N. 699 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 maggio - 9 novembre 1994
N. 699 Ordinanza emessa il 6 maggio 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 9 novembre 1994) dal Consiglio di Stato, sezione quinta giurisdizionale, sul ricorso proposto da Morsolin Licia Rita contro Tomarelli Gian Giuseppe ed altro Elezioni - Elezioni comunali - Previsione che il calcolo dei quozienti elettorali, anche per l'attribuzione dei seggi non attribuiti alle liste collegate con il candidato eletto alla carica di sindaco, debba essere effettuato con riferimento ai gruppi di liste collegate con il medesimo candidato alla carica di sindaco anziche' con riferimento ai quozienti elettorali ottenuti da ciascuna lista - Conseguente deteriore trattamento di lista singola rispetto ad altra lista con quoziente elettorale inferiore alla prima ma collegata - Incidenza sui principi della sovranita' popolare, dell'uguaglianza del voto e sul diritto all'accesso alle cariche elettive. (Legge 25 marzo 1993, n. 81, art. 7, sesto comma, ult. prop.). (Cost., artt. 1, secondo comma, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma).(GU n.49 del 30-11-1994 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello proposto dalla signora Licia Rita Morsolin, residente in Monfalcone, rappresentata e difesa dall'avv. Luigi Genovese, domiciliata in Roma, via Germanico, 198, presso l'avv. Franco Di Maria, contro Gian Giuseppe Tomarelli, residente in Monfalcone, non costituito in giudizio, e nei confronti del comune di Monfalcone, non costituito in giudizio, per l'annullamento della sentenza 22-23 settembre 1993, n. 490, con la quale il tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia ha respinto il ricorso contro la proclamazione degli eletti al consiglio comunale di Monfalcone del 22 giugno 1993; Visto il ricorso in appello, notificato il 10 novembre 1993 e depositato il 22 novembre 1993; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 6 maggio 1993 la relazione del consigliere Raffaele Carboni, nessuno comparso per l'appellante; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Il 22 giugno 1993, in esito all'elezione svoltasi nei giorni 6 e 20 giugno 1993, l'ufficio elettorale centrale comunale di Monfalcone proclamo' eletto alla carica di sindaco il sig. Adriano Persi, la cui candidatura era collegata con le due liste Partito democratico della sinistra e Cittadini per Monfalcone. Alle predette due liste furono attribuiti complessivamente, ai sensi dell'art. 7, sesto comma, della legge 25 marzo 1993, n. 81, 12 seggi di consigliere comunale, pari al 60 per cento dei 20 consiglieri da eleggere. I restanti 8 seggi furono attribuiti: 2 alla lista Lega Nord, 2 alla lista Democrazia cristiana, 2 complessivamente alle liste Popolari per Monfalcone e Partito socialista democratico italiano, che si erano presentate collegate con lo stesso candidato alla carica di sindaco, 1 alla lista Movimento sociale italiano, e 1 alla lista Partito socialista italiano. La signora Licia Rita Morsolin, che si era presentata come candidata alla carica di sindaco collegata con la lista Rifondazione comunista, ha impugnato la proclamazione degli eletti con ricorso al tribunale amministrativo regionale per il Friuli-Venezia Giulia, sostenendo che, nella ripartizione degli 8 seggi, non si sarebbe dovuto tener conto del fatto che le due liste Popolari per Monfalcone e Partito socialista democratico italiano erano state collegate con la medesima candidatura alla carica di sindaco, bensi' soltanto dei voti riportati da ciascuna delle due liste. In tal modo, considerando cioe' separatamente i voti ottenuti da ciascuna lista, anziche' 2 seggi alle due liste Popolari per Monfalcone e Partito socialista democratico italiano e nessun seggio alla lista Rifondazione comunista, sarebbero spettati 1 seggio alla lista Popolari per Monfalcone, che aveva ottenuto 1750 voti, 1 seggio alla lista Rifondazione comunista, che aveva ottenuto 1183 voti, e nessun seggio alla lista Partito socialista democratico della sinistra, che aveva ottenuto 982 voti. In via subordinata, per il caso in cui la legge dovesse essere interpretata, invece, nel senso di dare rilevanza al collegamento, effettuato da piu' liste con un medesimo candidato alla carica di sindaco, anche in sede di ripartizione dei seggi del consiglio comunale restanti dopo l'attribuzione dei seggi alle liste collegate al candidato eletto sindaco, la ricorrente ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 7, quarto, quinto, sesto e settimo comma, della legge 25 marzo 1993, n. 81, per contrasto con