N. 98 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 1994

                                 N. 98
 Ordinanza  emessa  il  17  ottobre  1994  dal  pretore  di  Gela  nel
 procedimento penale a carico di Cavallo Cassandra ed altro
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Ritenuta riconducibilita'
    di  detto  "istituto  di  clemenza" alla amnistia - Previsione con
    decreto-legge  -  Indebita  rinuncia  dello  Stato  alla   pretesa
    punitiva  senza  la  prescritta  maggioranza  dei  due  terzi  dei
    componenti di ciascuna Camera come richiesto  per  la  concessione
    dell'amnistia.
 Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Previsione della
    sospensione  di tutti i procedimenti penali relativi a costruzioni
    abusive ultimate  o  interrotte  con  il  sequestro  entro  il  31
    dicembre 1993 ed estinzione degli stessi dopo l'avvenuto pagamento
    -  Conseguente  rinuncia  alla  pretesa  punitiva  dello  Stato  -
    Violazione dei principi di uguaglianza, di tutela  del  paesaggio,
    della salute e della liberta' di iniziativa economica privata.
 (D.-L. 27 settembre 1994, n. 551, artt. 1, primo, secondo e quinto
    comma, 2, 3 e 6).
 (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, 41, secondo
(GU n.9 del 1-3-1995 )
    comma, e 79).
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Visti  gli  atti  del  procedimento  n. RG 187/94 e R.N.R. 993/9/2
 contro Cavallo Cassandra e Cavallo Francesco, imputati  entrambi  dei
 reati:
       a)  110 del c.p., 81 cpv. del c.p., 20, lett. c) della legge n.
 47/1985 per avere realizzato senza la prescritta concessione edilizia
 la costruzione costituita da un vano a piano terra di mq  160,  piano
 terra di mq 100, e mansarda di mq 100 con tetto a spiovente, la prima
 in  qualita'  di  proprietaria, il secondo in qualita' di committente
 delle opere indicate, in concorso fra loro e  con  Orgioli  Giuseppe,
 con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in contrada
 Tenutella,  zona  vincolata  ai  sensi della legge 29 giugno 1939, n.
 1497;
       b) p. e p. dagli artt.  1,  2,  4,  13  e  14  della  legge  n.
 1086/1971  per avere realizzato la costruzione sopra indicata al capo
 a) con opere in conglomerato  cementizio  armato  senza  il  progetto
 esecutivo,  la  direzione di un tecnico abilitato ed avendo omesso di
 denunziare tali opere all'ufficio del genio  civile  prima  del  loro
 inizio, in concorso tra loro e con piu' azioni esecutive del medesimo
 disegno criminoso;
       c)  p. e p. dagli artt. 17, 18 e 20 della legge n. 64/1974, per
 avere realizzato la costruzione sopra indicata al  capo  a)  in  zona
 sismica  senza  preavviso  scritto al sindaco e all'ufficio del genio
 civile e senza la preventiva autorizzazione scritta  di  quest'ultimo
 ufficio,  in  concorso  tra  loro  e  con  piu'  azioni esecutive del
 medesimo disegno crimonoso, in Butera, il 4, l'8, l'11 aprile 1992 ed
 il 9 maggio 1992;
       d) la prima, del reato p. e p. dagli  artt.  81  cpv.,  e  349,
 primo e secondo c.p. per avere con piu' azioni esecutive del medesimo
 disegno  criminoso  violato i sigilli apposti alla costruzione di cui
 al capo a) il 4 aprile 1992, l'8 aprile 1992, l'11  aprile  1992  dai
 Carabinieri   di   Gela  al  fine  di  assicurare  l'identita'  e  la
 conservazione delle cose sequestrate, la prima volta in  qualita'  di
 custode giudiziaria, della suddetta costruzione, le altre in concorso
 con  Cavallo  Francesco  ed  Orgioli  Giuseppe,  quando  questi erano
 custodi, in Butera l'8, l'11 aprile 1992 e il 9 maggio 1992;
       e) il secondo del reato p. e p. degli  artt.  81  cpv.  e  349,
 primo  e  secondo  c.p.  per  avere,  con  piu'  azioni esecutive del
 medesimo disegno criminoso violato i sigilli apposti alla costruzione
 di  cui  al  capo  A)  al  fine  di  assicurare  l'identita'   e   la
 conservazione  delle  cose  sequestrate,  una  volta  in  qualita' di
