N. 7 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 1994- 4 gennaio 1995
N. 7 Ordinanza emessa il 21 giugno 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 gennaio 1995) dal Consiglio di Stato, sezione quarta giurisdizionale, sul ricorso proposto da Massari Maria ed altre contro il commissario straordinario del Governo per le zone terremotate della Campania e della Basilicata ed altri. Edilizia e urbanistica - Previsione che i comuni che, ai sensi dell'ordinanza del Commissario del governo per le zone terremotate n. 69 del 29 dicembre 1980, hanno individuato ed utilizzato aree destinate alla installazione di insediamenti provvisori, entro dodici mesi dalla entrata in vigore della legge impugnata e della successiva legge di proroga (anche essa impugnata) esproprino tali aree, acquisendole al patrimonio comunale anche nell'ipotesi di intervenuta scadenza del termine finale previsto per l'occupazione d'urgenza ed indipendentemente dall'attuale destinazione urbanistica di dette aree - Violazione del diritto di proprieta' sotto il profilo della mancanza di ogni previsione legislativa atta ad identificare "i motivi di interesse generale", che giustifichino il definitivo ed integrale sacrificio della proprieta' privata - Incidenza sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Incidenza altresi' sulle competenze del consiglio comunale e della regione per l'attribuzione al sindaco o alla giunta municipale di attribuzioni spettanti ai primi. (Legge 18 aprile 1984, n. 80, art. 6, quarto e quinto comma; d.-l. 28 febbraio 1986, n. 48, art. 1, punto 3, convertito in legge 18 aprile 1986, n. 119). (Cost., artt. 3, primo comma, 42, terzo comma, 97, primo comma, 118, primo e terzo comma).(GU n.4 del 25-1-1995 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello proposto da Massari Maria, Massari Arcangela e Massari Rosmunda, rappresentate e difese dall'avv. Vincenzo Colacino, elettivamente domiciliate presso lo stesso, in Roma, via N. Ricciotti 9, contro il commissariato straordinario del Governo per le zone terremotate della Campania e della Basilicata, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, domiciliato presso la stessa, in Roma, via dei Portoghesi 12; il comune di Muro Lucano, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Matteo Martuscelli, elettivamente domiciliatoi presso il dott. Luigi Martuscelli, in Roma, via Trionfale n. 8229; la regione Basilicata, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, non costituita in giudizio; per l'annullamento della decisione del tribunale amministrativo regionale della Basilicata 30 dicembre 1987, n. 512, resa inter partes; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del commissariato straordinario e del comune di Muro Lucano; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 21 giugno 1994 la relazione del consigliere Giaccardi e uditi, altresi', l'avv. Colacino, l'avv. dello Stato Aiello e l'avv. Martuscelli; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con sentenza 30 dicembre 1987, n. 312, il tribunale amministrativo regionale della Basilicata ha respinto otto ricorsi, separatamente proposti dalle sorelle Maria, Arcangela e Rosmunda Massari, avverso i seguenti provvedimenti: quanto ai ricorsi nn. 162 e 163/1981, il decreto del commissario straordinario del Governo per le zone terremotate della Campania e della Basilicata, 10 marzo 1981, n. 571, comunicato con note del sindaco di Muro Lucano in data 17 e 30 marzo successivi, con il quale il comune di Muro Lucano e' stato autorizzato all'occupazione d'urgenza, per la durata di due anni prorogabili fino a cinque, di tre terreni di proprieta' delle ricorrenti, della complessiva dimensione di circa 32.500 metri quadrati, da destinarsi all'insediamento provvisorio con prefabbricati mobili dell'abitato comunale rimasto distrutto a seguito del sisma del 23 novembre 1980, nonche', in qualita' di atti presupposti, le deliberazioni della giunta municipale di Muro Lucano 12 dicembre 1980, n. 560, 6 febbraio 1981, n. 41, 11 febbraio 1981, n. 54, e 6 marzo 1981, n. 79; quanto ai ricorsi nn. 219, 220 e 221/1986, il decreto in data 20 gennaio 1986, con il quale il sindaco di Muro Lucano ha pronunziato l'espropriazione dei suddetti terreni, ai sensi della legge 18 aprile 1984, n. 80; quanto ai ricorsi nn. 241, 242 e 243/1987, la deliberazione 10 novembre 1986, n. 649, con la quale la giunta municipale di Muro Lucano ha "fatto proprio" il suddetto decreto sindacale ed ha, anche autonomamente, espropriato i terreni di cui