N. 128 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 novembre 1994

                                N. 128
 Ordinanza emessa il 24 novembre 1994 dal tribunale di Catanzaro sulla
 richiesta di riesame proposta da Paone Giuseppe
 Processo penale - Misure cautelari reali  -  Sequestro  preventivo  -
    Riesame  -  Possibilita', per interpretazione del diritto vivente,
    di confermare il provvedimento impugnato per  ragioni  diverse  da
    quelle  indicate  in  motivazione, anche nella ipotesi di rilevata
    nullita' per vizio della stessa - Irragionevolezza -  Compressione
    del diritto di difesa.
 (C.P.P. 1988, artt. 309, nono comma, e 324, settimo comma).
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma).
(GU n.11 del 15-3-1995 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 n. 92 del registro delle impugnazioni delle  misure  cautelari  reali
 dell'anno  1994,  riservato per la decisione all'udienza camerale del
 24 novembre 1994, sulla richiesta di riesame del decreto con il quale
 il   giudice   per   le   indagini   preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale di Catanzaro ha disposto, in data 28 ottobre  1994,  il
 sequestro  preventivo  del  cantiere edilizio, aperto in via Fratelli
 Plutino di Catanzaro per i lavori di costruzione di  un  complesso  a
 destinazione residenziale dalla Societa' Ediltura di Paone Giuseppe &
 C.  proposta  nell'interesse  di  Paone  Giuseppe,  in  proprio  e in
 qualita' di legale rappresentante della precitata Societa',  indagato
 in  ordine  alla  contravvenzione di cui all'art. 20, lett. a), della
 legge 28 febbraio 1985,  n.  47,  nonche'  per  altre  violazioni  in
 materia edilizia;
    Sentito il pubblico ministero e il difensore dell'indagato;
    Esaminati gli atti di causa;
    Udito il giudice relatore;
                            P R E M E T T E
    Con  decreto  in  data  28 ottobre 1994 il giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura circondariale di  Catanzaro  procedeva,
 su richiesta del p.m., al sequestro preventivo del cantiere edilizio,
 aperto  in  via Fratelli Plutino di Catanzaro dalla societa' Ediltura
 di  Paone  Giuseppe  &  C.  per  i  lavori  di  realizzazione  di  un
 insediamento  a  scopo residenziale, nei confronti di Paone Giuseppe,
 legale rappresentante della predetta societa', indagato, in  concorso
 con  altri,  in  ordine  alla  fattispecie  contravvenzionale p. e p.
 all'art. 20, lett.  a),  della  legge  n.  47/1985,  nonche'  per  la
 violazione dell'art. 18 stessa legge.
    Avverso  detto  decreto il difensore del Paone ha proposto istanza
 di riesame, con  enunciazione  contestuale  dei  motivi,  in  data  9
 novembre  1994;  il  23  novembre  1994  il  medesimo  ha  depositato
 ulteriore memoria difensiva a sostegno del gravame.
    All'udienza del 24 novembre 1994, fissata in camera  di  consiglio
 per  la trattazione del gravame, giusta decreto del 18 novembre 1994,
 e celebrata  con  l'intervento  del  p.m.  e  con  la  partecipazione
 dell'indagato  e  del  difensore,  il  rappresentante  della pubblica
 accusa  nel  resistere  alla  impugnazione,  ha  prodotto   ulteriore
 documentazione.
    All'esito  della  discussione, il p.m. e la difesa hanno concluso,
 rispettivamente, per la conferma del provvedimento  impugnato  e  per
 l'accoglimento  del  proposto  gravame.  Il Tribunale ha riservato la
 decisione.
                              R I L E V A
    Gli assunti difensivi a sostegno  dell'interposto  gravame,  quali
 sono  stati  sviluppati,  innanzitutto,  nella  istanza  di riesame e
 illustrati poi ulteriormente  alla  odierna  udienza  di  trattazione
 camerale,  ancor  prima  di  investire  il  merito  del provvedimento
 impugnato, si appuntano su  alcuni  pretesi  profili  di  invalidita'
 dell'atto in questione.
    A tal proposito, deduce in particolare la difesa in primo luogo la
 invalidita'   del   decreto  di  sequestro  preventivo,  poiche'  non
 preceduto da informazione di garanzia all'indagato e,  comunque,  per
 non  essere  in  ogni  caso  il  predetto  atto completo di tutti gli
 elementi  richiesti  dall'art.  369  del  codice  di  rito;   inoltre
 eccepisce,   in   seconda  battuta,  la  nullita'  del  provvedimento
 cautelare per carenza assoluta di motivazione.
