N. 57 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 1994

                                 N. 57
 Ordinanza  emessa  il  20  dicembre  1994  dal  pretore  di  Asti nel
 procedimento penale a carico di Borello Armando
 Regione Piemonte - Inquinamento - Spandimento di liquami (nella
    specie, di allevamento suino) su terreno ad uso agricolo - Mancata
    osservanza dell'obbligo dell'autorizzazione  -  Equiparazione  con
    legge  regionale di tale operazione ad una forma di smaltimento di
    rifiuti  -  Conseguente  estensione  di  sanzioni  penali  ad  una
    fattispecie  non  penalmente  sanzionata dalla normativa statale -
    Violazione del principio di riserva di legge  statale  in  materia
    penale  -  Travalicamento  della potesta' legislativa regionale in
    materia penale di esclusiva competenza dello Stato - Richiamo alle
    sentenze della Corte costituzionale nn. 77/1979 e 309/1990.
 (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, art. 1, punto 5).
 (Cost., artt. 25 e 117).
(GU n.6 del 8-2-1995 )
                              IL PRETORE
    Nel procedimento penale n. 673/92  p.d.  contro  Borello  Armando,
 nato  a  Cocconato  il  6  aprile  1934, residente in Tonengo Cascina
 Ottini 13, difeso di fiducia  dall'avv.  Aufiero  del  foro  di  Asti
 imputato:
       a)  del reato di cui all'art. 21, primo comma legge n. 319/1976
 perche' effettuava sul suolo scarichi di liquami (feci, urine e acque
 di  lavaggio)  dell'allevamento  di  suini  costituente  insediamento
 produttivo   senza   aver  richiesto  la  prescritta  autorizzazione;
 accertato in Tonengo nel marzo 1991;
       b) del reato di cui all'art. 25 d.P.R. 10  settembre  1982,  n.
 915 in relazione all'art. 1, punto 5, legge Regione Piemonte 26 marzo
 1990, n. 13 per aver effettuato smaltimento su terreno sotto forma di
 trattamento   dei   liquami   provenienti   dal  proprio  allevamento
 suinicolo; accertato in Tonengo nel 1991;
    Letti gli atti del procedimento;
    Rilevato che il presente procedimento ha visto la rinnovazione del
 dibattimento in conseguenza del mutamento del giudice;
    Rilevato che gia' nel corso del precedente dibattimento il pretore
 aveva  trasmesso  gli  atti  alla  Corte   costituzionale   ritenendo
 rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  sollevata dal p.m. relativa all'art. 1, punto 5 della
 legge Regione Piemonte 26 marzo 1990,  n.  13,  nella  parte  in  cui
 stabilisce che l'operazione di smaltimento a fini agricoli dei reflui
 provenienti  da insediamenti civili o produttivi costituisce una fase
 di trattamento dei rifiuti con la conseguente applicazione del d.P.R.
 10 settembre 1982, n. 915, in relazione agli artt.  25  e  117  della
 Costituzione;
    Rilevato  che la Corte con ordinanza del 9-23 febbraio 1994, n. 57
 aveva  ritenuto  la  questione  manifestamente  inamissibile  essendo
 carente la motivazione del giudice a quo sulla rilevanza;
    Rilevato che a seguito della rinnovazione del dibattimento il p.m.
 ha riproposto la medesima questione di legittimita' costituzionale;
   Ritenuto  che  la  precedente pronuncia della Corte non costituisca
 ostacolo alla riproposizione della medesima questione da parte  dello
 stesso  giudice e' nella stessa fase del procedimento, trattandosi di
 pronuncia  che  non  affronta  il  merito,  ma  si  limita   ad   una
 declaratoria   di   inammissibilita'   fondantesi   sul   difetto   o
 incompletezza di motivazione dell'ordinanza di  rinvio  (si  veda  da
 ultimo  l'ord.  23/94 in cui la stessa Corte ha invitato il giudice a
 quo a completare la valutazione sulla rilevanza della questione);
    Considerato  che,   nella   fase   degli   atti   preliminari   al
 dibattimento,  l'imputato  Borello  ha spontaneamente ammesso di aver
 svolto  l'attivita'  di  spandimento  ad  uso  agricolo  dei   reflui
 provenienti  dal  proprio  allevamento  di suini senza essersi munito
 della prescritta  autorizzazione  e  di  aver  ottenuto  quest'ultima
 soltanto  in  epoca  successiva  ai  fatti  contestatigli nel capo di
 imputazione;
                             O S S E R V A
    In punto rilevanza:
    La questione riproposta a questo pretore appare rilevante al  fine
 di   definire   il   presente  procedimento  in  quanto  il  Borello,
 originariamente imputato soltanto della violazione prevista e  punita
 dalla  legge  Merli,  si  e'  visto  successivamente  attribuire,  in
 relazione  al  medesimo  fatto,  un'ulteriore  imputazione   la   cui
 previsione scaturisce dal combinato disposto della disposizione della
 legge  regionale  n.  13/1990  e  del d.P.R. n. 915/1982 regolante la
 materia dei rifiuti in  virtu'  del  richiamo  che  la  prima  fa  al
 secondo.
