N. 63 SENTENZA 20 - 24 febbraio 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Lavoro - Regione Sicilia - Istituto regionale per il credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.) - Utilizzazione di personale della ex Siciltrading S.p.a. in stato di procedura fallimentare, mediante contratti a termine - Richiamo alla giurisprudenza della Corte in materia di leggi-provvedimento - Insussistenza di irragionevolezza nel caso che l'oggetto sia la salvaguardia dell'occupazione - Non fondatezza. (Legge regione Sicilia approvata il 26 maggio 1994). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.10 del 8-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Sicilia approvata il 26 maggio 1994 dall'Assemblea regionale siciliana, recante: "Provvidenze a favore del personale della ex Siciltrading s.p.a.", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 3 giugno 1994, depositato in cancelleria il 10 giugno 1994 ed iscritto al n. 48 del registro ricorsi 1994; Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana; Udito nell'udienza pubblica del 24 gennaio 1995 il Giudice relatore Mauro Ferri; Uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo, per il ricorrente, e gli avv.ti Francesco Torre e Francesco Castaldi per la Regione. Ritenuto in fatto 1. - Con il ricorso in epigrafe il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato il disegno di legge n. 666, approvato dall'Assemblea regionale il 26 maggio 1994, recante "Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading s.p.a". Ad avviso del ricorrente il provvedimento legislativo, che consente all'Istituto regionale per il credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.) di stipulare contratti a termine, di durata non superiore ad un biennio, con i dipendenti della ex Siciltrading s.p.a., societa' a partecipazione regionale in atto sottoposta a procedura fallimentare, da' adito a censure di incostituzionalita' sotto il profilo del mancato rispetto dei principi espressi dagli articoli 3 e 97 della Costituzione. 2. - In primo luogo si sarebbe in presenza dell'ennesima legge- provvedimento, adottata dal legislatore regionale, volta, piu' che a garantire il buon andamento della pubblica amministrazione, al mantenimento del posto di lavoro di alcune unita' di personale sulla base di pregressi accordi sindacali. Al riguardo il Commissario dello Stato osserva che la normativa vigente, ribadita di recente dall'art. 3, comma 23, della legge n. 537 del 1993, vieta alle amministrazioni pubbliche di assumere personale a tempo determinato e di stabilire rapporti di lavoro autonomo per periodi superiori a tre mesi, a meno che non si tratti di personale in possesso di particolari qualifiche di elevata professionalita', (situazione che nella fattispecie in esame non sussisterebbe, in quanto si tratta di unita' tutte comprese entro il IV livello). Sebbene l'ente interessato alla disposizione abbia dichiarato il proprio interesse oggettivo ad avvalersi di personale, anche se a termine, per l'espletamento di servizi d'istituto, neanche potrebbe ritenersi che la necessita' di assunzione di dipendenti con qualifiche di archivista e commesso, le cui prestazioni sono ovviamente fungibili e non rilevanti alle essenziali e peculiari attivita' dell'ente stesso, possa giustificare una deroga ad un principio generale riconosciuto ed applicato anche dall'amministrazione regionale. Unico fine dell'iniziativa legislativa sarebbe, in definitiva, quello di salvaguardare, seppure temporaneamente, l'occupazione degli interessati, interferendo indirettamente sulla definizione della controversia instaurata presso il competente giudice del lavoro. In buona sostanza, conclude il Commissario dello Stato, pur ammettendo in astratto la possibilita' che la Regione adotti leggi- provvedimento, questa in esame supererebbe comunque il limite della ragionevolezza in quanto lo scopo tipico della norma non sarebbe quello di sopperire a comprovate ed identificate esigenze funzionali dell'I.R.C.A.C. connesse all'esercizio delle sue attivita' istituzionali, ma quello di garantire la conservazione del posto di lavoro a nove unita'. 