gli artt. 3, 48, 49 e 51 della Costituzione. Il ricorso e' stato respinto dal tribunale amministrativo, il quale ha osservato che la disposizione dell'art. 7, sesto comma, della legge n. 81/1993 non lascia dubbi circa il fatto che il calcolo dei quozienti elettorali, anche per l'attribuzione dei seggi non attribuiti alle liste collegate con il candidato eletto alla carica di sindaco, debba essere effettuato con riferimento ai gruppi di liste collegate con il medesimo candidato alla carica di sindaco. Il giudice di primo grado ha poi ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente, osservando che la Costituzione non vincola il legislatore ad adottare uno piuttosto che un altro sistema elettorale, proporzionale o maggioritario o misto, e che anche un sistema proporzionale difficilmente puo' evitare qualche differenza di peso tra i singoli voti ovvero tra le liste, penalizzandone qualcuna e favorendone qualcun'altra; pertanto non appaiono irragionevoli le finalita' che si e' prefisso il legislatore del 1993, di stabilita' e riduzione dei partiti tramite un sistema elettorale diverso dal proporzionale. Il tribunale amministrativo ha altresi' osservato che il principio dell'uguaglianza dei voti, sancito dalla Costituzione, riguarda il voto al momento della sua espressione, e non il momento successivo del suo peso una volta espresso, il quale dipende dal modo in cui il singolo voto concorre con gli altri alla formazione degli organi elettivi. Appella la signora Morsolin, riproponendo la censura di violazione dell'art. 7 della legge n. 81/1993, e in subordine l'eccezione di illegittimita' costituzionale sopra riferita. In particolare l'appellante, a sostegno della propria interpretazione dell'art. 7, sesto comma, della legge, sottolinea il fatto che la corrispondente disposizione sull'elezione dei consigli provinciali, contenuta nell'art. 9, fa riferimento, per l'attribuzione dei seggi - una volta assegnati quelli spettanti al gruppo di candidati o alla pluralita' di gruppi di candidati collegati con la candidatura della persona eletta presidente della provincia - ai voti riportati da ciascun gruppo di candidati collegati, e non piu' ai voti riportati dai collegamenti di gruppi di candidati collegati. Per quanto riguarda l'eccezione di illegittimita' costituzionale, l'appellante sottolinea che, una volta soddisfatto lo scopo che la legge si prefigge, di garantire la stabilita' degli organi elettivi dell'amministrazione comunale attraverso il "premio di maggioranza" alle liste collegate con la candidatura della persona eletta sindaco, l'ulteriore deroga al principio di proporzionalita' a favore di altre liste non corrisponde a nessuna finalita', e costituisce pertanto una irragionevole alterazione della volonta' degli elettori, i quali votano per singole liste e giammai per una pluralita' di liste aventi il medesimo collegamento con candidature alla carica di sindaco. D I R I T T O Nell'elezione del consiglio comunale di Monfalcone svoltasi nei giorni 6 e 20 giugno 1993, una volta attribuiti alle liste, collegate con la candidatura della persona eletta alla carica di sindaco, 12 seggi, pari al 60 per cento dei seggi del consiglio comunale, restavano da attribuire 8 seggi alle altre liste; tra queste ultime, i Popolari per Monfalcone e il Partito socialista democratico italiano, che avevano ottenuto rispettivamente 1750 e 982 voti, si erano presentate collegate con il medesimo candidato alla carica di sindaco. L'ufficio elettorale centrale comunale determino' i seggi spettanti a ciascuna lista considerando le due liste Popolari per Monfalcone e Partito socialista democratico italiano come se fossero un'unica lista con 2732 voti (1750+982) e assegnando a tale coalizione, in base all'ordine dei quozienti ottenuti da ciascuna lista o gruppo di liste, 2 seggi. Piu' precisamente, distinguendo con lettere dell'alfabeto le diverse liste minoritarie e ponendo in ordine decrescente le rispettive cifre elettorali, i risultati furono i seguenti: (A) Lega Nord 3201, (B) Democrazia cristiana 2850, (C) Popolari per Monfalcone 1750, (D) Movimento sociale italiano 1629, (E) Partito socialista italiano 1557, (F) Rifondazione comunista 1183, (G) Partito socialista democratico italiano 982. Applicando il sistema dell'art. 7, cioe' dividendo la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di candidati successivamente per 1, per 2, per 3, e cosi' via, fino al divisore corrispondente al numero di consiglieri da eleggere, ponendo poi in ordine decrescente i quozienti cosi' ottenuti e formando con gli stessi una graduatoria di tanti