N. 10 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 ottobre 1994
N. 10 Ordinanza emessa il 27 ottobre 1994 dalla corte d'appello di Reggio Calabria nel procedimento penale a carico di Mangano Antonino Reato in genere - Oltraggio a magistrato in udienza - Trattamento sanzionatorio - Misura - Previsione di una pena minima edittale di un anno di reclusione - Lamentata eccessiva afflitivita' a fronte del modesto disvalore sociale del fatto - Lesione del principio di ragionevolezza, della finalita' rieducativa della pena e di buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione. (C.P., art. 343). (Cost., artt. 3, 27 e 97).(GU n.4 del 25-1-1995 )
LA CORTE DI APPELLO Udita la relazione della causa fatta all'udienza camerale dal dott. Fiorenza Freni; Sentito il pubblico ministero nella persona del s. proc. gen. dott. Francesco Scuderi; Ha pronunciato la seguente ordinanza. Mangano Antonio, nato il 2 aprile 1955 a Messina, elettivamente domiciliato, c/o avv. A. De Caridi in Gallico (Reggio Calabria) via Lungomare, 47, presente, imputato per il reato di cui all'art. 343, primo e terzo comma, del c.p. per aver offeso l'onere ed il prestigio del dott. Domenico Lazzaro, presidente del tribunale per i minorenni di Messina, usando minacce, profferendo al suo indirizzo, in udienza, le seguenti parole: " .. ma lei mi vuole veramente provocare e stuzzicare, guardi che la mia sopportazione ha un limite" e, richiesto di chiarire il significato di tali espressioni, replicando: "glielo faro' sapere, io procedero' secondo la legge di Dio e degli uomini". In Messina il 9 marzo 1992. APPELLANTE Avverso la sentenza del pretore di Reggio Calabria emessa in data 28 gennaio 1994 con cui dichiara Mangano Antonino colpevole del reato contestatogli e, concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante, nonche' la diminuente di cui all'art. 442 del c.p.p., lo condanna alla pena di mesi cinque e giorni dieci di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa. Con sentenza del giudice per le indagini preliminari presso la pretura di Reggio Calabria del 28 gennaio 1994 Mangano Antonio veniva condannato - previa concessione delle attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante e con la diminuente di cui all'art. 442 c.p.p. - alla pena di cinque mesi e dieci giorni di reclusione, quale colpevole del reato di cui all'art. 343, primo e terzo comma, del c.p., per aver offeso l'onore e il prestigio del dott. Domenico Lazzaro, presidente del tribunale per i minorenni di Messina usando anche minacce, profferendo al suo indirizzo, all'udienza del 9 marzo 1992, in camera di consiglio, le seguenti parole: " .. ma lei mi vuole veramente provocare e stuzzicare, guardi che la mia sopportazione ha un limite" e, richiesto di chiarire il significato di tali espressioni, replicando: "glielo faro' sapere, io procedero' secondo la legge di Dio e degli uomini". Con la stessa decisione veniva concesso al Mangano il beneficio della sospensione condizionale della pena. Avverso la sentenza proponeva appello l'imputato, lamentando la mancata assoluzione; in subordine, deducendo che le espressioni non sono punibili ex artt. 51 del c.p. e 21 Cost; che, in ogni caso, avrebbe dovuto esser assolto ai sensi dell'art. 530 cpv., c.p.p.; in- fine, che la pena andava diminuita. All'odierna udienza, procedutosi in camera di consiglio, presente il Mangano, il p.g. e la difesa hanno concluso come da verbali in atti. Le doglianze concernenti la mancata assoluzione, allo stato, non meritano accoglimento. Infatti, non vi e' dubbio che le frasi sopra riportate pronunciate dal prevenuto, nel corso di un'udienza, nei confronti del presidente del tribunale per i minorenni di Messina, non sono espressioni di critica serena, avendo invece carattere offesivo del prestigio ("ma lei mi vuole veramente provocare e stuzzicare") e minaccioso ("glielo faro' sapere, il procedero' secondo la legge di Dio e degli uomini"). Cio' detto, questa Corte dovrebbe esaminare il motivo con cui si lamenta l'eccessivita' della pena. A tal proposito, prevedendo l'art. 343 del c.p. il limite minimo edittale di un anno di reclusione, sorge la questione di legittimita' costituzionale di tale norma con riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 97 della Costituzione. Ed invero la Corte costituzionale (sentenza 19-25 luglio 1994, n. 341), nel decidere una questione analoga e, cioe', la legittimita' costituzionale della norma che prevedeva il limite minimo edittale di sei mesi di reclusione per l'oltraggio a p.u. (art. 341 del c.p.), ha osservato che tale sanzione come minimo della pena e, quindi, come pena inevitabile anche per le piu' modeste infrazioni "non e' consona alla tradizione liberale italiana e a quella europea (ed) .. appare piuttosto come il prodotto della concezione autoritaria e sociale dei rapporti tra pubblici ufficiali e cittadini, tipica di quell'epoca storica (1930) e discendente dalla matrice ideologica allora dominante, condizione che e' estranea alla coscienza democratica instaurata della Costituzione repubblicana, per la quale il rapporto tra amministrazione e societa' non e' un rapporto di imperio, ma un rapporto strumentale alla cura degli interessi di quest'ultima". Anche per la fattispecie per cui si procede puo' dirsi che il necessario e ragionevole bilanciamento di interessi che presiede alla determinazione della misura della pena deve tener conto del mutato rapporto, rispetto al codice del 1930, tra amministrazione della giustizia e societa'. La Corte costituzionale ha, altresi', rilevato che la manifesta irragionevolezza dell'art. 341 del c.p. emerge dal raffronto con il trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 594 del c.p. Le stesse argomentazioni possono farsi per il criterio sanzionatorio di cui all'art. 343 del c.p. Anche se questo e' un reato plurioffensivo e rende ragionevole un trattamento sanzionatorio piu' grave, cio' non toglie, come ha rilevato la Corte costituzionale per l'art. 341, del c.p., che nei casi piu' lievi il prestigio e il buon andamento dell'amministrazione della giustizia appaiono colpiti in modo cosi' irrosorio da non giustificare una pena minima tanto elevata (un anno). Infine, appare pure un contratto con l'art. 97, primo comma, Cost. in quanto l'inadeguatezza in eccesso di una sanzione penale determina costi processuali rilevanti e tale effetto viola il princio del buon andamento e dell'imparzialita' dell'amministrazione. La questione prospettata e' rilevante nel presente processo, in quanto se essa fosse accolta, questa Corte d'appello potrebbe applicare una pena inferiore a quella inflitta dal pretore (pur ponendo a base il minimo edittale, concedendo le attenuanti generiche, formulando un giudizio di prevalenza ex art. 69 del c.p. e applicando la diminuente di cui all'art. 442 del c.p.p.) pena inferiore certamente piu' adeguata alla modestia del fatto. Sono conseguenziali i provvedimenti ordinativi di cui al dispositivo.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, solleva d'ufficio, in quanto rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3, 27, terzo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 343 del c.p. nella parte in cui prevede la pena minima edittale di un anno di reclusione; Sospende il presente procedimento; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la notifica della presente ordinanza alla parte ed al p.g. nonche' al Presidente del consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Reggio Calabria, addi' 27 ottobre 1994 Il presidente: LANZA VOLPE Il consigliere estensore: FRENI 95C0095