N. 30 SENTENZA 12 - 27 gennaio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Professionisti  -  Medici  esercenti  la  professione nel campo della
 medicina del lavoro -  Istituzione  della  nuova  figura  di  "medico
 competente"   -   Requisiti   richiesti   -   Pregresso   svolgimento
 dell'attivita' per almeno un quadriennio - Inconferente richiamo alla
 sentenza n. 100/1989 -  Disciplina  transitoria  -  Ragionevolezza  -
 Discrezionalita' legislativa - Non fondatezza.
 
 (D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, art. 55).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.5 del 1-2-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare
    RUPERTO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 55 del decreto
 legislativo 15 agosto 1991, n. 277  (Attuazione  delle  direttive  n.
 80/1107/CEE,  n.  82/605/CEE,  n.  83/477/CEE,  n.  86/188/CEE  e  n.
 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro  i  rischi
 derivanti  da  esposizione  ad  agenti  chimici,  fisici  e biologici
 durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della legge 30 luglio 1990, n.
 212), promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1993 dal Consiglio
 di Stato sul ricorso proposto da Ramigni Mauro  ed  altri  contro  la
 Regione  Veneto  iscritta  al  n.  46  del  registro ordinanze 1994 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale  della  Repubblica  n.  9,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 9  novembre  1994  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Taluni  medici,  esercenti  la  professione nel campo della
 medicina del lavoro, hanno impugnato il  provvedimento  della  giunta
 regionale  del  Veneto  con  il quale si e' negato loro di proseguire
 nell'attivita' svolta per effetto del decreto legislativo  15  agosto
 1991,  n.  277  (concernente  la protezione dei lavoratori dai rischi
 derivanti da  esposizione  ad  agenti  chimici,  fisici  e  biologici
 durante  il  lavoro,  in attuazione di direttive comunitarie), il cui
 art. 55 consente in via transitoria  di  riconoscere  tale  qualifica
 anche  a  coloro  che,  pur privi dei requisiti richiesti dalla nuova
 disciplina, esercitino l'attivita' di medico del lavoro da  almeno  4
 anni e che entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto stesso
 chiedano  l'autorizzazione  regionale  all'esercizio delle specifiche
 funzioni.
    Vistisi,   in    dipendenza    del    provvedimento    sfavorevole
 dell'amministrazione  regionale,  revocato  l'incarico  di medico del
 lavoro dalle rispettive aziende,  essi  hanno  impugnato  innanzi  al
 giudice amministrativo il provvedimento di diniego e ne hanno chiesto
 in  via  cautelare la sospensione, ma l'istanza e' stata respinta con
 la motivazione che "la sospensione del  provvedimento  impugnato  non
 spiegherebbe alcun effetto favorevole alla parte ricorrente".
    Nel  corso  del giudizio di appello avverso l'ordinanza di rigetto
 del giudice di primo grado, il Consiglio di Stato, con ordinanza  del
 16  novembre  1993,  ha  sollevato,  in  riferimento all'art. 3 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  55
 del decreto legislativo n. 277 del 1991 che reca appunto la normativa
 transitoria  per l'esercizio dell'attivita' di "medico competente" in
 medicina del lavoro da parte dei laureati in medicina e chirurgia non
 in possesso dei requisiti di cui all'art. 3, comma 1, lett.  c),  del
 medesimo decreto.
   Il  giudice  a  quo  sostiene  che  il contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione sarebbe  ravvisabile  nelle  stesse  ragioni  che  hanno
 indotto  la Corte, in una materia analoga (sent. n. 100 del 1989), ad
 affermare che la legge allora impugnata non  avrebbe  potuto,  pur  a
 seguito  della istituzione della nuova laurea in odontoiatria, negare
 il permanere negli interessati dell'idoneita'  ad  esercitare  quella
 attivita' professionale, valutandola come diritto gia' appartenente a
 soggetti  che  in  precedenza  la  svolgevano  con  la sola laurea in
 medicina e chirurgia e l'iscrizione all'albo professionale.