quozienti quanti erano i consiglieri da eleggere, i risultati ottenuti e proclamati dall'ufficio elettorale furono i seguenti: (A) 3201, (B) 2850, (C+G) 2732, (D) 1629, (A) 1600,5, (E) 1557, (B) 1425, (C+G) 1366, con conseguente assegnazione di 2 seggi alle due liste Popolari per Monfalcone e Partito socialista democratico italiano, unitariamente considerate, e di nessun seggio alla lista Rifondazione comunista. I 2 seggi assegnati alle due liste furono poi ripartiti, assegnandone 1 al candidato alla carica di sindaco collegato con entrambe le liste, e 1 alla lista Popolari per Monfalcone. Secondo la tesi dell'appellante, cioe' tenendo conto soltanto dei quozienti elettorali delle singole liste e non anche dai collegamenti con le liste effettuati dai candidati alla carica di sindaco, si ottiene invece il seguente risultato: (A) 3201, (B) 2850, (C) 1750, (D) 1629, (A) 1600,5, (E) 1557, (B) 1425, (F) 1183, con conseguente assegnazione di 1 seggio a Rifondazione comunista e di nessun seggio al Partito socialista democratico italiano. Va da se' che questo secondo risultato, ottenuto considerando solo le cifre elettorali delle liste, rispecchia maggiormente le preferenze date dal corpo elettorale appunto alle diverse liste, dal momento che la cifra elettorale di Rifondazione comunista, coincidente con il suo primo quoziente (1183:1), e' superiore alla cifra elettorale del Partito socialista democratico italiano (982). Si pone dunque la questione se, nel sistema elettorale introdotto dalla legge 25 maggio 1993, n. 81, una volta assegnato non meno del 60 per cento dei seggi del consiglio comunale alla lista con la quale era collegato il candidato eletto sindaco, ovvero alla pluralita' di liste con le quali era collegato de'tto candidato, si debba tener conto o meno, per l'assegnazione dei restanti seggi, del fatto che un medesimo candidato alla carica di sindaco, tra quelli non eletti, avesse dichiarato di collegarsi con piu' di una lista, e considerare queste ultime liste, aventi in comune tra loro il collegamento con lo stesso candidato alla carica di sindaco, come se fossero un'unica lista. La sezione ha gia' risolto, con decisione 31 marzo 1994, n. 247, la corrispondente questione presentatasi a proposito delle elezioni dei consigli provinciali, nel senso che la circostanza che un medesimo candidato alla carica di presidente della provincia abbia espresso il collegamento con piu' gruppi di candidati alla carica di consigliere provinciale, non esplica effetti sulla attribuzione dei seggi restanti, una volta attribuiti quelli spettanti ai gruppo o ai gruppi di candidati collegati con la candidatura della persona eletta presidente della provincia; e che, pertanto, de'tta attribuzione dei seggi residui debba essere effettuata con riguardo alla cifra elettorale dei singoli gruppi di candidati. A tale conclusione la sezione e' pervenuta, nella decisione n. 247/1994, considerando che l'art. 9 della legge n. 81/1994 fa riferimento, per l'attribuzione dei seggi residui, ai quozienti spettanti "a ciascun gruppo di candidati collegati", mentre per l'attribuzione dei seggi al gruppo o alla pluralita' di gruppi di candidati collegati, ai quali e' collegato il presidente della provincia, la legge menziona "il gruppo o i gruppi" di candidati collegati; ed ha osservato altresi' che non vi e' ragione testuale o logica per ritenere che anche i gruppi minoritari debbano essere considerati unitariamente, alterando la volonta' del corpo elettorale, senza che sussista piu' lo scopo di assicurare l'appoggio di una maggioranza consiliare al presidente della provincia e la conseguente stabilita' di indirizzo amministrativo dell'ente locale. La disposizione sui consigli comunali con piu' di 15.000 abitanti - come quello di Monfalcone; per i comuni con popolazione fino a 15.000 abitanti la questione non si pone, perche' ogni candidatura alla carica di sindaco e' collegata con una sola lista - e' pero' diversamente formulata. L'art. 7, sesto comma, della legge n. 81/1994 recita, infatti: "Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del quarto comma, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio ma abbia superato il 50 per cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia gia' conseguito, ai sensi del quarto comma, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreche' nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia gia' superato nel primo turno il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del quarto comma". Il riferimento ai "gruppi di liste collegate", contenuto nell'ultima proposizione, non lascia