N. 35 SENTENZA 6 - 13 febbraio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Ambiente - Parchi - Regione Lazio - Istituzione della riserva  natura
 parziale  Selva  del  Lamone - Attivita' venatoria - Autorizzazione -
 Limiti  -  Competenza  in  materia  della  regione  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza  della  Corte  (v.  sentenze  nn. 454/1991, 336/1992 e
 223/1984) - Omessa ottemperanza ai  principi  stabiliti  dalla  legge
 statale  a garanzia dell'interesse prevalente della conservazione del
 patrimonio faunistico e  della  protezione  dell'ambiente  agrario  -
 Legittimita'  dei  vincoli  alla  legislazione concorrente ed anche a
 quella esclusiva delle  regioni  -  Illegittimita'  costituzionale  -
 Delibera  del  Consiglio  dei  Ministri  posta  a  base  del  ricorso
 introduttivo del giudizio  di  incostituzionalita'  -  Richiamo  alla
 costante  giurisprudenza della Corte in materia (v. sentenze nn. 292,
 256 e 172 del 1994 e 496/1993) - Inammissibilita'.
 
 (Legge regione Lazio approvata il 2 marzo 1994  e  riapprovata  il  4
 maggio  1994,  art.  9,  primo  comma,  lett. a); legge regione Lazio
 approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4  maggio  1994  art.  10,
 primo comma, lett. a)).
 
 (Cost., art. 117).
 
(GU n.7 del 15-2-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.  Cesare  RUPERTO,  dott.
    Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 9, primo
 comma, lettera a), 10, primo comma, lettera a) della legge  regionale
 del  Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio 1994,
 recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone",
 promosso con  ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri
 notificato  il 10 giugno 1994, depositato in cancelleria il 17 giugno
 1994 ed iscritto al n. 50 del registro ricorsi 1994.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Lazio;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Udito   l'Avvocato   dello   Stato  Pier  Giorgio  Ferri,  per  il
 ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,   il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale  dello  Stato,  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  in via principale della legge regionale
 del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il 4 maggio  1994,
 recante "Istituzione della riserva natura parziale Selva del Lamone",
 per contrasto con l'art. 117 della Costituzione.
    Formano, in particolare oggetto di censura:
       a)  l'art. 9, primo comma, lettera a), relativo alla cattura di
 specie animali a scopo di ricerca scientifica,  che  risulterebbe  in
 contrasto  con  il  principio  posto  dall'art. 4, primo comma, della
 legge 11 febbraio 1992, n. 157, che subordina la cattura  per  motivi
 di   studio   e   ricerca   scientifica   alle   condizioni  che  sia
 preventivamente udito il parere dell'Istituto nazionale per la  fauna
 selvatica  e che i beneficiari dell'autorizzazione alla cattura siano
 esclusivamente istituti scientifici,  universitari  o  del  Consiglio
 nazionale  delle  ricerche,  oppure  musei  di  storia naturale. Tali
 condizioni,  ritenute  dal  ricorrente   necessarie   per   garantire
 l'effettiva sussistenza di una motivazione scientifica ed altrettanto
 scientifica  utilizzazione  delle specie catturate, sarebbero assenti
 nella normativa regionale, con conseguente violazione  dell'art.  117
 della Costituzione;
       b)  l'art.  10,  primo  comma,  lettera  a),  che  nel  vietare
 all'interno del territorio della riserva naturale parziale "Selva del
 Lamone" la caccia e  l'uccellagione,  fa  salvi  "i  diritti  di  uso
 civico".  Tale limitazione del divieto sarebbe in contrasto, a parere
 del ricorrente, con il coordinato disposto dalle  leggi  11  febbraio
 1992, n. 157 e 6 dicembre 1991, n. 394, che stabiliscono per un verso
 il divieto assoluto di esercizio venatorio nei parchi e nelle riserve
 naturali  (art.  21.1 lettera a) - recte, lettera b) - della legge n.
 157 del 1992); e per l'altro stabiliscono la liquidazione dei diritti
 esclusivi di caccia delle collettivita' locali e di altri usi  civici
 di prelievo faunistico (art. 11, quinto comma, della legge n. 394 del
 1991).
    2.   -   Ha  presentato  domanda  di  intervento  in  giudizio  la
 Federazione italiana della caccia, in  persona  del  presidente  pro-
 tempore,    concludendo    nel    senso    dell'inammissibilita'    e
 dell'infondatezza delle questioni di legittimita' sollevate.