3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente della Regione siciliana instando per la reiezione del ricorso. Preliminarmente la Regione ritiene del tutto arbitrario l'assunto del ricorrente secondo il quale unico fine della iniziativa legislativa sarebbe quello della salvaguardia dell'occupazione. Cio' in quanto l'ente destinatario della norma, e cioe' l'Istituto Regionale per il Credito alla Cooperazione, viene "autorizzato" dal legislatore regionale a stabilire rapporti di lavoro a tempo determinato solo in presenza di esigenze connesse con i propri compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui all'articolo 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e cioe' per l'assolvimento di servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale. L'obiettivo della salvaguardia dell'occupazione, sicuramente presente nella volonta' del legislatore siciliano, sarebbe quindi contemperato, nella applicazione della norma, con quello del buon andamento della organizzazione dell'ente destinatario. 4. - Ma anche volendo ipotizzare, prosegue il resistente, che unico fine della legge impugnata sia quello della salvaguardia del posto di lavoro, basterebbe, a convalidare la legittimita' della legge de qua, richiamare lo Statuto regionale, laddove attribuisce alla potesta' legislativa della Regione la disciplina della materia concernente la legislazione sociale ed in particolare i rapporti di lavoro (art. 17, lett. f), nonche' la stessa giurisprudenza della Corte secondo cui "l'ambito normativo riconosciuto dalla citata norma non concerne tutta la legislazione sociale, bensi' cio' che riflette i rapporti di lavoro e le provvidenze che ad essi sono collegate, a garanzia dei lavoratori" (sentenza n. 29 del 1968). La normativa, inoltre, risulterebbe dettata per fini di carattere sociale, sicuramente meritevoli di tutela in osservanza dell'articolo 4 della Costituzione, laddove afferma che "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto"; nonche' del successivo articolo 35, secondo cui "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni". 5. - Dopo aver citato analoghi provvedimenti legislativi, sia statali che regionali, mai fatti oggetto di censure di costituzionalita' pur avendo il medesimo fine di tutela dell'occupazione, la Regione rileva che il provvedimento legislativo impugnato rientra nella competenza legislativa esclusiva in materia di "ordinamento degli uffici e degli enti regionali", attribuitale dall'art. 14, lett. p), dello Statuto, come sarebbe dimostrato dalla circostanza che il Commissario dello Stato non ha eccepito la violazione della suddetta norma statutaria. 6. - Altrettanto infondata risulterebbe, ad avviso della Regione, la censura in ordine alla possibilita' di adottare leggi- provvedimento, in quanto e' ormai costante l'orientamento della Corte nel ritenere l'inesistenza di un divieto costituzionale all'emanazione di leggi, sia statali che regionali, a contenuto particolare e concreto. In proposito viene richiamata la sent. n. 190 del 1986 con cui la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge regionale siciliana 30 dicembre 1976 n. 90, promossa dal T.A.R. Sicilia in riferimento all'art. 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 24, 25 e 113 della Costituzione, escludendo che il citato art. 20, "oltre a prevedere l'ordinaria attribuzione delle funzioni amministrative" alla Giunta regionale, "crei altresi' una riserva a favore dell'esecutivo nei confronti delle stesse leggi-provvedimento adottate dall'Assemblea; riserva che irrigidirebbe ingiustificatamente, solo per la Sicilia, la forma di governo delle Regioni". 7. - In prossimita' dell'udienza ha presentato memoria l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario dello Stato della Regione siciliana. Dopo aver richiamato le vicende di fatto che hanno portato all'intervento dell'I.R.C.A.C. nell'assorbimento di parte dei lavoratori della ex Siciltrading, l'Avvocatura riafferma come sia di palmare evidenza che il provvedimento legislativo impugnato costituisca in realta' un anomalo provvedimento di sostegno a lavoratori disoccupati, il quale comporta, per il ristretto ed esclusivo ambito di applicazione, un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla generalita' dei lavoratori che si trovano nelle medesime condizioni. Ne' risulterebbe conferente il riferimento alla disposizione