N. 72 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 ottobre 1994

                                 N. 72
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 28 ottobre 1994 (della regione Campania)
 Edilizia e urbanistica - Riapertura ed estensione agli immobili
    costruiti abusivamente sino a  tutto  il  31  dicembre  1993,  del
    condono  edilizio  introdotto  come misura eccezionale dalla legge
    statale n. 47/1985 - Previsione: a)  di  programmi  di  intervento
    comunali i cui criteri di formazione ed i contenuti sono riservati
    al  Ministro  dei lavori pubblici; b) della disciplina analitica e
    compiuta  delle  procedure  per  il  rilascio  delle   concessioni
    edilizie senza qualificare la disciplina stessa come provvisoria e
    sussidiaria;   c)  della  procedura  relativa  all'affidamento  ed
    esecuzione di opere pubbliche; d)  dell'attribuzione  al  Ministro
    dei   lavori  pubblici  di  eventuali  poteri  sostitutivi  per  i
    provvedimenti di competenza del  sindaco  mediante  la  nomina  di
    commissari  ad  acta - Asserita illegittimita' del d.l. impugnato
    per la mancanza del presupposto  della  necessita'  ed  urgenza  -
    Violazione  della  sfera  di  competenza  regionale  in materia di
    edilizia e urbanistica e del principio di leale  collaborazione  -
    Riferimenti   alle   sentenze   della   Corte  costituzionale  nn.
    1141/1988, 73/1991, 359/1985, 151/1986 e  302/1988  -  Istanza  di
    sospensione.
 (D.L. 27 settembre 1994, n. 226, artt. 1, 2, 3, 4, 7, decimo comma,
    e 9, quarto comma).
 (Cost., artt. 9, 77, 117, 118 e 130).
(GU n.48 del 23-11-1994 )
   Ricorre  la regione Campania, in persona del presidente pro-tempore
 della  giunta  regionale,  prof.  Giovanni  Grasso,  autorizzato  con
 delibera  della  giunta  regionale  dell'11  ottobre  1994,  n. 6627,
 rappresentato e difeso in virtu' del mandato a margine  del  presente
 atto  dall'avv.  Sergio  Ferrari e dall'avv. prof. Michele Scudiero e
 insieme con essi elettivamente domiciliato in Roma  presso  l'ufficio
 di  rappresentanza  della  regione Campania in via del Tritone n. 61,
 contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri   pro-tempore,
 domiciliato  per  la  carica  in  Roma, palazzo Chigi, nonche' presso
 l'avvocatura generale dello Stato, via dei Portoghesi  n.  12,  Roma,
 per  la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale del d.l. 27
 settembre 1994, n. 551,  recante  "Misure  urgenti  per  il  rilancio
 economico  ed  occupazionale  dei  lavori  pubblici  e  dell'edilizia
 privata", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 settembre  1994,
 n. 226, e in particolare degli artt. 1, 2, 3, 4 e 7, decimo comma, 9,
 quarto  comma, per violazione degli artt. 117, 118, 9, 130 nonche' 77
 della Costituzione.
    1. - Il d.l. 27 settembre 1994, n. 551, come il precedente  d.-l.
 26  luglio 1994, n. 468, e' stato adottato invocando la straordinaria
 necessita' ed urgenza di emanare disposizioni per il  rilancio  delle
 attivita'  economiche  e  la ripresa delle attivita' imprenditoriali,
 nonche' la semplificazione di procedimenti  in  materia  urbanistico-
 edilizia;  mostra  invece  di  avere  come  suo principale oggetto la
 regolarizzazione delle violazioni edilizie, ossia la sanatoria  degli
 abusi  urbanistico-edilizi  compiuti  entro  il  31 dicembre 1993: la
 legalizzazione dunque di opere realizzate  contra  legem  che  stanno
 ormai  li'  sul  territorio  a  dimostrare la scarsa docilita' di una
 parte   dei    cittadini    nei    confronti    delle    prescrizioni
 dell'ordinamento.
    Nel  venire  precipitosamente  in  soccorso  di  questi  cittadini
 (rispetto ai quali quelli che si sono invece attenuti ai divieti e ai
 criteri stabiliti dall'ordinamento rischiano di apparire improvvidi o
 poco intraprendenti), il Governo ha non solo violato l'art. 77  della
 Costituzione   per   la   palese   assenza   dei   presupposti  della
 straordinaria necessita' e urgenza.
