N. 733 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 giugno 1994

                                N. 733
 Ordinanza  emessa  il  3  giugno  1994  dal  pretore  di  Modena  nel
 procedimento penale a carico di Francia Giorgio
 Reato in genere - Sanzioni sostitutive alle pene detentive brevi -
    Ambito  di applicazione - Inapplicabilita' per espresso divieto ai
    reati  (nella  specie  contestati  all'imputato)  di  inquinamento
    idrico  previsti  dalla  legge n. 319/1976, diversamente da quanto
    stabilito per le analoghe  figure  criminose  di  cui  ai  decreti
    legislativi   nn.   915/1982,  203/1988,  475/1988  e  133/1992  -
    Irragionevolezza - Violazione del principio di  eguaglianza  e  di
    coerenza dell'ordinamento giuridico.
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60).
 (Cost., art. 3).
(GU n.51 del 14-12-1994 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti del procedimento n. 288/1993 r.g. pretura di Modena
 nei confronti di Francia Giorgio;
    Considerato  che  il  predetto  e'  imputato  del  reato  previsto
 dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976 per  avere,  quale
 legale  rappresentante  della  ditta Smalti Modena S.r.l., effettuato
 scarichi in pubblica fognatura in violazione dei parametri di  legge,
 con specifico riguardo al boro e ai solfati;
    Considerato  che  all'udienza  del  23  marzo  1994  il  difensore
 dell'imputato, munito di procura speciale, ha chiesto l'applicazione,
 ai sensi dell'art. 444 del c.p.p., della pena di mesi uno di arresto,
 sostituita con la corrispondente pena pecuniaria a norma dell'art. 53
 della  legge  n.  689/1981,  sollevando  questione  di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  60  della legge n. 689/1981 nella parte in
 cui esclude l'applicabilita'  delle  sanzioni  sostitutive  al  reato
 previsto dall'art. 21, terzo comma, della legge Merli;
                             O S S E R V A
    L'art. 60, secondo comma della legge n. 689/1981 stabilisce che le
 sanzioni  sostitutive  non si applicano ai reati previsti dagli artt.
 21 e 22 della legge n. 319/1976 (norme  per  la  tutela  delle  acque
 dall'inquinamento)  e  dagli artt. 9, 10, 14, 15, 18 e 20 della legge
 n. 615/1966 (provvedimenti contro l'inquinamento atmosferico).
    Il legislatore del 1981 aveva escluso dal beneficio delle sanzioni
 sostitutive tutti i reati a tutela dell'ambiente previsti dalle leggi
 all'epoca vigenti, ritenendo che cio' fosse opportuno per le esigenze
 di prevenzione generale e per  la  particolare  importanza  del  bene
 tutelato, appartenente alla collettivita'.
    Dopo il 1981 sono state emanate numerose leggi di rilievo penale a
 tutela  dell'ambiente  (d.P.R. n. 915/1982, d.P.R. n. 203/1988, legge
 n. 475/1988) ed altre a tutela dello  specifico  settore  interessato
 dalla   norma  impugnata,  cioe'  l'inquinamento  idrico  (d.P.R.  n.
 217/1988, poi abrogato, decreti legislativi nn. 132 e 133 del 1992).
    Per tutte le fattispecie di reato  introdotte  dalla  legislazione
 ambientale  successiva  al 1981 e' possibile il ricorso alle sanzioni
 sostitutive, secondo la disciplina generale dell'art. 53 della  legge
 n. 689/1981.
    Dal  confronto  tra la normativa generale (art. 53, della legge n.
 689) e quella derogatoria dettata dall'art. 60 della legge n. 689 per
 i  reati   di   cui   all'art.   21,   della   legge   Merli   emerge
 un'ingiustificata disparita' di trattamento.
    L'art.  53  della  legge  n.  689  e'  applicabile,  in assenza di
 qualsiasi esclusione  oggettiva,  ai  reati  introdotti  dal  decreto
 legislativo n. 133/1992.
    Tale  decreto  da'  attuazione  (in  maniera  del tutto acritica e
 assolutamente non coordinata alla  legislazione  nazionale)  a  sette
 direttive   CEE  in  materia  di  scarichi  industriali  di  sostanze
 pericolose nelle acque.
    L'art. 18 del decreto riproduce, con i necessari adattamenti,  gli
 artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976.