    Inoltre sempre  le  considerazioni  della  Corte,  espresse  nella
 sentenza  citata, varrebbero in relazione alla irrazionale fissazione
 di un termine, in quel caso, per  esercitare  l'opzione  tra  le  due
 attivita'  e,  nel  caso  ora  all'esame,  per  presentare  le  prove
 dell'attivita' esplicata  dagli  interessati  durante  il  prescritto
 quadriennio,  pena  la  loro  esclusione  dagli  elenchi  dei  medici
 abilitati alla medicina del lavoro.
    La rilevanza della questione,  pur  nella  fase  cautelare,  viene
 ravvisata  nel  fatto  che  il provvedimento regionale, eventualmente
 privato della sua base  normativa  con  l'accoglimento  del  proposto
 incidente  di  costituzionalita', diverrebbe illegittimo, consentendo
 al giudice rimettente, anche sotto l'aspetto del fumus, di  accordare
 la  sospensione riabilitando i medici ordinari a svolgere l'attivita'
 nel campo della medicina del lavoro, attivita' prima rientrante nelle
 loro facolta' ed oggi impedita dal diniego della amministrazione.
    2. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri, per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 in  primo  luogo  eccepito  (senza  alcuna motivazione) l'irrilevanza
 della questione, ai fini della decisione del ricorso di appello sulla
 sospensiva negata dal giudice di primo grado.
    Nel merito ha sostenuto l'infondatezza della  censura,  ricordando
 che  l'art.  3  del decreto legislativo n. 277 del 1991, del quale fa
 parte anche la norma impugnata (art. 55), ha istituito, in attuazione
 di direttive comunitarie volte  alla  protezione  dei  lavoratori  da
 rischi derivanti da sostanze chimiche, fisiche e biologiche, la nuova
 figura del "medico competente" in medicina del lavoro con determinati
 requisiti,  con  la  conseguenza  che dalla data di entrata in vigore
 della legge solo tale professionista puo'  svolgere  le  mansioni  di
 tutela della salute di cui alla legge stessa.
    La disciplina transitoria, dettata dalla norma impugnata, e' volta
 a  consentire  lo  svolgimento di dette mansioni a quei soggetti che,
 pur privi dei nuovi requisiti richiesti, gia' le  avessero  espletate
 per  un periodo di tempo sufficientemente prolungato e indicato in un
 quadriennio,  si'  da  far  ritenere  ragionevolmente  acquisita  una
 specializzazione  nella materia equiparabile a quella richiesta dalla
 legge.
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   55   del  decreto  legislativo  15  agosto  1991  n.  277
 (Attuazione  delle  direttive  n.  80/1107/CEE,  n.  82/605/CEE,   n.
 83/477/CEE,  n.  86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione
 dei lavoratori contro i rischi derivanti  da  esposizione  ad  agenti
 chimici,  fisici  e  biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7
 della legge 30 luglio 1990, n. 212). Si  sostiene  nell'ordinanza  di
 rinvio  che  la  disposizione  impugnata  violerebbe  l'art.  3 della
 Costituzione  per  le  medesime  ragioni  poste  a  fondamento  della
 dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  (sent.  n. 100 del
 1989) di analoga  disciplina  per  i  medici  abilitati  impediti  ad
 esercitare  anche  la professione di odontoiatra, prima esercitata in
 base ai titoli posseduti.
    Cio'  in  quanto  la disposizione impugnata - contenuta nel citato
 decreto legislativo, che da' attuazione a  direttive  comunitarie  in
 tema di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da esposizione
 ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro ed istituisce
 all'uopo  la  nuova  figura  di "medico competente" nel settore della
 medicina del lavoro - reca la normativa transitoria per consentire  a
 medici  privi dei requisiti richiesti dalla nuova disciplina, purche'
 abbiano svolto la predetta attivita' per almeno un quadriennio  e  ne
 facciano  domanda entro 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto
 legislativo cit., di continuare a svolgere la pregressa attivita'.