trattasi. Con la medesima sentenza il t.a.r. Basilicata ha, infine, dichiarato l'improcedibilita' per sopravvenuto difetto d'interesse di un nono ricorso (n. 640/85) congiuntamente proposto dalle tre sorelle Massari per l'annullamento del piano regolatore generale del comune di Muro Lucano, adottato con deliberazione consiliare 13 maggio 1982, n. 46, ed approvato con decreto 15 aprile 1985, n. 389, del Presidente della giunta regionale, nella parte in cui trasformava in "verde pubblico attrezzato" l'originaria destinazione agricola dei medesimi terreni di proprieta' delle ricorrenti, successivamente espropriati per le finalita' di cui alla citata legge n. 80/l984. Avverso la suddetta decisione si gravano, con unico ricorso in appello, le sorelle Massari, richiamando integralmente tutte le censure dedotte con i ricorsi introduttivi e lamentando specificamente i seguenti errori ed incongruenze della sentenza appellata: A) con riferimento all'impugnazione del provvedimento di occupazione d'urgenza per la realizzazione di insediamenti provvisori e degli atti connessi, il primo giudice non fornirebbe adeguata motivazione in ordine al rigetto delle due doglianze dedotte nel ricorso introduttivo, in ordine, rispettivamente: a) alla perplessita' della scelta comunale circa le dimensioni delle aree da occupare; b) alla mancanza di un'adeguata indagine comparativa ai fini della scelta delle suddette aree; B) con riferimento all'impugnazione dei provvedimenti di espropriazione dei terreni delle ricorrenti, si ripropone l'eccezione di legittimita' costituzionale - gia' disattesa dal t.a.r. con declaratoria di manifesta infondatezza - dell'art. 6, commi terzo e quarto (attualmente quarto e quinto, a seguito delle modifiche introdotte con d.-l. n. 48/1986), della legge n. 80/1984, in relazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione, nella parte in cui la suddetta norma consente ai comuni di espropriare le aree in precedenza occupate per l'installazione di insediamenti provvisori, al solo fine di acquisirle ai loro patrimoni, a prescindere dalla destinazione urbanistica impressa su di esse; C) con riferimento all'impugnativa del p.r.g., si contesta la declaratoria di improcedibilita' per sopravvenuto difetto d'interesse, nell'eventualita' che i successivi provvedimenti di esproprio vengano annullati in sede di appello, e si ripropongono integralmente le doglianze gia' dedotte con l'originario ricorso. Resistono all'appello il commissario straordinario di Governo e il comune di Muro Lucano, chiedendone il rigetto e la conseguente conferma della decisione di primo grado, previa declaratoria di manifesta infondatezza della riproposta eccezione di legittimita' costituzionale. Il comune sviluppa, cautelativamente, le proprie argomentazioni difensive anche in forma di appello incidentale condizionato, ad eventuale aggiunta, integrazione e completamento della motivazione della sentenza di primo grado. In esito a discussione orale, alla pubblica udienza del 21 giugno 1994 l'appello e' passato in decisione. D I R I T T O 1. - Con sentenza parziale in data odierna, la sezione ha rigettato l'appello proposto dalle sorelle Massari avverso il capo di decisione con cui sono stati respinti gli originari ricorsi nn. 162 e 163/1981 r.g. t.a.r. Basilicata, proposti avverso il decreto del commissario straordinario del Governo per le zone terremotate della Campania e della Basilicata 10 marzo 1981, n. 571, di autorizzazicne all'occupazione d'urgenza di terreni di proprieta' delle ricorrenti, nonche' avverso alcune presupposte e connesse deliberazioni della giunta municipale di Muro Lucano. 2. - La medesima decisione parziale ha altresi' dichiarato inammissibili, e comunque respinto, i motivi d'appello genericamente dedotti avverso il capo di decisione che ha, a sua volta, respinto o dichiarato inammissibili il primo, secondo e terzo motivo degli originari ricorsi nn. 219, 220 e 221/1986, 241, 242 e 243/1987 r.g. t.a.r. Basilicata, proposti, rispettivamente, avverso il decreto 20 gennaio 1986 del sindaco di Muro Lucano, con il quale e' stata pronunziata l'espropriazione dei suddetti terreni, ed avverso la deliberazione 10 novembre 1986, n. 649, con la quale la giunta municipale ha "fatto proprio" il suddetto decreto sindacale ed ha, anche autonomamente, espropriato i terreni di cui innanzi. 3. - Resta ora da esaminare il motivo d'appello (sub B) con il quale viene riproposta la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, commi terzo e quarto (attualmente quarto e quinto, a seguito delle modifiche introdotte con d.