N. 432 SENTENZA 6 - 20 dicembre 1994

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Processo  penale  -  Regione  Abruzzo  - Sindacato da parte di organo
 giurisdizionale dell'esercizio di funzioni  legislative  -  Spettanza
 allo  Stato  adottare  nei  confronti  di  un  consigliere  regionale
 provvedimenti di natura cautelare restrittiva e diretti a  perseguire
 comportamenti   illeciti  anteriormente  all'avvio  del  procedimento
 legislativo di cui alla delibera della giunta della  regione  Abruzzo
 n.  1476/C  del  19  marzo  1987  -  Comportamenti  non coperti dalla
 speciale  immunita'  di  cui  all'art.  122,  quarto   comma,   della
 Costituzione
 
(GU n.53 del 28-12-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  prof.  Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi   MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
 Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,
 prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  promosso  con ricorso della Regione Abruzzo notificato
 l'11 aprile 1994, depositato in cancelleria  il  19  successivo,  per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a  seguito:  a) del provvedimento
 adottato con ordinanza del giudice per le indagini preliminari presso
 il Tribunale di Pescara del 2 febbraio 1994 (n. 920/1992  R.G.N.R.  -
 n.  3417/1992  R.G.  G.I.P.)  nei confronti del sig. Attilio D'Amico,
 consigliere regionale, per aver concorso alla formazione del  disegno
 di  legge  regionale recante "Misure urgenti per il settore trasporti
 locali" di cui alla delibera della Giunta  n.  1476/C  del  19  marzo
 1987;  b) di ogni altro atto di tale procedimento penale, compresa la
 richiesta  della  Procura  della  Repubblica  presso  il Tribunale di
 Pescara del 27 gennaio  1994;  c)  del  decreto  del  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  dell'8 febbraio 1994 con cui il consigliere
 D'Amico e' stato sospeso dalla carica; ricorso iscritto al n.  7  del
 registro conflitti 1994;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  novembre  1994  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi  l'Avvocato  Carlo  Mezzanotte  per  la  Regione  Abruzzo  e
 l'Avvocato dello Stato  Giuseppe  O.  Russo  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  in  data 11 aprile 1994 la Regione Abruzzo ha
 sollevato  conflitto  di  attribuzione  contro  il   Presidente   del
 Consiglio  dei  ministri  in  relazione  al provvedimento restrittivo
 cautelare disposto, ai sensi  degli  artt.  284  e  285  c.p.p.,  dal
 giudice  per  le  indagini  preliminari del Tribunale di Pescara, con
 ordinanza  del  2  febbraio  1994,  nei  confronti  del   consigliere
 regionale  Attilio  D'Amico  "per  aver  concorso alla formazione del
 disegno di legge regionale avente ad oggetto "Misure urgenti  per  il
 settore  trasporti  locali"  di cui alla delibera di Giunta n. 1476/C
 del 19 marzo 1987", nonche' in  relazione  ad  ogni  altro  atto  del
 relativo procedimento penale (ivi compresa la richiesta della Procura
 della  Repubblica presso il Tribunale di Pescara del 27 gennaio 1994)
 ed al conseguente decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri
 in  data  8  febbraio  1994,  che  ha  disposto  per  il  D'Amico  la
 sospensione dalla carica di consigliere della Regione Abruzzo.
    La regione ricorrente  espone  che  il  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso il Tribunale di Pescara ha adottato nei confronti
 del consigliere regionale D'Amico  il  provvedimento  restrittivo  in
 contestazione  sul  presupposto  che  lo stesso D'Amico avesse "preso
 parte  alla  fase  dell'iniziativa  legislativa   e   concorso   alla
 formazione  ed  approvazione"  del  disegno  di  legge  di cui sopra,
 predisponendo  la  bozza  di  delibera  relativa  ed   il   prospetto
 dimostrativo  allegato  in modo difforme sia dalle disposizioni della
 legge statale n. 18 del 6 febbraio 1987, sia dallo stesso  testo  del
 disegno  di  legge  regionale  successivamente approvato: il tutto al
 fine di consentire ai titolari di concessioni del trasporto  pubblico
 la percezione di contributi indebiti.
    Secondo  la  Regione,  l'atto adottato dal giudice per le indagini
 preliminari e tutti gli  altri  atti  in  relazione  ai  quali  viene
 sollevato   conflitto   verrebbero   a   violare   l'art.  122  della
 Costituzione nonche' il principio secondo il quale l'esercizio  delle
 funzioni    legislative,   connotando   il   livello   costituzionale
 dell'autonomia garantita alle Regioni, non puo' essere  sindacato  da
 organi giurisdizionali.
