MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE

CIRCOLARE 7 agosto 1995, n. 102 

  Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Prime direttive  per
l'applicazione.
(GU n.194 del 21-8-1995)
 
 Vigente al: 21-8-1995  
 

                                  Agli   ispettorati   regionali    e
                                  provinciali del lavoro
                                  Alle   regioni   assessorati   alla
                                  sanita'
                                  Alle OO.SS. dei datori di lavoro
                                  Alle OO.SS. dei lavoratori
                                     e, per conoscenza
                                  Al Ministero della sanita'
                                  Al Ministero dell'industria
                                  Al Ministero degli interni
                                  Al  dipartimento  delle   politiche
                                  comunitarie
                              PREMESSA
  Sono  pervenute  alla  scrivente  numerose richieste di chiarimenti
riguardanti  questioni  interpretative  o  applicative  del   decreto
legislativo  19  settembre 1994, n. 626, concernente il miglioramento
della sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
  Le considerazioni qui di seguito  esposte  costituiscono  un  primo
approccio  ai  problemi  applicativi, derivanti dalla rilevanza delle
innovazioni apportate al sistema di tutela della sicurezza  e  salute
dei  lavoratori,  che si e' ritenuto urgente ed opportuno fornire, in
considerazione della attuale fase di prima introduzione  della  nuova
disciplina.
  Ulteriori   e   piu'   analitici   interventi   saranno  effettuati
successivamente,   con   l'ausilio   della   Commissione   consultiva
permanente  per  la prevenzione degli infortuni - in corso di rinnovo
nella sua composizione, proprio per svolgere  le  nuove  attribuzioni
previste  dall'art.  26 del decreto legislativo in oggetto - e quindi
con il confronto di tutti i soggetti interessati, autorita' pubbliche
e parti sociali.
1. Collegamento con la normativa previgente.
  Preliminarmente occorre rammentare che il decreto  legislativo  nel
suo  complesso  non  comporta  che modifiche limitate alla precedente
normativa,  in  quanto  e'  soprattutto   mirato   ad   una   diversa
impostazione  del modo di affrontare le problematiche della sicurezza
sul lavoro.
  Le innovazioni  tendono,  infatti,  ad  istituire  nell'azienda  un
sistema   di   gestione   permanente   ed   organico   diretto   alla
individuazione,  valutazione,  riduzione  e  controllo  costante  dei
fattori  di  rischio  per  la  salute  e la sicurezza dei lavoratori,
mediante:
   la programmazione delle attivita' di prevenzione,  in  coerenza  a
principi e misure predeterminati,
   la  informazione,  formazione e consultazione dei lavoratori e dei
loro rappresentanti,
   l'organizzazione di un servizio di prevenzione i cui compiti  sono
espletati  da  una o piu' persone designate dal datore di lavoro, tra
cui il responsabile del servizio  -  che  puo'  essere  scelto  anche
nell'ambito  dei  dirigenti  e dei preposti - e che possono in alcuni
casi essere svolti direttamente dal datore di lavoro.
  La legislazione precedente pertanto rimane in vigore, salvo i  casi
di  espressa  o  tacita  abrogazione,  quale  termine obbligatorio di
riferimento per l'attuazione delle specifiche misure di sicurezza.
 2. La valutazione del rischio.
  Presupposto della nuova disciplina e', come detto, l'individuazione
di  tutti  i  fattori  di  rischio  esistenti in azienda e delle loro
reciproche interazioni, nonche' la valutazione  della  loro  entita',
effettuata, ove necessario, mediante metodi analitici o strumentali.
  A  tale  riguardo appare opportuno riportare di seguito, ai fini di
una uniforme comprensione  dei  termini  usati,  le  definizioni  dei
termini  "pericolo", "rischio" e "valutazione del rischio" cosi' come
accettati a livello comunitario:
   pericolo: proprieta'  o  qualita'  intrinseca  di  un  determinato
fattore  (per  esempio  materiali  o attrezzature di lavoro, metodi e
pratiche di lavoro ecc.) avente il potenziale di causare danni;
   rischio: probabilita' che sia raggiunto il  limite  potenziale  di
danno  nelle  condizioni  di  impiego,  ovvero  di esposizione, di un
determinato fattore;
   valutazione  del  rischio:  procedimento  di   valutazione   della
possibile  entita'  del  danno,  quale conseguenza del rischio per la
salute e la sicurezza dei  lavoratori  nell'espletamento  delle  loro
mansioni,  derivante  dal  verificarsi  di  un  pericolo sul luogo di
lavoro.