-l. n. 48/1986), della legge n. 80/1984, in relazione agli artt. 3 e 42 della Costituzione, gia' dedotta con il quarto e conclusivo motivo dei menzionati sei ricorsi di primo grado avverso i provvedimenti espropriativi di sindaco e giunta, e disattesa dal t.a.r. Basilicata con declaratoria di manifesta infondatezza. La suddetta questione e', innanzitutto, rilevante ai fini della decisione del presente giudizio, nella parte non ancora definita con sentenza parziale. La ritenuta infondatezza, o inammissibilita', di tutte le ulteriori censure dedotte in primo grado, e solo genericamente riproposte in appello, avverso i provvedimenti espropriativi implica infatti che soltanto una declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma legislativa su cui si fonda l'esercizio del potere de quo - e cioe' il menzionato art. 6, quarto e quinto comma, della legge n. 80/1984 - potrebbe comportare l'annullamento degli impugnati atti ablatori, e quindi un esito del giudizio parzialmente favorevole alle appellanti, altrimenti destinate a totale soccombenza. 4. - La dedotta questione di legittimita' costituzionale e' rilevante anche con riguardo alla definizione di altra parte del presente giudizio. Ossia di quella relativa all'impugnazione, fatta dalle Massari, del capo di decisione che ha dichiarato l'improcedibilita' per sopravvenuto difetto d'interesse dell'originario ricorso n. 640/1985 r.g. t.a.r. Basilicata. Il quale fu proposto avverso il piano regolatore generale di Muro Lucano, adottato con deliberazione consiliare 13 maggio 1982, n. 46, ed approvato con d.p.g.r. 15 aprile 1985, n. 389, nella parte in cui destina a verde privato attrezzato le medesime aree di proprieta' delle ricorrenti, gia' a destinazione agricola, incise dai successivi, menzionati provvedimenti espropriativi in applicazione della legge n. 80/1984. L'attuale situazione di carenza d'interesse all'annullamento di previsioni urbanistiche superate dagli atti ablatori medio tempore adottati verrebbe, infatti, meno ove detti provvedimenti venissero a loro volta caducati in esito al presente giudizio d'appello: eventualita' questa che, come sopra ricordato, postula necessariamente la caducazione della norma di legge ordinaria di cui si prospetta il contrasto con i principi costituzionali. 5. - La dedotta questione di costituzionalita' appare, inoltre, non manifestamente infondata. L'art. 6 della legge 18 aprile 1984, n. 80 (ad oggetto: "conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. 28 febbraio 1984, n. 19, recante proroga dei termini ed accelerazione delle procedure per l'applicazione della legge 14 maggio1981, n. 219 e successive modificazioni") prevede, al quarto ( ex terzo) comma, che "i comuni che, ai sensi dell'ordinanza del commissario del Governo per le zone terremotate n. 69 del 29 dicembre 1980, hanno individuato ed utilizzato aree destinate all'installazione di insediamenti provvisori, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge espropriano tali aree, acquisendole al patrimonio comunale anche nell'ipotesi di intervenuta scadenza del termine finale previsto per l'occupazione d'urgenza". Aggiunge il successivo quinto ( ex quarto) comma che "le aree di cui al comma precedente sono espropriate indipendentemente dalla loro attuale destinazione urbanistica". Il termine annuale sopra citato e' stato quindi prorogato al 31 dicembre 1986 dall'art. 1, punto 3, del d.-l. 28 febbraio 1986, n. 48, convertito nella legge 18 aprile 1986, n. 119: entro tale scadenza rinnovata sono quindi intervenuti i provvedimenti espropriativi del sindaco e della giunta di Muro Lucano, della cui legittimita' si discute nel presente giudizio. 5. - Nel giudizio di primo grado le ricorrenti hanno sollevato formalmente questione di legittimita' costituzionale della normativa richiamata, osservando in particolare che le espropriazioni ivi previste perseguirebbero unicamente lo scopo di incrementare i patrimoni comunali, con conseguente violazione dell'art. 42, terzo comma, Cost., nella parte in cui e' consentita l'espropriazione della proprieta' privata soltanto "per motivi di interesse generale". L'eccezione e' stata ritenuta manifestamente infondata dal t.a.r. della Basilicata sulla base di un unico rilievo: che, cioe', l'acquisizione delle aree in questione ai patrimoni comunali sarebbe finalizzata alla realizzazione dei piani di zona di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e di quelli per gli insediamenti produttivi di cui all'art. 27 della legge 22 ottobre l971, n. 865, dei quali i comuni disastrati debbono dotarsi, a norma dell'art. 28, secondo comma, lett. A-B, della legge 14 maggio 1981, n. 219, in vista della sostituzione del patrimonio edilizio distrutto e non ricostruibile in loco. E poiche' l'utilizzazione delle aree ricadenti nei piani suddetti ha luogo, anche ai sensi del quattordicesimo comma del citato art. 28, mediante assegnazione a privati da parte del comune, quest'ultimo deve necessariamente farsi carico della previa acquisizione delle stesse al proprio patrimonio, cosi' come previsto anche dagli artt. 9, ultimo comma, legge n. 167/1962 e 27, quinto comma, legge n. 865/1971. 