N. 405 SENTENZA 21 - 28 novembre 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Reati militari - Minaccia ad inferiore - Circostanza della  "presenza
 di  militari riuniti per servizio" - Applicabilita' della fattispecie
 -   Non   proporzionalita'   della   sanzione   -   Errata   premessa
 interpretativa  in  merito  all'uguaglianza delle condotte previste e
 punite rispettivamente dagli artt. 196 del c.p.m.p. e  336  del  c.p.
 ordinario - Non fondatezza.
 
 (C.P.M.P., art. 199).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.50 del 7-12-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro
    FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
    GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
    Cesare  MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
    dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 199 del  codice
 penale  militare  di  pace, promosso con ordinanza emessa il 4 giugno
 1993 dal Tribunale militare di Cagliari  nel  procedimento  penale  a
 carico di Lai Alberto, iscritta al n. 726 del registro ordinanze 1993
 e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima
 serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 12 ottobre 1994 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel giudizio penale a carico  di  Lai  Alberto  imputato  del
 reato  di minaccia ad inferiore ( ex art. 196 cod. pen. mil. di pace)
 il Tribunale militare di Cagliari  ha  sollevato  -  con  riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione   -   questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 199 cod. pen. mil. di pace.
    A tenore della norma  impugnata,  le  disposizioni  relative  agli
 episodi di insubordinazione e di violenza, minacce ed ingiurie contro
 inferiori  non  si  applicano  se  i  fatti  in  questione sono stati
 commessi "per cause estranee al servizio e alla disciplina  militare,
 fuori  dalla  presenza di militari riuniti per servizio e da militare
 che non si trovi in servizio o a bordo di una nave militare o  di  un
 aeromobile militare".
    Nel  caso  di specie, l'imputato - un sottotenente dell'Esercito -
 si sarebbe reso responsabile del reato per cause estranee al servizio
 ed alla disciplina militare e  fuori  da  luoghi  militari.  Osserva,
 peraltro,  il  giudice  a  quo  che  il  reato  e' stato commesso nei
 riguardi di un brigadiere dei carabinieri ed in presenza di  militari
 dell'Arma   appartenenti  alla  pattuglia  da  questi  comandata,  in
 servizio di pubblica sicurezza. Pertanto, si dovrebbe  applicare,  ai
 sensi  dell'art. 199 del cod. pen. mil. di pace, la previsione di cui
 all'art. 196 del medesimo codice che commina una pena meno  grave  di
 quella  prevista per il reato comune di minaccia a pubblico ufficiale
 di cui all'art. 336, primo comma, codice penale.
    Il Tribunale militare ha  pertanto  ritenuto  di  dover  sollevare
 giudizio  di  legittimita'  costituzionale per violazione dell'art. 3
 della Costituzione,  rilevando  che  la  semplice  circostanza  della
 presenza di militari riuniti per servizio non puo' costituire, di per
 se'  sola,  ragione  sufficiente  per  un  verso  per  parificare nel
 trattamento finalistico il  fatto  commesso  per  cause  inerenti  al
 servizio  e  alla disciplina e quello commesso per cause estranee, e,
 per altro verso per qualificare, piu' lievemente, dal punto di  vista
 della  pena,  la  fattispecie  in  questione. Il Tribunale remittente
 ricorda, altresi', che la Corte costituzionale si e' gia' pronunciata
 su analoga questione con sentenza n. 45 del 1992,  dichiarandola  non
 fondata.  Tuttavia la questione viene riproposta, considerando che il
 precedente della Corte si riferisce ad un'ipotesi  in  cui  il  reato
 militare viene sanzionato piu' pesantemente di quello comune.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, per chiedere una pronuncia di inammissibilita' o, comunque, di
 non fondatezza.
    Con  riguardo  alla  richiesta  di  inammissibilita', l'Avvocatura
 sottolinea che il giudice  remittente  prospetta,  nell'ordinanza  di
 remessione, l'interpretazione in base alla quale la dizione "presenza
 di  militari  riuniti  per servizio" non ricomprende i carabinieri in
 servizio di polizia giudiziaria  o  di  sicurezza.  Pertanto,  se  il
 giudice  avesse  seguito  questa  strada  interpretativa, non sarebbe
 stato necessario investire della questione il giudice delle leggi.
    L'Avvocatura, comunque, ritiene  che  la  questione  debba  essere
 dichiarata  non  fondata,  sulla  base  del  precedente  di  cui alla
 sentenza n. 45 del 1992.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Tribunale militare di Cagliari ritiene che l'art. 199  del
 codice   penale   militare  di  pace,  nella  parte  in  cui  prevede
 l'applicabilita'  del  reato  di  minaccia  ad   inferiore   per   la
 circostanza  della  "presenza  di  militari  riuniti  per  servizio",
 contrasti con l'art. 3 della Costituzione.
    2. - Va preliminarmente disattesa la censura  di  inammissibilita'
 prospettata   dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,  la  quale,
 intervenendo in giudizio, ha  sostenuto  che  il  giudice  a  quo  ha
 prospettato   nell'ordinanza  di  remissione  un'interpretazione  che
 consentirebbe di risolvere la questione senza ricorrere  al  giudizio
 di legittimita' costituzionale. Vale a dire quella di non considerare
 come  militari  in servizio gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri
 che svolgono funzioni di pubblica sicurezza.