  Si comprende cosi' che la valutazione del rischio e'  lo  strumento
fondamentale  che  permette  al  datore  di  lavoro di individuare le
misure  di   prevenzione   e   di   pianificarne   l'attuazione,   il
miglioramento  ed  il  controllo al fine di verificarne l'efficacia e
l'efficienza. In tale contesto, naturalmente, si potra' confermare le
misure di prevenzione gia' in atto, o decidere  di  modificarle,  per
migliorarle  in  relazione  alle  innovazioni di carattere tecnico od
organizzativo sopravvenute in materia di sicurezza.
  L'atto finale di detta procedura e'  costituito  dal  documento  ex
art.  4,  comma  2,  documento  che  diviene punto di riferimento del
datore di lavoro,  e  di  tutti  gli  altri  soggetti  aziendali  che
intervengono nelle attivita' rivolte alla sicurezza.
  Premesso  che restano nella sfera delle autonome determinazioni del
datore  di  lavoro  l'individuazione  e  l'adozione  dei  criteri  di
impostazione ed attuazione della valutazione dei rischi - della quale
e' chiamato a rispondere in prima persona - si ritiene comunque utile
illustrare  con  qualche maggior dettaglio quanto disposto dal citato
art. 4, comma 2.
  Si ricorda inoltre che, per le piccole e medie aziende, e'  in  via
di  predisposizione  il  decreto interministeriale che rechera', come
previsto dall'art. 4, comma 9, le procedure  standardizzate  per  gli
adempimenti documentali relativi alla valutazione del rischio.
  Riguardo alla relazione sulla valutazione (art. 4, comma 2, lettera
a), si dovranno fornire indicazioni almeno su:
   le  realta'  operative  considerate,  eventualmente articolate nei
diversi  ambienti  fisici,  illustrando  gli   elementi   del   ciclo
produttivo  rilevanti  per  l'individuazione  e  la  valutazione  dei
rischi, lo schema del processo lavorativo,  con  riferimento  sia  ai
posti di lavoro, sia alle mansioni ed ogni altro utile dato;
   le  varie  fasi  del  procedimento  seguito per la valutazione dei
rischi;
   il  grado  di  coinvolgimento  delle  componenti  aziendali,   con
particolare  riferimento  al  rappresentante  dei  lavoratori  per la
sicurezza. A tale proposito si rammenta che le modalita' di  elezione
del  rappresentante  per la sicurezza dovranno essere stabilite dalla
contrattazione  collettiva,  e  solo  in  subordine dal Ministero del
lavoro, se venisse  comunicata  l'impossibilita'  di  raggiungere  un
accordo,  circostanza  per  ora non verificatasi. A tale proposito si
chiarisce  che  la  valutazione  del  rischio  deve  comunque  essere
effettuata entro la scadenza stabilita, anche se la consultazione del
rappresentante  per la sicurezza non potesse essere effettuata che in
epoca successiva;
   le professionalita' e risorse interne ed esterne cui si sia  fatto
eventualmente ricorso.
  Per  quel che concerne i criteri adottati (art. 4, comma 2, lettera
a), si dovranno fornire indicazioni almeno su:
   1. pericoli e rischi correlati;
   2. le persone esposte al  rischio  prese  in  esame,  nonche'  gli
eventuali  gruppi  particolari  (a  tale  riguardo si precisa che per
gruppi particolari si devono intendere quelle categorie di lavoratori
per i quali, rispetto alla media dei lavoratori, i rischi relativi ad
un  medesimo  pericolo  sono  comparativamente  maggiori  per   cause
soggettive    dipendenti    dai   lavoratori   stessi,   evidenziate,
naturalmente, a seguito della valutazione dei rischi);
   3. i riferimenti normativi adottati per la definizione del livello
di riduzione di ciascuno dei rischi presenti;
   4. gli  elementi  di  valutazione  usati  in  assenza  di  precisi
riferimenti  di  legge  (norme  di  buona  tecnica,  codici  di buona
pratica, ecc.), per giungere alle  medesime  conclusioni  di  cui  ai
punti 3 e 4.
  Relativamente   alle  indicazioni  sulle  misure  di  protezione  e
prevenzione definite (art. 4, comma 2, lettera  b),  sara'  opportuno
illustrare:
   gli  interventi risultati necessari a seguito della valutazione, e
quelli programmati per conseguire una ulteriore riduzione  di  rischi
residui;
   le  conseguenti azioni di informazione e formazione dei lavoratori
previste;
   l'elenco dei mezzi di protezione personali e  collettivi  messi  a
disposizione dei lavoratori.