dubbi, come giustamente ha affermato il tribunale amministrativo, sul fatto che, anche in sede di ripartizione dei seggi di minoranza, debba aversi riguardo alle pluralita' di liste aventi collegamento con il medesimo candidato alla carica di sindaco, considerandole come una sola lista, salva la successiva ripartizione dei seggi, loro complessivamente assegnati, a ciascuna di esse. Il collegio ritiene, invece, che la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente non sia manifestamente infondata. E' vero che il principio di uguaglianza del voto, sancito dall'art. 48, secondo comma, della Costituzione, di per se' e' diretto a vietare un diverso peso del voto a seconda delle qualita' personali dell'elettore (divieto che, peraltro, discende gia' dalla regola della segretezza del voto, ove non si ipotizzino votazioni separate per categorie di elettori); tuttavia, sembra che esso non si esaurisca in quel divieto, e che comporti invece un principio di maggioranza, in definitiva coincidente con il principio di sovranita' popolare sancito dall'art. 1, secondo comma, della Costituzione, e che, secondo il sistema elettorale e l'oggetto dell'elezione, puo' atteggiarsi come principio di proporzionalita'. L'uguaglianza del voto si risolve, in definitiva, nell'ovvia regola che e' eletto chi ha piu' voti. Va premesso che la proporzionalita', propriamente intesa, consiste nella relazione tra due grandezze misurabili, tale che, alla variazione dell'una, corrisponda una variazione dell'altra, e che il rapporto tra le due grandezze rimanga sempre uguale. E' naturale che in materia elettorale il concetto di proporzionalita' venga assunto in modo improprio. Un sistema proporzionale "puro" non e' neppure ipotizzabile, dal momento che delle due grandezze, il corpo elettorale da una parte e l'organo da eleggere dall'altra, la seconda e' composta da un numero di unita' non frazionabili, cioe' di persone fisiche, enormemente piu' piccolo che la prima. La proporzionalita', anche nei sistemi elettorali congegnati in modo da avvicinarsi il piu' possibile a un risultato propriamente proporzionale, consiste nel far corrispondere una unita' dell'organo da eleggere ad ogni insieme di voti, corrispondente al quoziente tra il numero delle unita' del corpo elettorale e il corpo da eleggere, e percio' comporta grandi approssimazioni, che si aggiungono, eventualmente, a quelle derivanti dalla necessita' di suddividere il territorio, nel quale l'elezione deve svolgersi, in circoscrizioni a ciascuna delle quali viene assegnata, con proporzionalita' necessariamente approssimata, l'elezione di una parte dei componenti del corpo elettivo. Non vengono percio' in discussione, a differenza di quanto e' stato ritenuto in primo grado, le inevitabili "differenze di peso" dei singoli voti dovute alle approssimazioni di un qualsiasi sistema proporzionale a voto di lista; ma appunto si tratta di "differenze di peso" tra i singoli voti, cioe' di, sia pur inevitabili, disuguaglianze. Non viene neppure in discussione la legittimita' dei sistemi elettorali detti "maggioritari", intendendo per tali le elezioni nelle quali l'organo da eleggere sia composto da una sola persona, ovvero nelle quali il territorio interessato all'elezione sia diviso in circoscrizioni uninominali; in tali casi, non puo' neppure parlarsi di proporzionalita', e il principio di uguaglianza del voto si fonde con il principio di maggioranza, secondo cui viene eletto il candidato che ha ottenuto la maggioranza, relativa o qualificata, dei voti. La questione sollevata dalla ricorrente non e' neppure quella della legittimita' di un "premio di maggioranza" che venga dalla legge previsto a favore della lista che abbia riportato la maggioranza, relativa o qualificata, dei voti; in tal caso, la proporzionalita' viene alterata per la finalita' specifica che il legislatore si prefigge, di assicurare la stabilita' di azione dell'organo, e inoltre, si tratta di una attribuzione di seggi "piu' che proporzionale", nella quale il rapporto tra voti e seggi, pur non rimanendo uguale con il variare dei voti, mantiene pero' l'identita' di segno, nel senso che la lista, che ottiene un maggior numero di seggi rispetto ad un'altra, ha pur sempre ottenuto un numero di voti maggiore di quella. Infine, non viene in considerazione neppure il premio di maggioranza previsto dall'art. 7 della legge n. 81/1993, a favore di piu' liste, unitariamente considerate, che si siano presente collegate con il candidato eletto poi sindaco. In quest'ultimo caso, ben puo' verificarsi che una lista, che ha ottenuto meno voti di