  formulate  dal  ricorrente  e'  dato
 enucleare un duplice ordine di doglianze: da un lato,  una  serie  di
 motivi intesi a contestare la natura interpretativa (e la conseguente
 retroattivita')  della  richiamata  norma  regionale  e, comunque, la
 inidoneita' della stessa - ove ritenuta di portata  interpretativa  -
 ad  incidere su posizioni definite o situazioni esaurite; dall'altro,
 una serie di rilievi, indicati in narrativa ai punti 4) e 5), diretti
 a censurare l'esercizio della potesta' di autotutela da  parte  della
 resistente regione e la violazione di disposizioni procedimentali.
    Orbene,  va osservato che l'eventuale accoglimento delle doglianze
 sub 4) e 5) non presenterebbe carattere pienamente satisfattivo delle
 pretese azionate dal Mangiapane,  residuando  la  potesta',  in  capo
 all'amministrazione, di rinnovazione del procedimento, emendato dagli
 eventuali vizi che in atto possano inficiarlo.
    Il  concreto soddisfacimento della pretesa dell'odierno ricorrente
 deriverebbe, invero, esclusivamente dal riconoscimento  della  natura
 non  interpretativa  della norma regionale o dalla eliminazione della
 stessa dalla realta' giuridica.
    Verrebbe in tal  caso  ad  essere  irrimediabilmente  caducato  il
 presupposto  giuridico  dell'atto  impugnato  e  ne discenderebbe, de
 plano, l'accoglimento del ricorso.
    Donde    la    rilevanza    della    richiamata    questione    di
 costituzionalita'.
    IV  -  La  questione,  oltre che rilevante, appare al Collegio non
 manifestamente infondata.
    Dubita in primo luogo il tribunale  della  portata  interpretativa
 della norma de qua.
    Siffatta  connotazione  giuridica spetta - indipendentemente dalla
 autoqualificazione e  formulazione  -  secondo  l'insegnamento  della
 Corte  costituzionale (cfr., fra le altre, sentt. 24 febbraio-3 marzo
 1988, n. 233 e 19 marzo-4 aprile 1990,  n.  155)  a  quelle  leggi  o
 disposizioni   che,   riferendosi  e  saldandosi  con  altre  (quelle
 interpretate),  intervengono esclusivamente sul significato normativo
 di queste ultime (senza, percio', intaccarne  o  integrarne  il  dato
 testuale),  chiarendone  o  esplicitandone  il senso (ove considerato
 oscuro) ovvero escludendone o enucleandone  uno  dei  sensi  ritenuti
 possibili,  al  fine,  un  ogni  caso,  di  imporre all'interprete un
 determinato significato normativo della disposizione interpretata.
    Nella  specie,  la  legge  regionale   impugnata   sembra   invece
 intervenire  sul  precedente  testo legislativo con una operazione di
 integrazione testuale: da una generalizzata previsione  di  spettanza
 del  rimborso  delle  spese  di  viaggio  nei  confronti  di "tutti i
 componenti effettivi e supplenti che risiedano in Comune  diverso  da
 quello  sede  del Comitato" (art. 3 primo comma della legge regionale
 22 dicembre 1978, n. 80), con la norma  asseritamente  interpretativa
 dell'articolo  unico  della  legge  regionale 6 aprile 1989, n. 22 il
 legislatore regionale  passa  a  stabilire  la  spettanza  del  detto
 rimborso  "nei  soli  casi di spostamento del soggetto interessato al
 fine  esclusivo  di  partecipare  alle  sedute  del  comitato"  e  ad
 escluderne   il   titolo   alla   corresponsione   nel  caso  in  cui
 "l'interessato sia tenuto a tale spostamento  per  il  compimento  di
 doveri inerenti la propria ordinaria attivita' lavorativa".
    Non   sembra  quindi  al  Collegio  che  tali  previsioni)  recte:
 limitazioni)  fossero   gia'   contenute   nel   disposto   normativo
 interpretato;   sembra   invece  che  le  stesse  innovino  in  senso
 limitativo la portata della precedente normativa.
    Sotto   tale   profilo   va   posta   quindi   la   questione   di
 costituzionalita'  dell'articolo  unico della legge regionale Toscana
 n. 22/1989 per eccesso di potere legislativo nonche'  per  violazione
 dei  principi costituzionali che regolano la formazione delle leggi e
 del principio di ragionevolezza ex  art.  3  della  Costituzione,  in
 quanto,  sotto lo schermo di una interpretazione autentica, introduce
 una sostanziale  modificazione  della  precedente  disciplina  recata
 dall'art. 3 primo comma della legge regionale n. 80/1978.
    Ne'   puo'   il   Collegio,   in  presenza  di  norma  (beninteso)
 dichiaratamente  interpretativa  (cfr.  intitolazione   della   legge
 regionale  in  esame)  direttamente  escluderne in via esegetica tale
 carattere e  non  applicarla  alla  fattispecie  sorte  anteriormente
 all'emanazione   della   stessa:   cio'  concreterebbe,  infatti,  la
 disapplicazione da parte di un  organo  giurisdizionale  di  un  atto
 avente  forza  di  legge sul presupposto della illegittimita' di tale
 normativa perche' falsamente interpretativa; il che esula dai  poteri
 di  questo  giudice  per  "sconfinare" in quelli riservati al giudice
 delle leggi.
