N. 149 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 ottobre 1994

                                N. 149
 Ordinanza emessa il 13  ottobre  1994  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per il Veneto sul ricorso proposto da Rizzato Maria Teresa
 ed altri contro l'E.N.P.A.S. ed altri
 Impiego pubblico - Dipendenti  statali  -  Computo  della  indennita'
 integrativa   speciale   nella  determinazione  della  indennita'  di
 buonuscita - Prevista automatica estinzione dei giudizi in corso  con
 declaratoria  di  compensazione  delle  spese  -  Compressione  della
 funzione giurisdizionale - Limitazione della garanzia giurisdizionale
 contro gli atti illegittimi della p.a.
 Impiego  pubblico  -  Computo  dell'indennita'  integrativa  speciale
 nell'indennita'  di  buonuscita  -  Obbligo della presentazione della
 domanda - Mancata  esclusione  per  i  dipendenti  gia'  cessati  dal
 servizio  i  quali  abbiano  promosso  azione giudiziaria al fine del
 computo predetto - Irrazionalita' e disparita' di trattamento.
 Impiego pubblico - Computo dell'indennita' integrativa speciale nella
 determinazione della indennita' di buonuscita - Limitazione al 60 per
 cento  della  indennita' integrativa speciale della quota computabile
 ai fini del calcolo della indennita' di buonuscita  -  Incidenza  sul
 principio  di  uguaglianza  nonche'  sul principio della retribuzione
 (anche differita) proporzionata ed adeguata.
 Impiego pubblico - Computo  dell'indennita'  integrativa  speciale  -
 Somme dovute - Corresponsione di interessi e rivalutazione - Prevista
 esclusione  -  Disparita'  di trattamento tra dipendenti collocati in
 pensione in passato e quelli pensionati nel corrente  anno  (1994)  -
 Incidenza   sul   principio   della  retribuzione  (anche  differita)
 proporzionata ed adeguata - Riferimento  alla  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 243/1993.
 (Legge  29 gennaio 1994, n. 87, artt. 1, lett. b), 2, quarto comma, 3
 e 4).
 (Cost., artt. 3, 24, primo e secondo comma, 25, primo comma, 36,  103
 e 113).
(GU n.12 del 22-3-1995 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso n. 2683/1983
 proposto da Rizzato Maria Teresa, Dalla Fina Maria Teresa,  Resentera
 Giampaolo,   Masiero   Luisella,   Alunni   Rosaria   e  Cerato  Ada,
 rappresentati e difesi dell'avv.  Angelo  Foletto,  con  elezione  di
 domicilio   presso   la   segreteria   del  tribunale  amministrativo
 regionale, come mandato in calce al ricorso, contro l'Ente  nazionale
 della  previdenza e assistenza per i dipendenti statali - E.N.P.A.S.,
 in persona del suo legale rappresentante  pro-tempore;  il  Ministero
 del  tesoro  ed il Ministro della pubblica istruzione, in persona dei
 Ministri  pro-tempore,   rappresentati   e   difesi   dall'Avvocatura
 distrettuale  dello  Stato  domiciliataria  ex legge; il provveditore
 agli studi di Vicenza pro-tempore  e  la  direzione  provinciale  del
 Tesoro  di  Vicenza,  non  costituiti in giudizio; per l'annullamento
 della mancata riliquidazione di buonuscita E.N.P.A.S. con  indennita'
 integrativa  speciale  e  con  rivalutazione  monetaria  e  interessi
 legali;
    Visto il ricorso, notificato il 28 luglio 1993 e depositato presso
 la segreteria il 31 luglio 1993 con i relativi allegati;
    Visti  i  motivi  aggiuntivi  notificati  anche   al   neoistituto
 I.N.P.D.A.P.,  Istituto  nazionale  di  previdenza  per  i dipendenti
 dell'amministrazione pubblica, non costituito in giudizio;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione  del
 Tesoro;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  13  ottobre 1994, relatore la
 dott.ssa Settesoldi, l'avv. Foletto per le  ricorrenti  e  l'avvocato
 dello Stato Gasparini;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                               F A T T O
    Le  parti  ricorrenti  espongono  di aver ricevuto l'indennita' di
 buonuscita E.N.P.A.S., per il servizio svolto in qualita' di  docenti
 alle  dipendenze  del provveditorato agli studi di Vicenza, senza che
 nell'importo venisse inclusa anche l'indennita' integrativa  speciale
 maturata con l'ultimo stipendio.