                        Considerato in diritto
    1. -  Il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  ha  sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale  in  via principale degli
 artt. 9, primo comma, lettera a) e 10, primo comma, lettera a), della
 legge regionale del Lazio, approvata il 2 marzo 1994 e riapprovata il
 4 maggio 1994, recante "Istituzione  della  riserva  natura  parziale
 Selva  del  Lamone", per contrasto con l'art. 117 della Costituzione,
 in relazione ai principi posti, rispettivamente, dall'art.  4,  primo
 comma,  della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  e del coordinato
 disposto dalle leggi 11 febbraio 1992, n. 157 e 6 dicembre  1991,  n.
 394.
    2.  -  Va preliminarmente dichiarato inammissibile l'intervento in
 giudizio della Federazione italiana della caccia, in quanto,  secondo
 la  costante  giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, sentenza
 n. 172 del 1994), nei giudizi di legittimita' costituzionale  in  via
 principale non e' ammessa la presenza di soggetti diversi dalla parte
 ricorrente  e  dal titolare della potesta' legislativa il cui atto e'
 oggetto di contestazione.
    3. - La questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  nei
 riguardi dell'art. 9, primo comma, lettera a), e' fondata.
    La disposizione contenuta nella delibera legislativa della regione
 Lazio  stabilisce che nel territorio della riserva naturale istituito
 nella  stessa  delibera  e'  consentito  catturare   specie   animali
 selvatiche  "solo  a  scopo di ricerca scientifica e sulla base di un
 piano   organico,   funzionale   alle   finalita'   della    riserva,
 preventivamente  approvato  dall'ente  gestore, sentito l'assessorato
 regionale all'ambiente ed  il  comitato  tecnico-scientifico  di  cui
 all'art. 5".
    La  materia  oggetto  della disposizione teste' richiamata rientra
 tra quelle che l'art. 117  attribuisce  alla  competenza  legislativa
 delle  regioni  ad  autonomia  ordinaria, mentre le relative funzioni
 amministrative sono state trasferite alle regioni con gli artt. 79  e
 99  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616.  Secondo la disposizione
 costituzionale,  la  competenza  legislativa  regionale  e'  di  tipo
 concorrente,  soggetta  cioe'  ai principi fondamentali stabiliti con
 legge dello Stato.
    Al riguardo, la legislazione nazionale, mediante l'art.  4,  primo
 comma,  della  legge  11  febbraio  1992,  n.  157,  ha introdotto il
 principio della subordinazione della cattura di animali per motivi di
 studio e ricerca scientifica alle condizioni che sia  preventivamente
 udito  il parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica e che
 i beneficiari dell'autorizzazione alla cattura  siano  esclusivamente
 istituti  scientifici,  universitari  o del Consiglio nazionale delle
 ricerche, oppure musei di storia naturale.
    Tale  disposizione  -   che   mira   ad   assicurare   l'effettiva
 realizzazione   degli   obiettivi   scientifici   nella   cattura   e
 nell'utilizzazione  delle  specie  cacciabili,   coerentemente   alle
 finalita'  pubblicistiche  complessive connesse alla protezione della
 fauna selvatica che la  legge-quadro  statale  ha  inteso  perseguire
 (sentenza n. 454 del 1991), e che collega la decisione in merito alla
 cattura  a  valutazioni  tecniche  e  fattuali  tendenti  a  limitare
 l'ampiezza del potere discrezionale dell'ente gestore  -  rappresenta
 indubbiamente  un  principio  fondamentale  della  materia,  tale  da
 condizionare e vincolare la potesta' legislativa regionale.
    Gia' in precedenti occasioni questa Corte aveva  ritenuto,  da  un
 lato,  che le norme costituenti affievolimento del diritto di caccia,
 attualmente subordinato all'interesse prevalente della  conservazione
 del  patrimonio  faunistico e della protezione dell'ambiente agrario,
 rappresentano principi  vincolanti  la  legislazione  concorrente  ed
 anche  quella esclusiva delle regioni (sentenza n. 1002 del 1988); e,
 dall'altro, che l'istituzione di  riserve  naturali  costituisce  una
 tipica  forma  di intervento preordinato alla protezione della natura
 e, piu' precisamente, alla conservazione del bene naturale, in quanto
 tale  comportante  l'esclusione   di   ogni   attivita'   che   possa
 comprometterne   il   relativo  stato  (sentenza  n.  366  del  1992;
 analogamente sentenza n. 223 del 1984).