  Relativamente   al   programma   di   attuazione  delle  misure  di
prevenzione (art. 4, comma 2, lettera c), sara' opportuno illustrare:
   l'organizzazione del servizio di prevenzione e protezione;
   il programma per  l'attuazione  ed  il  controllo  dell'efficienza
delle misure di sicurezza poste in atto;
   il   piano   per   il   riesame  periodico  od  occasionale  della
valutazione, anche in esito ai risultati dell'azione di controllo.
  Il documento in questione dovra' poi essere  accompagnato  da  ogni
utile   documentazione,   in  particolare  da  quella  specificamente
indicata nei singoli titoli e capi del decreto legislativo.
  E' appena il caso infatti di sottolineare che ogni qualvolta in una
normativa particolare riguardante la sicurezza sul lavoro,  quali  il
decreto  legislativo  n.  277/91 o i titoli specifici contenuti nello
stesso  decreto  legislativo  626/94,  si  richieda   una   specifica
valutazione  di  un  rischio  particolare,  detta  valutazione dovra'
essere integrata come  complemento  essenziale  nella  piu'  generale
valutazione del rischio di cui si parla nell'art. 4, comma 2.
3. Entrata in vigore delle nuove norme.
  Il  decreto in questione ha disposto decorrenze differenziate della
applicazione di alcune delle norme ivi contenute.
  Si deve innanzitutto ricordare  che  il  decreto-legge  31  gennaio
1995, n. 26, reiterativo dell'analogo decreto-legge 30 novembre 1994,
n.   658,   ha   differito  al  1  marzo  1995  l'applicazione  delle
disposizioni aventi decorrenza inferiore a tre  mesi  dalla  data  di
entrata in vigore del decreto in esame.
  Occorre poi soprattutto sottolineare che il termine del 27 novembre
1995,  fissato  dall'art. 96, entro il quale il datore di lavoro deve
assolvere a tutti gli  obblighi  disposti  dall'art.  4,  non  e'  da
considerare una proroga generalizzata, surrettiziamente implicita nel
decreto  stesso,  senza una precisa motivazione tecnica. Infatti, nel
fissare tale scadenza, si e' doverosamente  tenuto  conto  dei  tempi
tecnici necessari all'organizzazione del nuovo sistema di prevenzione
da   parte  del  datore  di  lavoro,  sistema  che  prevede  passaggi
organizzativi e strumentali complessi,  anche  al  fine  di  un  loro
coordinato adempimento, nell'ottica di sistema prima ricordata.
  Quindi,   per   tutte   le   disposizioni   che   si  traducono  in
specificazione    degli     aspetti     organizzativi,     funzionali
all'assolvimento  degli  obblighi  posti  dall'art.  4, la decorrenza
dell'obbligo di attenersi a tali disposizioni e'  fissata  alla  data
del  28 novembre 1995, in vista della quale naturalmente il datore di
lavoro  avra'  cura  di  avviare  e  portare  avanti   le   procedure
necessarie,    secondo   un'adeguata   programmazione   temporale   e
finanziaria.
  Sono  quindi  entrate  in  vigore  solo  quelle  disposizioni   che
configurano  situazioni  giuridiche,  siano  esse obblighi o diritti,
tali da non richiedere la preventiva attivazione  di  adempimenti  di
natura organizzativa.
  Cio'  non  significa  naturalmente  che, nelle more dell'entrata in
vigore del disposto dell'art. 4, si realizzi una sorta di vacanza  di
qualsiasi  forma  di tutela nei confronti del lavoratore, in quanto -
come  gia'  si  e'  osservato  -  continuano  ad  aver  vigore  tutte
indistintamente  le norme della precedente legislazione, ivi comprese
fino al 27 novembre - anche quelle abrogate, considerato non solo che
la tutela della salute e' un diritto costituzionalmente garantito, ma
che  il  datore  di  lavoro  ha  comunque  un  obbligo  generale   di
salvaguardia  della  integrita'  psicofisica dei lavoratori, ai sensi
dell'art. 2087 del codice civile.
