N. 3 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 ottobre 1994
N. 3 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 3 febbraio 1995 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Impiego pubblico - Recepimento della normativa risultante dall'accordo sindacale in data 20 ottobre 1994, riguardante il personale non dirigente della regione e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interne al comparto in attuazione dell'art. 6 dell'accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione - Indebita invasione della sfera di competenza statale, atteso il mancato adeguamento della legislazione regionale (gia' impugnata con ricorso n. 58/1994) a quella nazionale costituita dalla legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421, e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 - Disparita' di trattamento tra i pubblici dipendenti ed impedimento del concorso di tutti i cittadini ai doveri di solidarieta' - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 496/1993. (Deliberazione della giunta della regione Trentino-Alto Adige 27 ottobre 1994, n. 2327). (Cost., artt. 2, 3 e 117).(GU n.13 del 29-3-1995 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri, giusta delibera del Consiglio dei Ministri del 6 settembre 1994, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, domicilia, contro la regione Trentino-Alto Adige, in persona del presidente della giunta pro-tempore, per l'annullamento della deliberazione della giunta della regione Trentino-Alto Adige 27 ottobre 1994, n. 2327, recante "recepimento normativa risultante dall'accordo sindacale in data 20 ottobre 1994 riguardante il personale non dirigente della regione e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interna al comparto in attuazione dell'art. 6 dell'accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione" per contrasto con gli artt. 15, 17, 18 e 19 del decreto legislativo 10 novembre 1993, n. 470. 1. - Nel bollettino ufficiale della regione Trentino-Alto Adige del 26 novembre 1994, n. 53, e' stata pubblicata la deliberazione della giunta regionale del Trentino-Alto Adige in epigrafe individuata, recante "Recepimento normativa risultante dall'accordo sindacale in data 20 ottobre 1994 riguardante il personale non dirigente della regione e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interna al comparto in attuazione dell'art. 6 dell'accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione". Il provvedimento e' stato emanato sulla base di una legislazione regionale che non e' stata adeguata alla legislazione nazionale costituita dalla legge di delega 23 ottobre 1992, n. 421, e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modifiche. Piu' esattamente, l'art. 15 del d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470, che modifica l'art. 45 del d.lgs. 29/1993, prevede una particolare procedura per pervenire ai contratti collettivi del pubblico impiego: ivi e' disposto, fra l'altro, l'intervento di un organismo istituito dallo stesso d.lgs., l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, comunemente conosciuta come ARAN. I contratti dei comparti di contrattazione del personale regionale, provinciale e comunale devono, pertanto, essere preceduti da un contratto collettivo nazionale di comparto stipulato tra detta Agenzia e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. In base a tali disposizioni, nell'aprile 1994 e' stato stipulato tra l'ARAN e le organizzazioni sindacali un protocollo d'intesa sulla "struttura e sulle sequenze tematiche per l'avvio delle trattative, nonche' sui presupposti per l'indennita' di vacanza contrattuale". Detto accordo venne approvato con d.P.C.M. 28 aprile 1994 (che prendeva atto, fra l'altro, dell'intesa intercorsa con la conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome). In esso veniva definita la "sequenza tematica" - e cioe' venivano indicate le varie fasi attraverso le quali si doveva passare per pervenire all'accordo finale. In relazione alla prima fase, da un lato dovevano essere iniziate le trattative per "l'accordo quadro", dall'altro contestualmente, per guadagnare tempo, dovevano essere iniziate a loro volta le trattative per il comparto del personale regionale e degli enti locali (naturalmente queste ultime si sarebero potute concludere solo dopo la stipula dell'accordo quadro, tenendo conto delle relative risultanze). Nel frattempo, il protocollo d'intesa, per il mese di aprile e seguenti, nelle more della complessa contrattazione, stabiliva di riconoscere l'esistenza dei presupposti per la corresponsione di una "indennita' di vacanza contrattuale". Dalla delibera emanata appare evidente che la contrattazione - ove intervenuta - e' disciplinata da atti amministrativi attuativi della legislazione regionale (ll.rr. 9 novembre 1983, n. 15; 11 gennaio 1987, n. 5; 21 febbraio 1991, n. 5 e 5 marzo 1993, n. 4 e in materia di personale delle camere di commercio dalle ll.rr. 22 maggio 1980, n. 8; 27 novembre 1983, n. 18 e 18 giugno 1987, n. 8) modificata dalla legislazione statale sopra richiamata successivamente intervenuta. Il complesso procedimento di cui si diceva, disciplinato dal d.lgs. n. 470/1993 (in modifica dell'art. 45 d.lgs. n. 29/93) ha evidentemente per suo scopo principale quello del contenimento della spesa pubblica del personale regionale e degli enti locali in genere. Come si e' visto, tale scopo viene conseguito attraverso la previsione di un procedimento centralizzato, riservato allo Stato, per il concordamento e la definizione del trattamento economico in questione. Il procedimento, invero, da un lato consente di pervenire ad un trattamento economico uniforme su tutto il territorio nazionale, dall'altro pone le basi per il contenimento della spesa pubblica evitando sempre possibili "fughe in avanti" di una contrattazione in sede locale, dovute a sollecitazioni di potentati locali di varia estrazione. 