N. 62 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 settembre 1994
N. 62 Ordinanza emessa il 26 settembre 1994 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Biagini Serena ed altra e Ordine degli psicologi della regione Toscana Professioni libere - Esercizio di attivita' psicoterapeutica - Autorizzazione agli iscritti all'ordine degli psicologi o ai medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri, laureati da almeno cinque anni, che dichiarino sotto la propria responsabilita', di aver acquisito una specifica formazione professionale in psicoterapia adeguatamente documentata - Mancata previsione che il requisito del quinquennio del possesso del di- ploma di laurea possa essere liberamente e consapevolmente valutato dal consiglio dell'ordine insieme con gli altri parametri - Disparita' di trattamento di soggetti aventi la stessa preparazione professionale in base al mero elemento temporale della data del diploma di laurea ed irragionevole ed iniquo impedimento dell'esercizio di un'attivita' legittimamente intrapresa in base alla normativa previgente, con conseguente danno per la salute dei pazienti costretti a cambiare psicoterapeuta - Incidenza sul principio della tutela del lavoro. (Legge 18 febbraio 1989, n. 56, art. 35, primo comma). (Cost., artt. 3, 32 e 35).(GU n.7 del 15-2-1995 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 2620/1994 volontaria giurisdizione, promossa da Biagini Serena (avv. Natale Giallongo, dott.ssa Maria Cecilia Mannocci e dott. Vincenzo Farnararo) nei confronti del'Ordine degli psicologi della regione Toscana (avv. Alberto Azzena e Paolo Carrozza, elettivamente domiciliato presso il dott. proc. Francesco Brizzi) con l'intervento dell'Associazione unitaria psicologi italiani - A.U.P.I. (avv. Natale Giallongo, dott. proc. Maria Cecilia Mannocci e dott. proc. Vincenzo Farnararo) avente ad oggetto: impugnazione di delibera del consiglio dell'Ordine. 1. - Il presente procedimento e' stato promosso da Serena Biagini ai sensi dell'art. 17, legge l8 febbraio 1989, n. 56, essendo stata impugnata la deliberazione del consiglio dell'Ordine degli psicologi della Toscana 10 marzo 1994 con la quale si rifiutava il consenso all'esercizio della stessa all'attivita' psicoterapeutica, ai sensi dell'art. 35 legge cit., non essendo la stessa laureata da almeno cinque anni dall'entrata in vigore della legge. Fissata l'udienza di comparizione delle parti in camera di consiglio e notificato il ricorso e il decreto al consiglio dell'Ordine e al p.m., si costituiva l'Ordine degli psicologi della regione Toscana, chiedendo il rigetto del ricorso. Interveniva, altresi' l'Associazione unitaria psicologi italiana, quale associazione sindacale maggiormente rappresentativa a sostegno della domanda della ricorrente. Discussa la causa in camera di consiglio all'udienza del 26 settembre 1994, il tribunale si riservava sulle conclusioni delle parti riportate nei rispettivi atti. 2. - La norma di legge applicata dal consiglio dell'Ordine, come si e' detto, e' l'art. 35 legge 56 cit. che recita: "1. In deroga a quanto previsto dall'art. 3, l'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica e' consentito a coloro i quali o iscritti all'ordine degli psicologi o medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri, laureati da almeno cinque anni, dichiarino, sotto la propria responsabilita', di aver acquisita una specifica formazione professionale in psicoterapia, documentandone il curriculum formativo con l'indicazione delle sedi, dei tempi e della durata, nonche' il curriculum scientifico e professionale, documentando la preminenza e la continuita' dell'esercizio della professione psicoterapeutica. 2. E' compito degli ordini stabilire la validita' di detta certificazione. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 sono applicabili fino al compimento del quinto anno successivo alla data di entrata in vigore (10 marzo 1989) della presente legge". 3. - Dalla documentazione prodotta e dalle comparse depositate e' risultato evidente che l'unico motivo per cui il consiglio dell'Ordine degli psicologi della Toscana ha rigettato la domanda della d.ssa Biagini diretta ad acquisire l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica e' quello della mancanza del requisito dell'essere la stessa laureata da almeno cinque anni: il Consiglio, infatti, non e' entrato nel merito della validita' della certificazione prodotta dalla richiedente, considerandola evidentemente piu' che sufficiente. Il rigetto della domanda e' conseguenza dell'essersi la Biagini laureata il 16 marzo 1989, con la conseguenza che al 10 marzo 1994 (ultimo giorno utile per l'applicazione della normativa transitoria dell'art. 35, per quanto disposto dal terzo comma) non aveva maturato il requisito dei cinque anni dalla laurea. 