N. 398 SENTENZA 10 - 23 novembre 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro - Licenziamenti individuali  -  Azienda  con  meno  di  sedici
 dipendenti   -   Intimazione   verbale  -  Presunta  inesistenza  del
 licenziamento - Retribuzione spettante - Disomogeneita' del raffronto
 con  situazioni  tipiche  della  grande  e  media   impresa   -   Non
 comparabilita' - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione.
 
 (Legge 15 luglio 1966, n. 604, art. 8).
 
 (Cost., artt. 3 e 44).
 
(GU n.49 del 30-11-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI,
    prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge 15
 luglio  1966,  n.  604  (Licenziamenti  individuali), come modificato
 dalla  legge  11  maggio  1990,  n.  108  (Norme  sui   licenziamenti
 individuali), promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 4 febbraio 1994 dal Tribunale di Catania
 nel procedimento civile  vertente  tra  Puglisi  Giuseppe  e  Falconi
 Rachele,  iscritta al n. 199 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1994;
      2)  ordinanza  emessa il 29 marzo 1994 dal Pretore di Biella nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Antonello  Monica  e  la  s.a.s.
 Islanda,  iscritta al n. 365 del registro ordinanze 1994 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  16,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 12  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di un giudizio avente ad oggetto l'impugnazione
 della  sentenza  del  Pretore  di  Giarre  con  la  quale  era  stata
 dichiarata  l'inefficacia  del  licenziamento intimato verbalmente da
 tale Puglisi Giuseppe, esercente la professione di commercialista, il
 Tribunale di  Catania,  sezione  lavoro,  con  ordinanza  in  data  4
 febbraio  1994  ha  sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 44 della
 Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  8
 della  legge  15 luglio 1966 n. 604 (Licenziamenti individuali) cosi'
 come sostuito dall'art. 2 della legge 11 maggio 1990, n.  108  (Norme
 sui licenziamenti individuali). Osserva il tribunale che nell'ipotesi
 di licenziamento intimato verbalmente da un datore di lavoro con meno
 di   sedici  dipendenti  -  fattispecie  ricorrente  nel  caso  -  al
 lavoratore compete la correspensione dell'intera  retribuzione  dalla
 data del licenziamento fino a quella della riassunzione e non sarebbe
 pertanto  applicabile  la disciplina prevista dall'art. 8 della legge
 n.  604  del  1966  per  il  licenziamento  senza  giusta   causa   o
 giustificato   motivo  dal  momento  che  il  licenziamento  intimato
 oralmente sarebbe da ritenersi inesistente e, quindi, improduttivo di
 qualsivoglia effetto.
    A parere del rimettente cio'  determinerebbe  una  violazione  del
 principio  di  uguaglianza,  sia  per  la  previsione  di una diversa
 disciplina per casi analoghi, quali  sono  quelli  del  licenziamento
 intimato  verbalmente e quello del licenziamento senza giusta causa o
 giustificato  motivo,  che  per  la  mancata  diversificazione  della
 disciplina  a  seconda che il licenziamento verbale venga intimato da
 un piccolo imprenditore ovvero  da  un  imprenditore  con  un  numero
 superiore di dipendenti.
    Lamenta inoltre il giudice a quo che la normativa in oggetto viene
 a  sottoporre le piccole imprese ad un sistema sanzionatorio eguale a
 quello previsto per le altre imprese, cosi'  ponendosi  in  contrasto
 con  "il  principio  generale di tutela della piccola impresa" di cui
 all'art. 44 della Costituzione.
    2. - Nel giudizio avanti alla Corte e' intervenuto  il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 manifestatamente   infondata.  Osserva  la  difesa  erariale  che  il
 licenziamento intimato verbalmente e' insuscettibile di  produrre  un
 qualsivoglia  effetto  anche  temporaneo  e  provvisorio  e  non puo'
 pertanto essere equiparato al licenziamento, formalmente corretto, ma
 non sorretto da giusta causa o  giustificato  motivo;  la  diversita'
 delle  conseguenze giuridiche ricollegate ai differenti stati viziosi
 si giustifica in ragione del regime particolarmente rigoroso  che  il
 legislatore   ha   inteso   introdurre   riguardo   alla   forma  del
 licenziamento.