    A  seconda  che  la normativa regionale denunciata venga giudicata
 conforme ai dettami costituzionali  evidenziati  ovvero  contrastante
 con  gli  stessi,  il  Borello  verrebbe pertanto a rispondere di due
 ovvero di un'unica fattispecie criminosa.
    Appare opportuno sottolineare come la soluzione  del  dilemma  ora
 delineato  non  possa  essere  operata  dal  giudice  comune  in  via
 interpretativa,   sciogliendo   l'opzione   relativa   al    rapporto
 intercorrente  tra  le  due  fattispecie  formanti  oggetto  dei  due
 distinti capi d'imputazione  nel  senso  del  concorso  apparente  di
 norme. Infatti, le due fattispecie, considerate nella loro previsione
 generale  ed  astratta,  non  si  pongono l'una rispetto all'altra in
 rapporto di specialita', in  quanto  la  prima  disciplina  attivita'
 inerenti  lo  scarico  di  liquami  e  la  seconda  lo smaltimento di
 rifiuti, difettando pertanto in radice il presupposto logico  per  la
 sussistenza  del rapporto di specialita' fra norme che consiste nella
 necessita' che le stesse regolino "la stessa materia" (art. 15 c.p.).
    Escluso pertanto che il conflitto fra norme possa  essere  risolto
 nel senso del concorso apparente delle stesse in virtu' del principio
 di  specialita',  ad  analoga  soluzione  si  perviene  anche facendo
 applicazione  dei  diversi  ed  ulteriori  criteri  non   codificati,
 enucleati  dalla  dottrina  e  fatti propri in alcune occasioni dalla
 giurisprudenza, per risolvere i conflitti fra norme; ci si  riferisce
 in   particolare  alla  c.d.  specialita'  in  concreto  ovvero  alla
 specialita'  reciproca  ovvero al principio dell'assorbimento. Ad una
 preliminare verifica, si  puo'  agevolmente  constatare  che  le  due
 disposizioni  penali  formanti  oggetto  delle  contestazioni rivolte
 all'odierno imputato non si collocano reciprocamente  in  alcuno  dei
 rapporti  tipici in cui puo' venire in rilievo un'ipotesi di concorso
 apparente di norme, in  quanto  le  sfere  di  applicazione  dei  due
 distinti  sistemi  normativi  sono  in  realta' ben differenziate dal
 punto di vista  delle  fattispecie  concrete  che  sono  destinate  a
 regolare  e  la  interferenza  fra  le stesse si verifica soltanto in
 forza del richiamo  che  la  legge  regionale  compie  al  d.P.R.  n.
 915/1982. In altri termini, in difetto del rinvio operato dalla legge
 regionale denunciata alla legislazione statale in materia di rifiuti,
 la fattispecie concreta oggetto d'esame rientrerebbe integralmente ed
 esaustivamente sotto la disciplina della legge Merli.
    Invero  per  la  giurisprudenza  assolutamente  dominante (Cass. 8
 gennaio 1991, Valfredi; 24 maggio 1991, Ambrogio;  30  gennaio  1991,
 Sonaglia),  lo spandimento sul suolo agricolo di liquami (non tossici
 o  nocivi)  provenienti  da  insediamento  produttivo  o  civile   (e
 segnatamente   quelli  prodotti  da  allevamenti  di  bestiame  o  da
 laboratori   di   macellazione)   integra   un'ipotesi   di   scarico
 disciplinato  dalla  legge  n.  319/1976 (c.d. fertirrigazione). Deve
 infatti  osservarsi  che  nel   contesto   della   legge   Merli   e'
 indifferenziato  l'uso  dei  termini  di  scarico  e  smaltimento  di
 liquami. Ed invero nell'art. 4, primo comma, lett. e) e secondo comma
 si stabilisce che  compete  alle  Regioni  di  emanare  la  normativa
 integrativa  e  di  attuazione  (attraverso  il richiamo dell'art. 2,
 lett. e) n. 2) "dello smaltimento dei liquami nel suolo anche adibito
 ad usi  agricoli",  e  si  ribadisce  che  "per  quanto  concerne  in
 particolare  gli  scarichi  sul  suolo  adibito  ad usi agricoli essi
 potranno in ogni caso  essere  previsti  (  ..)  soltanto  quando  le
 immissioni siano direttamente utili alla produzione agricola".
