N. 439 SENTENZA 12 - 23 dicembre 1994

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza  -  Personale  scolastico   -   Trattamento
 pensionistico  - Necessitato collocamento a riposo dal 1 settembre di
 ogni anno - Differimento fino al 1 gennaio 1994 della  corresponsione
 della  pensione per il personale della scuola collocato a riposo, per
 dimissioni, dal 1 settembre 1993 - Privazione di stipendio e pensione
 per  quattro  mesi  -  Irrazionalita'  -  Ingiustificata  lesione del
 diritto a provvedere ai bisogni essenziali della vita -Illegittimita'
 costituzionele.
 
 (D.-L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 1, commi  1  e  2-  quinquies,
 convertito,  con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438;
 d.-l. 22 maggio 1993, n. 155, art. 5, comma 1- bis,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 243)
 
(GU n.53 del 28-12-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  prof.  Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
 BALDASSARRE, prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.
 Luigi   MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
 Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO,
 avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  commi  1  e
 2-quinquies,  del  decreto-legge  19  settembre  1992, n. 384 (Misure
 urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di  pubblico  impiego,
 nonche'  disposizioni fiscali), promossi con n. 3 ordinanze emesse il
 18 febbraio 1994 dalla Corte dei conti, sezione  giurisdizionale  per
 la  Regione  Toscana,  iscritte  ai  nn.  279, 280 e 281 del registro
 ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 26  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Investita  dai  ricorsi  di tre insegnanti di ruolo avverso
 altrettanti decreti del provveditorato agli studi che  ne  dispongono
 il  collocamento a riposo, per dimissioni volontarie, a decorrere dal
 1 settembre 1993, ma  con  differimento  della  corresponsione  della
 pensione  al  successivo  1 gennaio 1994, la Corte dei conti, sezione
 giurisdizionale per la Regione Toscana, con tre ordinanze di  analogo
 tenore  emesse il 18 febbraio 1994, ha sollevato, in riferimento agli
 artt. 3, 36  e  38  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 1, commi 1 e 2-quinquies, del decreto-legge
 19 settembre 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia  di  previdenza,
 di  sanita'  e  di  pubblico  impiego, nonche' disposizioni fiscali),
 convertito, con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n.  438,
 nella   parte   in   cui   differisce  fino  al  1  gennaio  1994  la
 corresponsione  del  trattamento  pensionistico  per   il   personale
 scolastico collocato a riposo, per dimissioni, dal 1 settembre 1993.
    La  norma  denunziata  sarebbe  in  contrasto con gli artt. 3 e 36
 della  Costituzione,  perche'  non  considera  la  peculiarita'   del
 personale  della  scuola,  il  quale  e'  necessariamente collocato a
 riposo dal 1 settembre di ogni anno  (art.  10  del  decreto-legge  6
 novembre  1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge 27
 dicembre 1989, n. 417); e appare anche in  contrasto  con  l'art.  38
 della Costituzione, perche' priva i dipendenti della scuola collocati
 a riposo per dimissioni dal 1 settembre 1993, dello stipendio e della
 pensione per quattro mesi, sottraendo loro quel minimo indispensabile
 per provvedere ai bisogni essenziali della vita.
    2.  -  Si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 sostenendo  l'infondatezza  della  questione  alla luce dell'esigenza
 preminente  di  contenere  la  spesa   pubblica   e   di   assicurare
 l'equilibrio   del   bilancio   statale,   nonche'   in   base   alla
 considerazione  che  la  sospensione  dei  trattamenti  pensionistici
 concerne  esclusivamente  quei  lavoratori,  pubblici  e privati, che
 hanno deciso la volontaria  interruzione  dell'attivita'  lavorativa,
 potendo   optare  anche  gli  insegnanti,  come  gli  altri  pubblici
 impiegati, per la prosecuzione del  rapporto  di  impiego.  Ne'  vale
 eccepire  - si soggiunge - la specificita' di detto personale, la cui
 cessazione  dal  servizio  e'  temporalmente   vincolata   all'inizio
 dell'anno  scolastico,  dato  che il decreto-legge 22 maggio 1993, n.
