N. 82 ORDINANZA 23 febbraio - 6 marzo 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Amministrazione pubblica - Responsabilita' - Inerzia della p.a. - Insidia visibile e prevedibile - Insussistenza - Prospettazione di una questione in via essenzialmente ipotetica - Manifesta inammissibilita'. (C.C., artt. 2043, 2051 e 1227, primo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 97).(GU n.11 del 15-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA; Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2043, 2051, e 1227, primo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 7 aprile 1994 dal Pretore di Lecce nel procedimento civile vertente tra Gigante Anna, in proprio e nella qualita' di legale rappresentante della figlia minore Melcarne Sara, e l'Amministrazione provinciale di Lecce, iscritta al n. 353 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto; Ritenuto che con ordinanza emessa il 7 aprile 1994 il Pretore di Lecce ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2043 c.c., "ove interpretato nel senso che l'inerzia colposa della p.a. atta a creare o non rimuovere situazioni di pericolo non e' causa di responsabilita' della stessa, nel caso in cui non si sia in presenza di una situazione di pericolo insidiosa"; dell'art. 2051 c.c., "ove interpretato nel senso che non sia applicabile anche alla P.A. per i beni demaniali soggetti ad uso ordinario, generale e diretto da parte dei cittadini"; e dell'art. 1227, primo comma, c.c., "ove interpretato nel senso di escludere, in presenza di un'insidia, un accertamento del concorso di colpa del danneggiato e del responsabile"; che, secondo il giudice a quo, l'interpretazione giurisprudenzialeche esclude la responsabilita' della p.a. in caso di insidia visibile e prevedibile potrebbe fornire un supporto all'inerzia di quest'ultima in violazione del precetto di buon andamento; che, inoltre, non sarebbe richiesta alla p.a. neppure la dimostrazione che all'origine del pericolo vi siano state circostanze non tempestivamente evitabili e/o segnalabili, con conseguenti difficolta' processuali per il danneggiato, tenuto a provare l'imprevedibilita' dell'insidia, mentre, per converso, quest'ultimo non sarebbe mai riconosciuto come concorrente nella colpa eventualmente accertata a carico della p.a.; che, infine, ad avviso del Pretore remittente, i proprietari di strade private sarebbero gravati da una piu' marcata responsabilita', in quanto chiamati a rispondere a titolo di custodia; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' o comunque per l'infondatezza della questione. Considerato che il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale, non delle denunziate norme, bensi' dell'interpretazione che di esse verrebbe data in giurisprudenza; che tale interpretazione egli non fa propria ma, al contrario, la considera come effetto di deviazione da un corretto procedimento ermeneutico, comportante la "pratica .. disapplicazione di alcune norme fondamentali sulla disciplina dell'illecito extracontrattuale", e non manca poi di osservare - ricordando quanto questa Corte ha piu' volte avuto occasione di precisare - che "tra due interpretazioni d'un testo di legge, l'una conforme e l'altra contrastante con la Costituzione, deve sempre preferirsi la prima"; che pertanto la prospettazione, essenzialmente ipotetica, appare articolata come un quesito interpretativo e legata ad una lettura incompleta della giurisprudenza; che il giudizio di legittimita' costituzionale non puo' conseguentemente essere ammesso; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2043, 2051 e 1227, primo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, dal Pretore di Lecce con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 febbraio 1995. Il Presidente: CASAVOLA Il redattore: RUPERTO Il cancelliere: FRUSCELLA Depositata in cancelleria il 6 marzo 1995. Il cancelliere: FRUSCELLA 95C0322