    Tali   atti   inciderebbero,   infatti,   in  via  diretta,  sulla
 indipendenza politico-legislativa di un organo regionale, e,  in  via
 mediata,  sulla  stessa posizione costituzionale della Regione, cosi'
 da giustificare l'ammissibilita' del conflitto, mentre,  nel  merito,
 risulterebbero  lesivi  della garanzia costituzionale riconosciuta ai
 consiglieri regionali,  in  relazione  all'esercizio  della  funzione
 legislativa,  dal  quarto  comma  all'art.  122  della  Costituzione.
 L'organo  giudiziario,  imputando ad un consigliere regionale, membro
 della Giunta, di  aver  concorso  alla  formazione  di  una  delibera
 concernente l'approvazione di un disegno di legge regionale, avrebbe,
 pertanto, leso tale garanzia di indipendenza e di non interferenza da
 parte  del  potere  giudiziario  disposta  a  tutela  della  funzione
 legislativa della regione.
    La ricorrente richiama, a questo proposito, la sentenza di  questa
 Corte  n.  70  del  1985  ove  la  guarentigia  dell'art.  122  della
 Costituzione, in quanto disposta a difesa  della  funzione  politico-
 legislativa,  e'  stata  riconosciuta  operante  anche  a  favore dei
 consiglieri regionali che, una volta eletti componenti della  Giunta,
 partecipino a questo titolo all'esercizio della funzione legislativa.
    La  ricorrente  ribadisce,  infine,  che l'esercizio del potere di
 iniziativa  legislativa,  statutariamente  riconosciuto  alla  Giunta
 regionale,  attiene  indefettibilmente al procedimento legislativo ed
 e', pertanto, tutelato  dalla  medesima  garanzia  costituzionale  di
 insindacabilita'  propria  della funzione legislativa, mentre ai fini
 del conflitto non potrebbe assumere rilievo il fatto che  il  giudice
 abbia ipotizzato una difformita' fra una legge ed il disegno di legge
 approvato dalla Giunta regionale.
    La  regione  conclude chiedendo a questa Corte di voler dichiarare
 "che non spetta allo Stato, e per  esso  al  giudice  per  l'indagini
 preliminari del Tribunale di Pescara ed alla Procura della Repubblica
 presso lo stesso Tribunale, sindacare - ai fini di accertamento di un
 eventuale   responsabilita'   penale   -  l'attivita'  di  iniziativa
 legislativa posta in essere  dal  consigliere  regionale  D'Amico  in
 relazione  al  disegno  di  legge  di  cui alla delibera di Giunta n.
 1476/C del 19 marzo 1987", con il conseguente annullamento  di  tutti
 gli  atti  del  procedimento  penale e del decreto del Presidente del
 Consiglio dei ministri che ha sospeso il D'Amico dalla carica.
    2. - Si e' costituito nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   dello   Stato,
 contestando, in primo luogo, l'ammissibilita' del conflitto in quanto
 l'autorita'   giudiziaria   non  avrebbe  posto  in  essere  atti  di
 impedimento all'esercizio dell'attivita' legislativa della regione.
    Nel merito, l'Avvocatura obbietta  che  l'intervento  del  giudice
 penale  sarebbe da ritenersi legittimo in quanto rivolto a sanzionare
 il comportamento personale di un consigliere regionale sospettato  di
 aver   commesso   un  fatto  illecito  nell'esercizio  della  propria
 attivita'.
    Infine, la difesa  del  resistente  ritiene  che  sia  cessata  la
 materia  del  contendere nei confronti della Presidenza del Consiglio
 dei ministri per effetto della intervenuta revoca  del  provvedimento
 di  sospensione del consigliere dalla carica, conseguente alla revoca
 del provvedimento restrittivo da parte dell'autorita' giudiziaria.
                        Considerato in diritto
    1. - Il conflitto sollevato dalla Regione  Abruzzo  nei  confronti
 dello  Stato  investe: a) l'ordinanza 2 febbraio 1994 del giudice per
 le indagini preliminari  presso  il  Tribunale  di  Pescara,  che  ha
 disposto  nei  confronti del consigliere regionale Attilio D'Amico la
 misura della custodia cautelare in relazione al reato di cui all'art.
 323 n. 1 cod. pen.;  b)  tutti  gli  atti  relativi  al  procedimento
 penale,  ivi  compresa la richiesta della Procura della Repubblica di
 Pescara del 27  gennaio  1994;  c)  il  decreto  del  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri dell'8 febbraio 1994 che, in conseguenza del
 provvedimento di cui sub a), ha disposto la sospensione  del  D'Amico
 dalla carica di consigliere regionale.
    Ad  avviso  della  ricorrente  tali  atti  dovrebbero considerarsi
 lesivi  della  garanzia  costituzionale  disposta,  a  tutela   della
 funzione  legislativa  affidata  ai  consiglieri regionali, dall'art.