    Il  ricorso afferma il diritto ad ottenere la riliquidazione della
 buonuscita E.N.P.A.S. con  l'inclusione  dell'indennita'  integrativa
 speciale  per  la  recente  sentenza  n.  243  del  1993  della Corte
 costituzionale e deduce i seguenti motivi:
    1. - Illegittimita' degli atti impugnati per  violazione  e  falsa
 applicazione  degli  artt. 3 e 38 dell d.P.R. n. 1032 del 29 dicembre
 1972, dell'art. 1, terzo comma, lettere b) e c) della  legge  n.  324
 del 27 maggio 1959, degli artt. 13 e 26 della legge 20 marzo 1975, n.
 70,  ed  eccesso  di potere per carente ed illogica motivazione e per
 contrasto a disposizioni di legge.
    Si assume che la mancanta inclusione  dell'I.I.S.  nell'indennita'
 di  buonuscita  penalizza  i pubblici dipendenti di cui alla legge n.
 70/1975 nei confronti  di  quelli  iscritti  all'I.N.A.D.E.L.  e  dei
 dipendenti privati.
    L'indennita'   integrativa   speciale   avrebbe   ormai  acquisito
 carattere di retribuzione differita, analogamente  all'indennita'  di
 contingenza corrisposta ai lavoratori privati.
    2. - Applicabilita' della sentenza n. 243 del 19 maggio 1993 della
 Corte   Costituzionale;   nell'assunto   che  tale  sentenza  avrebbe
 riconosciuto la natura retributiva dell'indennita' di  fine  rapporto
 dei   dipendenti   statali   e   la   sua   obbligatoria   inclusione
 nell'indennita' di buonuscita, ancorche' non sia  stata  disposta  la
 caducazione  integrale  della  normativa impugnata, suggerendo invece
 criteri  al  legislatore  per  una  organica   determinazione   della
 indennita'   di   fine   rapporto   che   faccia   cessare  qualsiasi
 sperequazione fra i lavoratori.
    3.  -  Prescrizione  quinquennale  del  credito  e   rivalutazione
 monetaria  ed  interessi  legali sulla somma rivalutata dalla data di
 cui all'art. 7 della legge n. 75/1980.
    Si  precisa  che,  avendo  la  buonuscita  E.N.P.A.S.  natura   di
 retribuzione differita, il credito derivante dalla mancata inclusione
 dell'indennita'  integrativa  speciale  si prescrive in cinque anni a
 decorrere dalla data in cui si matura  obbligo  del  pagamento,  come
 derivante dall'art. 7 della legge n. 75/1980.
    Spetta  anche  la  rivalutazione  monetaria e gli interessi legali
 sulla somma rivalutata.
    Si e' costituito in giudizio il  Ministero  del  Tesoro  e  quello
 della  Pubblica  Istruzione  il quale ha chiesto che il ricorso venga
 dichiarato estinto ai sensi dell'art. 4 della legge n. 87/1994.
    Con i motivi  aggiuntivi,  notificati  anche  all'I.N.P.D.A.P.,  i
 ricorrenti hanno sollevato le seguenti ulteriori censure:
      1)  computo  della indennita' integrativa speciale del (rectius:
 al)  60%  quale  acconto  di  quanto  dovuto  dall'I.N.P.D.A.P.   per
 determinazione  della buonuscita dei dipendenti pubblici e statali in
 particolare.
    Assumono i ricorrenti che,  non  essondosi  ancora  verificata  la
 globale revisione normativa della materia secondo i principi indicati
 dalla   sentenza   n.   243   del   5-19   maggio  1992  della  Corte
 costituzionale, la legge n. 87/1994, con cui  e'  stato  incluso  nel
 computo   dell'indennita'  di  liquidazione  il  60%  dell'indennita'
 integrativa speciale, non puo' essere considerata che come  statuente
 un  acconto sul dovuto e anche l'art. 4 della legge in questione, che
 prevede l'estinzione d'ufficio delle  cause  pendenti  alla  data  di
 entrata  in  vigore  della  legge,  non puo' essere applicato, se non
 limitatamente  alla  parte  che  sara'  liquidata  e dopo la avvenuta
 liquidazione;
      2) Illeggittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma  prima,
 lett.  b)  della  legge  n.  8  del  29  gennaio 1994 in contrasto ad
 indicazione della Corte costituzionale ed ai  principi  di  cui  agli
 artt. 3, 36 e 38 della Costituzione.
