N. 438 SENTENZA 12 - 23 dicembre 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Elezioni  -  Regioni  Friuli-Venezia  Giulia  - Consiglio regionale -
 Elettorato passivo - Cause di ineleggibilita'  e  incompatibilita'  -
 Efficacia  - Esigenza che la riserva di legge in materia si attui sul
 piano nazionale in condizioni di parita' (cfr. sentenze nn.  105/1957
 e 84/1994) - Ingiustificata disciplina differenziata  in  materia  di
 contenzioso elettorale - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge  3 febbraio 1964, n. 3, artt. 8, secondo comma, 33, 8, terzo e
 quarto comma)
 
(GU n.53 del 28-12-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.  Vincenzo
 CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
 prof. Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.    Cesare
 MIRABELLI,  prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott.
 Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 8, secondo
 comma, e 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3 (Norme per la  elezione
 e  la  convocazione  del primo Consiglio regionale del Friuli-Venezia
 Giulia   e   disciplina   delle   cause   di    ineleggibilita'    ed
 incompatibilita' e del contenzioso elettorale) promosso con ordinanza
 emessa  il  4 marzo 1994 dalla Corte d'appello di Trieste sul ricorso
 proposto da Mioni Elia  contro  la  Giunta  regionale  della  Regione
 autonoma  del  Friuli-Venezia Giulia ed altro, iscritta al n. 250 del
 registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto l'atto di costituzione di Mioni Elia;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice
 relatore Mauro Ferri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 4 marzo 1994, la Corte  d'appello  di
 Trieste  ha  sollevato,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  51 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 8,
 secondo comma, e 33 della legge 3 febbraio  1964,  n.  3  "Norme  per
 l'elezione  e  la  convocazione  del  primo  Consiglio  regionale del
 Friuli-Venezia Giulia e disciplina delle cause di ineleggibilita'  ed
 incompatibilita' e del contenzioso elettorale").
   Premette  in fatto la Corte remittente che, con deliberazione senza
 data notificata il 17  febbraio  1994,  il  Consiglio  della  Regione
 autonoma   Friuli-Venezia   Giulia   ha   annullato   l'elezione  del
 consigliere Elia Mioni, ritenendo la sussistenza nei  suoi  confronti
 di  una causa d'ineleggibilita' in relazione al disposto dell'art. 8,
 primo comma, lett. h), e secondo comma, della legge 3 febbraio  1964,
 n.  3, richiamato dall'art. 49 della legge elettorale regionale n. 20
 del 1968: cio' per  avere  lo  stesso  Mioni,  dipendente  regionale,
 richiesto  il collocamento in aspettativa il 29 aprile 1993, e quindi
 tardivamente rispetto al termine ultimo di 180 giorni antecedente  la
 data  di  scadenza  del  Consiglio  uscente  stabilito dalla suddetta
 norma, sull'erroneo presupposto dell'applicabilita'  della  legge  24
 aprile  1981,  n.  154. L'art. 2, terzo comma, di quest'ultima legge,
 con  la  quale  sono  state   dettate   nuove   "norme   in   materia
 d'ineleggibilita'  ed  incompatibilita'  alle  cariche di consigliere
 regionale, provinciale, comunale  e  circoscrizionale  e  in  materia
 d'incompatibilita'  degli  addetti  al Servizio sanitario nazionale",
 prevede  infatti,  quale  termine  ultimo  per  la  cessazione  dalle
 funzioni  o  dalla  carica  -  ai  fini  dell'inefficacia della causa
 d'ineleggibilita' -, il giorno fissato  per  la  presentazione  delle
 candidature  (scaduto  nella  specie il 5 maggio 1993). Avverso detta
 deliberazione ha proposto ricorso il  Mioni  ai  sensi  dell'art.  33
 della  citata  legge  n.  3 del 1964, sostenendo l'applicabilita' del
 citato art. 2 della legge n. 154 del 1981 - il quale avrebbe abrogato
 l'art.  8  della  legge  n.  3  del   1964   -   e,   in   subordine,
 l'illegittimita'  costituzionale di quest'ultima norma per violazione
 dell'art. 3 della Costituzione.