 custode giudiziario nominato tale  l'8  aprile  1992,  una  volta  in
 concorso  con  Cavallo  Cassandra  ed Orgioli Giuseppe quando custodi
 erano i medesimi, in Butera l'8 novembre 1992 ed il 9 maggio 1992;
       f) entrambi del reato p. e p. dagli artt. 110, 81 cpv.,  e  734
 c.p.  per  avere, in concorso fra loro, con piu' azioni esecutive del
 medesimo disegno criminoso, mediante la costruzione indicata al  capo
 A),  alterato le bellezze naturali della localita' Tenutella soggetta
 a vincolo paesaggistico;
       g) entrambi del reato p. e p. dagli artt. 110,  81  cpv.  c.p.,
 1-sexies  della  legge  n. 431/1985 per avere, in concorso fra loro e
 con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso,  realizzato
 la  costruzione  di  cui  al  capo  a)  in  zona  soggetta  a vincolo
 paesaggistico ai sensi della legge 29  giugno  1939,  n.  1437  senza
 l'autorizzazione   della   Soprintendenza   ai   beni   culturali  ed
 ambientali, in Butera, il 4, l'8, l'11 aprile 1992  ed  il  9  maggio
 1992;
    Vista  la legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare l'art. 23,
 primo, secondo e terzo comma;
    Preso atto dell'istanza del p.m. a che sia sollevata la  questione
 di  legittimita'  costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 del decreto-
 legge 27 settembre 1994, n. 551, in  riferimento  all'art.  79  della
 Costituzione;
    Ritenuto   di   dover   sollevare  anche  d'ufficio  questione  di
 legittimita' costituzionale delle norme di  cui  all'art.  1,  primo,
 secondo  e quinto comma, del decreto-legge 27 settembre 1994, n. 551,
 in cui e' ravvisata la violazione dell'art. 79, e dell'art. 3,  sotto
 il  duplice  profilo  dell'irragionevolezza  di  tali  norme  e della
 disparita' di trattamento in relazione agli artt. 9,  secondo  comma,
 32, primo comma e 41, secondo comma, della Costituzione;
    Ritenuto  che  le prospettate questioni appaiono tutte rilevanti e
 non manifestamente infondate per i seguenti motivi:
                          MOTIVI DI RILEVANZA
    L'imputato  ha  chiesto  che  il  processo  venga  sospeso;   tale
 richiesta  rende  evidente,  e  processuale,  la  volonta' di valersi
 dell'intera  procedura  di  sanatoria  per   ottenere   il   "condono
 edilizio".
    Ne consegue che, come ha gia' stabilito la Corte costituzionale in
 caso identico (sentenza 23-31 marzo 1988, n. 369) divengono rilevanti
 nella  specie  le  questioni di costituzionalita' relative a tutte le
 summenzionate disposizioni  aventi  forza  di  legge,  che  risultano
 intimamente  collegate  fra  loro  nell'unico  fine  di regolamentare
 (esternamente  ed  internamente)  il  meccanismo  procedimentale   di
 sanatoria.
    Ad ogni buono conto, dal combinato disposto degli artt. 1, secondo
 e  quinto  comma  del  d.-l. n. 551/1994, e 44 della legge n. 47/1985
 discende  che  la  sospensione  opera  anche  a  prescindere  da  una
 richiesta  di  parte,  e  serve a creare la condizione necessaria per
 l'operativita',   (immediatamente    successiva)    del    meccanismo
 procedimentale  del condono; dunque le disposizioni che regolamentano
 piu' direttamente tale meccanismo  assumono  rilevanza  nel  presente
 processo  (e  con  esse  le  questioni  di  costituzionalita'  che le
 investono) nel momento stesso in cui il  giudice  deve  provvedere  a
 sospendere (o meno) il processo.
    Come  precisato poi dal giudice di legittimita', non ogni processo
 per illeciti urbanistici o edilizi va  sospeso,  ma  soltanto  quelli
 relativi  a  reati  succettibili  di  essere  estinti  attraverso  la
 procedura  amministrativa;  il  giudice  deve  dunque  esaminare,  ad
 esempio, il tempus commissi delicti, e nel far cio' deve osservare le
 norme  contenute  nel  primo e secondo comma dell'art. 1 del decreto-
 legge n. 551/1994. Tali  norme  assumono  dunque  a  maggior  ragione
 rilevanza nel presente processo.
