N. 25 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 novembre 1994

                                N. 25
 Ordinanza  emessa il 17 novembre 1994 dalla commissione tributaria di
 primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Zanola Claudio contro
 l'Ufficio del registro di Domodossola
 Contenzioso tributario - Obbligo sanzionato (con pena pecuniaria da
    lire centomila a un milione da irrogare con decreto  del  Ministro
    delle finanze) per gli organi di giurisdizione amministrativa, che
    vengono  a  conoscenza di fatti che possono configurare violazioni
    tributarie, di comunicarli al comando  della  Guardia  di  finanza
    competente  in  relazione  al  luogo di rilevazione degli stessi -
    Incidenza sul principio dell'indipendenza dei giudici tributari.
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 53, terzo comma, aggiunto
    dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413).
 (Cost., art. 108).
(GU n.5 del 1-2-1995 )
               LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto  da
 Zanola  Claudio, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Mosca,
 viale Azari  n.  80,  Verbania,  contro  l'Ufficio  del  registro  di
 Domodossola.
    Zanola  Claudio,  residente in Domodossola, rappresentato e difeso
 in forza di procura speciale dall'avv. Giuseppe Mosca e presso di lui
 elettivamente domiciliato in Verbania, viale Azari  80,  in  data  11
 aprile  1994  proponeva  un ricorso contro l'avviso di accertamento -
 notificato in data 14 febbraio 1994 - con il quale l'Ufficio registro
 di Domodossola, in relazione alla scrittura privata di  compravendita
 registrata  il  3 aprile 1992, vol. 2V, n. 336, ed avente per oggetto
 terreni  ubicati  alla  periferia  dell'abitato  di  Domodossola   di
 complessivi  mq  2.200,  aveva  rettificato,  ai fini dell'imposta di
 registro e dell'Invim, il valore da L.110.000.000  a  L.  374.000.000
 (L. 170.000 al mq).
    Il   ricorrente  contestava  quanto  affermato  nella  motivazione
 dell'avviso di accertamento "Trattasi di terreni edificabili  per  la
 residenza  con  un  alto  indice  di sfruttamento plano volumetrico",
 mettendo  in  evidenza   che   i   terreni   oggetto   dell'anzidetta
 compravendita   solo   successivamente   all'atto   di  trasferimento
 sarebbero stati dichiarati edificabili e che comunque si  tratterebbe
 di un'edificabilita' fortemente vincolata e limitata.
    Il   ricorrente   chiedeva   in   via   principale  l'annullamento
 dell'impugnato avviso di accertamento e, in subordine, una piu'  equa
 valutazione dei beni e, a sostegno delle sue domande, produceva varia
 documentazione.
    L'ufficio registro di Domodossola resisteva al ricorso.
    La decisione del ricorso, a parere di questo collegio, deve essere
 preceduta   dalla   soluzione   di   una  questione  di  legittimita'
 costituzionale  concernente   l'indipendenza   o   la   mancanza   di
 indipendenza  dei giudici tributari dal Ministro delle finanze, parte
 in causa nei processi tributari o, quanto meno, a questi interessato.
    L'art. 36, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel
 testo aggiunto con la legge 30 dicembre 1991, n. 413, prevede che  "I
 soggetti  pubblici  ..  nonche'  gli  organi giurisdizionali civili e
 amministrativi che, a causa o  nell'esercizio  delle  loro  funzioni,
 vengono   a   conoscenza  di  fatti  che  possono  configurarsi  come
 violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ..  al  comando
 della  Guardia  di  finanza  competente  in  relazione  al  luogo  di
 rilevazione degli stessi, fornendo l'eventuale documentazione atta  a
 comprovarli".
    E  i fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie per
 i quali e' prevista la comunicazione alla  Guardia  di  finanza  sono
 tanti  e,  non  di rado, ma con qualche rischio, sottovalutati; basti
 pensare, a titolo meramente esemplificativo, alla mancata indicazione
 sul ricorso del codice fiscale del contribuente  o  all'irregolarita'
 del  bollo  sugli  atti  processuali  o  sulla documentazione ad essi
 allegata etc.
    Questo  collegio,  pur  non  ignorando  il  diverso  convincimento
 dell'organo  rappresentativo  dell'avvocatura (Il Consiglio nazionale
 forense), in verita' anteriore  all'emanazione  della  citata  norma,
 ritiene  che  le commissioni tributarie siano "organi giurisdizionali
 amministrativi" e quindi che tra i destinatari della citata norma  vi
 siano anche i componenti delle commissioni tributarie ed, ovviamente,
 anche i componenti di questo collegio.
    Nulla  quaestio sull'obbligo di comunicazione imposto dalla citata
 norma anche ai giudici tributari.
    Ma l'eventuale inosservanza  dell'anzidetto  obbligo  puo'  essere
 sanzionata dal Ministro delle finanze.
    L'art. 53, terzo comma, del d.R.P. n. 600/1973, nel testo aggiunto
 con  la  legge  30  dicembre  1991,  n. 413, stabilisce, infatti, che
 "L'inosservanza dell'obbligo di comunicazione, previsto dal  comma  4
 dell'art.  36,  e'  punita  con la pena pecuniaria da L. 100.000 a L.
 1.000.000 da irrogare con decreto del Ministro delle finanze".
    La misura  della  pena  pecuniaria,  peraltro,  non  e'  simbolica
 perche'  -  e'  opportuno  evidenziarlo  - e' pari nel minimo a dieci
 volte e nel massimo a cento volte il compenso previsto per i  giudici
 tributari (L. 10.000 circa per ogni ricorso deciso|).
    La  possibilita'  per  il  ministro  delle  finanze di irrogare ai
 giudici  tributari  (ma  anche  ai  giudici  ordinari)  una  sanzione
 disciplinare  per  eventuali  omissioni collegate all'esercizio delle
 loro funzioni e' incompatibile, a parere di questo collegio,  con  la
 situazione di indipendenza che la Costituzione ha inteso garantire ai
 giudici  ed  anche  ai  giudici  delle  giurisdizioni  speciali (108,
 secondo comma).
    E al fine di garantire l'indipendenza dei giudici tributari, non a
 caso,  il  legislatore  ha  previsto,  con  il  d.lgs.   n.   545/92,
 l'istituzione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
    La  disposizione  di  cui all'art. 53, quarto comma, del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 600, ovviamente,  non  puo'  essere  applicata  da
 questo  giudice  alla  controversia  oggetto di esame, ma la relativa
 questione  di  legittimita'  costituzionale,  oltre  ad  essere  "non
 manifestamente  infondata",  e'  anche "rilevante" in quanto concerne
 l'indipendenza del giudice.
    La Corte  costituzionale,  infatti,  insegna  che  ogni  questione
 concernente l'indipendenza del giudice, anche se relativa a norme che
 non  possono  essere oggetto di applicazione immediata nel giudizio a
 quo, e' sempre "rilevante" (sentenza n. 154/1984).
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge  11  marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara,  d'ufficio,  "non manifestamente infondata" la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 53, terzo comma, del  d.P.R.
 29  settembre  1973,  n.  600,  nel  testo  aggiunto  con la legge 30
 dicembre 1991, n. 413, per violazione dell'art. 108,  secondo  comma,
 della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione;
    Sospende  il  giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza  venga
 notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 17 novembre 1994
                       Il presidente: PISCITELLO
 
 95C0139