    Invero, la sanatoria  di  opere  abusive  gia'  realizzate  al  31
 dicembre 1993 non puo' avere alcuna conseguenza o interferenza con il
 proclamato  "rilancio economio ed occupazionale dei lavori pubblici e
 dell'edilizia privata".  In  ogni  caso  assai  meglio  le  finalita'
 perseguite  con  il  decreto-legge  potevano,  e  potrebbero,  essere
 sottoposte  alla  valutazione  del  Parlamento  mediante  un  normale
 disegno  di  legge.  Ma  il Governo ha non meno gravemente violato le
 disposizioni costituzionali che riconoscono la competenza legislativa
 e amministrativa della regione anzitutto nella materia urbanistica  e
 nella materia della tutela ambientale e paesaggistica.
    D'altra parte, l'impugnato decreto-legge, titolato "misure urgenti
 per  il  rilancio  economico  ed  occupazionale dei lavori pubblici e
 dell'edilizia privata", e' in aperta violazione del cennato  art.  77
 della  Costituzione  per la denunciata palese assenza dei presupposti
 della straordinaria  necessita'  ed  urgenza  perche'  certamente  la
 sanatoria  di  opere  abusive,  gia'  realizzate al 31 dicembre 1993,
 nessuna  conseguenza  e  nessuna interferenza hanno con il proclamato
 "rilancio  economico  ed  occupazionale   dei   lavori   pubblici   e
 dell'edilizia privata".
    La ricorrente regione ben conosce l'orientamento di codesta ecc.ma
 Corte secondo il quale le regioni non possono impugnare decreti-legge
 dello  Stato sotto il profilo dell'insussistenza dell'urgenza e della
 necessita'  per  carenza  di  interessi,  ma,  nel  caso  di  specie,
 nell'impugnare  il  decreto  de quo, perche' lesivo ed invasivo della
 propria sfera di competenza costituzionalmente garantita, non possono
 non  evidenziarsi  profili  di  insussistenza   della   straordinaria
 necessita'  ed  urgenza in un decreto che, sotto la suggestivita' del
 titolo, regolamenta fatti gia' verificatisi, ininfluenti, ovviamente,
 con il preteso rilancio economico ed occupazionale.
    2. - Come  e'  noto,  la  materia  "urbanistica"  attribuita  come
 propria  alla  regione concerne la disciplina dell'uso del territorio
 comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e  gestionali
 attinenti  alla salvaguardia e alla trasformazione del suolo (art. 80
 d.P.R. n. 616/1977); su di essa la regione  ha  potesta'  legislativa
 concorrente,  sicche'  lo  Stato  deve  limitarsi  a  porre  principi
 fondamentali e lasciare che l'autonomia costituzionale garantita alla
 regione  si  dispieghi  attraverso  la  produzione  delle  norme   di
 dettaglio,   anche   mediante  specificazioni  derogatorie  (per  una
 fattispecie  in  tal  senso:   Corte   costituzionale   sentenza   n.
 1141/1988).
    L'assetto  costituzionale  delle  competenze appena indicato trova
 autorevole  riconoscimento  nella  consolidata  giurisprudenza  della
 Corte costituzionale (ad esempio: sentenza n. 73/1991). Ma ad esso si
 e'  conformato lo stesso legislatore statale, allorche', intervenendo
 nella materia con norme recanti una disciplina compiuta, e  non  solo
 criteri  o  fini  fondamentali,  ha  dichiarato  la  provvisorieta' e
 sussidiarieta' di tali norme. Cosi', in particolare, ha  stabilito  -
 in  modo significativamente rilevante ai fini di specie - la legge 28
 febbraio 1985 n. 47 (art.  1,  secondo  comma:  "Fino  all'emanazione
 delle norme regionali si applicano le norme della presente legge"); e
 cosi',  in  modo  non  meno specificamente rilevante, ha stabilito la
 legge 4 dicembre 1993, n. 493, di conversione  del  d.l.  5  ottobre
 1993,  n.  398  (art.  4, procedure per il rilascio delle concessioni
 edilizie: primo  comma;  in  assenza  di  legislazione  regionale  si
 applicano le disposizioni del presente articolo ..).
    3.  -  Per  altro  verso,  nella materia paesaggistico-ambientale,
 secondo   l'autorevole   insegnamento    della    Corte,    l'assetto
 costituzionale  dei  rapporti  fra  lo  Stato  e  le regioni, dopo le
 disposizioni attuative recate dal d.P.R. n. 616/1977 e dalla legge n.