    Eguale  indifferenziato uso delle due espressioni si ritrova nella
 delibera (emanata in attuazione dell'art. 2,  legge  n.  319/1976)  4
 febbraio 1977, all. 5 del comitato interministeriale (di cui all'art.
 3  della  legge):  al  punto  1  (Generalita')  si  dice "la presente
 normativa relativa allo smaltimento  dei  liquami  sul  suolo  (  ..)
 riguarda  gli  scarichi  degli  insediamenti",  mentre  il  punto  2,
 titolato "scarichi sul suolo", esordisce testualmente "Lo smaltimento
 dei liquami sul suolo ..", e  cosi'  pure  il  punto  2.3.2  titolato
 "Scarichi  da  allevamenti zootecnici" inizia con le paro1e "Nel caso
 di smaltimento  di  liquami  zootecnici  sui  suoli  adibiti  ad  uso
 agricolo".
   Non  v'e' dubbio dunque che lo spandimento di liquami zootecnici su
 suolo agricolo e' scarico ai sensi dell'art. 1  legge  Merli  e  come
 tale  e' soggetto ad autorizzazione. Come si desume chiaramente dagli
 artt. 2, lett. e) n. 2, 4, lett. e), e ultimo comma, 9 ultimo  comma,
 il  legislatore  del 76 ha ben presente il ruolo ecologico preminente
 svolto dal suolo che non e' substrato minerale inerte ma  strato-base
 frutto  di  una  lunga  evoluzione ambientale, con un suo popolamento
 biologico  essenziale  al  corretto  funzionamento  degli  ecosistemi
 terrestri.
    Per  completezza  bisogna  sottolineare  come tale conclusione non
 trova alcun ostacolo nel disposto dell'art.  21,  terzo  comma  della
 legge  regionale  Piemonte  n. 13/1990 secondo cui "lo spandimento su
 terreno a fini agricoli delle  deiezioni  animali"  non  rientra  nel
 campo  di  applicazione  della  legge  n.  319/1976 ne' in quello del
 d.P.R. n. 915/1982. Infatti, nell'art.  21  in  esame,  e'  netto  ed
 inequivocabile  (v.  primo  comma) il riferimento alle sole deiezioni
 animali - che coincidono con le materie fecali (solide o  semisolide)
 -  mentre  ontologicamente  e giuridicamente diversa e' la nozione di
 liquami (anche se di origine animale: es. urine) il  cui  spandimento
 su  suolo  agricolo puo' benissimo integrare un'ipotesi di scarico ai
 sensi degli artt. 1 e 4, lett. e) legge Merli. Il cit. art. 21, terzo
 comma della legge regionale si limita a  confermare  l'irrilevanza  -
 gia' sancita dall'art. 2 d.P.R. n. 915/1982 - dello spargimento delle
 deiezioni  fecali su suolo agricolo tanto con riguardo al d.P.R. cit.
 quanto  con  riferimento  alla  legge  n.  319/1976  e  pertanto  non
 interferisce  minimamente nella valutazione della fattispecie oggetto
 di causa (la distinzione tra deiezioni fecali e deiezioni liquide non
 sembra invece essere stata presa in  considerazione  nell'ord.  Corte
 costituzionale   n.   197/1991   che   ha   dichiarato  la  manifesta
 infondatezza della questione di costituzionalita'  relativa  al  cit.
 art. 21, terzo comma).
    A  questo  punto  e'  chiaro  che  l'art.  1,  punto 5 della legge
 regionale viene a porsi  in  contrasto  macroscopico  con  il  quadro
 normativo  delineato dalla legge n. 319/1976 e dal d.P.R. n. 915/1982
 laddove  include  nel   campo   di   applicazione   di   quest'ultimo
 provvedimento  legislativo  le  operazioni  di spandimento su terreni
 agricoli dei liquami provenienti da insediamenti civili e produttivi.
    Consegue  da  quanto  siamo  venuti  dicendo  che   l'eliminazione
 dell'evidenziata  inutile  duplicazione  di incriminazioni - in forza
 della quale la fattispecie concreta considerata sussumibile in  tutti
 ed  in  ciascuno  dei  propri  elementi  costitutivi nella previsione
 sanzionatoria di cui all'art.  21,  legge  n.  1976/319  verrebbe  ad
 essere  ricompresa  anche  sotto una nuova e diversa figura criminosa
 (quella di cui all'art. 25 del d.P.R. n.  1982/915)  -  implicherebbe
 necessariamente   la   disapplicazione   della   normativa  regionale
 denunciata con conseguente trasgressione  del  fondamentale  disposto
 dell'art.  101 della Costituzione che sancisce la sottoposizione alla
 legge   (a   tutte   le   leggi,   comprese   quelle   regionali   ed
 indipendentemente dalla loro legittimita') del potere giudiziario.