    3. - Analoga questione di  legittimita'  costituzionale  e'  stata
 sollevata,  in  riferimento  al  solo  art. 3 della Costituzione, dal
 Pretore di Biella con ordinanza emessa in data 29 marzo 1994. Osserva
 il  Pretore  che  il  licenziamento   disciplinare   intimato   senza
 l'osservanza delle garanzie di cui all'art. 7, secondo e terzo comma,
 dello Statuto dei lavoratori o comunque viziato nella forma, viene ad
 esser  irragionevolmente sanzionato piu' gravemente, per il permanere
 degli obblighi retributivi e normativi a carico del datore di lavoro,
 rispetto al licenziamento formalmente corretto ma viziato nel  merito
 per  la mancanza della giusta causa o giustificato motivo sanzionato,
 invece, con la "mera tutela risarcitoria".
    4. - In tale giudizio non si e' costituita la parte privata ne' e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Data  l'analogia  delle  questioni i giudizi possono essere
 riuniti  per  essere  decisi  con  un'unica  sentenza.  Tuttavia   le
 questioni  sollevate  dalle due ordinanze di rimessione in esame, pur
 avendo per oggetto la stessa norma (art.  8  della  legge  15  luglio
 1966,  n. 604, come modificato dalla legge 11 maggio 1990, n. 108, in
 tema di licenziamenti individuali),  vanno  esaminate  separatamente,
 oltre  che  per  la  non  coincidenza  delle  norme costituzionali di
 riferimento, soprattutto perche', mentre il Pretore di Biella lamenta
 che la norma denunziata non prevede anche per i licenziamenti viziati
 per mancato rispetto delle garanzie procedimentali (di cui  ai  commi
 secondo  e  terzo dell'art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300), le
 medesime conseguenze stabilite dal citato art.  8,  il  Tribunale  di
 Catania  si  duole  che  queste conseguenze non siano previste per il
 licenziamento inefficace per difetto di forma scritta (art.  2  della
 legge  n.  604  del  1966).  Entrambe le questioni sono evidentemente
 rilevanti per la risoluzione delle rispettive controversie.
    2. - Il Pretore di Biella osserva in particolare che la  questione
 di  legittimita'  costituzionale non e' manifestamente infondata solo
 se si pensa "al caso del lavoratore, sorpreso in flagranza di furto a
 cui non sia formalmente contestato l'addebito, che verrebbe ad essere
 di fatto reintegrato, mentre il lavoratore tacciato di  furto  e  poi
 completamente  scagionato  in sede di giudizio, se licenziato in modo
 formalmente corretto, si vedrebbe risarcire unicamente  il  danno  in
 misura che puo' addirittura scendere, in caso di rapporto breve, alle
 2-5 mensilita'".
    3.  -  Analoghe  perplessita' erano recentemente emerse in sede di
 giudizio dinanzi alle Sezioni Unite della  Corte  di  cassazione;  la
 quale  in  una  fattispecie di licenziamento per motivi disciplinari,
 confermando l'orientamento di altre sentenze anteriori,  ha  ritenuto
 (sentenze  nn.  4844,  4845,  4846,  del 1994) che "alla inosservanza
 delle garanzie procedimentali, previste dall'art. 7  della  legge  n.
 300  del  1970, conseguono gli stessi effetti stabiliti per l'ipotesi
 di licenziamento  senza  giusta  causa  o  giustificato  motivo,  dal
 momento  che  sarebbe  illogico  ricollegare  a  quella  inosservanza
 conseguenze diverse e piu' gravi di quelle  derivanti  dall'accertata
 insussistenza     dell'illecito     disciplinare.    Altrimenti    si
 verificherebbe che un licenziamento inidoneo a  conseguire  l'effetto
 risolutivo,  perche'  viziato  nella  forma, comporterebbe una tutela
 reale  (e   pertanto   un   obbligo   di   retribuzione   sino   alla
 reintegrazione), laddove la accertata inesistenza della giusta causa,
 non  privando  il  licenziamento  dell'effetto  risolutorio,  sarebbe
 seguita soltanto dall'obbligo del pagamento del preavviso".
    Va altresi' posto in evidenza che  la  conclusione  interpretativa
 accolta  e' coerente con le decisioni di questa Corte (in particolare
 con le sentenze n. 427 e 586 del 1984).