 431/1985, e' conformato nel senso che le competenze  regionali  e  le
 competenze  statali  sono  ordinate in un rapporto di concorrenza, in
 modo cioe' che le competenze statali siano esercitate solo in caso di
 mancato esercizio di quelle regionali e solo in  quanto  l'intervento
 dello  Stato  sia  reso  necessario  per  il  raggiungimento dei fini
 essenziali della tutela (sentenze nn. 359/1985, 151/1986 e 302/1988).
    E questo assetto, reso esplicito dal legislatore statale del 1985,
 trova il suo fondamento costituzionale nel principio cooperativo, che
 presiede in modo essenziale al sistema delle relazioni  istituzionali
 in  cui  sono  organizzati  e  agiscono  il potere statale e i poteri
 regionali.
    In coerenza appunto con tale principio, di cui costituisce momento
 centrale  il  dovere  di leale cooperazione, al fine di realizzare il
 valore primario di cui all'art. 9 della Costituzione, la  concorrenza
 dei  poteri  e'  destinata a svilupparsi - come si diceva - nel senso
 che l'attivita' normale e' affidata alle regioni, e, soltanto in caso
 di inerzia di queste o per rispondere a esigenze  di  estrema  difesa
 del  valore  anzidetto, e' consentito un intervento, in seconda fase,
 del potere centrale.
    4. - Dell'assetto delle competenze sopra richiamato  il  d.l.  n.
 551/1994,  che  qui  si contesta, non mostra di tener alcun conto. E'
 davvero  sorprendente  che,   pur   intervenendo   su   materie   che
 notoriamente  secondo Costituzione ricadono nella sfera di competenza
 della regione,  di  questa  istituzione  dell'autonomia  territoriale
 l'atto  governativo  di  urgenza  non faccia alcuna diretta menzione,
 mai, nei suoi  pur  prolissi  dettati.  Un  indiretto,  assai  avaro,
 riferimento  puo' ora leggersi nell'art. 3, primo comma, che menziona
 - ad un fine assai limitato - la conferenza permanente per i rapporti
 tra lo Stato, le regioni e le province autonome.
    Di guisa che un  lettore  poco  provveduto  che  volesse  farsi  -
 tramite  il  decreto in questione - un'idea del sistema istituzionale
 vigente   in   Italia   nel   settore   organico    dell'assetto    e
 dell'utilizzazione  del  territorio, sarebbe indotto a concludere che
 questo si articola esclusivamente nel  potere  statale  e  in  quello
 comunale; mentre nessun esplicito elemento trarrebbe per supporre che
 esista anche il potere regionale. E tutto cio' in netto contrasto con
 la  proclamata  volonta'  del  Governo di perseguire il rafforzamento
 dell'autonomia locale.
    4.1. - Ora in via generale e complessiva, l'avere il decreto-legge
 n. 551/1994 dato cosi' largo ingresso al condono edilizio, che rileva
 con    incontestabile    immediatezza    rispetto    alla     materia
 dell'urbanistica   e   a   quella   paesaggistico-ambientale,   senza
 consentire alcuno spazio di intervento alla regione, costituisce  una
 palese  violazione  delle  competenze  di questa, fondate negli artt.
 117, 118 e 9 della Costituzione.
    Invero, tale largo ingresso, che ammette a sanatoria le opere abu-
 sive ultimate entro il 31 dicembre 1993,  incluse  quelle  realizzate
 prima  della  legge  n.  47/1985 e ricadenti sotto lo speciale regime
 sanzionatorio dettato nell'art. 40 di detta legge,  senza  che  fosse
 tuttavia  intervenuta  la richiesta di condono secondo tale legge, in
 grado di  pregiudicare  qualunque  disegno  di  programmazione  e  di
 gestione del territorio, di incidere negativamente sull'esplicarsi di
 tutte  le  potesta' normative e provvedimenti della regione (non meno
 che  degli  altri  enti  a  vocazione  territoriale),  vanificandoli,
 precludendole, sovrapponendosi ad esse.
    Il  rispetto  del  principio di leale cooperazione avrebbe preteso
 che,  applicando  i   meccanismi   e   i   procedimenti   predisposti
 dall'ordinamento, il potere centrale valutasse insieme con le regioni
 gli  indirizzi  politici  da  attuare  nelle  materie  di  competenza
 regionale. In particolare che dibattesse tali indirizzi almeno  nella
 conferenza  permanente per i rapporti Stato-regioni (art. 12 legge 23
 agosto 1988, n. 400), la cui stretta inerenza al richiamato principio
 cooperativo e' stato da tempo autorevolmente messa in luce.
