N. 788 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 novembre 1994

                                N. 788
 Ordinanza  emessa  l'11  novembre  1994  dal  giudice per le indagini
 preliminari presso il Tribunale di Cagliari nel procedimento penale a
 carico di Cuccu Sandro ed altri
 Processo penale - Costituzione delle parti - Costituzione del p.m. -
    Conflitto negativo tra uffici  del  pubblico  ministero  di  gradi
    diversi  (nella  specie:  avocazione del procedimento da parte del
    procuratore generale e delega dello stesso per  la  partecipazione
    all'udienza   preliminare   di   un  sostituto  procuratore  della
    Repubblica   presso   il   tribunale)   -   Conseguente    mancata
    partecipazione  all'udienza  preliminare di un p.m. legittimato al
    processo - Lamentata omessa previsione di una procedura risolutiva
    del   conflitto   -   Lesione  del  principio  di  obbligatorieta'
    dell'azione penale - Incidenza sul diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, artt. 54, 420 e 484).
 (Cost., artt. 24 e 112).
(GU n.3 del 18-1-1995 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Ha pronunciato la seguente ordinanza  nel  procedimento  penale  n.
 2374/92   contro  Cuccu  Sandro,  Cuccu  Pierluigi  e  Cuccu  Giorgio
 imputati, del reato  a)  i  primi  due:  di  detenzione  di  sostanze
 stupefacenti  (verosimilmente eroina) a fini di spaccio, in quantita'
 non determinata, ma non inferiore a gr. 1,860, per avere, in concorso
 tra loro detenuto a fini di commercio un quantitativo imprecisato  di
 sostanza  stupefacente  di  cui  non  e' stato possibile accertare la
 qualita' e la quantita'. In Cagliari, il  18  novembre  1992;  b)  il
 terzo:  di detenzione illegale di munizioni per arma da guerra (artt.
 1 della legge 2 ottobre 1967, n. 895 e 9 legge 14  ottobre  1974,  n.
 497)  per  avere  detenuto  nella propria abitazione cinque cartuccie
 cal.  7,65  Nato  a  corta   gittata,   in   nastro   metallico   per
 mitragliatrice mod. 42/59. Accertato in Cagliari il 18 novembre 1992.
    Sciogliendo  la riserva espressa in limine all'udienza preliminare
 dell'8 novembre 1994.
    Con decreto del 16 giugno 1994 il procuratore generale  presso  la
 Corte  d'appello  di Cagliari avoco' le indagini preliminari relative
 al  procedimento  n.  2374/92  r.n.r.  contro  Cuccu  Sandro,   Cuccu
 Pierluigi  e Cuccu Giorgio, a norma del primo comma dell'art. 412 del
 c.p.p., per il mancato esercizio dell'azione penale  nel  termine  di
 legge da parte del pubblico ministero presso il locale tribunale.
    Svolte  le  attivita' previste dalla citata disposizione, l'organo
 avocante deposito' ritualmente nella cancelleria del giudice  per  le
 indagini preliminari la richiesta di rinvio a giudizio degli indagati
 per il reato in epigrafe.
    Successivamente   alla   ricezione  dell'avviso  della  fissazione
 dell'udienza  preliminare,  ritualmente  comunicatagli  a  norma  del
 secondo  comma dell'art. 419 del c.p.p., il procuratore generale, con
 provvedimento del 26  agosto  1994,  delego'  "il  procuratore  della
 Repubblica  presso  il  tribunale  di  Cagliari  a  partecipare  alla
 suddetta udienza, a richiedere il rinvio a giudizio degli imputati  e
 a  sostenere  l'accusa  nel procedimento di primo grado, con tutte le
 facolta' che alla  delega  si  riconnettono",  pregandolo,  altresi',
 nella  missiva d'accompagnamento del suddetto provvedimento trasmesso
 per conoscenza anche a questo giudice,  "di  voler  disporre  per  la
 partecipazione  all'udienza  del  g.u.p.  del  4  ottobre  1994 di un
 magistrato del  suo  ufficio,  nonche'  per  sostenere  l'accusa  nel
 procedimento di primo grado".