6. - L'argomento svolto dal primo giudice non appare condivisibile. In particolare, da una lettura coordinata delle disposizioni di cui agli artt. 28, secondo comma, della legge n. 219/1981 e 6, commi quarto e quinto della legge n. 80/1984, non sembra evincersi univocamente che le espropriazioni previste dalla seconda disposizione siano necessariamente finalizzate alla realizzazione degli interventi previsti dalla prima. Al contrario, proprio il citato art. 28 della legge n. 219, nel prevedere che i comuni debbono dotarsi di strumenti urbanistici attuativi (p.e.e.p. e p.i.p.) per sopperire alle immediate esigenze di ricostruzione, prefigura un sistema di intervento nel quale la scelta pianificatoria di dettaglio, eventualmente anche in deroga rispetto alle previsioni degli strumenti generali, costituisce un prius - sul piano cronologico e logico - rispetto agli interventi espropriativi, finalizzati all'acquisizione di quelle aree - e di esse soltanto - che gli strumenti attuativi destinano agli interventi ivi contemplati. Sotto questo profilo, e' chiaramente erroneo anche il richiamo operato dal t.a.r. alle disposizioni di cui agli artt. 9, ultimo comma, della legge n. 167/1962 e 27, quinto comma, della legge n. 865/1971, posto che tali norme contemplano l'acquisizione al patrimonio comunale di aree gia' individuate dai rispettivi piani esecutivi, laddove l'art. 6 della legge n. 80/1984 conferisce ai comuni un potere di esproprio generalizzato, da attuarsi entro una scadenza temporale definita, a prescindere dalla previa adozione dei piani attuativi previsti dalla legge n. 219 (della cui esistenza, invero, non vi e' menzione alcuna negli atti di causa), e comunque senza la previsione, a livello legislativo, di alcun rapporto di diretta e necessaria strumentalita' tra l'intervento ablatorio e la successiva - meramente eventuale - riutilizzazione delle aree espropriate secondo le finalita' proprie dei menzionati strumenti pianificatori. La stessa, ricordata previsione del quinto comma dell'art. 6 (sulla quale si dovra' tornare, ad altri fini, anche in prosieguo) testimonia chiaramente come la scelta del legislatore del 1984 si sia indirizzata nel senso di configurare il potere espropriativo ivi conferito ai comuni come totalmente svincolato dal quadro della previgente pianificazione urbanistica, sia di livello generale, sia - per quanto qui interessa - di livello attuativo: con l'ovvia conseguenza che, nel sistema introdotto dalla legge n. 80, ne' la previa adozione dei piani esecutivi ex art. 2 della legge n. 219 costituisce presupposto e condizione di legittimita' dell'intervento espropriativo, ne' la mancata successiva adozione di tali piani puo' incidere ex post sull'efficacia di provvedimenti ablatori medio tempore adottati - comportando, ad esempio, la retrocessione dei beni non utilizzati ne' piu' utilizzabili per le finalita' della ricostruzione - difettando ogni previsione legislativa in tal senso e dovendosi, al contrario ritenere che le aree, una volta genericamente acquisite ai patrimoni comunali, siano quindi suscettibili di ogni possibile destinazione. 7. - Il vero e', come esattamente dedotto dalle odierne appellanti, che l'unico momento di collegamento identificato dal legislatore tra esercizio del potere espropriativo e finalita' di interesse generale consiste nella circostanza che al procedimento ablatorio ex art. 6 legge n. 80/1984 sono assoggettabili tutti ed esclusivamente i terreni gia' in precedenza utilizzati per la realizzazione di insediamenti provvisori, in attuazione delle disposizioni impartite dal commissario straordinario nell'immediatezza dell'evento calamitoso. Tale circostanza, peraltro, lungi dal porre la norma al riparo da ogni dubbio di incostituzionalita', sembra di per se' avvalorare il giudizio di non manifesta infondatezza della questione dedotta. In