    Ne  segue  che  il  decreto  impugnato,  oltre  che  nelle singole
 disposizioni che ledono la competenza regionale,  e'  in  generale  e
 preliminarmente  illegittimo  per  palese violazione del principio di
 leale collaborazione, che e' principio anzitutto  di  garanzia  della
 sfera di competenza delle regioni e delle province autonome.
    Ricorre,  dunque, nella specie, l'impugnabilita' del decreto-legge
 anche in relazione al parametro di validita' di cui all'art. 77 della
 Costituzione in quanto  il  ricorso  a  tale  atto,  in  assenza  del
 prescritto  presupposto  della  straordinaria  necessita' ed urgenza,
 viene a coincidere con la violazione delle garanzie  assicurate  alle
 regioni  e  alle  province  autonome  dal principio cooperativo e dal
 dovere  di  leale  collaborazione,  nelle   materie   di   competenza
 regionale,   che  trova  moduli  di  attuazione  nelle  procedure  di
 informazione, di raccordo e di intesa.
    4.2.  -  La  lamentata  violazione  della  sfera   di   competenza
 costituzionalmente    garantita    alla    regione    nelle   materie
 dell'urbanistica  e  della  tutela  paesaggistico-ambientale,  per  i
 motivi  di  cui al precedente capo, inficia tutte le disposizioni del
 d.l. n. 551/1994 che ammettono il condono edilizio e ne regolano  il
 procedimento, in particolare gli artt. 1, 2, 3 e 4, concorrendo dutti
 questi  disposti  ad integrare un contesto normativo che estromette e
 pregiudica l'esercizio delle potesta' regionali.
    Tale lesiva rilevanza puo' emblematicamente cogliersi nel  dettato
 dell'art.  3 che, prevedendo uno strumento pianificatorio comunale (i
 programmi di intervento), riserva al Ministro dei lavori pubblici  il
 potere di determinare non solo i criteri di formazione ma addirittura
 i  contenuti  di detti programmi. Non sembra necessario insistere sul
 pregiudizio  che  tale  potere  ministeriale  assume  rispetto   alla
 potesta' normativa della regione nella materia dell'urbanistica. Tale
 potere  ministeriale  appare  comunque  non riconducibile in tutte le
 manifestazioni previste  del  suo  esplicarsi,  e  in  ispecie  nella
 puntuale  determinazione  dei  contenuti dei programmi di intervento,
 alla funzione di indirizzo e coordinamento.
    4.3. - Illegittimo e' anche l'art.  9,  quarto  comma,  del  d.l.
 impugnato, per violazione della competenza legislativa della regione,
 in  quanto  tale  articolo,  nel  dettare  una disciplina analitica e
 compiuta delle procedure per il rilascio delle concessioni  edilizie,
 omette di qualificare tale disciplina di dettaglio come provvisoria e
 sussidiaria  rispetto  alla legislazione regionale, cui e' riservato,
 secondo il dettato dell'art. 117 della Costituzione,  di  emanare  le
 norme  di  dettaglio  destinate  ad  operare  in via definitiva nelle
 materie di cui al detto disposto nei limiti dei principi fondamentali
 stabiliti dalle leggi della  Repubblica  (cfr.  Corte  costituzionale
 sentenze  nn. 214/1985, 433/1987, 123/1992, puo' qui ribadirsi che il
 censurato  tenore  dell'art.  9,  quarto  comma,  e'  contraddittorio
 rispetto  alla  precedente  disciplina posta sullo stesso oggetto con
 l'art. 4 della legge 4 dicembre 1993, n. 493, che esordiva infatti al
 comma 1 con la formula "in assenza di legislazione regionale ..".
   4.4. - In connessione con quanto appena  rilevato  al  punto  4.3.,
 illegittimo  e',  sotto  ulteriore  profilo,  l'art.  4  del d.l. n.
 551/1994 che attribuisce al Ministro dei lavori pubblici il potere di
 nominare commissari ad  acta  per  l'adozione  dei  provvedimenti  di
 competenza del sindaco, prevedendo a presupposto del suo esercizio un
 generico  "caso  di  inadempienze"  e ordinando tale potere, non meno
 genericamente, "ai fini di quanto previsto dal presente decreto".