 122, quarto comma, della Costituzione, dal  momento  che  il  D'Amico
 sarebbe  stato  perseguito  dal  giudice  penale per il fatto di aver
 concorso, in qualita' di componente della Giunta, all'approvazione di
 un disegno di legge regionale.
    2.  -  Va  preliminarmente   presa   in   esame   l'eccezione   di
 inammissibilita' del ricorso prospettata dalla difesa statale.
    Tale eccezione non puo' essere accolta.
    Alla  luce  di  una  giurisprudenza  da tempo consolidata risulta,
 infatti, acquisito che "l'impiego del conflitto di  attribuzione  tra
 Stato  e  regione  in  relazione  ad  atti del potere giurisdizionale
 risponde a  esigenza  di  integrazione  della  tutela  dell'autonomia
 regionale  contro  tutte  le invasivita' statali", con la conseguenza
 che il conflitto di attribuzione puo' ben trarre origine da  un  atto
 giurisdizionale  se ed in quanto lo stesso sia ritenuto lesivo di una
 competenza  costituzionalmente  garantita  alla  regione,  una  volta
 considerato  che  "la  figura  dei  conflitti  di attribuzione non si
 restringe alla sola ipotesi di contestazione circa l'appartenenza del
 medesimo potere, che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per
 se', ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui dall'illegittimo
 esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di
 attribuzioni costituzionalmente  assegnate  all'altro  soggetto"  (v.
 sentenze  nn.  110/1970;  285/1990, 99/1991). Situazione, questa, che
 ricorre pienamente in  relazione  alla  domanda  prospettata  con  il
 ricorso  in  esame, dove la lesione della sfera di autonomia connessa
 all'esercizio  della  funzione  legislativa  regionale  viene   fatta
 derivare  dall'asserita  indebita interferenza del potere giudiziario
 nella sfera di autonomia (immunita') riconosciuta dalla  Costituzione
 al consigliere regionale.
    D'altro canto, non puo' neppure essere accolta la domanda avanzata
 sempre  dalla  difesa statale in ordine alla cessazione della materia
 del  contendere  che  si  sarebbe   determinata   in   relazione   al
 provvedimento  di  sospensione  dalla  carica del consigliere D'Amico
 adottato dal Presidente del Consiglio dei ministri in data 8 febbraio
 1994.
    E' vero che tale provvedimento, con successivo  atto  in  data  25
 febbraio 1994, e' stato revocato, ma e' anche vero che la sospensione
 -  sia  pure  per un tempo limitato - ha potuto in concreto operare e
 produrre effetti suscettibili  di  permanere  anche  al  dila'  della
 revoca,  preservando,  di conseguenza, l'interesse della Regione alla
 domanda formulata nel ricorso.
    3. - Nel merito, il ricorso non e' fondato.
    Ad avviso della  Regione  Abruzzo  il  provvedimento  di  custodia
 cautelare  adottato  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari del
 Tribunale di Pescara nei confronti del D'Amico avrebbe  inciso  nella
 sfera  delle  attribuzioni  regionali  attraverso  la  lesione  della
 particolare immunita' garantita ai  consiglieri  regionali  dall'art.
 122,  quarto  comma,  della Costituzione, in base al quale gli stessi
 "non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni  espresse  e
 dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni".
    In  proposito,  va  rilevato  che  la  ricorrente fonda la propria
 doglianza su due premesse, l'una riferita alla sfera di  applicazione
 della  norma costituzionale invocata, l'altra alla qualificazione del
 fatto in concreto perseguito dal giudice penale.
    La regione  ritiene,  infatti:  a)  che  la  speciale  guarentigia
 sanzionata dall'art. 122, quarto comma, della Costituzione, in quanto
 posta  a tutela dell'indipendenza della funzione politico-legislativa
 regionale, debba valere anche a favore dei consiglieri  membri  della
 Giunta  regionale,  quando quest'organo venga a esercitare il proprio
 potere statutario di iniziativa legislativa; b) che il giudice penale
 abbia, nella specie, invaso la sfera coperta da tale guarentigia  per
 il  fatto  di  aver perseguito un consigliere regionale, membro della
 Giunta, in relazione alla formazione ed approvazione di un disegno di
 legge regionale d'iniziativa della stessa Giunta, cioe' in  relazione
 ad  una  attivita'  identificabile  con  l'esercizio  della  funzione
 legislativa.
    La prima di tali premesse va condivisa alla luce del piu'  recente
 indirizzo  espresso  in  materia dalla giurisprudenza costituzionale.