    Applicando detti principi al caso  in  esame,  risulta  con  tutta
 evidenza l'illegittimita' costituzionale della disposizione contenuta
 nella  legge del Lazio che, nel disciplinare l'esercizio della caccia
 a scopi scientifici nella riserva  naturale  del  Parco  del  Lamone,
 omette  di  conformarsi  ai  principi stabiliti dalla legge statale a
 garanzia delle finalita' sopra indicate.
    E' pur vero, peraltro, che la disposizione  regionale  prevede  il
 parere  di  un  comitato tecnico-scientifico istituito dalla medesima
 delibera  legislativa:  ma  tale  previsione   non   puo'   ritenersi
 sufficiente  a  soddisfare  le  esigenze  di  cui  e'  espressione la
 normativa statale, che non solo attribuisce ad un organismo  operante
 unitariamente  su  tutto  il  territorio  nazionale l'espressione del
 parere richiesto, ma - soprattutto - stabilisce che  la  cattura  sia
 riservata  esclusivamente  a determinati istituti scientifici, mentre
 la disposizione regionale, non specificando  a  quali  soggetti  tale
 facolta'   sia   attribuita,  ne  demanda  l'individuazione  all'ente
 gestore, all'interno del "piano organico".
    4. - La questione di  legittimita'  costituzionale  sollevata  nei
 riguardi  dell'art. 10, primo comma, lettera a), va invece dichiarata
 inammissibile.
    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo,
 sentenze nn. 292, 256  e  172  del  1994  e  n.  496  del  1993),  la
 necessaria previa delibera del Consiglio dei ministri, sulla cui base
 il Presidente del Consiglio promuove mediante ricorso la questione di
 legittimita'  costituzionale nei confronti delle delibere legislative
 regionali ( ex artt. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e  2,  terzo
 comma,  lettera  d)  della legge 23 agosto 1988, n. 400), ha la ratio
 "in un'esigenza non  di  natura  formale  ma  di  sostanza,  connessa
 all'importanza  dell'atto  di impugnativa della legge e alla gravita'
 dei suoi possibili effetti di natura costituzionale": in quanto  tale
 essa  "comporta  una  scelta  di  politica  istituzionale  diretta  a
 prefigurare, quantomeno nelle sue  linee  essenziali,  la  violazione
 ipotizzata, al fine di delimitare con sufficiente chiarezza l'oggetto
 della questione che si intende sollevare".
    Nel  caso presente, la delibera del Consiglio dei ministri posta a
 base del ricorso introduttivo  del  presente  giudizio  non  contiene
 alcun  riferimento  all'art.  10  della  legge  regionale,  ne'  alla
 questione della salvezza degli usi civici che discende da tale norma.
 Infatti dall'estratto conforme al verbale,  depositato  in  giudizio,
 risulta  testualmente  che  il  Consiglio  dei  ministri,  in data 24
 settembre 1993, ha approvato la "determinazione di impugnare  davanti
 alla  Corte  costituzionale  la  legge  della  regione  Lazio recante
 istituzione della riserva naturale  parziale  Selva  del  Lamone,  in
 quanto,  consentendo indiscriminatamente nel territorio della riserva
 naturale la cattura di specie animali selvatiche a scopo  di  ricerca
 scientifica,  viola  il principio contenuto nell'art. 4, primo comma,
 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, secondo cui tale  attivita'  e'
 autorizzabile solo a favore di determinati soggetti".
    Dal  tenore  di  tale delibera emerge con evidenza la volonta' del
 Consiglio dei ministri di impugnare la legge regionale con  esclusivo
 riguardo  alla  disposizione  contenuta nell'art. 9: essa pertanto va
 ritenuta  inadeguata  a  fondare   il   ricorso   presidenziale   con
 riferimento   all'art.   10,   essendo  priva  dei  contenuti  minimi
 (rappresentati  dall'oggetto  della  censura  e  dai   parametri   di
 riferimento:  cfr. sentenza n. 233 del 1994) necessari per dedurre la
 volonta'  del  Consiglio  dei  ministri  di  censurare  anche   detta
 disposizione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  l'illegittimita' costituzionale dell'art. 9, primo comma,
 lettera a), della legge regionale del Lazio,  approvata  il  2  marzo
 1994  e  riapprovata  il  4  maggio  1994, recante "Istituzione della
 riserva natura parziale Selva del Lamone";
    Dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 10, primo comma, lettera  a),  della  legge  regionale  del
 Lazio,  approvata  il  2  marzo  1994 e riapprovata il 4 maggio 1994,
 sollevata,  in  riferimento  all'art.  117  della  Costituzione,  dal
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con il ricorso indicato in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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