sintesi, pare al collegio che il disegno normativo all'esame rechi in se' un'irrazionale inversione degli ordinari rapporti configurantisi tra procedimento espropriativo e procedimento di occupazione d'urgenza. Cio' nel senso che la scelta espropriativa e' qui direttamente legata, e condizionata, alla diversa scelta compiuta in via di urgenza, al fine di far fronte in via immediata e provvisoria ad una situazione di grave emergenza. Laddove, nel sistema ordinario, il provvedimento di occupazione assume un ruolo meramente strumentale rispetto alla realizzazione di un programmato e gia' definito intervento di pubblica utilita', al quale dovra' darsi compiutamente corso attraverso lo strumento espropriativo. La normale coincidenza, in unico atto, della dichiarazione di pubblica utilita' e di quella di indifferibilita' ed urgenza testimonia, anche visivamente, come negli ordinari procedimenti volti alla realizzazione di opere di pubblica utilita' vi sia, a monte, un'unica scelta progettuale dalla quale si dipartono, parallelamente, sia gli interventi preordinati alla definitiva acquisizione delle aree occorrenti, sia quelli finalizzati all'immediata occupazione delle stesse, in vista di una sollecita realizzazione delle opere. Nella fattispecie in esame non vi e', per contro, tale coincidenza. La scelta originaria, volta unicamente alla realizzazione di "insediamenti provvisori" per fronteggiare a tempi brevi una situazione di indilazionabile emergenza, viene successivamente, a distanza di cinque anni, adattata (o, forse piu' esattamente, forzata), per soddisfare altre, e per giunta legislativamente non definite, finalita' a carattere permanente, senza che sia rinvenibile alcun nuovo momento di valutazione e di scelta - con correlativa ponderazione dei diversi interessi pubblici e privati - tale da giustificare la definitiva appropriazione del bene alla mano pubblica. Per le considerazioni fin qui svolte, la sezione ritiene non manifestamente infondato il dubbio circa il contrasto fra la norma in esame e l'art. 42, terzo comma, Cost., sotto il duplice profilo della mancanza di ogni previsione legislativa atta ad identificare "motivi di interesse generale" che giustifichino il definitivo ed integrale sacrificio della proprieta' privata, nonche' - correlativamente - dell'inadeguatezza del riferimento legislativo alla pregressa utilizzazione dei terreni per la realizzazione di interventi provvisori, al fine di sorreggere la permanente e definitiva destinazione degli stessi a finalita' di pubblico interesse. 8. - Con la sentenza parziale in data odierna questa sezione, nel rigettare i ricorsi proposti nei confronti dei provvedimenti di occupazione d'urgenza finalizzati alla realizzazione degli insediamenti provvisori, ha avuto modo di rilevare come le scelte amministrative relative alla dimensione e localizzazione delle aree possano legittimamente prescindere da una compiuta ed approfondita istruttoria, tale da comportare una valutazione comparativa tra tutte le aree potenzialmente idonee allo scopo, dovendo in tal caso accordarsi prevalenza all'interesse pubblico ad una sollecita realizzazione di interventi urgenti e indilazionabili, volti a soddisfare esigenze primarie della collettivita', quali l'abitazione e i servizi pubblici essenziali. I rilievi esposti, peraltro, mentre valgono a legittimare interventi provvisori da attuarsi sotto la spinta dell'emergenza, non possono parimenti attagliarsi ad interventi a carattere permanente, finalizzati a scopi di interesse pubblico destinati a protrarsi nel tempo, per i quali riemerge la necessita' di un'adeguata ponderazione e comparazione degli interessi coinvolti, e quindi anche un adeguato vaglio selettivo fra le posizioni dei privati suscettibili di potenziale incisione da parte dei pubblici poteri, al fine di assicurarne il minor sacrificio possibile che risulti compatibile con l'interesse pubblico perseguito. Cio' posto, osserva il collegio come l'automatismo contemplato dall'art. 6, della legge n. 80/1984, nel passaggio dalla fase dell'occupazione d'urgenza per la realizzazione di insediamenti provvisori a quella della definitiva espropriazione delle aree a tal fine utilizzate, sembra vulnerare le garanzie sostanziali e procedimentali atte ad assicurare una corretta valutazione comparativa in ordine alla scelta delle aree medesime. Il profilo puo' essere apprezzato, congiuntamente, sia in termini di violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3, primo comma Cost., sia in termini di violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97, primo comma Cost., nella misura in cui il legislatore fa dipendere il sacrificio impresso in via definitiva ad uno piuttosto che ad altro proprietario da valutazioni e scelte sommariamente operate in passato per fronteggiare in via d'urgenza una situazione contingente, anziche' subordinare l'intervento ablatorio ad una rinnovata ed attuale ponderazione degli interessi in gioco. 