un'altra, ottenga piu' seggi di quella; tuttavia, l'alterazione della volonta' popolare rispetto alle liste, che indubbiamente si verifica quando una lista con meno voti ottenga piu' seggi, trova una spiegazione nell'intento del legislatore di garantire una stabile maggioranza consiliare in appoggio al sindaco, a favore della cui nomina, principalmente, si e' espresso il corpo elettorale. La questione sollevata dall'appellante e', invece, se in un sistema proporzionale a liste concorrenti, quale e' pur sempre quello per l'elezione del consiglio comunale, il principio di uguaglianza del voto, ovvero di sovranita' popolare o di maggioranza o di proporzionalita', possa essere alterato al punto di consentire che una lista, che ha ottenuto meno voti, ottenga piu' seggi, senza che cio' consegua alle inevitabili approssimazioni di un sistema elettorale, ne' corrisponda a una specifica finalita', come quella di assicurare una stabile maggioranza o di evitare un eccessivo frazionamento dell'organo. A quest'ultimo proposito, non sembra che sussista, nella denunciata disposizione, la finalita' di evitare l'eccessivo frazionamento dell'organo riducendo i partiti in esso presenti; non si tratta, infatti, di una disposizione che stabilisca un successo elettorale minimo come condizione per conseguire seggi, e sembra evidente che, nel caso in esame, il numero dei partiti presenti nel consiglio comunale sarebbe lo stesso, tanto assegnando il seggio contestato al Partito socialista democratico italiano, quanto assegnandolo a Rifondazione comunista. Al dubbio di violazione della regola di uguaglianza del voto, sancita dall'art. 48, secondo comma, della Costituzione, si accompagna quello di violazione del diritto di tutti i cittadini ad accedere alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, sancito dall'art. 51, primo comma, della Costituzione: la prospettazione costituisce il risvolto di quella relativa all'art. 48, poiche' al principio maggioritario e di uguaglianza del voto corrisponde quello del pari trattamento dei candidati, che puo' essere limitato solo per realizzare altri interessi costituzionali fondamentali e generali (Corte costituzionale, 3 maggio 1988, n. 235 e 14 dicembre 1990, n. 539) e purche' le diversita' di trattamento si ispirino a criteri di razionalita' (Corte costituzionale, 23 maggio 1985, n. 158). Non sembra manifestamente infondato neppure il dubbio di violazione dell'art. 49 della Costituzione, da cui puo' desumersi la regola del pari trattamento delle liste elettorali, le quali null'altro sono che i partiti politici nel momento elettorale, se per partiti politici si intendono le aggregazioni, piu' o meno contingenti o stabili, mediante le quali i cittadini concorrono alla vita politica. Per quanto riguarda l'individuazione delle disposizioni da sottoporre al giudizio di legittimita' costituzionale, l'appellante da una parte argomenta che il quarto, quinto e settimo comma dell'art. 7 della legge n. 81 del 1993 - che prevedono l'attribuzione di un seggio al consiglio comunale, con priorita' sui candidati consiglieri, al candidato sindaco non eletto, collegato con piu' liste - non contraddicono alla tesi, secondo cui le liste minoritarie debbono essere prese in considerazione separatamente; dall'altra, solleva questione di legittimita' costituzionale anche relativamente a quelle disposizioni. Il collegio osserva che la questione di legittimita' costituzionale rilevante nel presente giudizio e' limitata alle parole "o gruppi di liste collegate", contenuta nel sesto comma, ultima proposizione, dell'art. 7, tanto nel caso in cui le altre disposizioni dell'art. 7 siano neutrali rispetto alla questione degli effetti del collegamento delle liste minoritarie, quanto nel caso che esse confermino il disposto del sesto comma, sospettato di illegittimita' costituzionale, e che ad esse possa estendersi un'eventuale pronuncia di illegittimita' costituzionale. La rilevanza della questione di legittimita' costituzionale nel presente giudizio non ha bisogno di essere ulteriormente illustrata.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, sesto comma, ultima proposizione, della legge 25 marzo 1993, n. 81, limitatamente alle parole "o gruppi di liste collegate", con riferimento agli artt. 1, secondo comma, 48, secondo comma, 49 e 51, primo comma, della Costituzione, ne rimette l'esame alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; che gli atti siano, poi, trasmessi alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, addi' 6 maggio 1994. Il presidente: CATALLOZZI Il consigliere estensore: CARBONI 94C1246