N. 144 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 gennaio 1995
N. 144 Ordinanza emessa il 19 gennaio 1995 dal pretore di Gela nel procedimento penale a carico di Sammito Nunzio ed altra Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Ritenuta riconducibilita' di detto "istituto di clemenza" alla amnistia - Previsione con legge approvata a maggioranza semplice - Indebita rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva senza la prescritta maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera come richiesto per la concessione dell'amnistia. Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Previsione della sospensione di tutti i procedimenti penali relativi a costruzioni abusive ultimate o interrotte con il sequestro entro il 31 dicembre 1993 ed estinzione dei reati dopo l'avvenuto pagamento - Conseguente rinuncia alla pretesa punitiva dello Stato - Violazione dei principi di uguaglianza, di tutela del paesaggio, della salute. (Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39; legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 38). (Cost., artt. 3, 9, secondo comma, 32, primo comma, e 79).(GU n.12 del 22-3-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza rg 301/1994, r.n.r. 2832/1992; Visti gli atti del sopraccitato procedimento contro Sammito Nunzio e Russotto Filippa, imputati dei reati: a) reato e p. e p. dall'art. 20, lett. C), della legge 47/1985 per avere realizzato senza la prescritta concessione edilizia la costruzione costituita da un fabbricato al primo piano con pilastri in cemento armato, di circa 130 mq, in c.da Manfria fm 103, part. 31 sub b), zona soggetta a vincolo paesaggistico; b) per avere realizzato la costruzione sopra indicata al capo a) con opere in conglomerato cementizio armato senza progetto esecutivo e la direzione di un tecnico abilitato ed avendo omesso di denunciare tali opere all'ufficio del genio civile prima del loro inizio; c) p. e p. dagli artt. 17, 18 e 20 della legge n. 64/1974 per avere realizzato la costruzione sopra indicata al capo a) in zona sismica senza preavviso scritto al sindaco e all'ufficio del genio civile e senza la preventiva autorizzazione scritta in quest'ultimo ufficio. In territorio di Gela fino al 25 agosto 1992; Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87, ed in particolare l'art. 23, commi terzo, primo e secondo; Preso atto dell'istanza del p.m. a che sia sollevata la questione d'illegittimita' costituzionale delle norme di cui all'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in cui e' ravvisata la violazione dell'art. 79 della Costituzione; Ritenuto di dover sollevare anche d'ufficio questione di legittimita' costituzionale delle norme di cui all'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, nonche' dell'art. 38 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nelle quali e' ravvisata: a) la violazione dell'art. 79 della Costituzione; b) la violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il duplice profilo della irragionevolezza di tali norme e della disparita' di trattamento che le stesse introducono, nell'ordinamento, se poste in relazione agli artt. 9, secondo comma, 32, primo comma, della Costituzione; Ritenuto che le prospettate questioni appaiono tutte rilevanti e non manifestamente infondate per i seguenti motivi: MOTIVI DI RILEVANZA La difesa ha prodotto in giudizio la ricevuta comprovante l'avvenuto versamento, entro il 31 dicembre 1994, da parte di Sammito Nunzio della prima rata dell'oblazione prevista per giungere a sanatoria dell'illecito edilizio che viene contestato agli imputati; ha quindi fatto istanza di sospensione del processo; tale istanza rende evidente, e processuale, la volonta' di valersi dell'intera procedura di sanatoria per ottenere il "condono edilizio". Ne consegue che, come ha gia' stabilito la Corte costituzionale in caso analogo (sentenza 23-31 marzo 1988, n. 369) divengono rilevanti nella specie le questioni di costituzionalita' relative alle norme di legge sopra indicate, le quali disciplinano il meccanismo procedimentale di sanatoria, fino a prevedere l'effetto estintitvo degli illeciti penali urbanistici ed edilizi oggetto del presente giudizio. Non ogni processo per illeciti urbanistici o edilizi va peraltro sospeso, ma soltanto quelli riguardanti immobili che, in quanto rispondenti ai requisiti posti dalle norme contenute nell'art. 39 della legge n. 724/1994, sono suscettibili di sanatoria. Alla luce di quelle norme, ad esempio, il giudice deve esaminare, il tempus commissi delicti; e dunque