    Su  quest'ultimo punto appare opportuno ricordare la decisione con
 cui la Corte costituzionale, risolvendo un conflitto di  attribuzioni
 tra  la  regione  Emilia-Romagna  e  la  Corte  di cassazione, ebbe a
 ribadire  che  il  giudice  non  ha  il  potere  di  disapplicare  la
 legislazione  regionale (come aveva invece fatto la Suprema Corte con
 una decisione da cui ebbe a scatenarsi il conflitto  sollevato  dalla
 regione   interessata),   ma,   qualora   dubiti  della  legittimita'
 costituzionale di un atto avente forza di legge di  fonte  regionale,
 puo'   soltanto   sollevare   la   relativa   questione   alla  Corte
 costituzionale in applicazione di quanto previsto dall'art. 134 della
 Costituzione.
    Per quanto siamo  venuti  dicendo  la  questione  di  legittimita'
 costutizionale  denunciata  dal  Pubblico Ministero appare rilevante,
 dipendendo dalla soluzione della stessa la circostanza che  l'odierno
 imputato sia chiamato a rispondere di un'unica ovvero di due distinte
 violazioni  di  legge e non essendo possibile risolvere l'alternativa
 in via interpretativa  se  non  a  costo  di  disapplicare  la  legge
 regionale.
   In punto non manifesta infondatezza.
    La  disposizione  di  legge  regionale  denunciata recante nel suo
 complesso la "Disciplina degli scarichi delle pubbliche  fognature  e
 degli  scarichi  civili"  stabilisce  letteralmente:  "Ai  fini della
 presente  legge  si  definisce:  ..  5)   Spandimento   su   terreno:
 l'operazione  di  smaltimento ai fini agricoli dei reflui provenienti
 da insediamenti civili o produttivi. Tale  smaltimento,  inteso  come
 fase  di  trattamento  dei reflui rientra nell'ambito di applicazione
 del d.P.R. 10 settembre  1982,  n.  915".  La  norma  in  esame  pone
 pertanto la seguente equazione: spandimento dei reflui provenienti da
 insediamenti  civili  o produttivi = attivita' di smaltimento rifiuti
 sub specie di trattamento degli stessi con conseguente sottoposizione
 alla disciplina del d.P.R. n. 915/1982.
    Cosi' facendo,  tuttavia,  il  legislatore  regionale  non  si  e'
 limitato  a specificare una previsione gia' contenuta nella normativa
 statale, ma ha operato un vero e proprio ampliamento  dell'ambito  di
 applicazione di quest'ultima concretando di conseguenza la violazione
 del  principio  costituzionale  di  riserva di legge statale in campo
 penale emergente dal combinato disposto degli artt. 25  e  117  della
 Costituzione.
    Infatti,  in  primo  luogo, nel caso di spandimento sul terreno ad
 uso agricolo dei liquami animali provenienti da  allevamenti  non  si
 realizza  alcuna forma di trattamento di tali rifiuti, almeno secondo
 la nozione che di tale attivita' fornisce  l'art.  1  del  d.P.R.  n.
 915/1982  e  cioe'  "come operazione necessaria per il riutilizzo, la
 rigenerazione,  il  recupero,  il  riciclo  e  l'innocuizzazione  dei
 medesimi".
    In secondo luogo, l'attivita' di spandimento dei reflui di origine
 animale  sul suolo a fini agricoli non appare concretare alcuna altra
 fase dello smaltimento dei rifiuti per  la  quale  il  d.P.R.  citato
 richieda il rilascio dell'autorizzazione.
   Infatti,  da un lato, l'art. 6, lett. d) d.P.R. n. 915/1982 prevede
 la competenza delle Regioni a rilasciare "l'autorizzazione ad enti  o
 imprese  ad  effettuare  lo smaltimento dei rifiuti urbani e speciali
 prodotti da terzi; l'autorizzazione ad effettuare  le  operazioni  di
 smaltimento  dei  rifiuti  tossici  e  nocivi;  l'autorizzazione alla
 installazione ed alla gestione delle discariche e degli  impianti  di
 innocuizzazione  e  di eliminazione dei rifiuti speciali approvati ai
 sensi della precedente lett. c)". L'art.  25,  primo  comma,  d'altro
 canto,  commina  la  sanzione  penale  ai titolari degli enti e delle
 imprese che effettuano smaltimento  dei  rifiuti  urbani  e  speciali
 prodotti   da  terzi  ovvero  installano  o  gestiscono  impianti  di
 innocuizzazione  e  di  eliminazione  di   rifiuti   speciali   senza
 l'autorizzazione di cui all'art. 6, lett. d).