4. - Preliminarmente il tribunale ha affrontato due questioni di carattere interpretativo. In primo luogo non e' stata ritenuta accoglibile la tesi - sostenuta dall'Associazione unitaria psicologi italiani - secondo la quale l'inciso "laureati da almeno cinque anni" si riferirebbe solo alla categoria dei "medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri" e non anche alla categoria degli "iscritti all'albo degli psicologi". Secondo il tribunale, infatti, vi e' un ostacolo di ordine sintattico, costituito dalla virgola che separa la parola "odontoiatri" dalla parola "laureati": se tale virgola non fosse stata apposta dal legislatore sarebbero emerse con chiarezza le seguenti due categorie di aspiranti: a) iscritti all'ordine degli psicologi; b) medici iscritti all'ordine dei medici e degli odontoiatri laureati da almeno cinque anni. Al contrario l'esistenza della virgola sembra mostrare che il requisito della laurea da almeno cinque anni non sia relativo soltanto alla categoria immediatamente precedente, ma a entrambe le categorie. Inoltre l'esame della regolamentazione definitiva relativa all'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica, dettata dall'art. 3 legge n. 56, dimostra che il trattamento riservato alle due categorie e' identico: sia per i laureati in psicologia, che per i laureati in medicina, infatti, sara' necessario un corso di specializzazione post-universitario della durata di almeno quattro anni. Anche la normativa transitoria degli artt. 32 e 33, legge n. 56, offre spunti per la soluzione contraria a quella sostenuta dall'A.U.P.I.: delle otto categorie individuate dai suddetti articoli aventi diritto o all'iscrizione immediata all'albo degli psicologi o all'iscrizione mediante la sessione speciale dell'esame di stato (di fatto situazioni equivalenti) ben sette individuano soggetti in possesso di diploma di laurea. 5. - Il secondo problema di carattere interpretativo riguarda l'interpretazione del termine di cinque anni. La ricorrente suggerisce un'esegesi meno rigida di quella recepita dall'Ordine, per due ordini di motivi: a) il legislatore non ha richiesto alcun limite temporale inderogabile per l'accesso in regime transitorio alla psicoterapia: se cosi' fosse stato avrebbe allora indicato la data di inizio di decorrenza di detto periodo; b) la valutazione meno rigida - che tenga cioe' conto dell'anno accademico in cui il soggetto si e' laureato, o quanto meno della sessione di laurea o della data del suo inizio, invece he della data esatta della discussione della tesi di laurea - e' consentita dal fatto che tale elemento, insieme alla autodichiarazione e alla certificazione prodotta, deve consentire un giudizio discrezionale complessivo, globale, che porti al convincimento del raggiungimento nel soggetto di una sufficiente formazione professionale in psicoterapia. Si deve, pero', osservare: a) in realta' il legislatore, mediante la disposizione del terzo comma, che limita l'applicazione della normativa transitoria ai cinque anni successivi alla data di entrata in vigore della normativa, ha sostanzialmente stabilito un termine preciso: i requisiti devono maturare nel periodo 10 marzo 1989-10 marzo 1994 e, piu' in particolare, il soggetto deve essere laureato entro il 10 marzo 1989; b) la normativa di cui all'art. 35 e' norma eccezionale rispetto alla regola generale posta dall'art. 3 legge n. 56, cui fa espressa deroga: ne consegue che l'interpretazione analogica non puo' essere permessa e l'orientamento deve essere tendenzialmente restrittivo; c) il requisito della laurea da oltre cinque anni e' un requisito diverso e ulteriore rispetto a quello del raggiungimento di una sufficiente formazione professionale che e' dimostrato (e su cui il Consiglio dell'Ordine deve esprimere la sua valutazione) dalla autodichiarazione e dalla documentazione prodotta e non dal possesso da un certo periodo del diploma di laurea. In definitiva, secondo il tribunale, l'applicazione del termine di cinque anni dalla laurea non puo' che essere letterale e puntuale: il soggetto richiedente deve essere laureato entro il giorno dell'anno di cinque anni prima rispetto alla data della delibera del consiglio dell'Ordine: se il consiglio dell'Ordine, come nel caso di specie, ha deliberato il 10 marzo 1994 il soggetto richiedente doveva essere laureato entro il 10 marzo 1989. 