                              Titolo I
 4. Significato del termine "stabilimento".
  E' opportuno chiarire che il termine "stabilimento",  che  peraltro
compare  esclusivamente  all'art.  2,  comma  1, lettera b), e' stato
usato  nella  medesima  accezione  lessicale  del   termine   "unita'
produttiva"  che  appare  nella  successiva  lettera  c)  e  in altre
numerose disposizioni del decreto legislativo in esame.
  Infatti, dal momento che  detto  provvedimento  comprende  nel  suo
campo  di  applicazione  tutte  le  attivita' di produzione di beni o
servizi esercitate da soggetti privati o pubblici, e'  sembrato  piu'
appropriato  riferirsi all'unita' produttiva, intesa a sua volta come
la struttura dell'azienda produttrice di beni o di servizi, dotata di
autonomia tecnico-funzionale e l'uso del termine  stabilimento  nella
citata   lettera   a),   e'  dovuto  soltanto  ad  una  non  completa
armonizzazione lessicale del testo.
5. Medico competente.
  In   relazione  alla  definizione  di  tale  figura  professionale,
nell'art. 2, comma 1, lettera d),  giova  precisare  che  non  si  e'
inteso  estendere  -  in una sede del resto solo definitoria e quindi
impropria   -   l'area   di   intervento   del   medico   competente,
generalizzandola a tutti i settori di cui all'art. 1.
  L'area  di  intervento  del  medico  competente  e'  quindi  quella
definita nell'art. 16, comma 1, ove si precisa  che  la  sorveglianza
sanitaria,  effettuata  dal medico competente ai sensi del successivo
comma 2, e' richiesta solo nei casi previsti dalla normativa vigente,
cioe' quando la legislazione precedente (o  anche  quella  di  futura
emanazione)  faccia  espressa  previsione  dell'intervento del medico
competente, come ad esempio nel caso della tabella allegata  all'art.
33  del  D.P.R. n. 303/56, del D.Lgs. n. 277/91, ovvero dei titoli V,
VI, VII ed VIII del decreto legislativo 626/94 di che trattasi.
6.  Art.  6  -  Obblighi  dei  progettisti,  fabbricanti,  fornitori,
installatori.
  In  relazione  all'art.  6 si precisa che, nel caso della locazione
finanziaria  -  considerato  che  oggetto  del   contratto   e'   una
prestazione di natura esclusivamente finanziaria come gia' desumibile
dalla  legge  2  maggio  1983,  n.  178, di interpretazione autentica
dell'art. 7 del D.P.R. n. 547/55 - il locatore finanziario e'  tenuto
ad  accertarsi  unicamente  che il bene locato sia accompagnato dalla
relativa certificazione o documentazione prevista dalla legge.
  Peraltro  tale   interpretazione   esclude   che   possano   essere
considerati  alla  medesima stregua degli operatori finanziari di cui
alla citata legge n. 178/83,  anche  i  soggetti  che  esercitano  il
cosiddetto  "leasing  operativo",  cioe'  i fabbricanti che cedono in
locazione finanziaria il bene da loro stessi prodotto.
  Resta comunque fermo l'obbligo dei locatari, quando siano datori di
lavoro, di ottemperanza alle disposizioni del decreto legislativo  in
esame.
  In  linea  generale poi, si precisa che l'art. 6 e' gia' entrato in
vigore.
7. Prevenzione incendi.
  In materia di prevenzione e protezione antincendi di  cui  al  capo
III  e all'art. 30, comma 3, fino all'emanazione dei decreti previsti
dall'art. 13:
    a) i luoghi di lavoro ricompresi nelle tabelle A e B  del  D.P.R.
n.  689/59,  e  nella  tabella  annessa al D.M.   16 febbraio 1982, e
successive  modificazioni  ed  integrazioni  e,  pertanto,   soggetti
all'obbligo  di  controllo  da parte dei competenti organi periferici
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, rimangono assoggettati alle
normative e procedure vigenti a fini antincendio;
    b) i luoghi di lavoro non ricompresi nella precedente lettera a),
sono  assoggettati  alle  specifiche  disposizioni   previste   dalla
normativa  vigente  in materia (D.P.R.   n. 547/55, D.P.R. n. 128/59,
D.P.R. n. 320/56 ecc.).
