N. 24 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 1994

                                 N. 24
 Ordinanza  emessa  il  18  novembre  1994  dal pretore di Gorizia nel
 procedimento penale a carico di Pocar Gian Marco
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Ritenuta riconducibilita'
    di detto "istituto di clemenza" alla  amnistia  -  Previsione  con
    decreto-legge   -   Lamentata   mancata   osservanza  della  forma
    costituzionalmente prevista per  la  concessione  dell'amnistia  -
    Irragionevolezza  -  Violazione  del  principio  di  eguaglianza -
    Richiamo alla sentenza n. 369/1988.
 (D.-L. 27 settembre 1994, n. 551, art. 1, primo, secondo, terzo,
    quarto, quinto, sesto e settimo comma,  modificato  dal  d.-l.  28
    ottobre 1994, n. 601, art. 3, quarto comma).
 (Cost., artt. 3 e 79).
(GU n.5 del 1-2-1995 )
                              IL PRETORE
   Considerato  che  nel  proc.  sub.  r.g.  n. 578/1994 della pretura
 circondariale di Gorizia Pocar Gian Mario imputato del reato  di  cui
 agli  artt.  81,  del  c.p.,  20,  lett.  b)  della  legge n. 47/1985
 accertato in Cormons  (Gorizia)  il  20  marzo  1993  ha  chiesto  di
 sospendere  il  procedimento  pendendo il termine per la richiesta di
 condono edilizio di cui ai d.-l. 551  e  601  del  1994,  sentite  le
 parti, osserva quanto segue.
   Rilevanza  di una questione di costituzionalita' dei commi 1, 2, 3,
 4, 5, 6, 7 dell'art. 1 del decreto-legge 27 settembre 1994,  n.  551,
 come  modificato  dall'art.  3,  quarto  comma,  del decreto-legge 28
 ottobre 1994, n. 601.
    L'art. 1, primo comma, del d.-l. 27 settembre  1994,  n.  551,  ha
 previsto che le disposizioni del condono edilizio di cui al capo IV e
 V  della  legge 28 febbraio 1985, n. 47, si applichino anche ad opere
 ultimate dopo il 1 ottobre 1983 (data originariamente prevista  dalla
 legge  n.  47/1985)  e  fino  al  31  dicembre  1993 purche' vi siano
 determinati requisiti, essenzialmente volumetrici. I commi da 2  a  7
 del  medesimo articolo, come modificato dal d.-l. 28 ottobre 1994, n.
 601, hanno reso operativa la disciplina rifissando, alla  luce  delle
 nuove  scadenze,  forme  e tempi dei vari passaggi procedurali, fra i
 quali la sospensione di cui all'art. 44 della legge n. 47/1985.
    Come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 369
 del  31  marzo  1988  l'avvenuta   richiesta   di   sospensione   del
 procedimento   penale,   quale  manifestazione  inequivocabile  della
 volonta' dell'imputato di avvalersi del condono, rende rilevante, nel
 giudizio  in  cui  e'  formulata,  le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale relative alla legge che concede il condono stesso.
   Non  manifesta infondatezza della questione suddetta per violaziane
 dell'art. 79 Cost.
    Dopo l'emanazione della legge di revisione costituzionale n. 1 del
 6 marzo 1992  va  rivisitata  l'impostazione  interpretativa  accolta
 anche  dalla Corte costituzionale, secondo cui il condono e' istituto
 non  assimilabile,  sotto  il  profilo  delle  garanzie  procedurali,
 all'amnistia.
    Pur  potendosi  convenire  che  il  condono  e' misura di clemenza
 "particolare ed atipica" in  quanto  sfrutta  l'antodenuncia,  impone
 specifici  oneri  e  sottopone  il  relativo  adempimento  a forme di
 controllo amininistrativo e giurisdizionale, non  di  scarso  momento
 risultano  gli  elementi  di  collateralita'  tra  condono e amnistia
 condizionata, istituti che escludono  la  punibilita'  per  categorie
 generali  di reati commessi fino ad una certa data e subordinano tale
 effetto a particolari adempimenti.
    E'  dubbio  che  le  gravose  e  garantistiche  che  modalita'  di
 approvazione stabilite dal novellato art.  79  Cost.  possano  essere
 pretermesse  ricorrendo, come nel caso del d.-l. n. 551/1994, a forme
 piu' o meno inedite di esercizio della "generale potesta' di clemenza
 dello Stato", purche' diverse dall'amnistia.
   Non manifesta infondatezza della questione suddetta per  violazione
 dell'art. 3 Cost.
    Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 369
 del  31  marzo 1988) ogni qual volta il legislatore, interrompendo il
 nesso costante tra reato e  punibilita',  utilizza  quest'ultima  per
 fini  estranei  a  quelli  relativi  alla  difesa  dei  beni tutelati
 attraverso l'incriminazione penale, tale uso, incidendo negativamente
 sul principio di eguaglianza, deve trarre  la  sua  "giustificazione"
 nel  quadro  costituzionale  e  questa  "giustificazione" deve essere
 particolarmente stringente quando l'effetto estintivo debba spiegarsi
 nei confronti di reati, come quelli  edilizi,  che  violano  precetti
 posti a tutela di fondamentali esigenze della comunita'.
    A  questo  proposito non e' piu' sostenibile (a meno di dieci anni
 dal precedente condono edilizio) che il  legislatore  abbia  ritenuto
 che  "le  fondamentali esigenze sottese al governo del territorio non
 potevano essere validamente difese per il futuro  se  non  attraverso
 l'estinzione  della  punibilita'  dei passati abusi edilizi di massa"
 (cfr. Corte costituzionale n. 369/1988 cit.).
    Se questa giustificazione poteva avere  un  senso  nel  quadro  di
 riforme  complessive  del 1985, essa risulta oggi come una formula di
 stile utilizzabile ad ogni (ciclica) occasione, mentre appare  dubbio
 che l'abdicazione delle suddette fondamentali esigenze di governo del
 territorio   alle  logiche  dell'abusivismo  edilizio  possa  trovare
 adeguata  legittimazione  nelle  esigenze,  citate  in  premessa   al
 decreto-legge  n.  351/1994,  di rilanciare le attivita' economiche e
 favorire la ripresa delle  attivita'  imprenditoriali,  beni  la  cui
 tutela  costituzionale e' subordinata all'utilita' sociale e non gia'
 identificata con essa (art. 41 e 42 Cost.).
    Tantomeno  ragionevole  appare  il  sacrificio  del  principio  di
 uguaglianza  insito nella misura di clemenza quando la finalita' sia,
 invece, quella di recupero una tantum di risorse finanziarie.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,  in  relazione
 agli  artt.  79  e 3 della Costituzione, la questione di legittimita'
 costituzionale dei commi 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 dell'art. 1 del decreto-
 legge 27 settembre 1994, n. 551, come modificato dall'art. 3,  quarto
 comma, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 601;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale ed ordina la sospensione del giudizio in corso;
    Ordina, altresi' che la  presente  ordinanza,  letta  in  pubblica
 udienza,  sia notificata, a cura della cancelleria, al Presidente del
 Consiglio dei Ministri e che ne sia data comunicazione ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Gorizia, addi' 18 novembre 1994
                          Il pretore: MILOECO
 
 95C0138