    Lasciando  da  parte  le problematiche relative al rapporto tra la
 nuova disciplina e la legge Merli nonche' ogni valutazione in  ordine
 alla  maggiore  o minore pericolosita' delle condotte incriminate dal
 decreto 133 (inspiegabilmente esso  punisce  con  pena  piu'  severa,
 rispetto  a  quella dell'art. 21 della legge n. 319, lo scarico senza
 autorizzazione e con pena meno grave nel minimo edittale  lo  scarico
 in violazione dei limiti tabellari), puo' senz'altro rilevarsi come i
 due  gruppi  di  norme  tutelino  non  solo  lo  stesse  bene,  cioe'
 l'ambiente, ma lo stesso settore dell'inquinamento idrico, attraverso
 ipotesi contravvenzionali certamente assimilabili e per  struttura  e
 per il tipo di sanzioni inflitte.
    La  possibilita'  di  applicare  le sanzioni sostitutive a tutti i
 reati introdotti dal decreto n. 133/1992 e l'esclusione dal  suddetto
 beneficio  dei  reati  di  cui  all'art.  21  della legge n. 319/1976
 costituisce una violazione del principio di uguaglianza e di coerenza
 dell'ordinamento giuridico.
    In particolare, non si riesce in  alcun  modo  a  giustificare  la
 sostituibilita'  della  pena  dell'arresto  fino  a tre anni prevista
 dall'art. 18, primo  comma,  del  d.l.  n.  133,  posto  che  questa
 fattispecie   riveste   maggiore   gravita',   collegata  al  tipo  e
 all'entita' della pena inflitta, rispetto alla corrispondente ipotesi
 descritta dall'art. 21, primo comma, della legge n. 319.
    Analogamente,  appare   privo   di   ragionevolezza   il   diverso
 trattamento riservato al reato di cui all'art. 21, terzo comma, della
 legge n. 319, rispetto a quello previsto per l'art. 18, quarto comma,
 che,  oltre  a  comminare  una sanzione identica nel massimo edittale
 (due anni di arresto), concerne scarichi di sostanze  che  lo  stesso
 decreto definisce pericolose.
    La  violazione  dell'art. 3 della Costituzione, risulta in maniera
 altrettanto netta qualora  si  adoperi,  come  termine  normativo  di
 confronto,  la disciplina generale dettata in tema di smaltimento dei
 rifiuti.
    Il  d.P.R.  n.  915/1982  e  la  legge Merli appaiono omologhi per
 valori costituzionali difesi (l'ambiente)  e  per  la  tipologia  dei
 reati previsti.
    I  due  testi  normativi si sovrappongono in piu' punti: l'art. 1,
 lett. a) della legge n. 319 nel descrivere l'oggetto della  legge  si
 riferisce  agli  scarichi anche sul suolo e nel sottosuolo e l'art. 1
 del d.P.R. n.  915  impone  che  nell'attivita'  di  smaltimento  dei
 rifiuti debba essere evitato ogni rischio di inquinamento dell'acqua.
    Lo  smaltimento  dei  liquami  e dei fanghi residuati dai cicli di
 lavorazione e dai processi di depurazione ricade sotto la  previsione
 del d.P.R. n. 915 o dalla legge n. 319 a seconda che si tratti o meno
 di  rifiuti,  tossici  e  nocivi (art. 2 della legge n. 319 e art. 2,
 penultimo comma, del d.P.R. n. 915).
    Il rischio di  un  concorso  apparente  di  norme  ha  indotto  il
 legislatore   ad   escludere   espressamente  l'applicabilita'  delle
 disposizioni sullo smaltimento dei  rifiuti  agli  scarichi  regolati
 dalla  legge  n.  319/1976  (vedi art. 2, ultimo comma, del d.P.R. n.
 915).
    Lo stesso  legislatore,  in  altri  settori  dell'ordinamento,  ha
 riservato ai reati in materia di inquinamento idrico e di smaltimento
 dei   rifiuti  un  identico  trattamento,  ad  esempio,  escludendoli
 entrambi dal beneficio dell'amnistia.
    Quanto detto rende fondato il dubbio che la disciplina derogatoria
 dettata dall'art. 60  della  legge  n.  689,  per  i  reati  previsti
 dall'art.  21,  della  legge  Merli  sia  contraria  al  principio di
 eguaglianza.
    Su tale principio  si  fonda  l'obbligo  del  legislatore  di  non
 trattare  difformemente  le  situazioni  da  esso  stesso considerate
 assimilabili.
    Come affermato da un'attenta dottrina, ogni norma  giuridica  deve
 essere  applicata a tutte le fattispecie in cui ricorrono le esigenze
 da cui e' sorta e solo ad esse; una  differente  regolamentazione  e'
 giustificata  solo  a diversita' reali adeguatamente ponderate e con-
 siderate. Se essa e' frutto di disattenzione,  di  scarsa  conoscenza
 della  realta'  normativa,  di  mancata coordinazione, deve ritenersi
 contraria all'art. 3 della Costituzione.