6. - Si deve, a questo punto, far emergere la ratio dell'art. 35, che, si ricordi, e' norma transitoria. Prima dell'emanazione della legge n. 56/1989 l'esercizio della psicoterapia era permesso a chiunque, o meglio non era vietato a nessuno; il legislatore ha voluto porre, da ora in poi, dei limiti ben precisi, in modo che la psicoterapia fosse esercitata solo da soggetti abilitati. L'art. 35, pertanto, costituisce un tentativo di passaggio "morbido" da una situazione per nulla regolamentata ad una rigidamente regolamentata, mediante l'individuazione di soggetti che, per la professionalita' raggiunta fino al momento dell'entrata in vigore della nuova normativa, si ritiene non necessitino della frequenza del corso quadriennale di formazione post-universitario previsto dall'art. 3. 7. - Di fronte ad un caso-limite come quello della ricorrente Biagini la quale, per sei giorni, non puo' rientrare nel disposto dell'art. 35 nonostante la esperienza maturata in campo psicoterapeutico, questo Tribunale si e' posto, di ufficio, il problema relativo alla sindacabilita' o meno, dal punto di vista costituzionale, dei criteri seguiti dal legislatore nel disegnare la normativa transitoria. Si deve sottolineare che il legislatore intende discriminare all'interno di una categoria di soggetti che gia' esercitavano la professione psicoterapeutica, come si evince con certezza dal curric- ulum scientifico e professionale che deve essere prodotto nella domanda: dettando i criteri limitativi dell'art. 35 (diploma di laurea; possesso dello stesso da almeno cinque anni; possesso di una specifica formazione professionale in psicoterapia; esercizio della psicoterapia con modalita' continua e preminente) il legislatore, quindi, prevede che alcuni di tali soggetti non possano piu' esercitare la psicoterapia. Tale eventualita' deve essere osservata sotto due visuali: a) per il richiedente che si vede respinta la domanda si tratta della negazione di un diritto fino a quel momento esercitato; e' intuitivo che l'esercizio di tale diritto abbia, fra l'altro, un rilevante risvolto economico. In tale visuale emerge la necessita' di rispetto dell'art. 3 della Costituzione, in modo che tale limitazione - sicuramente necessaria nella logica della legge n. 56/1989 - sia applicata soltanto in casi nei quali la stessa e' necessitata e non venga applicata in maniera diversa rispetto a soggetti in posizione analoga. Emerge, inoltre, ancora con maggior forza la necessita' del richiamo all'art. 35 della Costituzione, trattandosi di soggetti che esercitavano un lavoro legittimamente e che si vedono negata la possibilita' di continuare in tale esercizio; b) per il/i paziente/i del soggetto richiedente al quale viene respinta la domanda (che, si ripete, esistono sicuramente, in quanto presupposto per la presentazione della domanda e' l'esercizio della professione psicoterapeutica) si tratta dell'interruzione di una terapia in corso. E' notorio che, proprio per il tipo di terapia, la sostituzione di uno psicoterapeuta con un altro risulti assai difficile in molti casi, in quanto la figura del curante assume, rispetto a certe patologie, un'importanza assai maggiore rispetto a quella che puo' assumere il medico curante in una patologia di carattere esclusivamente fisico. In questa seconda visuale, il rispetto dell'art. 32, primo comma, della Costituzione, che tutela anche la salute psichica, impone che l'interruzione forzata della terapia sia limitata ai casi in cui il curante dia cosi' scarse garanzie di preparazione professionale da risultare preferibile, anche rispetto alla salute dei suoi pazienti, che la terapia si interrompa e che il malato si rivolga ad altro psicoterapeuta. Nella presente controversia, peraltro, il vaglio di costituzionalita' puo' essere proposto soltanto rispetto ad un solo requisito dettato dall'art. 35 legge 56/1989, vale a dire quello del possesso da oltre cinque anni del diploma di laurea. Infatti, come gia' evidenziato, la Biagini e' in possesso di tutti gli altri requisiti: e' laureata, ha effettuato la prevista autodichiarazione e il Consiglio dell'Ordine niente ha eccepito in ordine al possesso da parte della stessa di una specifica formazione professionale in psicoterapia, ne' in ordine all'esercizio continuo e preminente della professione psicoterapeutica. 