2. - A questo sistema la regione Trentino-Alto Adige avrebbe dovuto adeguare la propria legislazione ai sensi dell'art. 2 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, cosa che non ha fatto nei termini ivi contemplati. In conseguenza di cio', il Presidente del Consiglio dei Ministri ha proposto ricorso a codesta ecc.ma Corte per il mancato adeguamento (ricorso notificato il 19 agosto 1994, depositato nei termini e quindi pendente) in base a delibera del Consiglio dei Ministri del 5 agosto. La legislazione nazionale - si notava in quel ricorso - e' costituita dai d.lgs. 10 novembre 1993, n. 470 e 23 dicembre 1993, n. 546 che, nel modificare il d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, hanno ridisciplinato la quasi totalita' degli articoli: in particolare gli articoli relativi alla contrattazione sindacale sono stati dichiarati dalla legge "norme fondamentali di riforma economico sociale" e ad essi la legislazione regionale (come del resto quella regionale) non si e' adeguata. 3. - Orbene, in conseguenza dell'esito - scontato - che avra' il cointeso giudizio di mancato adeguamento (ma comunque anche a prescindere da tale esito) e' evidente come regione Trentino-Alto Adige con l'adozione del decreto in questa sede impugnato ha travalicato i limiti della propria competenza, invadendo quella statale. Essa, invero, non solo in via generale non ha adeguato la propria legislazione, ma anzi, nella specifica fattispecie che ora ci occupa con il decreto impugnato ha recepito le clausole risultanti dell'accordo intercompartimentale relativo al triennio 1994-1996 per il personale regionale e degli enti locali, stipulato in sede locale. In considerazione di cio' un grave vulnus e' stato arrecato al principio della uniformita' del trattamento economico del personale degli enti pubblici su tutto il territorio nazionale e, quel che e' peggio, e' stato arrecato un grave vulnus al fine che si prefiggeva tale principio e cioe' il contenimento delle spese correnti per il personale del comparto pubblico. Per la legislazione cui la regione avrebbe dovuto adeguarsi - recante "norme fondamentali di riforma economico sociale" e prima ancora "principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 Cost." - le competenze decisionali in materia del trattamento economico del personale degli enti locali (compreso il personale regionale) sono riservate allo Stato: provvedimenti delle regioni che invadano tale competenza esclusiva sono irrimediabilmente e sicuramente adottati in carenza di competenza. 4. - Nel caso specifico la giunta regionale, anziche' recepire con propria delibera il predetto accordo, avrebbe dovuto negare efficacia allo stesso, considerato che il medesimo comporta oneri finanziari dovuti ad aumenti retributivi. Di piu': oltre a esorbitare dai propri limiti di competenza, l'atto impugnato introduce un'illegittima disparita' di trattamento fra i dipendenti pubblici, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e viola l'art. 2 della Costituzione, impedendo il concorso di tutti al soddisfacimento dei doveri di solidarieta'. E, infine e soprattutto, si ripete, interferisce gravemente con i poteri di governo concernenti la direzione della politica generale del paese (art. 95 della Costituzione). 5. - Piace ricordare, al riguardo, che il decreto in questa sede impugnato si trova nella stessa situazione del decreto della giunta provinciale di Bolzano 1 febbraio 1993 - che recava: "regolamento di recepimento delle norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo intercompartimentale relativo al triennio 1991-1993 per il personale della provincia autonoma di Bolzano e degli enti da essa dipendenti" - che fu impugnato dal Presidente del Consiglio perche' in contrasto con la legislazione nazionale (d.-l. n. 384/1992 convertito in legge n. 438/1992) che, anch'essa doveva essere recepita dalla legislazione provinciale in forza dell'art. 2 del d.lgs. n. 266/1992. Codesta ecc.ma Corte ha annullato tale provvedimento con sent. 31 dicembre 1993, n. 497, in accoglimento del ricorso di parte statale (e' appena il caso di ricordare anche che la stessa Corte con la precedente coeva sentenza n. 496/1993 aveva riconosciuto la illegittimita' costituzionale della legislazione provinciale non adeguata, in base alla quale l'atto era stato emanato). Si richiama ancora la sentenza di codesta ecc.ma Corte 1 luglio 1993, n. 296 emessa nel conflitto di attribuzioni contro regione Sardegna, che ebbe ad annullare il decreto del presidente della giunta regionale adottato in analoga materia.
Tutto quanto sopra premesso e considerato, si conclude perche' la ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta alla regione Trentino-Alto Adige conferire efficacia ad un accordo sindacale riguardante il personale non dirigente della regione e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e Bolzano; voglia conseguentemente annullare la deliberazione della giunta della regione Trentino-Alto Adige 27 ottobre 1994, n. 2327, recante "recepimento normativa risultante dall'accordo sindacale in data 20 ottobre 1994 riguardante il personale non dirigente della regione e delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Trento e di Bolzano e contenente prime misure di omogeneizzazione interna al comparto in attuazione dell'art. 6 dell'accordo sindacale 3 febbraio 1994 in attesa della futura contrattazione. Roma, addi' 26 gennaio 1995 Gaetano ZOTTA 95C0187