    Tale  disposto  e'  anzitutto  in  contrasto  con l'art. 130 della
 Costituzione che attribuisce ad un  organo  della  regione  (oggi  il
 comitato  regionale  di  controllo)  il  controllo  sia  preventivo e
 successivo, sia sostitutivo nei confronti degli atti dei comuni, come
 e' specificato dall'art. 48 della legge n. 142/1990. D'altra parte la
 genericita' e l'ampiezza della previsione legislativa  consentono  di
 intendere  tale  potere  come destinato ad esplicarsi anche in ambiti
 rientranti nella competenza amministrativa,  oltre  che  legislativa,
 della regione, come appunto la materia del rilascio delle connessioni
 edilizie (Corte costituzionale, sentenza n. 73/1991).
    4.5.  -  Sospettabile di illegittimita' costituzionale e', infine,
 l'art. 7, decimo comma, del d.l.  in  questione  (articolo  recante:
 definizione  del  contenzioso  in materia di opere pubbliche). Invero
 tale  articolo,  nel  prescrivere  al  decimo  comma  un  adempimento
 relativo  all'esame  delle  procedure  di affidamento o di esecuzione
 delle opere pubbliche, indica come  destinatario  della  prescrizione
 "le pubbliche amministrazioni" in genere, non escludendo le regioni e
 gli enti dipendenti regionali.
    Sotto  questo  profilo  il  decimo comma citato e' illegittimo per
 violazione   della   competenza   della   regione,   legislativa    e
 amministrativa, in materia di opere pubbliche di interesse regionale.
    5. - Istanza di sospensione.
    Sono   note   le   difficolta'  opposte  all'ammissibilita'  della
 richiesta  di  sospensiva  dell'esecuzione  dell'atto  impugnato  nei
 giudizi di legittimita' costituzionale sugli atti legislativi.
    Esse  sono  fondamentalmente  argomentate  con  il  rilievo che le
 pronunce cautelari sono espressamente previste per  il  giudizio  sui
 conflitti  di  attribuzione,  mentre  non lo sono per i giudizi sulla
 costituzionalita' delle leggi.
    Peraltro,  a  superare  tale   rilievo   possono   invocarsi   gli
 insegnamenti  della  Corte  costituzionale  secondo cui "il potere di
 sospensione   dell'esecuzione   dell'atto   impugnato   e'   elemento
 connaturale  di  un sistema di tutela giurisdizionale che si realizzi
 in definitiva con l'annullamento degli atti" (sentenza n. 284/1974) e
 che "la durata del processo non deve andare a danno  dell'attore  che
 ha ragione" (sentenza n. 190/1985).
    Tali  insegnamenti  incoraggiano  a  chiedere  qui  formalmente la
 sospensione cautelare dell'esecuzione dell'impugnato d.l. 26  luglio
 1994,  n.  468,  deducendo  la  palese  e  per piu' versi argomentata
 illegittimita'   delle   disposizioni   di   urgenza   impugnate,   e
 sottolineando il pregiudizio grave che la loro immediata operativita'
 sta  arrecando  alla  competenza  legislativa  e amministrativa della
 regione Campania.
    Tanto piu', perche', nella specie, non potrebbe valere il  rilievo
 in altra occasione avanzato dall'avvocatura dello Stato, secondo cui,
 a  termini  di  Costituzione,  la  disponibilita'  degli  effetti del
 decreto-legge non spetta alla Corte, ma solo al Parlamento  che  puo'
 renderli  stabili  ovvero  farli venir meno ab initio. Invero, questo
 rilievo attiene al profilo politico della decisione legislativa, alla
 sua opportunita', ma non puo' certo valere allorche' si  contesta  la
 legittimita' dell'atto impugnato.
                               P. Q. M.
    Si  conclude  chiedendo  alla  Corte  costituzionale di dichiarare
 l'illegittimita' degli artt. 1, 2, 3, 4, 7, decimo comma,  9,  quarto
 comma,  del  d.l.  27  settembre  1994, n. 551, per violazione degli
 artt. 117, 118, 9 e 130 nonche' dell'art. 77 della Costituzione, pre-
 via sospensione dell'operativita' dei predetti articoli  del  decreto
 impugnato.
      Roma, addi' 22 ottobre 1994
           Avv. Sergio Ferrari - Avv. prof. Michele Scudiero

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