    Cio' premesso, il giudice a quo osserva preliminarmente che l'art.
 2 della legge n. 154 del 1981 non e' a suo  avviso  invocabile  nella
 specie,  in quanto l'abrogazione della norma contenuta nella legge n.
 3 del 1964, riguardante  specificamente  la  disciplina  delle  cause
 d'ineleggibilita'  e  d'incompatibilita' per la carica di consigliere
 regionale della Regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia,
 avrebbe richiesto,  in  base  ai  principi  generali,  un'abrogazione
 espressa,  o almeno la sussistenza nella legge successiva di elementi
 dimostranti in maniera non equivoca una volonta'  in  tal  senso  del
 legislatore.  La  circostanza  che  l'art.  10 della legge n. 154 del
 1981, nello specificare espressamente le varie  norme  da  intendersi
 abrogate,  indichi tra queste soltanto gli artt. 4, secondo comma, 5,
 6, 7 e 18 della legge n. 108 del 1968, riguardante  le  elezioni  dei
 Consigli  regionali delle Regioni a statuto normale, non consente, in
 particolare,  di  ritenere  verificata   l'ipotesi   dell'abrogazione
 tacita.
    Appare  a  questo punto rilevante e non manifestamente infondata -
 prosegue il remittente - la proposta questione di  costituzionalita',
 in  riferimento  agli  artt.  3 e 51 della Costituzione, dell'art. 8,
 secondo comma, della legge n. 3 del 1964, in quanto la previsione  di
 un  termine  notevolmente piu' oneroso di quello di cui alla legge n.
 154 del 1981 per la cessazione dalle funzioni al fine  di  far  venir
 meno  la causa d'ineleggibilita' non e' in effetti sorretta da alcuna
 razionale  o  plausibile  giustificazione;  non  e'  in   particolare
 ipotizzabile alcuna caratteristica o esigenza propria della Regione a
 statuto  speciale  che  possa  attribuire razionale fondamento a tale
 disparita' di trattamento.
    Analogo  sospetto   d'incostituzionalita'   viene   poi   espresso
 relativamente  alla  mancanza di una previsione concernente l'obbligo
 dell'Amministrazione dalla quale dipende l'interessato di  provvedere
 entro  un  termine  prefissato  sulla  richiesta  di  dimissioni o di
 collocamento  in  aspettativa,  e  l'efficacia  comunque   di   dette
 richieste,  accompagnate dalla cessazione effettiva delle funzioni, a
 far  venir  meno   la   causa   d'ineleggibilita'   in   difetto   di
 provvedimento.  Anche  la  mancanza  di  una  previsione in tal senso
 integra  infatti  -  ad  avviso   della   Corte   remittente   -   un
 ingiustificato  trattamento deteriore rispetto alla disciplina di cui
 all'art. 2 della legge n. 154 del 1981.
    Viene, infine, sollevata d'ufficio la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  33  della medesima legge n. 3 del 1964, in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, sempre per  ingiustificata
 disparita'  di  trattamento. Il citato art. 33 stabilisce infatti che
 contro  le  deliberazioni  del   Consiglio   regionale   in   materia
 d'ineleggibilita'  puo'  essere proposto ricorso alla Corte d'appello
 di Trieste, con cio' prevedendo un solo grado di  giudizio  in  luogo
 del doppio grado previsto dall'art. 19 della legge n. 108 del 1968 in
 materia   d'ineleggibilita'  ai  Consigli  delle  Regioni  a  statuto
 normale,  senza  che  possa  rinvenirsi  una  qualche   razionale   e
 plausibile  giustificazione  in  caratteristiche  od esigenze proprie
 della Regione a statuto speciale.
