N. 707 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 ottobre 1994

                                N. 707
 Ordinanza  emessa  il  18 ottobre 1994 dal pretore di Padova, sezione
 distaccata di Piove di Sacco, nel procedimento  penale  a  carico  di
 Bortolami Stefano
 Processo penale - Dibattimento - Coimputato avvalentesi della
    facolta'  di  non  rispondere  -  Preclusione  per  la lettura dei
    verbali  delle  dichiarazioni  rese  alla  p.g.  nel  corso  delle
    indagini  preliminari  alla  presenza  del  difensore ex art. 350,
    terzo  comma,  del  c.p.p.  -  Irragionevolezza  -  Disparita'  di
    trattamento  rispetto  ad  atti  con  valenza probatoria analoga -
    Mancata attuazione del  principio  di  utilizzazione  dell'operato
    della  p.g. - Lesione del principio di obbligatorieta' dell'azione
    penale.
 (C.P.P. 1988, art. 513).
 (Cost., artt. 3, 109 e 112).
(GU n.49 del 30-11-1994 )
                              IL PRETORE
    Stefano Bortolami e' oggi a giudizio con l'incriminazione di furto
 in concorso con tale Sante Chinello, all'epoca minorenne.
    L'unico elemento  di  errore  a  suo  carico,  per  quanto  emesso
 nell'istruttoria  dibattimentale,  sono  le  dichiarazioni  rese  dal
 Chinello. In particolare, il  Chinello,  individuato  come  possibile
 testimone  del  furto perche' visto nel luogo del medesimo poco prima
 del  fatto,  venne  sentito  a  sommarie  informazioni  testimoniali.
 Poiche'  riferi invece di essere proprio lui l'autore correttamente i
 carabinieri interruppero l'esame e lo sentirono successivamente,  con
 la  rituale  presenza  di  un difensore. Anche in questa occasione il
 Chinello ammise il fatto chiamando in correita' Bortolami.
    Oggi, sentito al dibattimento nelle forme di cui all'art. 210  del
 c.p.p., si e' avvalso della facolta' di non rispondere.
    Il  p.m.  chiede  l'acquisizione  del  verbale  di  interrogatorio
 davanti alla polizia giudiziaria.
    La richiesta del p.m. non e' allo stato  accoglibile.  L'art.  513
 del  c.p.p., pur dopo le modifiche seguite alla sentenza n. 254 del 3
 giugno 1992 dalla Corte costituzionale, non prevede  la  possibilita'
 di  dare  lettura  dei verbali degli interrogatori, pur rituali, resi
 dai sottoposti alle indagini alla polizia giudiziaria.   Ed il  fatto
 che  tale  previsione  sia  invece  espressamente  data per i verbali
 contenenti le dichiarazioni rese al p.m. ed al giudice  non  consente
 di  affermare  l'estensione  della  previsione,  con  interpretazione
 analogica.
    Il dato normativo che attualmente vede esclusa la possibilita'  di
 dare  lettura  delle  dichiarazioni rese dal sottoposto alle indagini
 alla polizia giudiziaria, alla  rituale  presenza  di  un  difensore,
 appare allo stato privo di razionale giustificazione e frutto piu' di
 inadeguamento   sistematico   alle  modifiche  recate  all'originario
 impianto strutturale  del  codice,  che  di  consapevole  e  motivata
 discrezionale volonta' legislativa.
    Dopo  le  modifiche degli artt. 512 del c.p.p., 503, 3 e 5 c.p.p.,
 infatti, le dichiarazioni ritualmente rese alla  polizia  giudiziaria
 hanno    una   loro   utilizzabilita'   dibattimentale;   come   noto
 nell'impianto  originario,  invece,   nessuna   utilizzabilita'   era
 prevista per tali dichiarazioni.
    Non  si comprende quale sia oggi, dopo che significative eccezioni
 sono  state  introdotte  al  sistema  che  guardava  con   potenziale
 disvalore all'attivita' di acquisizione di grave svolta dalla polizia
 giudiziaria   (clamoroso  era  in  tal  senso  l'originario  disposto
 dell'art.  195  4  c.p.p.,  che  addirittura  non   consentiva   agli
 appartenenti  alla  polizia  giudiziaria quanto consentito agli altri
 testimoni), la "ratio" dell'esclusione che qui si va a contestare.
    In  particolare  appare  il   contrasto   con   l'art.   3   della
 Costituzione,  109  e 112 della Costituzione, senza che il sacrificio
 sociale che sempre la perdita di prove in un processo comporta  trovi
 giustificazione   nel   diritto  di  difesa.  Ed  invero,  quando  le
 dichiarazioni siano rese dall'indagato alla presenza  del  difensore,
 l'identita'   dell'interrogante  appare  dato  che  non  puo'  essere
 determinante per giustificare disparita'  di  trattamento  probatorio
 (alla  luce  specialmente, si ripete, delle modifiche intervenute nel
 frattempo). Il vigente dato normativo  non  consente  di  dare  piena
 attuazione all'art. 109 della Costituzione (posto che il p.m. si vede
 contrastato  nell'utilizzazione  della  polizia giudiziaria anche per
 atti "legittimi" ed addirittura necessari perche' il  nuovo  processo
 possa   utilmente   funzionare   -   il  riferimento  e'  agli  esami
 dell'indagato delegati, anch'essi  pure  esclusi  dall'art.  513  del
 c.p.p.).   Esso   poi   appare   contrastare  con  l'art.  112  della
 Costituzione,  laddove  comporta  una  perdita  di  fonti  di  prove,
 ritualmente  acquisite, senza che alcun confliggente tutelato diritto
 la giustifichi.
   E'  quindi   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
 costituzionalita'  dell'art. 513 del c.p.p., laddove non consente che
 ove l'imputato o il coimputato ex art.  210  del  c.p.p.  si  avvalga
 della  facolta'  di  non  rispondere  si  possa  dare  lettura  delle
 dichiarazioni  dallo  stesso  rese  alla  polizia  giudiziaria   alla
 presenza del difensore.
    La  questione  e'  rilevante  nel  presente  processo perche', per
 quanto esposto nella prima parte, se l'atto di cui il p.m. ha chiesto
 la lettura non puo' essere inserito nel fascicolo  del  dibattimento,
 nessun elemento di prova ci sarebbe a carico del presunto.
    Vanno adottati i conseguenziali provvedimenti.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel presente
 giudizio la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  513
 del  c.p.p., in relazione agli artt. 3, 109 e 112 della Costituzione,
 nella parte in cui non consente che,  nel  caso  in  cui  imputato  o
 persona  indicata  dall'art. 210 del c.p.p. sia contumace o assente o
 si rifiuti di sottoporsi all'esame,  sia  data  lettura  dei  verbali
 delle  dichiarazioni  rese dal soggetto alla polizia giudiziaria, nel
 corso delle indagini preliminari, alla  presenza  del  difensore,  ex
 art. 350 3 del c.p.p.;
    Sospende il presente processo;
    Ordina  la  notifica  dell'ordinanza  all'imputato  contumace e al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  la  sua  comunicazione  ai
 Presidenti delle Camere;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Letta  in pubblica udienza, alla presenza del p.m. e del difensore
 dell'imputato.
      Padova-Piove di Sacco, addi' 18 ottobre 1994
                         Il pretore: CITTERIO

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