    La  nuova legge non rispetterebbe gli orientamenti costituzionali,
 essendo rimasta ferma per i lavoratori degli enti locali l'inclusione
 nel computo della liquidazione del 100%  dell'indennita'  integrativa
 speciale  mentre  questa  e'  stata  inclusa nella liquidazione degli
 statali solo in ragione del 60%.
    Rimane quindi la disparita' di trattamento ancor piu' evidente  da
 quando  e' stato istituito un unico ente pubblico, l'I.N.P.D.A.P, per
 la liquidazione del trattamento di fine rapporto sia agli statali che
 al personale degli enti locali e di altri enti pubblici;
      3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma quarto della
 legge n. 87/1994 con riferimento all'esclusione di corresponsione  di
 interessi  e  rivalutazione monetaria, in contrasto ai principi della
 Costituzione di cui agli artt. 3, 36, 38 e 97; nell'assunto che dalla
 natura retributiva ormai pacificamente riconosciuta al trattamento di
 fine   rapporto,   deriverebbe    automaticamente,    per    principi
 costituzionali   ormai   consolidati,   l'obbligo   di  pagamento  di
 rivalutazione monetaria e interessi legali.
    La  lesione  dell'art.  38  sarebbe   evidente   con   particolare
 riferimento  ai  dipendenti  statali  andati  in pensione nell'ultimo
 decennio e che hanno  avuto  una  liquidazione  di  buonuscita  molto
 minore   di  quelli  dell'ultimo  anno,  in  rapporto  all'indennita'
 integrativa speciale che era modestissima nel  1984  ed  e'  divenuta
 sempre  maggiore. La riliquidazione della buonuscita E.N.P.A.S. senza
 rivalutazione monetaria e interessi legali vedrebbe i pensionati 1984
 in condizione ancora sperequata, visto  che  hanno  dovuto  attendere
 oltre un decennio per il riconoscimento del loro diritto;
      4)  Illeggittimita'  costituzionale  dell'art. 2, comma terzo, e
 dell'art. 3 della legge n. 87/1994 in  contrasto  ai  principi  degli
 artt. 3, 36 e 97 della Costituzione;
    L'art.  2,  comma  terzo,  prevede  che  il  nuovo  trattamento si
 applichi ai dipendenti cessati dal servizio dopo il 30 novebre  1984,
 cosi'  attuando una sperequazione ai danni del personale della scuola
 il quale, a differenza degli altri statali,  cessa  obbligatoriamente
 dal  servizio  a  far  tempo  dal  1›  settembre dell'anno scolastico
 successivo all'ultimo anno scolastico in cui ha prestato servizio;  i
 pensionati  1984  del  settore  scuola  sono  quindi  necessariamente
 cessati dal servizio con il  1›  ottobre  1984  anche  se  hanno  poi
 ricevuto  la  liquidazione nel dicembre 1984 o nel gennaio 1985 e non
 sarebbero  quindi  inclusi  nella  previsione  di  una   liquidazione
 decennale,  con  la  conseguenza  che  nel  loro caso la prescrizione
 avrebbe una durata novennale anziche' decennale;
      5) Applicabilita' limitata dall'art.  4  legge  n.  87/1994  con
 riferimento  ai  giudizi pendenti ed illegittimita' costituzionale ai
 sensi degli artt. 24 e 113 della Costituzione.
    Per non ledere i citati principi costituzionali l'art. 4  dovrebbe
 essere interpretato nel senso di determinare l'estinzione della cause
 pendenti  solo  una  volta  materialmente  ottenuta la riliquidazione
 dell'indennita'  di  buonuscita  e  solo  limitatamente   all'importo
 liquidato, dovendo le cause continuare per il residuo 40%.
    Diversamente   opinando  si  determinerebbe  una  incostituzionale
 limitazione di quella tutela giurisdizionale  dei  propri  diritti  e
 interessi legittimi tutelata dalla Costituzione.