    2. - Si e' costituito dinanzi a questa  Corte  il  ricorrente  nel
 giudizio a quo Elia Mioni, ma fuori termine.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  d'appello di Trieste dubita, in riferimento agli
 artt. 3 e 51 della Costituzione,  della  legittimita'  costituzionale
 degli artt. 8, secondo comma, e 33 della legge 3 febbraio 1964, n. 3,
 la  quale  detta  il  regime  delle  cause  di  ineleggibilita'  e di
 incompatibilita',  nonche'  la  disciplina del contenzioso, in ordine
 all'elezione del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia.
    2.1. - La prima delle norme impugnate concerne la rimozione  delle
 cause  di ineleggibilita' (indicate nel primo comma del medesimo art.
 8) e stabilisce che esse "non hanno effetto se le funzioni esercitate
 siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di  scadenza
 del  quadriennio  (ora quinquennio) di durata del Consiglio regionale
 con  effettiva  astensione  da   ogni   atto   inerente   all'ufficio
 rivestito".
    Ad  avviso del giudice remittente, la norma viola gli artt. 3 e 51
 della Costituzione in quanto determina un trattamento -  in  tema  di
 elettorato  passivo  -  ingiustificatamente  deteriore  rispetto alla
 disciplina prevista in via generale dall'art. 2 della legge 23 aprile
 1981, n. 154, norma - sempre ad  avviso  del  giudice  a  quo  -  non
 applicabile  nella  fattispecie,  dovendosi  escludere che essa abbia
 comportato la tacita abrogazione della disposizione impugnata.
    Tale irragionevole disparita' di trattamento concerne  un  duplice
 aspetto.
    Innanzitutto  essa si verificherebbe in ordine al termine entro il
 quale devono cessare le funzioni esercitate ai fini  della  rimozione
 della  causa  di  ineleggibilita':  rispetto  al  termine fissato dal
 citato art. 2, commi secondo e terzo, della legge n. 154 del 1981,  e
 cioe'  "il  giorno  fissato  per la presentazione delle candidature",
 quello, notevolmente piu' oneroso, stabilito dalla sopra citata norma
 impugnata non appare sorretto da  alcuna  razionale  giustificazione,
 non  essendo ipotizzabile alcuna caratteristica propria della Regione
 Friuli-Venezia Giulia che possa fornirne un fondamento.
    In secondo luogo, sarebbe ugualmente irragionevole - e inciderebbe
 anche in questo caso sul diritto di elettorato passivo - la  mancanza
 della  previsione,  contenuta  invece nel comma quinto del menzionato
 art. 2 della  legge  n.  154/81,  secondo  cui  l'amministrazione  di
 appartenenza   dell'interessato  ha  l'obbligo  di  provvedere  sulla
 richiesta di dimissioni o di collocamento  in  aspettativa  entro  un
 termine  prefissato,  e,  in mancanza del provvedimento, la richiesta
 stessa,  accompagnata  dalla  effettiva  cessazione  delle  funzioni,
 produce   comunque   l'effetto   di   far  venir  meno  la  causa  di
 ineleggibilita'.
    2.2. - Entrambe le questioni sono fondate.
    Questa Corte  ha  costantemente  affermato  che  il  principio  di
 eguaglianza  fra  i  cittadini  nella  possibilita'  di  accesso alle
 cariche elettive esige che la riserva di legge in  materia  si  attui
 sul  piano  nazionale in condizioni di parita' (cfr. gia' la sent. n.
 105 del 1957, e, da ultimo, la n. 84 del 1994).
    Da cio' deriva la conseguenza che discipline  differenziate  -  in
 tema  di  elettorato  passivo  -  in  relazione  al territorio di una
 determinata regione non possono  considerarsi  legittime,  salvo  che
 sussistano  situazioni  concernenti  categorie  di soggetti che siano
 esclusive per quella regione, ovvero si presentino diverse,  messe  a
 raffronto  con  quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel
 restante  territorio  nazionale;  e  purche',  in  ogni  caso,   tale
 diversita'   di   disciplina   sia  sorretta  da  motivi  adeguati  e
 ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale.