    Ad  avviso del Tribunale, pregiudiziale ed assorbente, rispetto ad
 ogni altra questione, appare la valutazione in ordine al secondo  dei
 dedotti profili di invalidita' del decreto, oggetto di riesame.
    Ed  invero  al Collegio e' dato evincere "per tabula", una vistosa
 lacunosita' del provvedimento impugnato,  in  punto  di  enunciazione
 esplicativa   delle   ragioni   poste  a  fondamento  delle  adottate
 determinazioni di cautela reale.
    Rilevasi, infatti agevolmente, che il decreto di sequestro di  che
 trattasi  non  specifica,  in  alcun  modo, in che termini ed in qual
 misura le caratteristiche  dell'insediamento  edilizio,  in  fase  di
 costruzione,  oggetto dell'imposto vincolo cautelare, contrastino con
 la disciplina  dettata  dalle  vigenti  prescrizioni  di  piano,  per
 l'attivita' di edificazione sui terreni destinati a zona agricola.
    Ditalche',  non  puo'  dirsi  integrato il provvedimento cautelare
 impugnato di adeguata motivazione, in conformita' alla previsione  di
 cui  all'art.  321,  primo  comma, del c.p.p., con la conseguenza che
 l'atto in questione risulta affetto da vizio di  nullita',  ai  sensi
 del  combinato  disposto  degli  artt. 125, terzo comma, e 321, primo
 comma, codice di rito.
    Cio' posto, tuttavia, il Tribunale non puo' comunque esimersi  dal
 tenere  presente quelli che sono i poteri decisori, che gli competono
 in questa sede, a norma dell'art. 309, nono comma, del c.p.p.,  cosi'
 come  richiamato  dall'art. 324, settimo comma, del c.p.p. Risulta, a
 tal  proposito,  espressamente  prevista  la  possibilita'   che   il
 Tribunale,  in  sede  di riesame, confermi il provvedimento impugnato
 anche per ragioni diverse da quelle indicate  nella  motivazione  del
 medesimo;  potere,  quest'ultimo,  che  il Collegio non ignora essere
 stato considerato, in virtu' di un indirizzo interpretativo  costante
 nella giurisprudenza della Suprema Corte di legittimita', comprensivo
 anche  di  quello  di  integrazione  o completamento di una eventuale
 insufficienza o carenza motivatoria  del  provvedimento,  oggetto  di
 riesame  (Cass.,  Sez.  V, 23 maggio 1992, n. 900, massima n. 190421;
 Cass., Sez. I, 8 ottobre 1991, n. 3018,  massima  n.  188560;  Cass.,
 Sez. V, 9 settembre 1991, n. 811, massima n. 188143; Cass., Sez. I, 1
 febbraio 1991, n. 4640, massima n. 186960; Cass., Sez. V, 27 novembre
 1990,  n.  4868,  massima  n.    185865,  in  Archivio  Penale C.E.D.
 cassazione, e anche Cass., Sez. VI 16 luglio 1990, Stefana).
    Tanto premesso il Tribunale ritiene di avere  fondato  motivo  per
 dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 309, nono comma,
 del  c.p.p.,  per  come  richiamato dall'art. 324, settimo comma, del
 c.p.p., nella parte in cui attribuisce al Tribunale  del  riesame  il
 potere  di confermare il provvedimento impugnato (per ragioni diverse
 da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso), anche
 nella ipotesi della eccepita nullita' per vizio  di  motivazione  del
 provvedimento riesaminato.
    Quanto,  in  particolare,  alla  non  manifesta infondatezza della
 questione,  ritiene  il  Collegio  che   la   norma   sospettata   di
 incostituzionalita', oltre a contrastare con il generale principio di
 ragionevolezza,  si ponga, anche e soprattutto, in evidente antinomia
 con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
    Piu' specificatamente, alla richiamata disciplina, di cui all'art.
 309,  nono  comma,  del  codice  di  rito,  e'   da   imputarsi   una
 inaccettabile  compromissione  dell'inviolabile  e costituzionalmente
 garantito diritto di difesa, laddove la  stessa,  nella  sua  pratica
 portata  applicativa, alla stregua dell'indirizzo interpretativo gia'
 citato,  consegue  l'aberrante  risultato di vanificare, in concreto,
 negli esiti finali un apparato normativo di tutela e di garanzia, che
 pure si presenta efficiente nelle premesse.