 155, convertito, con modificazioni, nella legge 19  luglio  1993,  n.
 243,  ha  ristabilito  il diritto alla pensione, con decorrenza dal 1
 settembre 1993,  ove  la  vacanza  conseguente  alla  cessazione  dal
 servizio sia coperta da personale soprannumerario.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  Corte  dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 Toscana, solleva questione di legittimita' costituzionale, alla  luce
 degli  artt.  3,  36  e 38 della Costituzione, dell'art. 1, commi 1 e
 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito,
 con modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella  parte
 in  cui  differisce  fino  al  1  gennaio  1994 la corresponsione del
 trattamento pensionistico di anzianita' per i dipendenti della scuola
 collocati a riposo, per dimissioni, dal 1 settembre 1993.
    Nelle  tre  ordinanze, di identico tenore, emesse dal Collegio, si
 osserva che per detto personale vale la  regola  del  collocamento  a
 riposo  dal  1 settembre di ogni anno, ex art. 10 del decreto-legge 6
 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, nella legge  27
 dicembre  1989,  n.  417;  l'applicazione  del  decreto-legge n. 384,
 citato,  determinerebbe,  quindi,  una  situazione  irrazionale,   in
 lesione  del  principio introdotto dall'art. 3 della Costituzione. Si
 denunzia,  altresi',  la  violazione  degli  artt.  36  e  38   della
 Costituzione  nell'interpretazione  fornita  dalla  giurisprudenza di
 questa Corte (cfr. sentt. nn. 204 del 1992, 566 del 1989,  169  e  31
 del 1987, 288 del 1983).
    2.  -  Il  decreto-legge  n.  384  del 1992 muove dall'esigenza di
 fronteggiare la "grave situazione economica  e  finanziaria"  -  come
 risulta,  eloquentemente,  dal  preambolo  -  adottando misure per il
 contenimento della spesa nei settori della previdenza, della  sanita'
 e  del  pubblico  impiego, nonche' incrementando le entrate di natura
 fiscale e tributaria. Fra tali provvedimenti, vi e' il  differimento,
 fino   al   1  gennaio  1994,  della  corresponsione  della  pensione
 d'anzianita' per i soggetti che al 31  dicembre  1992  possedevano  i
 requisiti  previsti  dai rispettivi ordinamenti (art. 1, specialmente
 il comma 2-quinquies).
    Sulla ratio del decreto-legge insiste l'Avvocatura generale  dello
 Stato,  che  -  per  giustificare  la  norma denunziata e, quindi, il
 sacrificio  di  situazioni  soggettive,   pur   se   tutelate   dalla
 legislazione  vigente - fa leva sull'esigenza preminente di contenere
 la spesa pubblica e di assicurare l'equilibrio del bilancio statale.
    Va pero' considerato che  non  viene  all'esame  della  Corte,  in
 questo  caso,  la razionalita' intrinseca dell'intervento di "blocco"
 delle pensioni di anzianita' dal settembre 1992, ma la questione, ben
 piu' circoscritta, della  posizione  giuridica  del  personale  della
 scuola,   per  il  quale  la  legislazione  contempla  un  meccanismo
 specifico per l'accettazione delle dimissioni, che hanno effetto  dal
 1  settembre  in  ragione della necessaria continuita' di prestazioni
 durante l'anno scolastico (ove siano presentate dopo il 31  marzo  di
 un  determinato  anno  scolastico,  ma  prima  dell'inizio  di quello
 successivo, le dimissioni hanno effetto dal 1 settembre dell'anno che
 segue: art. 10, commi 4 e 5,  del  decreto-legge  n.  357  del  1989,
 convertito  nella legge n. 417 del 1989). Si tratta, com'e' evidente,
 di una sequenza procedurale che limita la libera determinazione degli
 interessati, e trova il proprio fondamento nell'esigenza di  regolare
 il  funzionamento  degli  apparati scolastici, evitando disfunzioni e
 discontinuita' che finirebbero  per  vulnerare,  in  questo  delicato
 settore dell'amministrazione pubblica, il canone di buon andamento di
 cui all'art. 97 della Costituzione.