    Tali  principi  sono stati ripetutamente affermati da questa Corte
 con sempre maggior rigore  (v.  cit.  sent.  n.  84  del  1994  e  le
 precedenti  ivi  richiamate);  e  benche'  essi siano stati posti con
 riferimento a norme adottate dalla Regione  siciliana  nell'esercizio
 della  propria  potesta'  legislativa  esclusiva  in  materia, appare
 evidente che gli stessi debbano a fortiori valere quando, come  nella
 fattispecie  in  esame, la normativa impugnata, relativa alla Regione
 Friuli-Venezia Giulia, e' stata dettata, come previsto nello  Statuto
 speciale di quella Regione, da una legge dello Stato.
    Cio' posto, certamente non e' ravvisabile alcuna ragione, connessa
 ad  una peculiarita' di situazione relativa alla Regione interessata,
 che possa fornire valida giustificazione al fatto che  la  cessazione
 dalle  funzioni,  al  fine di rimuovere le cause di ineleggibilita' a
 consigliere regionale del Friuli-Venezia  Giulia,  debba  verificarsi
 entro  un  termine  diverso  (ed anche in misura notevole) rispetto a
 quello stabilito per l'elezione dei consigli delle regioni a  statuto
 ordinario.  Va,  pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale
 dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 3 del 1964, nella parte in
 cui prevede che le  cause  di  ineleggibilita',  indicate  nel  comma
 precedente, non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate
 "almeno   centottanta   giorni  prima  della  data  di  scadenza  del
 quadriennio (ora quinquennio) di  durata  del  Consiglio  regionale",
 anziche'  "non  oltre  il  giorno  fissato per la presentazione delle
 candidature".
    Ai sensi dell'art. 27  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  va
 altresi'   dichiarata   l'illegittimita'   costituzionale,   in   via
 conseguenziale, dei commi terzo e quarto del medesimo  art.  8  della
 legge  n.  3 del 1964, i quali rispettivamente prevedono: il primo la
 data di decorrenza del periodo di durata del Consiglio regionale  (ai
 fini  del  calcolo  del termine dei centottanta giorni antecedenti la
 scadenza di detto periodo); il secondo che, in caso  di  scioglimento
 anticipato  del  Consiglio,  le  cause  di  ineleggibilita' non hanno
 effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette  giorni
 successivi alla data del decreto di scioglimento, e sempre che questo
 sia  anteriore  al  termine  di  centottanta giorni di cui al secondo
 comma.
    2.3. - Considerazioni analoghe a quelle  dianzi  svolte  conducono
 all'accoglimento  anche  della  seconda  censura riferita all'art. 8,
 secondo comma, della legge in esame.
    La norma contenuta nell'art. 2, quinto comma, della legge  n.  154
 del  1981  (secondo  cui  la  pubblica  amministrazione  e'  tenuta a
 provvedere  sulla  domanda  di  dimissioni  o  di   collocamento   in
 aspettativa  entro  cinque  giorni  dalla  richiesta  e,  se cio' non
 avvenga, la domanda ha comunque effetto dal quinto giorno  successivo
 alla  sua  presentazione)  mira  a contemperare la regola generale in
 base alla quale per la cessazione da cariche  o  uffici  pubblici  e'
 richiesta   la   presa   d'atto   ovvero   l'accettazione   da  parte
 dell'amministrazione con  l'esigenza,  costituzionalmente  garantita,
 che  il  soggetto interessato sia posto in condizioni di rimuovere la
 causa di ineleggibilita' con atti e comportamenti propri,  senza  che
 questi  possano  essere  resi  inefficaci  da inerzia o ritardi della
 pubblica amministrazione (cfr. sentt. nn. 309 e 388 del 1991).
    Cio' premesso, appare evidente come anche in questo caso  non  sia
 ravvisabile alcuna razionale giustificazione a che tale disciplina di
 carattere  generale  non  debba  trovare  applicazione in ordine alle
 elezioni del Consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia.