le medesime assumono a maggior ragione rilevanza nel presente processo. La norma di cui all'art. 38 della legge n. 47/1985 rileva nel presente processo poiche' disciplina dell'effetto conclusivo, sotto il profilo penalistico, del meccanismo del condono edilizio, avviatosi con la sospensione del processo: l'estinzione cioe' dei reati urbanistici ed edilizi contestati nel presente giudizio agli imputati. MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA a) Violazione dell'art. 79. Il "potere di clemenza" incontra dei limiti, anche procedurali, nella Carta costituzionale; tra essi quello, recentemente posto dal legislatore costituzionale con la revisione dell'art. 79 (legge cotituzionale 6 marzo 1992, n. 1): prevede la norma che l'amnistia sia concessa con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. Il "condono edilizio" si configura come istituto di clemenza attraverso il quale viene meno, limitatamente a fatti tipici, commessi in un circoscritto periodo di tempo, anteriore alla sua operativita', la pretesa punitiva dello Stato. Analizzandone il meccanismo operativo, la Corte costituzionale si e' espressa (con la sentenza n. 369/1988) nel senso che tale istituto non possa essere ricondotto alla figura tipica dell'amnistia condizionata, e introduca invece una causa atipica di estinzione del reato. Rimane tuttavia inesplorata dalla Corte costituzionale l'argomentazione addotta dal p.m. circa la riconducibilita' dell'Istituto del condono a quello dell'amnistia sottoposta ad obblighi. Rileva a tal proposito il p.m., nella memoria depositata a sostegno dell'eccezione, che "l'estinzione del reato di costruzione abusiva e dei reati satelliti prevista da quelle norme ha tutte le caratteristiche di un'amnistia sottoposta ad obblighi (art. 151, quarto comma, del cod. pen.) in quanto non e' ricollegata all'oblazione a tempo indeterminato ma opera solo per i reati commessi fino ad una certa data"; conclude dunque il rappresentante della pubblica accusa che l'art. 39 della legge citata, siccome notoriamente approvato a maggioranza semplice, viola apertamente l'art. 79 della Costituzione. L'assunto da cui muove questo pretore e' che il condono, comunque lo si etichetti, costituisce forma d'esercizio della generale potesta' di clemenza dello Stato, e deve percio' essere concesso con le forme previste dall'art. 79 della Costituzione. Ed invece la norma contenuta nell'art. 39 della legge n. 724/1994, nonostante disponga (in buona sostanza) la riapertura dei termini del condono edilizio contenuti nelle disposizioni di cui ai capi quarto e quinto della legge n. 47/1985, fino ad estendere l'effetto estintivo dei reati agli illeciti commessi a tutto il 31 dicembre 1993, e' stata notoriamente approvata a maggioranza semplice. A giudizio di questo pretore il termine "amnistia", contenuto nel citato art. 79, non va inteso in senso strettamente tecnico (dando cioe' rilievo preminente al peculiare meccanismo operativo dell'istituto), ma ricondotto ad una nozione generale di misura di clemenza, caratterizzata da elementi "sostanziali" tipici (effetto estintivo del reato limitato a fatti determinati, commessi in un circoscritto periodo di tempo, anteriore alla sua entrata in vigore) comuni tanto alla tradizionale aministia quanto al condono. E dal disposto dell'art. 79 della Costituzione emerge chiaramente la volonta' che l'emanazione di misure clemenziali generali, comportanti l'estinzione del reato, sia riservata ad una maggioranza parlamentare particolarmente qualificata, alla quale soltanto e' rimessa la potesta' di limitare con tale estensione la pretesa punitiva pubblica. Cio' trova conferma anche nel carattere di eccezionalita' che alla stessa Carta costituzionale attribuisce (all'art. 75, secondo comma) alle eggi che introducono tali misure. Le due questioni teste' prospettate appaiono entrambe non manifestamente infondate: a ritenere che il Parlamento possa deliberare una legge che concede una amnistia sottoposta ad obblighi (come ritiene il p.m.), o comunque una misura generale di clemenza distinta solo per fisionomia, e non anche per effetti giuridici, dalla tradizionale amnistia, si giungerebbe ad una sostanziale elusione del dettato costituzionale. Violazione dell'art. 3, anche in relazione agli artt. 9, secondo comma, 32, primo comma. La rinunzia alla pretesa punitiva da parte dello Stato relativamente a determinati reati, comporta un'inevitabile pregiudizio al principio di uguaglianza; essa deve ispirarsi a criteri di ragionevolezza sostanziale, trovare "giustificazione nel