N. 50 SENTENZA 8 - 20 febbraio 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Nuova  contestazione  dibattimentale  del  reato
 concorrente   -   Pubblico   ministero   -   Parti   private  diverse
 dall'imputato - Ammissione  di  nuove  prove  -  Esercizio  -  Omessa
 previsione  - Violazione del principio di eguaglianza - Richiamo alla
 sentenza della Corte n.  241/1992 - Illegittimita' costituzionale.
 
 (C.P.P., art. 519, secondo comma)
 
(GU n.9 del 1-3-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo
    CHELI,  dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
    MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.  Massimo  VARI,  dott.
    Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 519, comma 2,
 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa  il  24
 giugno  1994  dal  Tribunale  di  Macerata  nel procedimento penale a
 carico di Palumbo Luigino, iscritta al n. 523 del registro  ordinanze
 1994  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito nella camera di consiglio del 25  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  A  seguito  di  contestazione  dibattimentale  di  un reato
 connesso effettuata dal pubblico ministero a norma dell'art. 517 cod.
 proc. pen., il Tribunale  di  Macerata,  su  eccezione  del  medesimo
 pubblico  ministero,  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 112
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  519,  comma  2,  cod. proc. pen., ritenendo tale questione
 rilevante e non manifestamente infondata per le stesse  ragioni  gia'
 esposte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 241 del 1992.
    Il  tribunale  remittente  precisa  in  punto  di  fatto  che,  in
 conseguenza della  riferita  contestazione  suppletiva,  il  pubblico
 ministero   aveva   depositato   una  lista  testimoniale  funzionale
 all'esercizio del diritto alla prova in  ordine  alle  nuove  ipotesi
 criminose,  lamentando  in tale occasione "l'impossibilita' normativa
 di esercitare il predetto diritto".
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata sollevata la questione del contrasto con gli artt. 3
 e 112 della Costituzione, dell'art. 519, comma 2,  cod.  proc.  pen.,
 nella  parte  in cui non consente al pubblico ministero di esercitare
 il diritto alla prova in ordine ai fatti oggetto della  contestazione
 dibattimentale  del  reato  concorrente  regolata  dall'art. 517 cod.
 proc. pen.
    Il giudice a quo osserva che non possono non valere  nel  caso  in
 esame  gli  stessi  princi'pi  che  avevano condotto la Corte, con la
 sentenza   n.   241   del   1992,   a   dichiarare,   tra    l'altro,
 l'illegittimita'costituzionale  dell'art.  519,  comma  2, cod. proc.
 pen. nella parte in cui, nei casi di contestazione del fatto  diverso
 a  norma dell'art. 516 del medesimo codice, "non consente al pubblico
 ministero e alle parti  private  diverse  dall'imputato  di  chiedere
 l'ammissione di nuove prove".
    2. - La questione e' fondata.
    Come   esattamente   osservato   dal   tribunale   remittente,  la
 contestazione del reato concorrente o  delle  circostanze  aggravanti
 risultanti  nel  dibattimento,  disciplinata dall'art. 517 cod. proc.
 pen., e' evenienza che, quanto all'esigenza delle parti di esercitare
 il diritto alla prova in ordine all'ampliamento del thema decidendum,
 evoca considerazioni del tutto analoghe a quelle svolte nella  citata
 sentenza n. 241 del 1992 con riferimento alla contestazione del fatto
 diverso effettuata a norma dell'art. 516 del medesimo codice.
    Anche  nel  caso  in  esame,  dunque,  se  si parte dalla premessa
 interpretativa    che    l'ammissibilita'     della     contestazione
 dibattimentale  non  e' affatto subordinata alla presenza di elementi
 sufficienti a dare compiuta dimostrazione dei relativi fatti, ma,  al
 contrario, si raccorda all'emergere di elementi idonei a configurarla
 in  termini di serieta' e concretezza, appare evidente che il diritto
 alla prova, assicurato a tutte le  parti  dall'art.  190  cod.  proc.
 pen.,  non  puo' subire, nell'ipotesi considerata dall'art. 517, come
 in quella di cui all'art. 516, ne' preclusioni derivanti dallo stadio
 processuale ne' limitazioni diverse da quelle poste in  via  generale
 dal medesimo art. 190.
    Ora,  posto  che  all'imputato,  proprio  in  dipendenza  da altro
 enunciato della sentenza n. 241 del 1992, e' stata  assicurata  piena
 facolta' di prova in ogni caso di nuova contestazione dibattimentale,
 appare  lesiva  del  principio  di  parita'  delle  parti  la mancata
 previsione della facolta' sia del pubblico ministero sia delle  parti
 private   diverse   dall'imputato  di  chiedere,  nei  casi  regolati
 dall'art. 517, l'ammissione di nuove prove.
    3. - L'art. 519, comma 2, cod. proc. pen., va  percio'  dichiarato
 costituzionalmente  illegittimo,  per  violazione  dell'art.  3 della
 Costituzione  (restando  con   cio'   assorbito   l'altro   parametro
 invocato),  nella  parte  in  cui,  in  caso  di  nuova contestazione
 effettuata a norma dell'art. 517 cod. proc.  pen.,  non  consente  al
 pubblico  ministero  e  alle  parti  private diverse dall'imputato di
 chiedere l'ammissione di nuove prove.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la illegittimita' costituzionale dell'art. 519,  comma  2,
 del  codice  di procedura penale nella parte in cui, in caso di nuova
 contestazione effettuata a norma dell'art. 517 del  medesimo  codice,
 non  consente  al  pubblico  ministero  e  alle parti private diverse
 dall'imputato di chiedere l'ammissione di nuove prove.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 febbraio 1995.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: SPAGNOLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 20 febbraio 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0252