    V - Per l'ipotesi, peraltro, che la Corte ritenga configurabile la
 natura  interpretativa  della  cennata  disposizione,  il   tribunale
 ritiene  comunque di doverne sollevare questione di costituzionalita'
 sotto altri profili.
    Va  ricordato  che  la  decisione  di  accoglimento   su   ricorso
 straordinario  al  Capo  dello  Stato,  richiamata  in  narrativa, ha
 comportato la reviviscenza della deliberazione regionale n. 1555  del
 21  febbraio  1989  che,  in  accoglimento  di  proposta transattiva,
 attribuiva all'odierno ricorrente la somma dal medesimo  richiesta  a
 titolo di rimborso spese per il periodo di cui e' causa.
    La  normativa  regionale  in  esame  viene  quindi direttamente ad
 incidere, sostanzialmente caducandone gli effetti, sulla decisione di
 accoglimento del ricorso de quo.
    Orbene,  la  singolare  natura  del  detto  rimedio   giustiziale,
 l'alternativita' con l'impugnativa giurisdizionale, l'inserimento del
 ricorso  medesimo  nel  quadro  degli strumenti di tutela dei diritti
 soggettivi e degli interessi legittimi nei confronti della p.a. e dei
 suoi  atti  orientano  a  ritenere  sussistente,  nella  specie,   la
 violazione  delle  norme costituzionali poste a tutela dell'esercizio
 del  diritto  inviolabile  alla  difesa   che,   seppure   riferibili
 direttamente    alla   sede   giurisdizionale,   appaiono   parimenti
 applicabili alle correlate sedi giustiziali.
    E tutela non vi  e'  se  il  rapporto  giuridico  affermato  nella
 naturale  sede contenziosa non perviene poi, per intervento normativo
 retroattivo,  a   svolgere   il   proprio   contenuto   satisfattorio
 dell'interesse sostanziale azionato.
    Ne  discende,  ad  avviso  di  questo  giudice, il contrasto della
 disposizione con gli artt. 24, primo e secondo  comma,  e  113  della
 Costituzione.
    Ne'  puo'  non  eccepirsi  la  non  manifesta  infondatezza  della
 questione di costituzionalita' della norma calendata sotto il profilo
 della  diretta  incidenza  su  situazioni  definite  per  effetto  di
 intervento accordo fra le parti e con valenza di posizioni di diritto
 soggettivo:    cio'    in   violazione   di   principi   fondamentali
 dell'ordinamento  giuridico  (certezza  del   diritto,   parita'   di
 trattamento,  corretto andamento dell'attivita' della p.a., lealta' e
 trasparenza) in violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    Ne', ancora, puo' omettersi di rilevare  che  la  irretroattivita'
 costituisce  un  principio  generale  del nostro ordinamento (art. 11
 preleggi) e, seppure non elevato,  fuori  dalla  materia  penale,  al
 rango  costituzionale,  rappresenta  pur sempre una regola essenziale
 del sistema a  cui,  salva  un'effettiva  causa  giustificatrice,  il
 legislatore  deve  ragionevolmente attenersi: donde la violazione del
 principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione nella misura
 in cui la legge interpretativa, in quanto retroattiva, viene a ledere
 rapporti preteriti ed ormai intangibili.  Parimenti,  costituendo  la
 irretroattivita'  principio fondamentale dell'ordinamento, il mancato
 rispetto di tale limite da parte del legislatore regionale (recte: la
 mancata salvaguardia, in sede di emanazione di legge  interpretativa,
 dei  rapporti  definiti)  appare  in  contrasto con l'art. 117, primo
 comma, della Costituzione.
    In conclusione, per le suesposte considerazioni il  giudizio  deve
 essere  sospeso  e  gli  atti trasmessi alla Corte costituzionale per
 l'esame delle questioni sopra prospettate.
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante ai  fini  del  decidere  e  non  manifestamente
 infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'articolo
 unico  della  legge  regionale  Toscana del 6 aprile 1989, n. 22, per
 contrasto con gli artt. 3, 24, primo e secondo comma, 113, 97 e  117,
 primo  comma,  della  Costituzione  nonche'  per  eccesso  di  potere
 legislativo e per violazione dei principi costituzionali  specificati
 in premessa;
    Sospende  il giudizio ed ordina alla segreteria di trasmettere gli
 atti  di  causa  alla  Corte  costituzionale  e  di   effettuare   le
 pubblicazioni, comunicazioni e notificazioni previste dalla legge.
    Cosi'  deciso  in Perugia, nella Camera di Consiglio del 13 aprile
 1994.
                          Il presidente: ROSA
                                     Il consigliere estensore: MOLLICA
   Il consigliere: PASCONE
 94C1177