    Le  restanti norme di cui all'art. 1, e agli articoli 2, 3 e 6 del
 d.-l. in questione, rilevano nel presente processo  nella  misura  in
 cui disciplinano modalita' e fasi del procedimento di sanatoria.
                 MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA
    a) Violazione dell'art. 79.
    Il  "condono  edilizio"  si  configura  come  istituto di clemenza
 attraverso  il  quale  viene  meno,  limitatamente  a  fatti  tipici,
 commessi  in  un  circoscritto  periodo  di tempo, anteriore alla sua
 operativita', la pretesa punitiva dello Stato.
    Analizzandone  il meccanismo operativo, la Corte costituzionale si
 e' espressa (con la sentenza n. 369/1988) nel senso che tale istituto
 non  possa  essere  ricondotto  alla  figura   tipica   dell'amnistia
 condizionata,  e introduca invece una causa atipica di estinzione del
 reato.
    Rimane   tuttavia   inesplorata   dalla    Corte    costituzionale
 l'argomentazione,   addotta   dal  p.m.,  circa  la  riconducibilita'
 dell'istituto  del  condono  a  quello  dell'amnistia  sottoposta  ad
 obblighi;  tale  figura  e'  espressamente prevista dall'art. 151 del
 codice penale.
    Il "potere di clemenza" incontra dei  limiti,  anche  procedurali,
 nella  Carta  costituzionale; tra essi quello, recentemente posto dal
 legislatore costituzionale  con  la  revisione  dell'art.  79  (legge
 costituzionale  6  marzo 1992, n. 1): prevede la norma che l'amnistia
 sia concessa con legge deliberata a maggioranza  dei  due  terzi  dei
 componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione
 finale.
    Conclude  dunque  il  p.m.  che il "condono", in quanto rientrante
 nella     tradizionale     figura     dell'amnistia,     e'     stato
 incostituzionalmente concesso dal Governo con decreto-legge.
    Il  quesito che invece viene posto da questo pretore alla Consulta
 muove  dall'assunto  che  il  condono,  comunque  lo  si   etichetti,
 costituisce  forma  d'esercizio  della  generale potesta' di clemenza
 dello Stato, e debba percio' essere concesso  con  le  forme  dinanzi
 prospettate.
    Anche  tale  questione, per molti versi analoga alla prima, appare
 non  manifestamente  infondata:  a  ritenere  che   l'esecutivo   sia
 legittimato  a  dar  vita,  con decretazione d'urgenza, ad una misura
 generale di clemenza che si distingue  solo  per  fisionomia,  e  non
 anche  per  effetti  giuridici,  dall'amnistia, si giungerebbe ad una
 sostanziale elusione del dettato costituzionale.
    Dal disposto dell'art. 79 della Costituzione emerge chiaramente la
 volonta' che l'emanazione di misure clemenziali generali, comportanti
 l'estinzione del reato, debba essere  riservata  all'apprezzamentodel
 Parlamento,  al quale soltanto e' rimessa la potesta' di limitare con
 tale estensione la pretesa punitiva pubblica.
    E dunque il termine "amnistia", contenuto nel citato art. 79,  non
 va   inteso  in  senso  strettamente  tecnico  (dando  cioe'  rilievo
 preminente  al  peculiare  meccanismo  operativo  dell'istituto),  ma
 ricondotto   ad   una   nozione   generale  di  misura  di  clemenza,
 caratterizzata da elementi "sostanziali" (effetto estintivo del reato
 limitato a fatti determinati, commessi in un circoscritto periodo  di
 tempo,  anteriore  alla  sua  entrata  in  vigore)  comuni tanto alla
 tradizionale amnistia quanto al condono.
   Violazione dell'art. 3, anche in relazione agli  artt.  9,  secondo
 comma, 32, primo comma e 41, secondo comma.
    La   rinunzia   alla   pretesa   punitiva  da  parte  dello  Stato
 relativamente   a   determinati   reati,   comporta    un'inevitabile
 pregiudizio  al  principio  di  uguaglianza;  essa  deve  ispirarsi a
 criteri di ragionevolezza sostanziale e "trovare giustificazione  nel
 quadro  costituzionale  che  determina  il  fondamento  ed  i  limiti
 dell'intervento punitivo dello Stato" (C. cost., sent. n.  369/1988),
 ed  adeguato  bilanciamento  all'interno della gerarchia dei valori e
 dei  beni costituzionalmente tutelati. Cio' a pena d'irragionevolezza
 e di ingiustificate disparita'.