 Questa Corte, con la sentenza n. 70 del 1985 -  modificando  l'avviso
 in precedenza espresso nella sentenza n. 81/1975 - ha avuto, infatti,
 modo  di  precisare  che  la speciale immunita' sanzionata dal quarto
 comma dell'art. 122 della Costituzione  e'  destinata  a  coprire  le
 attivita'  sia  dei  consiglieri  regionali  sia del Presidente e dei
 membri  della  Giunta  regionale,  "eletti,  questi  ultimi,  tra   i
 consiglieri   regionali  e  tutti  partecipanti,  ad  uguale  titolo,
 all'esercizio della funzione legislativa". E questo in  relazione  al
 fatto  che tale immunita' "non intende certo assicurare una posizione
 di  privilegio  per  i  consiglieri  regionali,  ma   preservare   da
 interferenze  e  condizionamenti  esterni  le determinazioni inerenti
 alla sfera di autonomia  costituzionalmente  riservata  al  Consiglio
 regionale".
    Tale  indirizzo  va  confermato,  - atteso lo speciale rapporto di
 compenetrazione tra Giunta e Consiglio delineato  dalla  Costituzione
 (art.  121,  terzo  comma,) - con riferimento al potere di iniziativa
 legislativa attribuito alla Giunta dalla stessa Costituzione e  dallo
 Statuto  regionale  (art. 123, primo comma, della Costituzione e art.
 49 dello Statuto della Regione Abruzzo).
    Non puo' essere, invece, condivisa, alla luce dei fatti dedotti  e
 documentati negli atti di causa, la seconda premessa.
    Il  fatto  e'  che  il consigliere D'Amico - nonostante la dizione
 impropriamente  adottata  nella   richiesta   della   Procura   della
 Repubblica  di  Pescara del 27 gennaio 1994 - non e' stato perseguito
 dal giudice penale per aver concorso, in  qualita'  di  membro  della
 Giunta,  alla  formazione  ed all'approvazione di un disegno di legge
 regionale (delibera di Giunta n. 1476/C del 19  marzo  1987),  bensi'
 per  comportamenti  tenuti  anteriormente  all'avvio del procedimento
 legislativo e concretatisi in attivita' che il giudice penale  assume
 essere  state  realizzate,  in concorso con soggetti non partecipi di
 tale procedimento (quali il dirigente  del  settore  trasporti  della
 Regione   ed   il   legale   investito  della  cura  degli  interessi
 dell'A.N.A.C.), al fine di consentire  la  percezione  di  contributi
 illeciti  da  parte  di  alcune  imprese  concessionarie.  Dal che la
 contestazione del reato di cui all'art. 323 n. 1 cod. pen. , che  non
 si  riferisce  al  fatto  di  aver  approvato  il  disegno  di  legge
 regionale, bensi' al fatto di aver  precostituito,  in  concorso  con
 soggetti  non  legittimati  all'esercizio  del potere legislativo, le
 condizioni per attribuire ad alcune imprese indebiti vantaggi a danno
 delle finanze regionali.
    La  diversita'  dei  fatti  contestati  rispetto  agli  atti   del
 procedimento  legislativo  risulta,  d'altro  canto,  confermata  dal
 rilievo che l'azione penale e' stata attivata soltanto nei  confronti
 del   D'Amico  (e  degli  altri  soggetti  non  investiti  di  potere
 legislativo, ritenuti concorrenti nel reato), mentre nulla  e'  stato
 contestato  nei  confronti  degli  altri componenti della Giunta, che
 pure  hanno  concorso  all'approvazione  del  disegno  di  legge   in
 questione.
    I   comportamenti  per  cui  il  D'Amico  e'  stato  perseguito  e
 sottoposto a misura cautelare, in quanto anteriori e differenziati da
 quelli specificamente inerenti all'approvazione del disegno di  legge
 regionale  da  parte  della  Giunta, non possono, dunque, inquadrarsi
 nell'esercizio della funzione  legislativa  regionale  ne'  ritenersi
 coperti  dalla  speciale immunita' di cui all'art. 122, quarto comma,
 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che spetta allo Stato  -  e  per  esso  al  giudice  delle
 indagini  preliminari  del Tribunale di Pescara, al Procuratore della
 Repubblica di Pescara ed al Presidente del Consiglio dei  Ministri  -
 adottare  nei  confronti  del consigliere regionale Attilio D'Amico i
 provvedimenti in relazione ai quali e' stato sollevato  il  conflitto
 di  cui in epigrafe, provvedimenti diretti a perseguire comportamenti
 tenuti  dal  D'Amico   anteriormente   all'avvio   del   procedimento
 legislativo  di  cui alla delibera della Giunta della Regione Abruzzo
 n. 1476/C del 19 marzo 1987.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 dicembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 94C1350