    Deve,    quindi,   dichiararsi   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 8, secondo comma, della legge n. 3 del 1964, nella parte in
 cui non prevede che si applichi la  disciplina  dell'art.  2,  quinto
 comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154.
    3.  -  La  seconda delle disposizioni impugnate, e cioe' l'art. 33
 della legge n. 3 del 1964, prevede che contro  le  deliberazioni  del
 Consiglio  regionale  in materia di eleggibilita' "e' ammesso ricorso
 giurisdizionale alla Corte d'appello di Trieste", e stabilisce,  poi,
 le norme procedurali.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo  ,  la norma viola l'art. 3 della
 Costituzione in quanto  determina  una  irragionevole  disparita'  di
 trattamento,  in  materia  di  contenzioso  elettorale, rispetto alla
 disciplina dettata,  in  ordine  alle  elezioni  dei  Consigli  delle
 regioni  a  statuto  ordinario,  dall'art. 19 della legge 17 febbraio
 1968, n. 108, il quale prevede il doppio grado di giurisdizione.
    Anche tale questione e' fondata.
    Questa Corte ha gia' avuto modo di affermare - proprio in  materia
 di  contenzioso  elettorale  -  che  "le  modalita'  di esercizio del
 fondamentale diritto alla tutela giurisdizionale non  possono  essere
 diverse  in  una  regione  rispetto al restante territorio nazionale,
 soprattutto  quando  la  diversita'  verrebbe  a   tradursi   in   un
 sostanziale  indebolimento  della  tutela  stessa"  (sent. n. 113 del
 1993).
    Cio' posto, seppure l'istituto del doppio grado di giurisdizione -
 secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr.  sentt.  nn.
 78 del 1984, 301 del 1986, 80 del 1988, 543 del 1989, 433 del 1990) -
 non   ha   di   per   se'   rilevanza  costituzionale,  non  sussiste
 evidentemente alcuna ragione di tale differenziazione  di  disciplina
 processuale.
    Va, pertanto, dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art.
 33  in  esame,  nella parte in cui prevede l'esperibilita', contro le
 deliberazioni del Consiglio regionale in  materia  di  eleggibilita',
 del  ricorso  giurisdizionale alla Corte d'appello di Trieste secondo
 la  procedura  ivi  indicata,  anziche'  dei  mezzi  di  impugnazione
 disciplinati nell'art. 19 della legge
 17 febbraio 1968, n. 108.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  secondo
 comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3 ("Norme per la elezione e la
 convocazione del primo Consiglio regionale del Friuli-Venezia  Giulia
 e disciplina delle cause di ineleggibilita' ed incompatibilita' e del
 contenzioso  elettorale"), nella parte in cui prevede che le cause di
 ineleggibilita' indicate nel comma precedente non hanno effetto se le
 funzioni esercitate siano cessate "almeno  centottanta  giorni  prima
 della  data  di  scadenza del quadriennio (ora quinquennio) di durata
 del Consiglio regionale", anziche' "non oltre il giorno  fissato  per
 la presentazione delle candidature";
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  secondo
 comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3,  nella  parte  in  cui  non
 prevede  che  si  applichi  la  disciplina  di cui all'art. 2, quinto
 comma, della legge 23 aprile 1981, n. 154;
    Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 33 della legge
 3 febbraio 1964, n. 3, nella parte in  cui  prevede  l'esperibilita',
 contro  le  deliberazioni  del  Consiglio  regionale  in  materia  di
 eleggibilita', del ricorso giurisdizionale alla  Corte  d'appello  di
 Trieste  secondo  la  procedura  ivi  indicata, anziche' dei mezzi di
 impugnazione disciplinati nell'art. 19 della legge 17 febbraio  1968,
 n. 108;
    Visto l'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  8,  terzo e
 quarto comma, della legge 3 febbraio 1964, n. 3.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: FERRI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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