    Con riguardo al condono edilizio del 1985 la Corte  costituzionale
 verifico' che l'eccezionale introduzione di una causa atipica di "non
 punibilita'"  e "non procedibilita'" per condotte recanti pregiudizio
 a fondamentali esigenze della collettivita', trovava  giustificazione
 nell'intento  di  "chiudere  un  passato d'illegalita' di massa" e di
 "porre sicure basi normative per la repressione futura di  fatti  che
 violano  fondamentali  esigenze"  quali il governo del territorio; la
 sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata ed il  suo
 coordinamento  a  fini sociali; la funzione sociale della proprieta';
 la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico.
    E'  ritenuta  non  manifestamente  infondata   la   questione   di
 costituzionalita' concernente l'irragionevolezza delle norme che oggi
 reiterano,  a  distanza  di  nove  anni,  il  meccanismo  del condono
 edilizio: non si puo' infatti parlare piu'  di  eccezionalita'  della
 misura clemenziale, stante la sua riproposizione ciclica e l'ampiezza
 del  periodo  di tempo nell'ambito del quale e' destinata ad operare;
 ne' puo' nuovamente valere l'intento, gia' vanificato una  volta,  di
 chiudere con un passato di diffusa illegalita'.
    Appaiono  invece compromessi, nella materia edilizia, in virtu' di
 tale  reiterazione,  gli  aspetti   di   certezza,   uguaglianza   ed
 obbligatorieta'  (dell'azione  penale  e della pena) che informano il
 sistema costituzionale-penalistico.
    Deve infine osservarsi che le norme incriminatrici su  cui  incide
 il  condono  edilizio mirano a salvaguardare beni fondamentali per la
 collettivita': a) il paesaggio, e dunque sia  il  razionale  sviluppo
 urbanistico del territorio che la tutela del pregio naturalistico; b)
 la  salute  psico-fisica,  compromessa  particolarmente  in zone dove
 l'enormita' del fenomeno dell'abusivisimo edilizio ed il  conseguente
 degrado dei centri abitati sottrae all'individuo il diritto di vivere
 in  un  ambiente sano. La questione di costituzionalita' sollevata in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione  appare   percio'   non
 manifestamente  infondata anche quando involge l'aspetto del corretto
 (o meno) bilanciamento tra le ragioni del nuovo "condono"  (e  cioe',
 in   base   alle   premesse   del  d.l.  n.  551/1994,  il  "rilancio
 dell'attivita'  economica.   .   .   la   ripresa   delle   attivita'
 imprenditoriali.  . .  l'esigenza di semplificazione dei procedimenti
 in materia urbanistico-edilizia") e le ragioni  di  tutela  dei  beni
 sopra indicati.
    Considerando  la  questione  secondo la prospettiva del divieto di
 irragionevoli disparita' di trattamento per situazioni meritevoli  di
 pari  tutela, si rileva che il nuovo (seppur limitato) sacrificio dei
 beni costituzionali tutelati dagli articoli 9 e 32  della  Carta  non
 pare   trovare   adeguata   giustificazione,   e   dunque   razionale
 bilanciamento  all'interno  del  quadro  costituzionale:  cio'  nella
 misura  in  cui,  mentre  non vengono sanzionate penalmente le offese
 arrecate a quei beni, ricevono invece un trattamento di favore alcune
 espressioni della liberta' di iniziativa economica privata le  quali,
 pur  avendo "rango" costituzionale, tuttavia non possono, come invece
 pare nel caso di specie, contrastare  con  l'utilita'  sociale  e  la
 dignita' umana.
    E'  stata la stessa Corte costituzionale a definire in particolare
 il paesaggio  come  "valore  primario  dell'ordinamento"  (sentt.  21
 dicembre  1985,  n.  359,  27 giugno 1986, n. 151), ed a sottolineare
 come tutela di tale valore sia collocata "fra i principi fondamentali
 dell'ordinamento", e che il perseguimento di tale  tutela  presuppone
 necessariamente  la  comparazione  ed  il  bilanciamento di interessi
 diversi, in particolare degli interessi pubblici. . . (sent. 1 aprile
 1985 n. 94).
                               P. Q. M.
    Sospende  il   presente   procedimento   e   dispone   l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Manda   alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
 ordinanza, letta in dibattimento, al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
 della Camera dei deputati.
     Gela, addi' 17 ottobre 1994
                           Il pretore: TOSO
 
 95C0241