N. 7 SENTENZA 11 - 12 gennaio 1995

 
 
 Giudizio sulla ammissibilita' della richiesta di   referendum
 popolare.
 
 Costituzione   della   Repubblica   italiana   -      Referendum    -
 Radiocomunicazioni  -  Rai-Radio  televisione  italiana - Titolarita'
 delle azioni - Riserva esclusiva allo Stato, enti pubblici e societa'
 a totale partecipazione pubblica - Possibilita' di  consentire  anche
 ai  privati  di  partecipare  al  capitale  azionario  della societa'
 concessionaria  del  servizio  pubblico  radiotelevisivo  -   Quesito
 rispondente  ai  requisiti di omogeneita', univocita' e completezza -
 Eventualita' di una partecipazione privata al capitale azionario  non
 in  contrasto  con la natura pubblica del servizio radio televisivo -
 Ammissibilita'.
 
 (Legge 6 agosto 1990, n. 223, art. 2, secondo comma; d.-l. 19 ottobre
 1992, n. 408, art. 1, convertito, con modificazioni, nella  legge  17
 dicembre 1992, n. 483)
 
(GU n.3 del 18-1-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art.  2,  primo  comma,
 della  legge  costituzionale  11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
 referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 2, comma 2, della
 legge  6  agosto  1990,  n.  223,  recante  "Disciplina  del  sistema
 radiotelevisivo  pubblico  e  privato", limitatamente alle parole: "a
 totale partecipazione pubblica", nonche' dell'articolo 1 del  decreto
 legge  19  ottobre  1992,  n.  408,  recante "Disposizioni urgenti in
 materia di pubblicita' radiotelevisiva", convertito  in  legge  dalla
 legge 17 dicembre 1992, n. 483, iscritto al n. 70 del registro refer-
 endum;
    Vista  l'ordinanza  del  30  novembre  1994 con la quale l'Ufficio
 centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione  ha
 dichiarato legittima la richiesta;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Enzo Cheli.
                           Ritenuto in fatto
    1. - L'Ufficio centrale per il referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di  refer-
 endum  popolare  presentata  da  Calderoli  Roberto,  Maroni Roberto,
 Magnabosco Antonio e Leoni Orsenigo Luca, concernente l'abrogazione:
       a) dell'art. 2, comma 2, della legge 6  agosto  1990,  n.  223,
 recante  "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato",
 limitatamente alle parole "a totale partecipazione pubblica";
       b) dell'art. 1 del decreto  legge  19  ottobre  1992,  n.  408,
 convertito,  con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483,
 recante   "Disposizioni   urgenti   in   materia    di    pubblicita'
 radiotelevisiva".
    2.  -  Con  ordinanza in data 30 novembre 1994, l'Ufficio centrale
 per  il  referendum,  verificati  i  risultati  delle  operazioni  di
 riscontro  compiute  dal  Centro  elettronico di documentazione della
 Corte di cassazione, ha dichiarato legittima la richiesta di referen-
 dum in oggetto.
    3. - Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza,  il  Presidente  di
 questa  Corte  ha fissato il giorno 9 gennaio 1995 per la conseguente
 deliberazione in Camera di consiglio, dandone comunicazione, ai sensi
 dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n.  352,  ai
 presentatori  della  richiesta  ed  al  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri.
    4. - I presentatori della richiesta ed il Presidente del Consiglio
 non hanno  presentato  memorie  ne'  sono  comparsi  alla  Camera  di
 consiglio.
                        Considerato in diritto
   1. - Il quesito referendario investe: a) parte dell'art. 2, secondo
 comma,  della  legge 6 agosto 1990, n. 223, che prevede l'affidamento
 in concessione del servizio pubblico radiotelevisivo ad una  societa'
 per azioni "a totale partecipazione pubblica" (il quesito e' limitato
 alle parole richiamate tra virgolette); b) l'intero testo dell'art. 1
 del  decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408 (convertito nella legge 17
 dicembre  1992, n. 483), dove si stabilisce che "le azioni della "RAI
 -  Radiotelevisione  italiana  -   Societa'   per   azioni"   possono
 appartenere  soltanto  allo  Stato  ad  enti  pubblici o a societa' a
 totale partecipazione pubblica".
    Il referendum si  propone  di  abrogare  le  norme  che  riservano
 esclusivamente  alla mano pubblica (Stato, enti pubblici e societa' a
 totale partecipazione pubblica) la  titolarita'  delle  azioni  della
 societa'   concessionaria   del   servizio  pubblico  radiotelevisivo
 (RAI-Radiotelevisione italiana): questo al fine di  consentire  anche
 ai  privati  la  possibilita' di partecipare al capitale azionario di
 tale societa'.
    2. - Va innanzitutto constatato che il  quesito  referendario  non
 incorre in alcuna delle cause di inammissibilita' espressamente enun-
 ciate   nell'art.   75,  secondo  comma,  della  Costituzione  ovvero
 desumibili, in via di  interpetrazione  logico-sistematica,  da  tale
 norma (v. sentenza n. 16/1978).
    Il  quesito risponde anche ai requisiti di omogeneita', univocita'
 e completezza richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte in  tema
 di  ammissibilita'  dei  referendum.  Tale  quesito risulta, infatti,
 ispirato  da  una   matrice   razionalmente   unitaria,   chiaramente
 percepibile  dall'elettore  e  individuabile  nel  superamento  della
 disciplina che impone attualmente l'imputazione delle quote azionarie
 della societa' concessionaria del servizio  pubblico  radiotelevisivo
 soltanto  alla  sfera pubblica, rappresentata dallo Stato, dagli enti
 pubblici e dalle societa' a totale partecipazione pubblica.
    3. - Ne' l'esito referendario, ove fosse positivo, ammettendo  una
 partecipazione     privata     al     capitale     azionario    della
 "RAI-Radiotelevisione italiana", potrebbe risultare  in  contrasto  -
 cosi'  da  pregiudicare la chiarezza e l'univocita' del quesito - con
 la  natura  pubblica  del  servizio  radiotelevisivo  ovvero  con  il
 carattere  di  societa' di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi
 dell'art. 2461 cod. civ., alla concessionaria di tale servizio.  Tali
 elementi  possono,  infatti, operare indipendentemente dalla qualita'
 pubblica o privata dei  soggetti  titolari  del  capitale  azionario,
 riguardando,  invece, la specialita' del complessivo regime giuridico
 del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria:  specialita'
 connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in
 ogni caso, non puo' non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio (v.
 sentenza n. 58/1965).
    Sempre  in  caso  di  esito positivo della vicenda referendaria il
 legislatore potra', d'altro canto, adattare e integrare la disciplina
 di tale regime speciale, in relazione  ai  possibili  riflessi  nella
 gestione  sociale  della  partecipazione  privata  al  capitale della
 societa' concessionaria.
    4. -  Il  quesito  referendario  va,  di  conseguenza,  dichiarato
 ammissibile.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione dell'art. 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223
 (Disciplina  del  sistema  radiotelevisivo   pubblico   e   privato),
 limitatamente alle parole "a totale partecipazione pubblica", nonche'
 dell'art.  1  del  decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito,
 con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483 (Disposizioni
 urgenti   in   materia  di  pubblicita'  radiotelevisiva),  richiesta
 dichiarata  legittima  dall'Ufficio  centrale   per   il   referendum
 costituito  presso  la  Corte  di  cassazione  con  ordinanza  del 30
 novembre 1994.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0102