                             D I R I T T O
    1. - Nel corso del presente giudizio e' entrata in vigore la legge
 29  gennaio  1994,  n.  87,  recante "Norme relative al computo della
 indennita' integrativa speciale nella determinazione della buonuscita
 dei pubblici dipendenti", la quale, in attesa della  omogeneizzazione
 dei trattamenti retributivi e pensionistici per i lavoratori dei vari
 comparti  della  pubblica  amministrazione e per i lavoratori privati
 conseguente all'applicazione del decreto legislativo 3 febbraio 1993,
 n. 29, e successive modificazioni, e ferma restando la disciplina del
 trattamento di fine servizio in essere per i  dipendenti  degli  enti
 locali  (art.  1)  dispone  che,  a  decorrere  dal 1› dicembre 1994,
 l'indennita' integrativa speciale, di cui alla legge 27 maggio  1959,
 n.  324  e  successive  modificazioni  viene  computata nella base di
 calcolo della indennita' di buonuscita e di analoghi  trattamenti  di
 fine  servizio  determinati  in applicazione delle norme gia' vigenti
 con riferimento allo stipendio ed agli  altri  elementi  contributivi
 considerati  utili:  "  b)  per  i  dipendenti  delle altre pubbliche
 amministrazioni (e cioe' per i dipendenti pubblici diversi da  quelli
 degli  enti  di  cui  alla  legge  20 marzo 1975, n. 70, e successive
 modificazioni), nonche' per gli iscritti all'Opera  di  previdenza  e
 assistenza per i ferrovieri dello Stato (O.P.A.F.S.), nella misura di
 una  quota  pari al 60 per cento dell'indennita' integrativa speciale
 annua in godimento  alla  data  della  cessazione  dal  servizio  con
 riferimento  agli  anni  utili ai fini del calcolo dell'indennita' di
 buonuscita o analogo trattamento".
    Il successivo art. 3, primo comma, dispone poi che "Il trattamento
 di cui alla presente legge viene applicato anche  ai  dipendenti  che
 siano  cessati  dal  servizio  dopo  il  30  novembre 1984 ed ai loro
 superstiti .." e l'art. 4 prevede che "i giudizi pendenti  alla  data
 di  entrata  in  vigore  della  presente  legge  aventi ad oggetto la
 riliquidazione del trattamento di fine servizio  comunque  denominato
 con l'inclusione dell'indennita' integrativa speciale sono dichiarati
 estinti d'ufficio con compensazione delle spese tra le parti".
    2.  -  L'eccezione  relativa  all'incostituzionalita'  dell'art. 3
 primo comma per aver  disposto  l'applicabilita'  delle  norme  sulla
 riliquidazione del trattamento di fine rapporto ai dipendenti cessati
 dal  servizio  dopo  il  30  novembre  1984,  cosi' automaticamente e
 discriminatoriamente escludendo fra tutti i pensionati statali quelli
 che  hanno  lasciato  l'impiego  nel   1984   ed   erano   dipendenti
 dell'amministrazione  scolastica,  non  e'  rilevante  in  causa  dal
 momento  che  nessuno  dei  ricorrenti  e'   cessato   dal   servizio
 anteriormente al 1989.
    Le  altre  due  disposizioni  citate  sono  invece  rilevanti  nel
 presente giudizio e pongono dubbi per la loro costituzionalita'  come
 gia'  rilevato  dal  Consiglio di Stato con l'ordinanza di rimessione
 alla Corte costituzionale emessa il 20 maggio 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale n. 40 del 28 settembre 1994, le cui argomentazioni
 la Sezione testualmente condivide e di seguito ripropone.
    3.  -  L'art. 4 della legge considerata determina la dichiarazione
 di estinzione d'ufficio del giudizio con  compensazione  delle  spese
 tra le parti.
    In  tale suo disposto esso sembra porsi in contrasto con gli artt.
 3, 24, primo e secondo comma,  25,  primo  comma,  103  e  113  della
 Costituzione  e  la  questione  relativa  non  appare  manifestamente
 infondata.
    3.2. - La legge in esame, nel prescrivere che il  trattamento  con
 essa  previsto  si  applica  anche ai dipendenti cessati dal servizio
 dopo il 30 novembre 1994 ed ai loro superstiti nonche' a quelli per i
 quali non siano ancora giuridicamente esauriti i  rapporti  attinenti
 alla liquidazione dell'indennita' di buonuscita o analogo trattamento
 (art. 3, primo comma), dispone poi che l'applicazione del trattamento
 ai  dipendenti  gia' cessati dal servizio avviene a domanda, che deve
 essere presentata all'ente erogatore su apposito modello nel  termine
 perentorio del 30 settembre 1994 (art. 3, secondo comma).
