N. 757 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 1994
N. 757 Ordinanza emessa il 6 ottobre 1994 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Guglieri Domenico e fallimento S.p.a. D.F.P. Procedimento civile - Procedimenti cautelari - Sequestro - Termine per l'esecuzione - Lamentata decorrenza dal deposito del provvedimento anziche' dalla sua comunicazione - Compressione del diritto di difesa - Disparita' di trattamento rispetto a qualsiasi altro procedimento cautelare - Richiamo ai principi delle sentenze nn. 201/1993, 538/1990, 102 e 120 del 1986. (C.P.C., art. 675). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.1 del 4-1-1995 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, iscritta al numero di ruolo generale sopra riportato, discussa all'udienza collegiale del giorno 6 ottobre 1994 promossa con ricorso depositato in data 7 aprile 1994 da Guglieri Domenico con proc. e dom. avv. Francesco Santangelo di Piacenza e Paolo Grondona di Milano, ricorrente, contro fallimento G.F.P. S.p.a., in persona del curatore dott. Ciro D'Aries con proc. e dom. avv. Guido Ramacciotti, resistente. Sul fatto Su richiesta del fallimento della soc. G.F.P. S.p.a., il giudice del procedimento cautelare con decreto inaudita altera parte autorizzava la curatela a procedere a sequestro conservativo sui beni di amministratori e sindaci della predetta societa', fra i quali il rag. Domenico Guglieri; con successiva ordinanza resa nel contraddittorio delle parti, depositata l'11 novembre 1993, il giudice modificava il precedente decreto, riducendo l'entita' della misura cautelare. Tale provvedimento a cura del fallimento ricorrente veniva notificato al Guglieri in data 17 novembre 1993; poi la concelleria comunicava l'ordinanza solo in data 6 dicembre 1993; il ricorrente introduceva il giudizio di merito in data 21 dicembre 1993 e contestualmente provvedeva alla trascrizione del sequestro sui beni immobili del resistente. Con ricorso depositato il 7 aprile 1994, il Guglieri chiedeva ex art. 669-novies del c.p.c. che il giudice della cautela dichiarasse l'inefficacia del sequestro, posto che l'attore aveva introdotto la causa di merito ed eseguito il sequestro oltre il trentesimo giorno dalla notizia del provvedimento e dal deposito dell'ordinanza. Si costituiva il fallimento che si opponeva alla richiesta, si' che il giudice, rilevata la sussistenza di contestazioni, invitava le parti ad "istruire" la causa secondo il rito a cognizione ordinaria. Sui motivi della decisione Della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 675 del c.p.c. in relazione all'art. 24 della Costituzione e all'art. 3 della Costituzione. All'esame del collegio sono sottoposte due distinte questioni entrambe inerenti alla inefficacia del sequestro conservativo ed entrambe connesse alla nuova disciplina dei procedimenti cautelari. In particolare si tratta di stabilire se: 1) il dies a quo per la proposizione del giudizio di merito decorra sempre dalla comunicazione del provvedimento reso fuori udienza, a cura della cancelleria ovvero se esso decorra da un momento anteriore qualora si accerti che il ricorrente ne ha avuto notizia legale prima di ricevere la comunicazione; 2) se il dies a quo per l'esecuzione del sequestro decorra dall'emissione del provvedimento ovvero se per effetto della novella, anch'esso decorra dalla sua comunicazione. Cosi' prospettate le questioni, prima di esaminare se la conoscenza legale di un provvedimento possa surrogare la comunicazione, occorre logicamente accertare se il termine per l'esecuzione del sequestro sia rimasto inalterato pur dopo l'entrata in vigore della legge n. 353/1990. La norma di cui all'art. 675 del c.p.c. (termine d'efficacia del provvedimento) non e' stata intaccata dalla riforma. Nel vigore della precedente disciplina sui sequestri, pur nella scarna giurisprudenza edita, si segnala un precedente della Corte regolatrice, secondo il quale il termine di trenta giorni inizierebbe a decorrere dal momento del deposito del provvedimento in cancelleria (in questo senso, Cass. 12 marzo 1971, n. 710). L'interpretazione adottata, pur conforme al dettato testuale della norma poneva, peraltro, qualche problema sulla tenuta costituzionale della disposizione, tanto e' vero che il dubbio di incostituzionalita' venne avanzato da un giudice di merito (Trib. Palermo 1 ottobre 1982, Giur. cost., 1983, II, 799), per vero senza successo, posto che il giudice delle leggi ritenne manifestamente infondata la questione, osservando che la natura cautelare del procedimento rendeva non eccessivamente gravoso per la parte sequestrante l'onere di informarsi in cancelleria sull'avvenuto deposito del provvedimento. Ora, a seguito della novella, il legislatore con l'art. 669-octies del c.p.c. ha previsto espressamente che il termine per l'inizio del giudizio di merito, nel caso di pronuncia del provvedimento positivo fuori udienza, decorra sola con la comunicazione a cura della cancelleria. Per effetto di tale soluzione, alcuni interpreti della nuova disciplina hanno ritenuto che possa essere applicata analogicamente la regola di cui all'art. 669-octies del c.p.c. anche alla fattispecie di cui all'art. 675 del c.p.c. Ad avviso del tribunale tale interpretazione analogica non sembra poter essere efficacemente prospettata, dal momento che non si tratta di colmare una lacuna (come se vi fosse scritto, invece, " .. entro 30 giorni"), quanto piuttosto di leggere una norma in modo diverso da quello espressamente suggerito dal dato testuale (lo scarso numero di precedenti conferma che effettivamente era consolidata la scelta di far decorrere dal deposito del provvedimento il dies a quo relativo al termine per l'esecuzione del sequestro). Il collegio, pertanto, non