quadro costituzionale che determina il fondamento ed i limiti dell'intervento punitivo dello Stato" (Corte costituzionale sentenza n. 369/1988), ed adeguato bilanciamento all'interno della gerarchia dei valori e dei beni costituzionalmente tutelati. Cio' a pena d'irragionevolezza e di ingiustificate disparita'. Con riguardo al condono edilizio del 1985 la Corte costituzionale verifico' che l'eccezionale introduzione di una causa atipica di "non punibilita'" e "non procedibilita'" per condotte recanti pregiudizio a fondamentali esigenze della collettivita', trovava giustificazione nell'intento di "chiudere un passato d'illegalita' di massa" e di "porre sicure basi normative per la repressione futura di fatti che violano fondamentali esigenza" quali il governo del territorio, la sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata ed il suo coordinamento a fini sociali; la funzione sociale della priorita'; la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico. E' ritenuta non manifestamente infondata la questione di costituzionalita'concernente l'irragionevolezza delle norme che oggi reiterano, a distanza di quasi 10 anni, il meccanismo del condono edilizio: non si puo' infatti parlare piu' di eccezionalita' della misura clemenziale, stante la sua riproposizione ciclica e l'ampiezza del periodo di tempo nell'ambito del quale e' destinata ad operare; ne' puo' nuovamente valere l'intento, gia' vanificato una volta, di chiudere con un passato di diffusa illegalita'. Appaiono invece compromessi nella materia edilizia, in virtu' di tale riproposizione, gli aspetti di certezza, uguaglianza ed obbligatorieta' (dell'azione penale e della pena) che informano il sistema costituzionale-penalistico). Deve infine osservarsi che le norme incriminatrici su cui incide il condono edilizio mirano a salvaguardare, direttamente o indirettamente, beni fondamentali per la collettivita': a) il paesaggio, e dunque sia il razionale sviluppo urbanistico del territori che la tutela del pregio naturalistico; b) la salute psico- fisica, intesa come diritto di vivere in un ambiente sano, diritto che risulta particolarmente compromesso in zone dove l'enormita' del fenomeno dell'abusivismo edilizio comporta un grave degrado dei centri abitati. La questione di costituzionalita' sollevata in riferimento all'art 3 della Costituzione appare percio' non manifestamente infondata anche quando involge l'aspetto del corretto (o meno) bilanciamenteo tra le ragioni del nuovo "condono" (inserito tra le "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica") e le ragioni di tutela dei beni sopra indicati. Considerando la questione secondo la prospettiva del divieto di irragionevoli disparita' di trattamento per situazioni meritevoli di pari tutela, si rileva che il nuovo (seppur limitato) sacrificio dei beni costituzionali tutelati dagli articoli 9 e 32 della Carta non pare trovare adeguata giustificazione, e dunque razionale bilanciamento, all'interno del quadro costituzionale. Cio' in quanto, a fronte della necessita' di razionalizzare la finanza pubblica, il legislatore ha ritenuto di dover nuovamente intervenire non solo nella materia amministrativa (limitandosi a favorire la riscossione di somme a titolo di oblazione e, a consentire agli interessati di recuperare la piena disponibilita' dei fabbricati abusivi evitando di incorrere nella sanzione amministrativa della demolizione), ma anche nella materia penale, fino a stabilire l'estinzione dei reati urbanistici ed edilizi, e dunque fino a non punire le offese arrecate a questi beni, costituzionalmente protetti, sopra indicati. Con la conseguenza di giungere ad indebolire ulteriormente, in quelle materie, l'indispensabile efficacia preventiva dei precetti penali. In proposito va evidenziato che la stessa Corte costituzionale ha definito il paesaggio come "valore primario dell'ordinamento" (sentenza 21 dicembre 1985, n. 359, e 27 giugno 1986, n. 151), ed ha sottolineato come la tutela di tale valore sia collocata "tra i principi fondamentali dell'ordinamento", e che il perseguimento di tale tutela presuppone necessariamente la comparazione ed il bilanciamento di interessi diversi, in particolare degli interessi pubblici . . .. (sent. 1 aprile 1985, n. 94).
P. Q. M. Sospende il presente procedimento e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza, letta in dibattimento, al presidente del Consiglio dei ministri, al presidente del Senato della repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Gela, addi' 19 gennaio 1995 Il pretore: TOSO 95C0333