   In base a tali dati normativi, appare innegabile che l'applicazione
 al personale della scuola di quanto disposto dal decreto-legge n. 384
 del  1992  genera  una  grave  irrazionalita':  il  differimento al 1
 gennaio  1994  dell'"accesso  alla  pensione"   (per   adoperare   la
 terminologia  del  decreto-legge:  art.  1, comma 2-quinquies) mal si
 combina con l'ordinamento scolastico, con la  conseguenza  di  recare
 una  lesione  del  tutto  ingiustificata  al  personale della scuola,
 soggetto, com'e', a un  regime  specifico  per  l'accettazione  delle
 dimissioni volontarie.
    La   norma   denunziata  va  dunque  dichiarata  illegittima,  per
 violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui
 differisce,  fino al 1 gennaio 1994, la corresponsione della pensione
 per il personale della scuola collocato a riposo, per dimissioni, dal
 1 settembre 1993. Restano assorbite le censure mosse con  riferimento
 agli artt. 36 e 38 della Costituzione.
    3.  -  Va  aggiunto  che  lo  stesso  legislatore  ha parzialmente
 riconosciuto  la  peculiarita'  del  personale  della  scuola  e   ha
 disposto, pertanto, una deroga al "blocco", ammettendo, con l'art. 5,
 comma  1-  bis, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155, convertito,
 con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 243, l'accoglimento
 delle domande di pensionamento con decorrenza  1  settembre  1993,  a
 condizione,  pero', che vi fosse soprannumero di docenti della stessa
 materia e dello  stesso  ruolo  provinciale,  in  modo  tale  da  non
 determinare vacanze di organico e conseguenti nuove assunzioni.
    Il   riferimento,  presente  nella  norma  ora  richiamata,  al  1
 settembre 1993, e'  chiara  testimonianza  della  particolarita'  che
 segna   l'ordinamento  scolastico,  dove  le  vicende  del  personale
 riflettono necessariamente le scadenze proprie dell'anno scolastico.
    Dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art.  1,
 commi  1  e 2-quinquies, del decreto-legge n. 384, nei termini che si
 sono precisati, devesi far discendere in via consequenziale, ai sensi
 dell'art. 27 della legge  11  marzo  1953,  n.  87,  l'illegittimita'
 costituzionale  del citato art. 5, comma 1- bis, del decreto-legge n.
 155 del 1993, nella parte in cui limita l'accoglimento delle  domande
 di  pensionamento,  con  decorrenza 1 settembre 1993, al soprannumero
 dei docenti della stessa materia e dello  stesso  ruolo  provinciale.
 Quest'ultima   norma,   infatti,   fa  sistema  con  la  disposizione
 denunziata, dichiarata costituzionalmente illegittima.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti  i  giudizi,  dichiara   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  1,  commi  1 e 2-quinquies, del decreto-legge 19 settembre
 1992, n. 384 (Misure urgenti in materia di previdenza, di  sanita'  e
 di  pubblico  impiego, nonche' disposizioni fiscali), convertito, con
 modificazioni, nella legge 14 novembre 1992, n. 438, nella  parte  in
 cui  differisce,  fino  al  1  gennaio  1994, la corresponsione della
 pensione per il  personale  della  scuola  collocato  a  riposo,  per
 dimissioni, dal 1 settembre 1993;
    Dichiara  altresi'  in  via  consequenziale, ai sensi dell'art. 27
 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  5,  comma  1-bis, del decreto-legge 22 maggio 1993, n. 155
 (Misure  urgenti  per   la   finanza   pubblica),   convertito,   con
 modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 243.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 1994.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 dicembre 1994.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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