ritiene possibile pervenire ad una lettura dell'art. 675 del c.p.c. opposta a quella indicata dal dato lessicale. V'e' da chiedersi, allora, se la norma cosi' interpretata sfugga ancora alle censure di incostituzionalita', oppure se alla luce della nuova normativa e di altre pronunce della Corte, medio tempore intervenute, l'art. 675 del c.p.c. non si presti ad un intervento correttivo del giudice costituzionale. Sulla non manifesta infondatezza Con la novella del 1990, il legislatore ha chiaramente inteso riconoscere alla parte che ha ottenuto una misura cautelare maggiori garanzie rispetto al passato, nel senso che una volta tenutasi l'udienza, il ricorrente non ha l'onere di informarsi in cancelleria sull'avvenuto deposito del provvedimento, dal momento che il termine per radicare il giudizio di merito inizia a trascorrere solo dal momento in cui riceve formale avviso del deposito. Tale norma, certamente diretta a garantire una effettiva tutela del diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione, recepisce alcuni orientamenti emersi proprio a livello di Corte costituzionale in ordine alla necessita' che taluni termini processuali inizino a decorrere solo a far data dal momento in cui sono portati a conoscenza del destinatario tramite comunicazione o notificazione. Significative al riguardo sono varie decisioni in materia fallimentare. Corte costituzionale 29 aprile 1993, n. 201, ha stabilito che e' incostituzionale l'art. 209 della legge fallimentare nella parte in cui non fa decorrere il termine per l'opposizione allo stato passivo dal momento in cui il creditore riceve l'avviso del deposito. Tale pronuncia fa seguito Corte costituzionale 14 dicembre 1990, n. 538 e 22 aprile 1986, n. 102, che avevano stabilito l'illegittimita' costituzionale degli artt. 100 e 98 della legge fallimentare sempre con riferimento alla individuazione dei termini di impugnazione. Ancor piu' significativo e' il precedente costituito da Corte costituzionale 30 aprile 1986, n. 120, con il quale si e' ritenuto costituzionalmente illegittima la disposizione con la quale, a termini dell'art. 98 della legge fallimentare, il creditore ha l'onere di notificare al curatore il ricorso introduttivo entro un termine perentorio senza essere posto a conoscenza della esistenza del decreto di fissazione dell'udienza. Come e' agevole notare, il percorso intrapreso dalla Corte costituzionale sembra ineluttabilmente indirizzato verso il riconoscimento di un principio generale secondo il quale i termini di decorrenza (tanto che si riferiscano ai gravami, quanto ad attivita' processuali da compiere a pena di inefficacia) non scattano se non dal momento in cui alla parte "onerata" e' data formale comunicazione della esistenza del provvedimento giudiziario da impugnare o da eseguire. Per questa ragione la norma di cui all'art. 675 del c.p.c. non puo' sottrarsi al sindacato di costituzionalita' con riferimento all'art. 24 della Costituzione. Ma un motivo per riproporre alla Corte la questione di legittimita' costituzionale si ritrova anche nel fatto che la mancata modifica dell'art. 675 del c.p.c. rende praticamente inutile l'art. 669-octies del c.p.c. Infatti se il sequestrante per evitare la "perenzione" del sequestro per mancato inizio della esecuzione, deve attivarsi per conoscere il momento in cui il provvedimento cautelare viene depositato, e' evidente che l'innovazione legislativa resta priva di significato. Pur se di minor peso, la norma di cui all'art. 675 del c.p.c. sembra porsi in contrasto anche con il parametro di costituzionalita' di cui all'art. 3 della Costituzione. Infatti, se la ratio legis della novellazione in materia di procedimento cautelare e' stata quella di pervenire ad una razionalizzazione del processo attraverso l'uniformita' del procedimento, la mancata riforma dell'art. 675 del c.p.c. rende inspiegabilmente meno agevole il diritto di difesa del sequestrante rispetto al ricorrente di un qualsiasi altro procedimento cautelare, posto che non sono previste disposizioni particolari che stabiliscano ulteriori condizioni di efficacia della misura non in linea con le regole dettate dagli artt. 669-octies e novies del c.p.c. Di tale disparita' di trattamento, una volta introdotto il principio della unitarieta' del procedimento, non v'e' ragione, si' che pare violato anche l'art. 3 della Costituzione. Sulla rilevanza La decisione pregiudiziale della Corte si qualifica come rilevante nel presente giudizio, posto che in casi di pronuncia di infondatezza il ricorso del Guglieri dovrebbe certamente essere accolto, mentre in caso di pronuncia di accoglimento, il collegio dovrebbe poi esaminare la valenza della condotta della parte che, in attesa di ricevere l'avviso della cancelleria, si attiva per conoscere l'esito dell'udienza. Sussistono, pertanto, le condizioni per sospendere il presente giudizio in attesa della pronuncia della Corte costituzionale cui vanno rimessi gli atti ai sensi dell'art. 23 della legge n. 87 del 1953.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale di cui all'art. 675 del c.p.c. in relazione agli artt. 24 e 3 della Costituzione nella parte in cui non prevede che il termine per l'esecuzione del sequestro inizi a decorrere dal deposito del provvedimento e non, invece, dalla sua comunicazione; Sospende il presente giudizio sino alla decisione della Corte costituzionale; Dispone la trasmissione degli atti alla cancelleria della Corte costituzionale e ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti e alla Presidenza del Consiglio, nonche' comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei Deputati. Cosi' deciso in camera di consiglio il 6 ottobre 1994. Il presidente: PESCHIERA Il giudice relatore: FABIANI 94C1375