8. Informazione e formazione dei lavoratori.
  Premesso  che  relativamente  agli  obblighi  di   informazione   e
formazione   dei   lavoratori,   sanciti  dagli  articoli  21  e  22,
l'adempimento non puo' che essere richiesto a partire dal 28 novembre
1995, dovendosi le relative attivita' incentrare proprio sugli  esiti
complessivi  della  valutazione dei rischi e delle conseguenti misure
di  protezione  adottate,  si  ritiene  peraltro  di dover richiamare
l'attenzione sulla necessita' di fornire una tempestiva  informazione
ai  lavoratori  sui  principali  contenuti del decreto legislativo in
argomento, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti relativi  alla
consultazione  e  partecipazione dei lavoratori di cui al capo IV, in
rapporto alla necessita' di consentire agli stessi  l'adozione  delle
determinazioni di propria competenza.
  Analogamente,    in    vista    della   necessita'   di   procedere
tempestivamente alla adeguata formazione di tutti  i  lavoratori,  si
sottolinea  che  entro la suddetta scadenza dovra' essere programmato
uno specifico piano di formazione, che comprenda tutti  gli  elementi
necessari  per la sua attuazione, e che sia - come detto - articolato
in modo coerente ai risultati della valutazione dei rischi.
9. Vigilanza sulle industrie estrattive.
  Appare inoltre opportuno  sottolineare  che  l'art.  23,  rubricato
"Vigilanza",   non  ha  operato  alcun  trasferimento  delle  attuali
competenze in materia  e,  pertanto,  il  riferimento  a  quelle  del
settore   minerario,  attribuite  al  Ministero  dell'industria,  non
include quelle relative alle industrie  estrattive  di  2a  categoria
(cave) che sono di competenza delle regioni.
10. Titolo II - Luoghi di lavoro.
  Si  precisa  che  l'applicazione  delle  disposizioni contenute nel
titolo II decorre:
    a) dal  1  gennaio  1996  per  i  luoghi  di  lavoro  uitilizzati
anteriormente al 27 novembre 1994;
    b)  dal  1  marzo  1995  per i luoghi di lavoro utilizzati per la
prima volta a partire dal 27 novembre 1994.
  Puo' essere utile sottolineare che il termine di cui  all'art.  33,
comma 14 (1 marzo 1995), si riferisce esclusivamente ai luoghi di cui
alla precedente lettera b).
  Per quanto concerne le specifiche disposizioni (art. 30, commi 4, 5
e  6)  dettate  a  tutela  dei  lavoratori  portatori di handicap, si
precisa  che  -  ferma  restando  l'applicazione  delle  disposizioni
concernenti  l'abbattimento delle barriere architettoniche (D.P.R. n.
384/78, legge n.13/89 e relativo regolamento di attuazione  approvato
con  D.M.  n.  236/89,  legge n. 104/92) - esse devono essere attuate
solo nel caso in cui siano effettivamente presenti detti lavoratori.
  Inoltre, ove si rendessero necessarie, nei casi suddetti, le misure
di cui al comma 6, relative ai luoghi di lavoro gia' utilizzati prima
del 1 gennaio 1993, esse dovranno essere adottate nei  tempi  congrui
alla realizzazione degli interventi necessari.
11. Titolo III - Uso delle attrezzature di lavoro.
  Per  quel  che  riguarda  le  prescrizioni  concernenti l'uso delle
attrezzature di lavoro, si rammenta  che  il  datore  di  lavoro,  in
conformita'  all'art.  36, e' gia' tenuto ad adeguare le attrezzature
di lavoro alle disposizioni dei commi 5, 6 e 7 del suddetto articolo.
12. Titolo IV - Uso dei dispositivi di protezione individuale.
  A tale riguardo, fermo restando che l'adempimento degli obblighi di
cui all'art. 43 decorre dal 28 novembre 1995,  si  ricorda  che,  ove
prima  di  tale data si rendesse necessario l'acquisto di dispositivi
di protezione  individuale,  il  datore  di  lavoro  dovra'  comunque
attenersi, nella scelta, alle prescrizioni dell'art. 42.
13. Titolo V - Movimentazione manuale dei carichi.
  L'adempimento  degli  obbligi disposti dal presente titolo a carico
del datore di lavoro (vedasi art. 48), presupponendo  necessariamente
una  valutazione  delle  modalita' e della dinamica degli atti fisici
del lavoratore, nonche'  dell'ambiente  di  lavoro,  decorre  dal  28
novembre 1995.