8. - Il tribunale ritiene che la motivazione che ha spinto il legislatore a dettare il requisito del possesso del diploma di laurea da oltre cinque anni sia quella di porre una presunzione di sufficiente maturazione professionale: il soggetto solo dopo la laurea potrebbe dedicarsi all'esercizio della psicoterapia e, pertanto, potrebbe acquisire una determinata formazione mediante corsi e mediante l'esercizio di psicoterapia; il termine di cinque anni, evidentemente, e' stato ritenuto congruo per raggiungere una ragionevole convinzione in ordine al raggiungimento di un determinato standard, sia dal punto di vista professionale, che da quello "esperienziale". Verosimilmente il legislatore ha, altresi', tenuto conto che, nel regime ordinario dettato dall'art. 3 legge n. 56/1989, i laureati potranno esercitare la psicoterapia solo dopo circa cinque anni dalla laurea (dovendo seguire corsi almeno quadriennali). Ebbene, se questa e' la ratio della norma, essa appare insoddisfacente. In primo luogo essa non tiene presente che, prima dell'entrata in vigore della legge n. 56/1989, l'esercizio della psicoterapia era possibile anche ai non laureati: la data di laurea, quindi, non e' affatto indice del presumibile inizio dell'approfondimento del soggetto rispetto all'attivita' psicoterapeutica. In secondo luogo, e specialmente, l'art. 35 demanda al consiglio dell'Ordine una piena valutazione in ordine al raggiungimento da parte del richiedente della specifica formazione professionale in psicoterapia, mediante l'analisi del curriculum prodotto dal soggetto, e la valutazione degli studi compiuti dallo stesso, della continuita' e della preminenza dell'esercizio della professione psicoterapeutica. La presunzione insita nell'art. 35, pertanto, viene a sovrapporsi al giudizio di merito che il consiglio dell'Ordine deve esprimere, obbligando il consiglio stesso a respingere le domande anche in presenza di una convinzione piena in ordine al raggiungimento dei requisiti piu' volte citati. E' il caso che appunto viene in esame nel presente giudizio, pur con la caratteristica del caso-limite. Sembra al tribunale, invece, che il consiglio dell'Ordine, per una valutazione congrua della posizione di ogni soggetto, possa si' tenere conto del possesso della laurea da un certo periodo, a che sia irragionevole - e in determinati casi, iniquo - che la valutazione di tale parametro sia rigidamente predeterminato dalla legge e non possa essere liberamente e consapevolmente valutato insieme a tutti gli altri parametri. 9. - Rispetto ai parametri costituzionali sopra richiamati, pertanto, la norma in oggetto rende possibili (e, nel caso oggetto della presente controversia, provoca) serie violazioni: soggetti aventi la stessa preparazione professionale in psicoterapia che ricevono un trattamento ingiustificatamente differenziato; soggetti con adeguata formazione professionale che vengono impediti a proseguire l'esercizio di una professione legittimamente intrapresa; pazienti che vengono ingiustificatamente costretti ad interrompere una psicoterapia in corso o, quanto meno, a sostituire al proprio psicoterapeuta un altro. Tali violazioni appaiono evitabili mediante la soppressione del requisito in oggetto e l'affidamento al giudizio complessivo del consiglio dell'Ordine (a sua volta, si deve ricordare, pienamente valutabile dal giudice ordinario davanti al quale la deliberazione venga impugnata) della decisione in ordine alla sussistenza dei presupposti necessari per la continuazione dell'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Solleva di ufficio, in quanto ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale in riferimento agli artt. 3, 32 e 35 della Costituzione, dell'art. 35 primo comma, legge 18 febbraio 1989, n. 56 - Ordinamento della professione di psicologo - nella parte in cui richiede, per l'autorizzazione all'esercizio dell'attivita' psicoterapeutica, oltre al diploma di laurea, il suo possesso da almeno cinque anni; Dispone la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente processo; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, nonche' alle parti. Cosi' deciso dal tribunale, come sopra composto, riunito nella camera di consiglio, del 26 settembre 1994, su relazione del giudice dott. Giacomo Rocchi. Il presidente: AVETA 95C0180