    Nella  predetta udienza preliminare, rinviata al successivo giorno
 11, nel corso degli accertamenti  relativi  alla  costituzione  delle
 parti  il  sostituto  procuratore  della  Repubblica presso il locale
 tribunale presente in camera di consiglio chiese la dichiarazione  di
 nullita'  della  stessa  udienza e il rinvio del procedimento a nuovo
 ruolo, rilevando una nullita'  di  ordine  generale  per  la  mancata
 partecipazione  di  un  magistrato  della  procura generale presso la
 corte  d'appello,   cui   spetta   l'esercizio   dell'azione   penale
 nell'ipotesi  di  avocazione,  senza facolta' di delega, non prevista
 nella fattispecie della legislazione vigente.
    I difensori nulla opposero e aderirono alla richiesta del p.m.
    Il  giudice  rilevo',  innanzitutto,  che  la questione sollevata,
 certamente non infondata prima facie, ostava al positivo accertamento
 della  regolare  costituzione  delle  parti   in   riferimento   alla
 partecipazione all'udienza di un pubblico ministero legittimato; che,
 conseguentemente,   chiudere,  in  tale  situazione,  la  fase  degli
 accertamenti pregiudiziali e dichiarare aperta la discussione avrebbe
 comportato  la  nullita'  dell'udienza;  che,  per  altro,  non   era
 possibile  dichiarare  la  nullita'  di  alcunche':  non dell'atto di
 delega, insindacabile da  parte  del  giudice,  ne'  del  decreto  di
 citazione  dell'udienza  preliminare, ritualmente emesso e rettamente
 notificato al procuratore generale, organo sicuramente legittimato al
 processo, e neppure dell'udienza, in realta' non svoltasi  proprio  a
 causa della mancata conclusione degli accertamenti preliminari. Cosi'
 motivando,  emise,  in limine, un'ordinanza di rigetto dell'eccezione
 di nullita' e, richiamate le disposizioni del primo  comma  dell'art.
 420  del  c.p.p.  e del primo capoverso dell'art. 74 dell'ordinamento
 giudiziario, rinvio',  con  ordinanza  9  ottore  1994,  il  processo
 all'udienza  dell'otto  novembre  successivo, mandando al cancelliere
 per la comunicazione dell'ordinanza al procuratore generale  assente,
 al  fine di informarlo della nuova udienza, anche per consentirgli di
 assumere le determinazioni di sua competenza.
    Nonostante   la   regolare   comunicazione   dell'ordinanza,    il
 procuratore  generale non si e' presentato all'udienza indicata, alla
 quale e' comparso un sostituto procuratore della Repubblica presso il
 locale tribunale, il quale si  e'  riservato  di  reiterare  la  gia'
 proposta  eccezione  di  nullita',  unitamente  alle  conclusioni  di
 merito. A loro  volta  i  difensori  degli  imputati  hanno  ribadito
 l'eccezione gia' proposta.
    A  questo punto il giudice non ha aperto la discussione nel merito
 e, sempre in limine, si e'  riservato  di  pronunciare  ordinanza  in
 relazione alla questione relativa alla legittimazione del p.m.
    Preliminarmente   alla  verifica  della  conformita'  ai  principi
 costituzionali della normativa  inerente  alla  fattispecie  esposta,
 occorre  pronunciarsi incidentalmente sull'inesistenza del potere del
 procuratore  generale  presso  la  corte  d'appello  di  delegare  un
 magistrato  estraneo  al  proprio  ufficio  a svolgere le funzioni di
 pubblico ministero nelle indagini preliminari e nei  procedimenti  di
 primo  grado.  Tale  conclusione  fu  espressa  in  forma di semplice
 orientamento nell'ordinanza  dell'undici  ottobre  1994  per  evitare
 l'ingerenza  in  un  contrasto tra organi appartenenti ad un autonomo
 apparato della magistratura e, altresi', per non  pronunciare  su  un
 provvedimento  oggettivamente  amministrativo ed esulante dall'ambito
 processuale. Una decisione incidentale  in  tal  senso,  invece,  ora
 s'impone   sotto  il  profilo  della  rilevanza,  perche'  il  dubbio
 sull'eventuale   liceita'   della   delega,   e   sulla   conseguente
 trasmissione  al delegato del potere di esercitare l'azione penale in
 luogo  del  delegante,  svuoterebbe  di  contenuto  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  che  s'intende  sottoporre  al giudice
 delle  leggi.  Cio'  posto,  si  deve  dichiarare,   in   conformita'
 all'unanime opinione espressa dal procuratore della Repubblica presso
 il tribunale e dai difensori degli imputati, che un siffatto istituto
 non  sussiste, atteso il chiaro tenore del secondo comma dell'art. 51
 del c.p.p.  e  considerata  la  mancanza  di  norme,  processualmente
 rilevanti,  in  ordine  ad  un  potere  generale di delega in capo al
 procuratore generale, come, inoltre, si desume a contrario dal  terzo
 comma  dell'art.  570  del  c.p.p.  e  dall'art.  72 dell'ordinamento
 giudiziario, che regolano due  ipotesi  di  sostituzione  tra  organi
 dell'accusa, ponendole cosi' come eccezioni alla regola generale, che
 evidentemente non prevede la fungibilita' della predetta funzione.