    L'illegittimita' costituzionale sarebbe dunque ravvisabile per  un
 duplice  ordine  di  motivi: a) perche' il diritto di svolgere quella
 attivita'  appartiene  gia'  al  soggetto  in  base  alla   normativa
 pregressa;  b)  perche'  non  e'  logico  sottoporre  ad  un  termine
 perentorio la possibilita' di provare l'esercizio di quella attivita'
 per un quadriennio, pena l'esclusione di  quei  medici  dai  soggetti
 abilitati  all'esercizio  della  medicina  del  lavoro  come  "medici
 competenti".
    2. - Va preliminarmente disattesa l'eccezione di  inammissibilita'
 per  irrilevanza,  dedotta  dall'Avvocatura  generale dello Stato. Il
 giudice a quo ha  proposto  l'incidente  di  costituzionalita'  della
 norma  di  cui  deve  fare applicazione - sia ai fini della decisione
 cautelare che di quella di merito -  prima  di  pronunciarsi  in  via
 definitiva sulla domanda di sospensione del provvedimento impugnato e
 cio'  e'  sufficiente  a  far ritenere la rilevanza (sent. n. 444 del
 1990 e, a contrario, sentt. nn. 498 del 1990, 579 del 1989 e ord.  n.
 142 del 1988).
    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
    Per  chiarire  i termini di essa, va precisato che la disposizione
 impugnata  e'  contenuta  in  un  decreto  legislativo  che  ha  dato
 attuazione  ad  una  serie  di  direttive  comunitarie  in materia di
 protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dalla esposizione
 ad agenti chimici, fisici e biologici  durante  il  lavoro,  a  norma
 dell'art. 7 della legge di delega 30 luglio 1990 n. 212.
    Tali  direttive  tendono a garantire una adeguata sorveglianza, da
 parte delle pubbliche autorita', dello stato di salute di  lavoratori
 esposti  a  tali  rischi,  mediante  adeguati  e  periodici controlli
 chimici  e  biologici,  dettando  prescrizioni  minime  e   lasciando
 impregiudicata  la  facolta'  degli  Stati  membri,  a  tali fini, di
 applicare o  introdurre  disposizioni  legislative,  regolamentari  o
 amministrative piu' rigorose.
    Nella  legge  di  delega  (n.  212 del 1990), che ha dato luogo al
 richiamato decreto legislativo nel quale e' contenuta la disposizione
 impugnata, e' stabilito (art. 7) che la  disciplina  delegata  debba,
 tra   l'altro,   "prevedere  la  definizione  delle  competenze,  dei
 requisiti professionali e delle responsabilita' del medico incaricato
 della sorveglianza sanitaria dei lavoratori". In attuazione  di  tale
 direttiva l'art. 3, lett. c, del decreto legislativo citato definisce
 come  "medico  competente"  ad  effettuare  i  controlli  sanitari in
 precedenza  indicati,  "il  medico,  ove  possibile  dipendente   del
 Servizio sanitario nazionale, in possesso di uno dei seguenti titoli:
 specializzazione  in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
 lavoratori  e  psicotecnica   o   in   tossicologia   industriale   o
 specializzazione  equipollente;  docenza  in medicina del lavoro o in
 medicina preventiva dei lavoratori e psicotecnica o  in  tossicologia
 industriale  o  in  igiene  industriale o in fisiologia ed igiene del
 lavoro; libera docenza nelle discipline suddette". Gli art. 7,  15  e
 seg.  a  loro  volta  elencano  i compiti di tale figura di medico in
 relazione ai diversi rischi cui sono esposti i lavoratori.
    L'art. 55, oggetto della questione, dispone in via transitoria che
 i laureati in medicina e  chirurgia,  pur  sprovvisti  dei  requisiti
 richiesti  (a  regime)  dall'art.  3  cit.,  ma  che  abbiano  svolto
 l'attivita' di medico del  lavoro  per  almeno  quattro  anni,  "sono
 autorizzati  ad  esercitare  la funzione di medico competente". A tal
 fine essi devono presentare all'assessorato regionale  alla  sanita',
 territorialmente  competente,  entro 180 giorni dalla data di entrata
 in  vigore  del  decreto  legislativo  in  esame,  apposita   domanda
 corredata    dalla    documentazione   comprovante   lo   svolgimento
 dell'attivita' per il periodo richiesto.