9. - Un ultimo, ed autonomo, profilo di sospetta incostituzionalita' investe la previsione del quinto ( ex quarto) comma dell'art. 6 in esame, che sancisce il principio dell'assoluta irrilevanza della destinazione urbanistica impressa sulle aree interessate dagli interventi espropriativi di cui trattasi. Nel rilevare come tale principio abbia, in concreto, comportato la pratica vanificazione della scelta pianificatoria a "verde pubblico attrezzato" impressa sulle aree delle ricorrenti dal piano regolatore generale di Muro Lucano adottato dal consiglio comunale nel 1982 ed approvato dalla Regione nel 1985 (nelle more, quindi, fra il provvedimento di occupazione d'urgenza assunto dal commissario straordinario nel 1981 e i provvedimenti comunali di espropriazione, risalenti al 1986), osserva il collegio che la previsione di un intervento espropriativo totalmente svincolato dal quadro della pianificazione territoriale pone, di per se', dubbi di compatibilita' con il disegno costituzionale, ed in particolare: a) con l'art. 42, terzo comma, Cost., in quanto l'intervento espropriativo non soltanto non appare giustificato da "motivi di interesse generale", ma addirittura puo' porsi - ed in concreto si e' posto - in contraddizione con interessi pubblici canonizzati attraverso le scelte pianificatorie; b) con gli artt. 3, primo comma, e 97, primo comma, Cost., sul presupposto che le scelte attuate in sede di pianificazione territoriale, con le relative garanzie sostanziali e procedimentali, tutelino in misura ottimale il diritto dei consociati ad un equanime ed imparziale trattamento da parte dei pubblici poteri; diritto che, per contro, appare vulnerato dalla previsione legislativa di un intervento espropriativo comunque realizzabile, indipendentemente dall'attuale destinazione urbanistica delle aree incise; c) con l'art. 1l8, primo e terzo comma, Cost., nella misura in cui lo stravolgimento delle previsioni urbanistiche derivante dall'intervento espropriativo - sia esso attuato dal sindaco, ovvero dalla giunta municipale - viene ad incidere sull'ambito di competenze costituzionalmente garantite, ed in particolare sulla potesta' pianificatoria istituzionalmente ripartita tra il consiglio comunale e gli organi della regione. 10. - Tutte le questioni di legittimita' costituzionale fin qui prospettate con riguardo all'art. 6, quarto e quinto comma, della legge n. 80/l984, sono altresi' riferibili, con identica prospettazione, all'art. 1, punto 3, del d.-l. 28 febbraio 1986, n. 48, convertito nella legge 18 aprile 1986, n. 119, che ha prorogato al 31 dicembre 1986 il termine per l'esercizio da parte dei comuni del potere espropriativo di cui trattasi. Sotto il profilo della rilevanza, l'estensione a quest'ultima norma dell'incidente di costituzionalita' si giustifica in ragione del fatto che i provvedimenti espropriativi impugnati sono stati emanati dopo la scadenza del termine originario, e nel vigore del termine rinnovato. 11. - Stante la rilevanza e non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' analiticamente sviluppate in parte motiva e sinteticamente riassunte in dispositivo, il giudizio deve essere sospeso - per la parte non definita con decisione parziale - fino alla pronunzia della Corte costituzionale; cui gli atti vengono pertanto trasmessi.
P. Q. M. Visti gli artt. 1 e seguenti della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6, commi quarto e quinto (gia' terzo e quarto), della legge 18 aprile 1984, n. 80, e 1, punto 3 del d.-l. 28 febbraio 1986, n. 48, convertito nella legge 18 aprile 1986, n. 119, in relazione agli artt. 42, terzo comma, 3, primo comma, 97, primo comma, e 118, primo e terzo comma, della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso, per la parte non definita con sentenza parziale in data odierna; Ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata ai presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione quarta, nella camera di consiglio del 21 giugno 1994. Il presidente: PALEOLOGO I consiglieri: LIGNANI - FERRARI - PATRONI GRIFFI Il consigliere, estensore: GIACCARDI 95C0092