    Invero, un'attenta lettura dell'ordinanza di  remissione  consente
 di  superare  tale  dubbio  di  ammissibilita',  in quanto da essa si
 ricava che, in realta',  lo  stesso  giudice  a  quo  mostra  di  non
 ritenere   percorribile  siffatta  via  interpretativa.  Pertanto  la
 questione di  legittimita'  prospettata  dal  Tribunale  militare  di
 Cagliari va esaminata nel merito.
    3. - L'art. 199 del codice penale militare di pace consente che la
 minaccia  di  un militare nei confronti di un inferiore sia punita ai
 sensi dell'art. 196 dello stesso codice - e non  ai  sensi  dell'art.
 336  del  codice  penale ordinario - allorche' - tra le altre ipotesi
 considerate - l'inferiore  sia  stato  minacciato  alla  presenza  di
 militari  riuniti  per  servizio.  Il Tribunale militare di Cagliari,
 giudicando sulle minacce profferite da un militare nei  confronti  di
 un  inferiore  alla presenza di piu' carabinieri riuniti per servizio
 di pubblica sicurezza, pur non ritenendo che  questo  servizio  possa
 essere  ricompreso  nella  nozione  oggettiva di "servizio militare",
 prende atto che la lettera dell'art. 199 cod. pen. mil. di  pace  non
 specifica,  relativamente  alla  presenza  dei  militari  riuniti per
 servizio, che il servizio stesso debba essere interpretato nel  senso
 inteso  da  esso  giudice  remittente,  rendendo cosi' applicabile la
 norma al caso di specie. Cio'  premesso,  il  Tribunale  militare  di
 Cagliari  dubita  che  il  citato  art.  199  violi  l'art.  3  della
 Costituzione, in quanto la sanzione da esso prevista (pena massima di
 tre anni di reclusione  militare)  e'  inferiore  a  quella  prevista
 dall'art.  336 cod. pen. (che prevede una pena massima di cinque anni
 di reclusione). Per  effetto  della  norma  impugnata  -  secondo  il
 giudice a quo - si determinerebbe una consistente deroga al principio
 di  proporzione  tra  fatto  e pena, in quanto la disciplina speciale
 verrebbe applicata con  effetti  favorevoli  al  militare  superiore,
 laddove, invece, anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte
 (sentenza  n.  45  del  1992), il comportamento tenuto da un militare
 superiore nel grado nei confronti di un inferiore, alla presenza  dei
 militari riuniti in servizio, dovrebbe essere punito piu' severamente
 in  relazione  alla  lesione  del  bene della disciplina militare. In
 sostanza la presenza dei militari riuniti in servizio  renderebbe  la
 stessa   condotta   meno   grave,   con   lesione  del  principio  di
 ragionevolezza sotto il profilo della mancanza di proporzionalita'.
    4. - La questione non e' fondata.
    L'argomentazione del  Tribunale  militare  si  basa  sulla  errata
 premessa   della   uguaglianza   delle  condotte  previste  e  punite
 rispettivamente dagli artt. 196 del codice penale militare di pace  e
 dall'art.   336   del   codice  penale  ordinario  per  inferirne  la
 sproporzione - in favore dell'autore del reato - della pena  prevista
 dall'impugnato  art. 199. In realta' i fatti descritti dalle predette
 norme sono diversi. Mentre l'art. 196 punisce la mera "minaccia di un
 ingiusto  danno"  da  parte  di  un  militare  nei  confronti  di  un
 inferiore, il primo comma dell'art. 336 del codice penale ordinario -
 al  quale  fa  riferimento  l'ordinanza  di  remissione  - punisce la
 minaccia a un pubblico ufficiale o a un  incaricato  di  un  pubblico
 servizio  per  costringerlo  a  compiere  un atto contrario ai propri
 doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio.  In  altri
 termini,  in quest'ultima ipotesi e' previsto un elemento teleologico
 di consistente gravita' - che qualifica il comportamento  dell'autore
 -  diretto  a costringere il soggetto passivo del reato a compiere un
 atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto d'ufficio - del
 tutto insussistente nell'ipotesi delineata dal codice militare.
   Le disposizioni ex artt. 196, primo comma, cod. pen. mil. di pace e
 336, primo comma, cod. pen., contemplando  fattispecie  diverse,  non
 irragionevolmente    individuano    un    trattamento   sanzionatorio
 differenziato. Quindi, venendo meno tale argomentazione del giudice a
 quo, cade anche il dubbio  circa  la  conformita'  all'art.  3  della
 Costituzione,  sotto  il  profilo  della  irragionevole disparita' di
 trattamento di uguali situazioni, dell'art. 199  cod.  pen.  mil.  di
 pace che fra le condizioni che elenca per l'applicazione dei reati di
 insubordinazione  e  di  quelli  di  abuso  di autorita' (tra i quali
 ultimi si colloca il reato di minaccia ad inferiore)  prevede  quella
 delle presenza di piu' militari riuniti per servizio.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 199 del  codice  penale  militare  di  pace  sollevata,  in
 riferimento  all'art. 3 della Costituzione, dal Tribunale militare di
 Cagliari con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: SPAGNOLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 28 novembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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