    4. - Alla luce dei chiarimenti che precedono il richiamo formulato
 dal giudice rimettente alla sentenza di questa Corte n. 100 del 1989,
 per sorreggere la questione sollevata, non appare pertinente.
    Al riguardo va rilevato che la  norma  dichiarata  illegittima  in
 quella  occasione,  pur  dopo  aver  riconosciuto in via di principio
 l'idoneita'  dei  medici  chirurghi  abilitati  all'esercizio   della
 professione  medica,  iscritti  all'Universita'  anteriormente  al 28
 gennaio  1980,  ad  esercitare   la   professione   di   odontoiatra,
 subordinava  l'esercizio  di  quest'ultima  attivita' all'opzione tra
 l'iscrizione all'albo dei medici  chirurghi  e  quella  all'albo  dei
 medici odontoiatri.
    La  sentenza  di  questa  Corte ritenne irrazionale che la legge -
 dopo aver riconosciuto che la specializzazione in  odontoiatria  (per
 la  categoria  dei medici chirurghi iscritti all'Universita' prima di
 una certa data) non  era  indispensabile  per  quei  medici  ai  fini
 dell'iscrizione  all'albo  degli  odontoiatri - una volta che costoro
 avessero  chiesto  l'iscrizione  a  detto  albo,  li  privasse  della
 possibilita'  di  mantenere  l'iscrizione  all'albo professionale dei
 medici chirurghi e quindi di continuare a svolgere la professione  di
 medico   chirurgo,  che  costituisce  "la  naturale  esplicazione  di
 facolta' che derivano dai titoli di laurea ed  abilitanti  posseduti"
 (sent. n. 100 del 1989 cit.).
    Tale  situazione  non  si  verifica  nella  specie, nella quale il
 decreto legislativo - in ottemperanza alle  direttive  comunitarie  e
 tenuto conto che "i medici competenti" nella materia debbono svolgere
 essenzialmente attivita' di controllo della sicurezza del lavoro - ha
 consentito  a determinati medici, che gia' svolgevano quelle funzioni
 prima  del   decreto   legislativo,   di   continuare   a   svolgerle
 subordinandole  ad  un  espressa  domanda dell'interessato. E cio' al
 fine di  cristallizzare,  per  ragioni  di  certezza,  la  situazione
 esistente  ad una certa data dall'entrata in vigore della disciplina,
 in vista del nuovo regime in  precedenza  descritto  (punto  3).  Una
 domanda,  che,  se  proposta,  non  comporta, come nel caso di medici
 chirurghi che volessero esercitare  la  professione  di  odontoiatra,
 alcuna opzione ne' la perdita di alcuna pregressa facolta'.
    Ne' e' irragionevole che il legislatore abbia riconosciuto, in via
 transitoria,  la  qualita'  di  "medico  competente"  nella materia a
 coloro che avessero svolto, almeno da quattro anni,  l'attivita'  nel
 settore, rientrando nella sua discrezionalita' - una volta prescritti
 a  regime  requisiti  piu'  rigorosi  -  quella  di  considerare come
 equivalente  a  questi  requisiti  un periodo di esperienza pregressa
 della durata di quattro anni.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   55   del  decreto  legislativo  15  agosto  1991  n.  277
 (Attuazione  delle  direttive  n.  80/1107/CEE,  n.  82/605/CEE,   n.
 83/477/CEE,  n.  86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione
 dei lavoratori contro i rischi derivanti  da  esposizione  ad  agenti
 chimici,  fisici  e  biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7
 della legge 30  luglio  1990,  n.  212),  sollevata,  in  riferimento
 all'art. 3 della Costituzione, dal Consiglio di Stato con l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 27 gennaio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0166