    Un'altra  premessa s'impone sotto il profilo esposto: la questione
 di    legittimita'    costituzionale     emerge     indipendentemente
 dall'atteggiamento della procura della Repubblica presso il tribunale
 e   dall'eccezione   di   nullita'  delle  parti.  E'  invero  dovere
 inderogabile del giudice la verifica della rituale costituzione delle
 parti  legittimate,  per  cui  la   mancanza   della   legittimazione
 processuale   del  pubblico  ministero  presentatosi  all'udienza  e'
 rilevabile d'ufficio, addirittura  anche  nell'ipotesi  dell'espressa
 accettazione   dell'incarico   e   dall'esplicita   approvazione  dei
 difensori delle parti private, vertendosi in materia di funzioni e di
 esercizio di poteri non negoziabili tra le parti.
    A parere  di  questo  giudice,  la  situazione  descritta  non  e'
 suscettibile  di  soluzione  coi  mezzi  offerti  dalla  legislazione
 vigente e contravviene  ai  principi  degli  artt.  24  e  112  della
 Costituzione.
    L'art.  420  del  c.p.p.,  dopo  aver prescritto la partecipazione
 necessaria del  pubblico  ministero  e  del  difensore  dell'imputato
 all'udienza  preliminare,  regola  positivamente,  nel  terzo  comma,
 l'ipotesi dell'assenza del secondo mediante l'istituto  della  difesa
 d'ufficio,   mentre  nulla  dispone  per  la  mancata  partecipazione
 dell'organo dell'accusa.
    Non provvede  in  proposito  neppure  l'art.  74  dell'ordinamento
 giudiziario,  che  si limita ad enunciare il principio generale della
 partecipazione necessaria del pubblico ministero alle udienze penali.
    Tantomeno offre un rimedio l'art. 54 del c.p.p., che  regola,  per
 la  sola  fase  delle  indagini  preliminari,  i  contrasti  negativi
 "orizzontali"  tra  procure  della  Repubblica  di  pari  grado   con
 riferimento  alla  competenza  funzionale  del  giudice, ma non anche
 quelli "verticali" tra pubblici ministeri di grado  diverso,  qual'e'
 quello  sorto  tra  i  procuratori  della  Repubblica presso la corte
 d'appello di Cagliari e presso il tribunale della stessa citta'.  Ne'
 un    contrasto    di    tal    fatta   e'   utilmente   inquadrabile
 nell'onnicomprensiva  previsione  del  comma  3-  bis  dell'art.  54,
 perche'  l'esplicito  richiamo  di  questa  disposizione a quelle dei
 primi due commi della stessa norma  indicherebbe  quale  arbitro  del
 contrasto  uno dei due contendenti, ossia il procuratore generale, e,
 in ogni caso, non darebbe  al  giudice  il  potere  di  sollevare  il
 conflitto  nell'ipotesi,  puntualmente  verificatasi  nella  presente
 fattispecie, di inerzia al riguardo da parte del pubblico  ministero.
 Cio'  in coerenza col principio legislativo che tutti i contrasti tra
 procure della Repubblica non coinvolgono in alcun modo il giudice  ma
 devono  essere  risolti  all'interno dell'organizzazione del pubblico
 ministero, come si  desume  dal  complesso  delle  norme  dettate  al
 riguardo  dal  vigente  codice di procedura penale e, in particolare,
 dagli artt. 54, 54-bis e 54-ter.  Tale  scelta  del  legislatore  non
 comporta alcun inconveniente nell'ipotesi di contratti "orizzontali",
 che,  comunque  risolti,  passano al vaglio della competenza da parte
 del giudice investito dalla richiesta di rinvio  a  giudizio  e  sono
 assorbiti  dalla relativa decisione, anche qualora siano occasione di
 una pronuncia ex art. 22  del  c.p.p.,  ovvero  di  un  conflitto  di
 competenza   regolato   dagli   artt.   28-32  dello  stesso  codice.