14. Titolo VI - Uso di attrezzature munite di videoterminali.
  In  ordine alla disciplina sull'uso dei videoterminali (titolo VI),
e' opportuno precisare, in via preliminare, che l'articolo  rubricato
"Definizioni",  cosi'  come  gli analoghi articoli degli altri titoli
del decreto legislativo in esame, e' stato  mutuato  dalla  normativa
comunitaria,  in  base alla quale le definizioni individuano il campo
di applicazione oggettivo e soggettivo,  ossia  l'ambito  all'interno
del  quale devono essere attuate le disposizioni via via recate dalle
norme del relativo titolo.
  Tale tecnica legislativa ha il pregio di  consentire,  da  un  lato
l'immediata  individuazione  dell'area  di attuazione della normativa
(ed in questo corrisponde,  in  parte,  alla  usuale  definizione  di
"campo  di  applicazione"  dell'ordinamento  italiano)  e  dall'altro
consente una piu' snella articolazione interna delle varie norme,  in
quanto,  una volta indicato in premessa il significato che assumono i
vari termini,  si  evitano  faticose  ripetizioni  nonche'  possibili
equivoci interpretativi.
  Cio'  premesso,  si fa presente che l'art. 51, comma 1, lettera c),
nel definire il lavoratore come colui  che  utilizza  un'attrezzatura
munita  di videoterminale in modo sistematico ed abituale, per almeno
quattro ore consecutive giornaliere, dedotte le pause di cui all'art.
54, durante  l'intero  arco  della  settimana  lavorativa,  definisce
automaticamente  il  campo  di  applicazione  soggettivo  di tutto il
titolo.
  Conseguentemente  il  citato   art.   54   rubricato   "Svolgimento
quotidiano  del lavoro" disciplina, sempre nei confronti dello stesso
lavoratore, il regime delle  interruzioni  (pause  o  cambiamento  di
attivita').
  Analogamente   il   successivo  art.  55  prevede  la  sorveglianza
sanitaria solo per  i  suddetti  lavoratori.  Riguardo  ai  posti  di
lavoro,  sempreche'  siano utilizzati dai lavoratori di che trattasi,
essi devono essere adeguati alle prescrizioni contenute nell'allegato
VII ai sensi e con le modalita' previste dall'art. 58.
  Appare cosi' evidente che l'intenzione  del  legislatore  e'  stata
quella di assicurare specifiche misure preventive in favore di coloro
per  i  quali  sussistono rischi per la salute prevedibili in base ai
dati scientifici disponibili.
  Tali dati evidenziano  che  il  rischio  da  attivita'  su  VDT  e'
significativo solo quando il lavoratore vi sia addetto "regolarmente,
durante  un  periodo significativo del suo lavoro normale" (Direttiva
90/270/CEE, art. 2, lettera c).
  Il  legislatore  italiano  ha  ritenuto,  sulla   base   dei   dati
scientifici  attualmente disponibili, che cio' avvenga solo quando si
riscontrino le  condizioni  riportate  nella  citata  definizione  di
lavoratore di cui all'art. 51 del decreto legislativo n. 626/94.
  Quanto  alla  decorrenza  delle  norme,  l'art. 58 stabilisce che a
partire dal 1 marzo 1995 i nuovi  posti  di  lavoro,  quali  definiti
all'art. 51 lettera b), devono essere conformi all'allegato VII.
  A tale proposito si fa presente che, a causa di un errore materiale
che si provvedera' a correggere con un successivo decreto legislativo
di  integrazione  -  l'allegato  VII  contenente  le prescrizioni cui
devono rispondere i posti di lavoro con videoterminale,  e'  mancante
della  parte riguardante l'ambiente e l'interfaccia elaboratore-uomo;
si ritiene peraltro opportuno, nelle more dell'emanazione del decreto
legislativo di integrazione, riportare in questa sede detta parte (si
veda nelle pagine seguenti), in quanto utile termine di  riferimento,
soprattutto  con  riguardo  agli  aspetti  ergonomici,  ai fini della
valutazione del rischio e della individuazione delle relative  misure
di prevenzione.
  Va  precisato  infine,  che  le disposizioni in questione non hanno
introdotto alcuna forma obbligatoria di certificazione, e conseguente
marcatura, attestanti la rispondenza delle attrezzature ai  requisiti
individuati   dal   suddetto   allegato,   in  particolare  a  quelli
ergonomici.
  La conformita' delle apparecchiature facenti  parte  del  posto  di
lavoro  e quindi anche del piano di lavoro, sedie ecc .., e' data dal
rispetto  delle  norme  nazionali  di  buona  tecnica   UNI   e   CEI
applicabili,  alle  quali  dovrebbe far riferimento il fabbricante, e
inoltre le stesse individuano il livello di fattibilita'  tecnologica
per l'applicazione concreta delle misure di prevenzione e protezione.