in favore dei dipendenti dell'Italter e della Sirap (art. 79 della legge regionale n. 25 del 1993) giacche' detta norma individua con precisione l'oggetto delle prestazioni di lavoro a termine, riconducibili peraltro alle professionalita' possedute dai destinatari ed alla specificita' dell'ambito di attivita' delle societa' stesse. Nemmeno, poi, potrebbe ritenersi che la competenza riconosciuta al legislatore siciliano dall'art. 17, lett. f), dello Statuto speciale consenta l'istituzione di forme surrettizie di assistenza in favore di lavoratori disoccupati, soprattutto se si considera che le provvidenze in questione sono rivolte ad esclusivo vantaggio di una ristretta cerchia di destinatari e non alla generalita' dei lavoratori o quanto meno a soggetti tutti dipendenti da societa' con capitale a partecipazione pubblica poste in liquidazione o fallite. La norma impugnata non avrebbe il significato e la portata di un intervento di carattere assistenziale ai sensi dell'art. 17, lett. f), dello Statuto, poiche' con la stessa si e' soltanto voluto derogare alle vigenti normative che disciplinano l'assunzione di lavoratori con un contratto a termine di diritto privato, riservandola ad alcuni lavoratori licenziati da una societa' messa in liquidazione. Inoltre, per quanto attiene l'argomentazione (contenuta nella memoria difensiva della Regione) secondo cui il provvedimento sarebbe dettato da fini di carattere sociale, meritevoli di tutela in osservanza del precetto posto dall'art. 4 della Costituzione, l'Avvocatura osserva che secondo costante giurisprudenza della Corte (sentenze nn. 81 del 1969, 189 del 1980, 2 e 176 del 1986) il suddetto principio non garantisce al cittadino ne' il diritto al conseguimento di un'occupazione ne' tantomeno il diritto alla conservazione del lavoro, bensi' e' posto a tutela della generica possibilita' per tutti indistintamente i cittadini, concorrendone i requisiti, di avere accesso ai posti di lavoro disponibili, con contestuale, implicito, obbligo per il legislatore di realizzare un ordinamento che renda effettivo il diritto in questione. Non sarebbe pertinente inoltre la giustificazione secondo cui recenti norme statali avrebbero introdotto interventi analoghi a quello oggetto di censura. Le norme statali citate nella memoria difensiva della Regione riguarderebbero, infatti, intere categorie di disoccupati, e non singoli soggetti, ed in ogni caso richiedono e tengono in preminente considerazione il buon andamento della pubblica amministrazione, facendo esplicito riferimento sia all'esistenza di vacanze in organico, sia all'accertamento, previa prova anche selettiva, delle capacita' professionali dei soggetti destinatari. In ogni caso non potrebbe ritenersi legittima l'individuazione intuitu personae dei soggetti destinatari di un contratto di lavoro con la pubblica amministrazione, in quanto e' principio generale ed inderogabile il ricorso a criteri di selezione pubblica, anche nell'ipotesi di rapporti a tempo determinato, qualora gli enti pubblici debbano procedere al reclutamento di personale. Da tutto cio', conclude l'Avvocatura, emerge chiaramente che con questa legge- provvedimento il legislatore siciliano ha ritenuto possibile conseguire lo scopo cui era diretto un atto amministrativo illegittimo. Considerato in diritto 1. - Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della legge regionale, approvata dall'Assemblea siciliana il 26 maggio 1994, recante "Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading s.p.a.", il cui art. 1 cosi' stabilisce: "L'Istituto regionale per il credito alla cooperazione (I.R.C.A.C.) e' autorizzato ad avvalersi del personale in servizio alla data del 30 ottobre 1992, che non sia inquadrato con la qualifica di dirigente o che non abbia interrotto volontariamente il rapporto di lavoro, della ex Siciltrading s.p.a., in corso di procedura fallimentare, mediante contratti a termine, di durata non superiore ad un biennio, per l'assolvimento dei compiti di istituto propri dell'ente, nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e di quanto previsto dal vigente contratto collettivo nazionale di lavoro della categoria". 