 L'orientamento legislativo comporta,  invece,  conseguenze  rilevanti
 nelle   ipotesi   di   contrasti   "verticali",   con   riflessi   di
 illegittimita' costituzionale in riferimento agli artt.    112  e  24
 della  Costituzione, perche' se, come nel caso di specie, il processo
 si blocca in qualsiasi fase per la mancata risoluzione  dei  relativi
 conflitti,   l'azione   penale,   ancorche'   iniziata,   non   viene
 completamente esercitata, e  l'imputato,  inoltre,  non  ha  modo  di
 espletare compiutamente il proprio diritto alla difesa.
    E  che  il processo si arresti a causa della lacuna legislativa in
 esame non v'e' dubbio, purche'  l'udienza  non  si  puo'  tenere,  il
 giudice  non  puo'  imporre  al  pubblico  ministero  legittimato  di
 partecipare all'udienza, il rinvio non e' sufficiente a risolvere  la
 situazione,  come  si e' verificato nel caso di specie, e non e' dato
 al giudice il potere di promuovere il superamento del contrasto.
    Neppure servirebbe allo scopo aprire la discussione al  solo  fine
 di    dichiarare   la   nullita'   dell'udienza   preliminare,   come
 implicitamente sembra suggerire il pubblico ministero nella richiesta
 odiernamente formulata. Innanzitutto  tale  soluzione  contrasta  col
 dovere  del  giudice  di non tenere l'udienza se non dopo il positivo
 accertamento della legitimatio al processum delle parti e con quello,
 piu' generale, di non compiere atti  nulli,  in  forza  di  un  ovvio
 principio  deducibile, ad esempio, anche dallo sfavore con cui l'art.
 185 del c.p.p. considera le nullita' e l'autore di esse.
    Ma se pur si potesse, o si volesse  comunque,  ritenere  tale  via
 praticabile,  si  dovrebbe constatare che anch'essa si rivelerebbe un
 impasse,  perche'  la  dichiarazione  di  nullita'  comporterebbe  la
 regressione  del  procedimento  allo  stato  in cui e' stato compiuto
 l'atto nullo a norma dell'art. 185 del c.p.p., per cui si  tornerebbe
 al  punto  di  partenza,  senza  aver superato la situazione di stasi
 creata  dalla  mancata  partecipazione  all'udienza  di  un  pubblico
 ministero ad essa legittimato.
    Cosi', sia in un caso che nell'altro, si arriverebbe, di rinvio in
 rinvio  o  di dichiarazione di nullita' in dichiarazione di nullita',
 alla prescrizione del reato oggetto del procedimento,  cosicche',  al
 momento  del  compimento  del  termine  prescrizionale, la violazione
 degli artt.  112  e  24  della  Costituzione  sarebbe  irrimediabile,
 perche' l'azione penale non potrebbe piu' essere utilmente esercitata
 dal  pubblico  ministero ad essa legittimato e l'imputato non avrebbe
 piu' la possibilita' di difendersi nel merito e sarebbe cosi' privato
 dall'inviolabile diritto di dimostrare  la  propria  innocenza  e  di
 essere assolto con formula piena.
    Ovviamente  la  lacuna  legislativa  dell'art.  420  del c.p.p. si
 collega con quella dell'art. 54 dello stesso codice nei casi in  cui,
 come   nella   presente   fattispecie,   la   mancata  partecipazione
 all'udienza preliminare del pubblico ministero  ad  essa  legittimato
 sia  conseguente ad un contrasto negativo, in cui il giudice non puo'
 in alcun modo  interferire  per  provocarne  la  risoluzione.  A  ben
 vedere,   l'indicata   lacuna   dell'art.   420  potrebbe  comportare
 autonomamente la lesione degli artt. 112  e  24  della  Costituzione,
 qualora l'assenza del pubblico ministero legittimato fosse imputabile
 ad  un  fatto  accidentale  e il rimedio del semplice rinvio, offerto
 implicitamente  dagli  artt.  420  del  c.p.p.  e 74 dell'ordinamento
 giudiziario, non avesse sortito alcun effetto. Tale ipotesi e'  pero'
 estremamente  remota  e  improbabile  perche', una volta avvisato del
 rinvio ad una nuova  udienza,  il  pubblico  ministero,  che  per  un
 accidente  od un equivoco non si fosse presentato alla prima udienza,
 parteciperebbe verosimilmente a  quella  di  rinvio,  mentre  non  lo
 farebbe  colui  che  fosse  persistentemente convinto, a torto, della
 legittimazione di un altro soggetto, come nel caso di specie, in  cui
 il   procuratore   generale,   reiterando   l'assenza  nonostante  il
 sottinteso  invito  rivoltogli  nell'ordinanza  dell'undici  ottobre,
 implicitamente  ribadisce  il proprio convincimento di poter derogare
 alla tassativa disposizione  della  prima  proposizione  del  secondo
 comma  dell'art.  51  del  c.p.p.  e,  in  concreto,  fa  mancare  la
 partecipazione all'udienza dell'organo a cio' legittimato.