                             2. AMBIENTE
a) Spazio.
  Il posto di lavoro deve essere ben dimensionato e allestito in modo
che vi sia spazio sufficiente per permettere cambiamenti di posizione
e di movimenti operativi.
b) Illuminazione.
  L'illuminazione  generale e/o l'illuminazione specifica (lampade di
lavoro) devono garantire un'illuminazione sufficiente ed un contrasto
appropriato  tra  lo  schermo  e  l'ambiente,  tenuto   conto   delle
caratteristiche del lavoro e delle esigenze visive dell'utilizzatore.
  Fastidiosi  abbagliamenti  e  riflessi  sullo  schermo  o  su altre
attrezzature devono essere  evitati  strutturando  l'arredamento  del
locale  e del posto di lavoro in funzione dell'ubicazione delle fonti
di luce artificiale e delle loro caratteristiche tecniche.
c) Riflessi e abbagliamenti.
  I posti di lavoro devono essere sistemati  in  modo  che  le  fonti
luminose quali le finestre e le altre aperture, le pareti trasparenti
o  traslucide,  nonche'  le attrezzature e le pareti di colore chiaro
non producano riflessi sullo schermo.
  Le finestre devono essere munite di  un  opportuno  dispositivo  di
copertura  regolabile  per  attenuare  la luce diurna che illumina il
posto di lavoro.
  Il rumore emesso dalle attrezzature appartenenti al/ai  posto/i  di
lavoro   deve   essere  preso  in  considerazione  al  momento  della
sistemazione del posto di lavoro,  in  particolare  al  fine  di  non
perturbare l'attenzione e la comunicazione verbale.
e) Calore.
  Le  attrezzature  appartenenti  al/ai  posto/i di lavoro non devono
produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di disturbo  per
i lavoratori.
f) Radiazioni.
  Tutte  le  radiazioni,  eccezion  fatta per la parte visibile dello
spettro   elettromagnetico,   devono   essere   ridotte   a   livelli
trascurabili  dal punto di vista della tutela della sicurezza e della
salute dei lavoratori.
g) Umidita'.
  Si  deve  fare  in  modo  di  ottenere  e   mantenere   un'umidita'
soddisfacente.
                   3. INTERFACCIA ELABORATORE/UOMO
  All'atto   dell'elaborazione,   della   scelta,  dell'acquisto  del
software,  o  allorche'  questo  viene  modificato,  come  anche  nel
definire   le   mansioni  che  implicano  l'utilizzazione  di  unita'
videoterminali,  il  datore  di  lavoro  terra'  conto  dei  seguenti
fattori:
    a) il software deve essere adeguato alla mansione da svolgere;
    b)  il  software  deve  essere  di  facile  uso  e,  se del caso,
adattabile   al   livello   di    conoscenze    e    di    esperienza
dell'utilizzatore;  nessun  dispositivo  di  controllo quantitativo o
qualitativo puo' essere utilizzato all'insaputa dei lavoratori;
    c) i sistemi debbono fornire ai lavoratori delle indicazioni  sul
loro svolgimento;
    d)  i sistemi devono fornire l'informazione in un formato e ad un
ritmo adeguato agli operatori;
    e)  i  principi  dell'ergonomia  devono   essere   applicati   in
particolare all'elaborazione dell'informazione da parte dell'uomo.
15. Titolo VII - Protezione da agenti cancerogeni.
  Ai  fini  della  protezione  da agenti cancerogeni (titolo VII), il
datore di lavoro che  utilizza  agenti  cancerogeni,  quali  definiti
dall'art.  61, e' tenuto, ai sensi del successivo art. 62, ad evitare
o  ridurre  l'utilizzazione  dell'agente  cancerogeno  sul  luogo  di
lavoro, mediante le seguenti misure, indicate in ordine prioritario e
tutte   strettamente   correlate  alla  loro  effettiva  fattibilita'
tecnica:
    a)  sostituzione  dell'agente  con  altro   agente   che,   nelle
condizioni in cui viene utilizzato, non e' nocivo o lo e' meno;
    b) impiego di un agente in un sistema chiuso;
    c) riduzione dei livelli di esposizione dei lavoratori.