    4. - Le citate pronunce, delle  Sezioni  Unite  della  Cassazione,
 nelle   quali  sono  ravvisabili  i  connotati  del  diritto  vivente
 sopravvenuto all'ordinanza  di  rimessione  del  Pretore  di  Biella,
 rendono  manifesto  che  i  dubbi  di costituzionalita' sollevati dal
 Pretore possono essere risolti in via interpretativa,  senza  bisogno
 di incidere sulle norme cosi' come formulate.
    La  questione  stessa,  pertanto,  deve  essere respinta apparendo
 risolutiva  la  predetta  interpretazione  adeguatrice  ai   precetti
 costituzionali.
    5.  -  In ordine alla questione sollevata dal Tribunale di Catania
 il vizio del licenziamento non riguarda  il  difetto  delle  garanzie
 procedimentali  previste  dai commi secondo e terzo dell'art. 7 dello
 Statuto dei lavoratori, ma la  mancanza  della  forma  scritta,  come
 richiesta - a pena di inefficacia - dall'art. 2 della legge 15 luglio
 1966, n. 604.
    Il giudice rimettente denunzia: a) la violazione dell'art. 3 della
 Costituzione,  in  quanto il datore di lavoro, incorrendo nell'errore
 di intimare un licenziamento verbale,  deve  subire  conseguenze  ben
 piu'  gravose di quelle previste dalla legge in caso di licenziamento
 annullato per mancanza di giusta causa o di giustificato  motivo;  b)
 violazione  dell'art. 44 della Costituzione, contenente un "principio
 generale di tutela della piccola impresa". Si osserva in  particolare
 che  la "normativa impugnata finisce per sottoporre queste imprese ad
 un sistema sanzionatorio eguale  a  quello  previsto  per  ben  altre
 imprese  proprio  con  riguardo  ad  eventuali  errori formali cui il
 piccolo  imprenditore,  meno  consapevole   del   quadro   normativo,
 certamente e' piu' soggetto".
    6.  -  Questa  Corte  ritiene  che  la situazione risultante dalle
 vigenti norme non appare in contrasto con i  principi  costituzionali
 per una serie di considerazioni:
       a)  la  legge  esige  la  forma scritta, quale elemento certo e
 costitutivo della volonta' di recesso; volonta' che deve risultare da
 un documento soprattutto per tutelare  l'essenziale  interesse  della
 parte  piu' debole del rapporto a conoscere e ad impugnare l'atto nel
 termine decorrente dalla data di notifica dello stesso;
       b) mentre la c.d. tutela obbligatoria ( ex art. 8 legge 604 del
 1966) per vizi sostanziali  del  licenziamento  (mancanza  di  giusta
 causa    o    giustificato   motivo)   trova   il   suo   presupposto
 nell'impugnazione di un atto risolutorio del rapporto di  lavoro,  il
 licenziamento verbale, non producendo alcun effetto, non incide sulla
 continuita'  del  rapporto stesso e quindi sul diritto del lavoratore
 alla retribuzione fino alla riammissione in servizio;
       c) ne' costituisce valido  "tertium  comparationis"  l'art.  18
 dello  Statuto  dei  lavoratori relativo alla grande e media impresa,
 attesa la disomogeneita' di questa situazione rispetto a quella della
 piccola impresa;
       d) anche se ravvisabile  nell'art.  44  della  Costituzione  un
 principio  generale  di  favore  per  la piccola impresa (trattamento
 privilegiato giustificato soprattutto ai  fini  occupazionali),  cio'
 non significa che per tale categoria di imprese debba essere ritenuta
 non  operante la c.d. tutela reale a fronte di un licenziamento privo
 della essenziale forma scritta, tenuto conto anche  dell'esigenza  di
 evitare  che, proprio a causa del piu' diretto rapporto con il datore
 di  lavoro,  questi  finisca  per  trascurare  elementi  formali   di
 essenziale  valore  riguardo  all'atto  di  risoluzione  del rapporto
 medesimo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi,  dichiara  non  fondata  nei  sensi  di  cui  in
 motivazione  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8
 della legge 15  luglio  1966,  n.  604  (Licenziamenti  individuali),
 sollevata,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal Pretore
 di Biella, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 8  della  legge  15  luglio  1966,  n.  604  (Licenziamenti
 individuali),  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3 e 44 della
 Costituzione, dal Tribunale di Catania, con l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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