    Non puo' ragionevolmente sostenersi  che  se  la  norma  impugnata
 disponeva  e  dispone  di un'adeguata ragione giustificativa, cio' e'
 sufficiente  a  farla  ritenere  rispettosa  del  principio  generale
 d'uguaglianza,  quand'anche il legislatore abbia omesso di estenderla
 ad  altre  fattispecie,  meritevoli   di   sottostare   alla   stessa
 disciplina.
    La  diversita'  di  trattamento qualora non sia sorretta da alcuna
 razionale giustificazione (di cui dovrebbe  trovarsi  traccia  almeno
 nei   lavori  preparatori  delle  leggi),  costituisce  comunque  una
 violazione del canone di coerenza  che,  nel  campo  delle  norme  di
 diritto,  e'  l'espressione del principio di eguaglianza, inteso come
 norma di chiusura ed ultima garanzia del sistema.
    Poiche' la Corte costituzionale ha  sempre  rienuto  inammissibili
 iniziative dirette a sollecitare pronunzie additive in materia penale
 (vedi ordinanza n. 261 del 10 dicembre 1986), non potrebbe ravvisarsi
 una  incostituzionalita' per la mancata estensione dell'art. 60 della
 legge n. 689 ai reati a tutela dell'ambiente introdotti dopo il 1981.
    L'unica strada da percorrere e' quindi quella che mira a provocare
 una  pronuncia  della  Corte  nel  senso  della  illegittimita' della
 disciplina derogatoria.
    Peraltro, l'esame  della  normativa  emessa  dopo  il  1981  rende
 fondato  il  dubbio  che  il legislatore abbia completamente perso di
 vista lo scopo originariamente perseguito attraverso la  disposizione
 dell'art. 60.
    Il  legislatore ha consentito il ricorso alle sanzioni sostitutive
 per tutti i reati a tutela dell'ambiente introdotti con leggi succes-
 sive al 1981 (d.P.R.  n.  915/1982,  d.P.R.  n.  203/1988,  legge  n.
 475/1988,  d.l.  n.  133/1992);  non si e' attivato per eliminare le
 inevitabili discrasie che si sono verificate in  seguito  all'aumento
 di  competenza  del  pretore  disposto  dal nuovo codice di procedura
 penale (vedi sentenza della Corte  costituzionale  n.  249  del  5-19
 maggio  1993);  con  la  legge n. 296/1993 ha notevolmente elevato il
 limite di applicabilita' delle sanzioni sostitutive  portandolo  fino
 ad un anno ed ha addirittura esteso le sanzioni di cui all'art. 53 ai
 reati di competenza del tribunale.
    Appare   quindi  non  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art.  60  della  legge  n.  689/1981
 nella   parte   in   cui   esclude  l'applicabilita'  delle  sanzioni
 sostitutive al reato di cui all'art. 21, terzo comma, della legge  n.
 319/1976, per violazione del principio di eguaglianza.
    La questione e' inoltre rilevante ai fini del giudizio in corso.
    Dall'accoglimento   o   dal   rigetto   della  stessa  dipende  la
 possibilita'  di  applicare  all'imputato  la  sanzione   sostitutiva
 richiesta in sede di patteggiamento.
    Allo stato non pare vi siano elementi per l'immediata declaratoria
 di cause di non punibilita' ai sensi dell'art. 129 del c.p.p.
    L'accusa formulata dal p.m. e' sorretta dal certificato di analisi
 da  cui  risulta  il  superamento dei limiti fissati dalla tabella c)
 quanto ai valori del boro e dei solfati.
    Il fatto addebitato all'imputato appare  allo  stato,  di  modesta
 gravita'.
    Il superamento dei limiti e' stato accertato in un'unica occasione
 e,  per  i  valori  emersi dalle analisi, non appare di significativa
 gravita'.
    L'imputato e' inoltre incensurato.
    Tali elementi consentono di ritenere adeguata  l'applicazione  del
 beneficio   della   sanzione   sostitutiva   richiesta   in  sede  di
 patteggiamento.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948,  n.
 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 60,  della  legge  n.  689/1981
 nella   parte   in   cui   esclude  l'applicabilita'  delle  sanzioni
 sostitutive al reato previsto dall'art. 21, terzo comma, della  legge
 n. 319/1976, per violazione dell'art. 3, della Costituzione;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale e
 sospende il giudizio in corso;
    Dispone che a cura della cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle parti del processo e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Modena, addi' 3 giugno 1994
                         Il pretore: PONTERIO

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