  Al  riguardo si evidenzia che tali obblighi non possono prescindere
dalla valutazione del rischio di cui agli artt. 4 e  63,  quando  sia
necessaria  la individuazione delle condizioni in cui gli agenti sono
utilizzati  o  la  valutazione  dell'entita'  del  rischio   cui   il
lavoratore  e'  potenzialmente  esposto  nell'esercizio delle proprie
specifiche attivita'. Si deve infatti  considerare  che,  per  quanto
riguarda  la  valutazione  del livello di esposizione dei lavoratori,
per individuare misure valide ed efficaci,  condizione  preventiva  e
necessaria   e'   la   determinazione   quantitativa,   dato  che  le
informazioni dell'etichetta e l'allegato VIII afferiscono  alla  sola
classificazione della pericolosita' delle sostanze ovvero preparati o
processi.
  Occorre inoltre tener presente che, quando ci si trovasse di fronte
a misure di prevenzione di particolare complessita' e rilevanza sotto
il  profilo  tecnico ed organizzativo, non si potrebbe che consentire
tempi congrui  per  la  adozione  e  quindi  per  l'assolvimento  dei
relativi adempimenti.
  Tali  esigenze riconducono, per le ragioni esposte al punto 3 della
presente circolare, alla scadenza del 27 novembre 1995.
  E' appena il caso di ricordare che, nelle more, il datore di lavoro
e' comunque tenuto al rispetto delle prescrizioni  dell'art.  20  del
decreto del Presidente della Repubblica n. 303/56.
  Il   datore   di  lavoro  e'  invece  gia'  tenuto  ad  attuare  le
disposizioni dettate dagli articoli 67 e 68 per i casi di esposizioni
non  prevedibili  e  per  le   operazioni   lavorative   particolari,
trattandosi  di  puntualizzazioni di obblighi gia' disciplinati dalla
precedente legislazione.
  L'esigenza   di   indicare   chiaramente   e   immediatamente    la
pericolosita'   dei   sistemi,   preparati   o  procedimenti  di  cui
all'allegato VIII, pone il problema del tipo di segnaletica da usare,
atteso che per questi, ne' la legge 29 maggio 1974, n.  256,  ne'  il
decreto   del   Presidente  della  Repubblica  n.  524/82,  prevedono
specifiche forme di contrassegno.
  In tali casi il datore di lavoro puo' provvedere  ad  assolvere  ai
suoi  obblighi, laddove previsti (vedasi art. 66, commi 4 e 68, comma
1, n. 2), utilizzando il segnale di pericolo  generico  previsto  dal
punto  1)  dell'allegato  II  del citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 524/82, integrato da un cartello complementare  con  le
indicazioni di un potenziale rischio cancerogeno.
16. Titolo VIII - Protezione da agenti biologici.
  Il  titolo  VIII  ha  sottoposto  ad una disciplina specifica l'uso
degli agenti biologici nell'ambiente di lavoro.
  Al riguardo occorre evidenziare  che  l'impiego  confinato  di  una
particolare  specie  di  agenti  biologici,  ossia dei microorganismi
geneticamente modificati e l'emissione  deliberata  nell'ambiente  di
organismi  geneticamente  modificati, sono stati disciplinati anche a
fini  di  tutela   dell'ambiente   esterno   e   della   popolazione,
rispettivamente  dai  decreti  legislativi numeri 91 e 92 del 3 marzo
1993.
  Le indicazioni utili ad agevolare una omogenea  applicazione  delle
normative  suddette  saranno  oggetto  di apposita circolare, essendo
necessario un approfondito esame  delle  possibili  interconnessioni,
attualmente in corso nelle sedi competenti.
  In linea generale, per quel che riguarda le disposizioni in materia
di  comunicazione  ed  autorizzazione  di  cui  rispettivamente  agli
articoli 76 e 77, puo'  essere  utile  precisare  che  le  stesse  si
intendono  riferite  anche  al  datore di lavoro che gia' esercita le
attivita' ivi menzionate.
  In ordine poi all'art.  86  che,  nell'introdurre  l'obbligo  della
sorveglianza sanitaria nei confronti dei lavoratori esposti a rischio
nelle  attivita'  con uso di agenti biologici, ne disciplina altresi'
le relative modalita', si fa presente che, sempre per un mero  errore
materiale,  l'articolo  in  questione e' carente degli ultimi quattro
commi, il quinto dei quali e' poi richiamato nel successivo art.  87:
si  provvedera'  a  colmare tale lacuna con il decreto legislativo di
integrazione di cui si e' gia' fatto cenno.
                                                    Il Ministro: TREU