    Per assicurare la conformita' ai principi degli  artt.  24  e  112
 della  Costituzione  gli  artt.  54 e 420 del c.p.p. avrebbero dovuto
 prevedere,  nell'ipotesi  della  mancata  partecipazione  all'udienza
 preliminare   di   un  pubblico  ministero  legittimato  al  processo
 conseguente  ad  un  contrasto  negativo  tra  uffici  del   pubblico
 ministero  di  grado  diverso,  il  potere  del  giudice dell'udienza
 preliminare di rilevare e  di  denunciare,  su  istanza  di  parte  o
 d'ufficio,  il  conflitto alla Corte di cassazione per la risoluzione
 di esso nelle forme dell'art. 32  del  c.p.p.  Un  siffatto  rimedio,
 perfettamente   idoneo   a  rimuovere  i  profili  di  illegittimita'
 costituzionale denunciati, e' d'altra parte conforme  alla  soluzione
 indicata,  in  relazione  al  progetto  del nuovo codice di procedura
 penale del 1978, dalla commissione consultiva, che aveva suggerito di
 sottoporre i potenziali conflitti tra procure ai giudici  davanti  ai
 quali  i  procuratori  della  Repubblica  in  contrasto esercitano le
 funzioni  di  pubblico  ministero,  affinche'  fossero  i  magistrati
 giudicanti  a  sollevare  formale  conflitto  davanti  alla  Corte di
 cassazione.
    Se, invece, tale soluzione apparisse troppo complicata e contraria
 al principio, per altro costituzionalmente irrilevante, adottato  dal
 legislatore   dal   1988,   di   risolvere  i  contrasti  nell'ambito
 dell'organizzazione del  pubblico  ministero,  la  denuncia  potrebbe
 essere  proposta,  dagli  uffici  in  conflitto  o  dal  giudice,  al
 procuratore  generale  presso  la  Corte   di   cassazione   per   le
 determinazioni nei modi dell'art. 54, secondo comma, del c.p.p.
    Le  soluzioni  indicate  sarebbero  idonee a risolvere le analoghe
 questioni prospettabili  nei  confronti  dell'art.  484  del  c.p.p.,
 affetto   dalle  medesime  carenze  dell'art.  420,  ma  la  denuncia
 dev'essere proposta in via secondaria  ed  eventuale  per  la  dubbia
 rilevanza di essa in questo procedimento.
    Nessuna  incertezza  sussiste  invece  sorge  sulla  rilevanza nel
 giudizio  in  corso  della  questione  relativa   alla   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  420  del  c.p.p., perche', non sussistendo
 l'ipotesi dell'art. 129 del c.p.p., dall'accoglimento o  dal  rigetto
 di essa dipende la sorte di questo processo, destinato a concludersi,
 nel primo caso, con il completo esercizio dell'azione penale da parte
 del  p.m.  e  con il rispetto del diritto di difesa degli imputati e,
 nel secondo, con la prescrizione, in palese violazione  dei  principi
 costituzionali    dell'obbligatorieta'    del    completo   esercizio
 dell'azione penale da parte del p.m. e dell'inviolabile diritto degli
 imputati all'espletamento della difesa.
                               P. Q. M.
    Visti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87;
    Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 54 e 420 del
 c.p.p., e anche dell'art.484 del c.p.p., in relazione agli artt.  24,
 secondo  comma,  e  12  della  Costituzione, laddove non prevedono un
 mezzo per porre rimedio alla mancata partecipazione all'udienza di un
 pubblico ministero legittimato ad processum  nei  casi  e  nel  senso
 indicati nella motivazione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Ordina che a cura del cancelliere questa ordinanza sia  notificata
 alle parti private e al p.m., nonche' al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Cagliari, addi' 11 novembre 1994
                          Il giudice: CANEPA
                                   Il cancelliere: (firma illeggibile)
 95C0069