    Dalle  due disposizioni discende che l'autorizzazione regionale e'
 necessaria - e la mancanza della stessa comporta l'integrazione di un
 reato - quando lo smaltimento riguardi rifiuti  di  qualsiasi  specie
 prodotti  da  terzi,  mentre per i rifiuti propri l'autorizzazione e'
 obbligatoria soltanto se gli stessi rientrino nel novero dei  rifiuti
 speciali  e solo quando venga in rilievo l'attivita' di installazione
 di un impianto di innocuizzazione o di discarica degli stessi.
    La  normativa  regionale  denunciata,  sottoponendo in tutto e per
 tutto  alla  disciplina  del  d.P.R.  n.  1982/915   l'attivita'   di
 spandimento  sul  terreno  ad  uso agricolo dei reflui provenienti da
 insediamenti civili o produttivi, senza distinguere se si  tratti  di
 reflui  prodotti  da insediamenti propri o di terzi e senza prevedere
 la necessita' che venga all'uopo installato o gestito un impianto  di
 innocuizzazione   o  una  discarica,  ha  l'effetto  di  ampliare  la
 previsione normativa della  disciplina  statale  con  assoggettamento
 all'obbligo  dell'autorizzazione  ed  alla  conseguente  comminatoria
 della sanzione penale di attivita' che, in difetto di tale  normativa
 regionale, ne sarebbero escluse.
    Cio'  e'  quanto si realizza nel caso di specie poiche' il Borello
 smaltisce,  attraverso  lo  spandimento  sul   terreno,   i   rifiuti
 provenienti   dal  proprio  insediamento  produttivo  (e  non  quelli
 prodotti da terzi) e senza aver installato o gestito un  impianto  di
 innocuizzazione o una discarica.
    Si   evidenzia   in   tal   modo   il  profilo  di  illegittimita'
 costituzionale dianzi prospettato, avendo la legge  regionale  invaso
 la competenza statale in tema di potesta' punitiva assoggettando alla
 sanzione  penale  fattispecie  diverse ed ulteriori rispetto a quelle
 contemplate nella previsione originaria  del  d.P.R.  n.  915/1982  e
 venendo cosi' a violare la riserva di legge statale in materia penale
 discendente  dagli  artt.  25  e  117  della  Costiuzione. E' infatti
 insegnamento ribadito piu' volte dalla Corte  costituzionale  (v.  ad
 es. Corte costituzionale 12 maggio 1977, n. 79 e Corte costituzionale
 14-22  giugno  1990,  n.  309)  quello secondo cui: " .. La fonte del
 potere punitivo richiede solo nella legislazione statale e le regioni
 non hanno potere di comminare, rimuovere o variare con proprie  leggi
 le  pene  previste  in  una  data materia ..". Il giudice delle leggi
 ribadisce in tal modo la sussistenza di un vero e  proprio  monopolio
 della  legge  statale  in  materia  penale a sostegno del quale si e'
 soliti addurre la necessita' che vi  siano  in  tutto  il  territorio
 nazionale  condizioni  di  uguaglianza nella fruizione della liberta'
 personale pena la violazione dell'art. 3 della Costituzione,  nonche'
 il  disposto  dell'art. 120 della Costituzione che vieta alle regioni
 di adottare provvedimenti che siano di ostacolo al  libero  esercizio
 dei diritti fondamentali dei cittadini.
    La  questione  di  legittimita'  costituzionale  sollevata da p.m.
 appare pertanto oltre che rilevante non manifestamente infondata.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge 11  marzo  1953,
 n. 87;
    Il  pretore  di  Asti  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,
 punto  5  della  legge  regionale  Piemonte  26  marzo 1990, n. 13 in
 relazione agli artt. 25 e 117 della Costituzione;
    Dichiara sospeso il presente  procedimento  e  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  gli  adempimenti  di competenza nei
 riguardi delle parti e perche' copia  della  presente  ordinanza  sia
 notificata  al  presidente  della  Giunta  regionale  del  Piemonte e
 comunicata al presidente del Consiglio regionale del Piemonte.
      Asti, addi' 20 dicembre 1994
                         Il pretore: MASCARINO
 
 95C0175