    A presidio, infatti, di una  piena  e  completa  esplicazione  del
 diritto alla difesa di colui il quale veda sottoposto un proprio bene
 al  vincolo  di  indisponibilita',  derivante  dalla  emissione di un
 decreto di sequestro  preventivo  per  ragioni  cautelari  reali,  il
 codice di procedura penale prevede espressamente:
       a)  che  il  decreto in questione deve essere motivato, e cioe'
 deve dare adeguato ed esauriente conto delle ragioni di  fatto  e  di
 diritto, poste a base delle adottate determinazioni cautelari, a pena
 di  nullita'  (combinato  disposto degli artt. 125, Ec., e 321, primo
 comma, del c.p.p.);
       b) che il vizio di nullita' del decreto, derivante dalla omessa
 o insufficiente motivazione del medesimo, puo'  essere  fatto  valere
 dall'interessato  mediante  la  proposizione  di  istanza di riesame,
 quale strumento di tutela apprestato dall'ordinamento anche (e quindi
 non solo) per ragioni di merito (art. 322, primo comma, del c.p.p.);
       c) che, infine, il Tribunale  del  riesame  puo',  in  sede  di
 decisione, non solo riformare o confermare, ma anche, all'occorrenza,
 annullare il provvedimento cautelare impugnato (art. 309, nono comma,
 del  c.p.p.,  cosi' come richiamato dall'art. 324, settimo comma, del
 c.p.p.).
    Appare, allora, a questo Tribunale quanto meno  incongruo  che,  a
 fronte  di  un assetto normativo quale quello teste' descritto, possa
 poi, per altro verso, ammettersi, a norma dell'art. 309, nono  comma,
 del  c.p.p., in sede di riesame, il potere di integrare o addirittura
 completare una insufficienza o una carenza  assoluta  di  motivazione
 del  provvedimento  impugnato;  con l'effetto, quindi, di rendere del
 tutto irrilevante, per questa via, la questione del  se  il  predetto
 fosse o meno ab origine adeguatamente motivato.
    Pertanto, solo la previsione di un espresso limite di operativita'
 al potere, di cui all'art. 309, nono comma, ultima parte, del c.p.p.,
 per  il  caso  in cui venga in considerazione il vizio di motivazione
 del  provvedimento  oggetto  di  riesame  (ipotesi,  questa,  in  cui
 dovrebbe piu' correttamente entrare in gioco il correlativo potere di
 annullamento  dell'atto  impugnato),  potrebbe ricomporre la frattura
 logica che, alla stregua delle suesposte considerazioni, si evidenzia
 nel sistema, con ogni conseguente beneficio per la salvaguardia della
 irrinunciabile garanzia difensiva del privato.
    Da ultimo, la rilevanza, ai  fini  del  presente  procedimento  di
 riesame,  della prospettatta questione di legittimita' costituzionale
 puo' facilmente apprezzarsi in ragione  del  gia'  evidenziato  vizio
 formale,  che  affetta il gravato decreto di sequestro preventivo, in
 quanto  sprovvisto  di   motivazione,   nonche'   delle   conseguenze
 pregiudizievoli  che  dall'applicazione nel caso in esame della norma
 sospettata di incostituzionalita' deriverebbero per i  diritti  della
 difesa.
    Appalesandosi   dunque,   per   tutto   quanto   finora   esposto,
 l'illustrata questione di legittimita' costituzionale rilevante e non
 manifestamente infondata, il Tribunale la  solleva  di  ufficio,  con
 ogni  conseguente  statuizione,  anche in ordine alla sospensione del
 termine di cui all'art. 309,  decimo  comma,  cosi'  come  richiamato
 dall'art. 324, settimo comma, del c.p.p.
                                P. Q. M.
    Letto e applicato l'art. 23 della legge 20 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  d'ufficio  la  questione  di  legittimita' costituzionale
 dell'art.  309,  nono  comma,  del  c.p.p.,  cosi'  come   richiamato
 dall'art.  324,  settimo  comma,  stesso  codice,  nella parte in cui
 prevede  che  il  Tribunale   del   riesame   possa   confermare   il
 provvedimento impugnato, per ragioni diverse da quelle indicate nella
 motivazione dello stesso, anche nella ipotesi della rilevata nullita'
 per  vizio di motivazione del provvedimento riesaminato, per sospetta
 violazione degli artt. 3, primo comma, e  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione;
    Dispone  che  la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
 notificata al pubblico ministero, all'indagato,  al  difensore  e  al
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri e sia, inoltre, comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento;
    Sospende il  procedimento  di  riesame  del  decreto  indicato  in
 epigrafe;
    Ordina   la   immediata   trasmissione   degli   atti  alla  Corte
 costituzionale.
    Cosi' deciso in Catanzaro, addi' 24 novembre 1994
                                       Il giudice estensore: BARILLARI
                        Il presidente: VECCHIO
 
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