2. - Il ricorrente, nella considerazione che il fine della norma non sia quello di sopperire a comprovate ed identificate esigenze funzionali dell'I.R.C.A.C., connesse all'esercizio delle sue attivita' istituzionali, bensi' quello di garantire la conservazione del posto di lavoro a nove unita', ritiene che la norma medesima contrasti con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto del principio di ragionevolezza e del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Nella memoria presentata in prossimita' dell'udienza, l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Commissario ricorrente, ha prospettato anche la violazione del terzo comma dell'art. 97 della Costituzione, sotto l'ulteriore profilo dell'inosservanza della regola generale del concorso per l'accesso ai pubblici impieghi; ma tale autonoma censura, non essendo stata tempestivamente dedotta nei motivi di ricorso, non puo' in alcun modo essere presa in considerazione in questa sede. 3. - Nel merito, la questione non e' fondata. Il ricorso tende sostanzialmente a censurare la normativa impugnata in quanto "ennesima legge-provvedimento" volta, piu' che a garantire l'efficienza e il buon andamento della pubblica amministrazione, a costituire un irragionevole provvedimento di sostegno a lavoratori disoccupati. Ora, questa Corte ha gia' avuto occasione di chiarire, anche con specifico riferimento all'attivita' legislativa della Regione siciliana, che non esiste, in linea generale, un divieto di leggi- provvedimento in quanto tali, occorrendo sempre procedere al controllo sostanziale sull'atto, sia pure con le peculiarita' richieste dal suo specifico oggetto; piu' in particolare, con la sent. n. 190 del 1986 si e' affermato che, in base allo Statuto regionale siciliano, e' da escludere la sussistenza di una riserva a favore della Giunta regionale (titolare delle funzioni esecutive ed amministrative) nei confronti delle stesse leggi-provvedimento adottate dall'Assemblea: riserva che irrigidirebbe ingiustificatamente, solo per la Sicilia, la forma di governo delle Regioni. 4. - Cio' premesso, non risulta sussistente la dedotta violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, che, ai fini che qui interessano, puo' essere considerata censura unica. E' giurisprudenza costante di questa Corte, infatti, che la violazione del principio di buon andamento dell'amministrazione non puo' essere invocata se non quando si assuma l'arbitrarieta' o la manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata, per cui il richiamo all'art. 97 della Costituzione implica necessariamente lo svolgimento di un giudizio di ragionevolezza sulla legge censurata (v. sentt. n. 10 del 1980 e n. 266 del 1993). Cio' posto, l'obiettivo della salvaguardia dell'occupazione, esplicitamente presente nella volonta' del legislatore siciliano, non e' certo indice di irragionevolezza, ne' il contenuto particolare e concreto della legge impugnata, rivolta a consentire la costituzione di rapporti di lavoro a tempo determinato per poche persone (risulta dai lavori preparatori della legge che si tratta di nove unita'), e' suscettibile, di per se', di rendere arbitraria l'intera normativa ove si consideri che l'ente destinatario della legge regionale viene autorizzato a costituire detti rapporti solo in presenza di esigenze connesse con i propri compiti di istituto e nel rispetto dei limiti di cui all'art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230, e cioe' per l'assolvimento di servizi definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale. Che poi dette esigenze siano o meno effettivamente sussistenti e' problema del tutto estraneo al giudizio di costituzionalita' della legge e che puo', semmai, assumere rilievo nell'ambito del controllo di legittimita' sugli atti che, in applicazione della legge medesima, vengano adottati dall'I.R.C.A.C.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale della legge della Regione Sicilia approvata il 26 maggio 1994 (Provvidenze in favore del personale della ex Siciltrading) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana con il ricorso in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 febbraio 1995. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: FERRI Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 24 febbraio 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 95C0267