N. 428 ORDINANZA 5 - 14 dicembre 1994
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Impiego pubblico - Automaticita' della sospensione del pubblico dipendente che abbia riportato sentenza di condanna per taluni delitti - Questione gia' dichiarata non fondata (sentenza n. 184/1994) e manifestamente infondata (ordinanza n. 370/1994) dalla Corte - Provvedimento cautelare di carattere speciale ed obbligatorio - Manifesta infondatezza. (Legge 19 marzo 1990, n. 55, art. 15, comma 4- septies, introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16). (Cost., artt. 3, 4, 35, 36 e 97).(GU n.52 del 21-12-1994 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15, quarto comma septies, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosita' sociale), introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), promosso con ordinanza emessa il 20 ottobre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia sul ricorso proposto da Serio Ambrogio contro il ministero delle finanze ed altra, iscritta al n. 512 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Gabriele Pescatore; Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con ordinanza del 20 ottobre 1993, ha denunciato, in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 36 e 97 della Costituzione, l'illegittimita' dell'art. 15, quarto comma septies, della legge 19 marzo 1990, n. 55 introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 nella parte in cui prevede la sospensione del pubblico dipendente che abbia riportato sentenza di condanna per i delitti indicati nelle lettere a), b), c) e d) di cui al precedente primo comma, ovvero nei cui confronti sussistano le condizioni di cui alle lettere e) ed f) dello stesso primo comma; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata; Considerato che la questione sollevata con la presente ordinanza e' stata dichiarata non fondata (sent. n. 184 del 1994) e manifestamente infondata (ord. n. 370 del 1994); che con le summenzionate decisioni questa Corte ha statuito che la sospensione ex art. 15, quarto comma septies, della legge n. 55 del 1990, introdotto dall'art. 1, legge n. 16 del 1992, consiste "in un provvedimento cautelare di carattere speciale ed obbligatorio che si colloca, per le fattispecie cui si riferisce, accanto a figure generali, come la sospensione cautelare, prevista per gli impiegati civili dello Stato dall'art. 91 del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3; che "la fase di quiescenza della posizione soggettiva del pubblico dipendente, aperta dal provvedimento di sospensione ex art. 15, quarto comma septies citato, e' connessa ad una specifica normativa diretta a tutelare interessi essenziali della P.A.; che, difatti, la ratio della legge n. 16 del 1992, e' stata individuata da questa Corte "nella esigenza di rafforzare la disciplina gia' posta dalla legge n. 55 del 1990, estendendone talune qualificanti previsioni - inizialmente riferite ai soggetti legati alla P.A. da rapporto di servizio onorario, elettivo o non - a pubblici dipendenti legati alla stessa da rapporto di servizio, che possono talora versare in condizione di potenziale maggiore pericolosita' e, quindi, essere fonte di possibili maggiori danni"; che, pertanto, l'automaticita' della sospensione di cui alla norma impugnata e' strettamente preordinata alla tutela del principio posto dall'art. 97, primo comma, della Costituzione; che nell'ordinanza di rimessione non sono stati dedotti profili nuovi rispetto a quelli gia' esaminati dalla Corte; che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 15, quarto comma septies, della legge 19 marzo 1990, n. 55 (Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosita' sociale), introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16 (Norme in materia di elezioni e nomine presso le regioni e gli enti locali), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, con ordinanza emessa il 20 ottobre 1993. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 dicembre 1994. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: PESCATORE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 14 dicembre 1994. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 94C1346