    In   tale   contesto   normativo  la  disposizione  contenuta  nel
 successivo art. 4 incide direttamente sul  diritto  di  difesa  quale
 garantito dall'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione. Se
 e'  vero  infatti  che  i  precetti  ivi  sanciti  non vietano che il
 legislatore ordinario possa variamente  disciplinare  il  diritto  di
 difesa,  quale  espressione della tutela giurisdizionale, in funzione
 di superiori interessi di  giustizia,  eventualmente  condizionandone
 l'esercizio all'esperimento di una procedura amministrativa, cio' non
 toglie tuttavia che esistono limiti ad una siffatta discrezionalita',
 fra  cui  il  principale  e'  rappresentato  dalla  condizione che il
 diritto di difesa sia garantito in modo effettivo  ed  adeguato  alle
 circostanze.  In  relazione  a  tale  principio, piu' volte affermato
 dalla Corte Costituzionale, il limite  anzidetto  risulta  ampiamente
 superato  allorche',  come  nella  specie,  il legislatore intervenga
 successivamente all'esercizio dell'azione con disposizioni preclusive
 intese a vanificare la tutela giurisdizionale.
    E' appena  il  caso  di  ricordare,  infatti,  che  la  disciplina
 sopravvenuta,  che  consente  sia pure entro certi limiti, il computo
 dell'indennita'  integrativa  speciale  nel   trattamento   di   fine
 rapporto,  fra  l'altro,  dei  dipendenti  statali,  e' solo in parte
 frutto della scelta  discrezionale  del  legislatore  ordinario,  dal
 momento  che consegue alla pronuncia di illegittimita' costituzionale
 delle norme previgenti e nasce  dalla  esigenza,  sottolineata  dalla
 stessa Corte, di provvedere con adeguata tempestivita' a "reintegrare
 l'ordine  costituzionale  violato"  (v.  sentenza  19 maggio 1993, n.
 243).
    E' dunque chiaro che, quanto meno sul piano della sussistenza  del
 diritto,  non  puo'  riconoscersi alla legge in esame alcun carattere
 innovativo e che, con riguardo alla posizione sostanziale dedotta nei
 giudizi, soltanto la determinazione della  misura,  dei  modi  e  dei
 tempi  di  computo  dell'indennita'  integrativa trova risposta nella
 nuova legge, rinvenendosi nella previgente normativa siccome emendata
 dalla pronuncia costituzionale, il riconoscimento  della  titolarita'
 del diritto ad un adeguato computo dell'indennita' medesima.
    La  norma non si sottrae quindi al sospetto di incostituzionalita'
 sotto il profilo della perdurante disparita' di trattamento  e  della
 gravissima compromissione del diritto di difesa in relazione ai tempi
 lunghi  previsti per la realizzazione della pretesa e, in definitiva,
 per il riconoscimento del diritto, dal momento  che  tale  estinzione
 potrebbe  consentire all'amministrazione di rimettere in discussione,
 caso per caso, l'esistenza stessa del diritto, anche in  relazione  a
 quelle  ipotesi  che  per  tale  aspetto  potrebbero gia' pervenire a
 pronta soluzione.
    3.3 - L'illegittimita' della norma e' ancora piu' aggravata  dalla
 previsione di una domanda da proporsi entro un determinato termine di
 decadenza da parte di quei soggetti che avevano gia' proposto la loro
 pretesa in sede giurisdizionale, si' da attrarre nello stesso profilo
 di  illegittimita'  costituzionale  anche  la  disposizione contenuta
 nell'art. 3, secondo comma, della stessa legge, nella  parte  in  cui
 non  esonera  dalla proposizione della domanda in sede amministrativa
 tali soggetti.
    3.4. - La violazione delle  garanzie  costituzionali  poste  dagli
 artt.  24, primo e secondo comma, 25, primo comma della Costituzione,
 investe l'art. 4 della legge n. 87/1994, non solo per la parte in cui
 dispone l'estinzione dei giudizi pendenti ma anche la'  dove  dispone
 la  compensazione  delle  spese  di  giudizio,  sottraendo al giudice
 naturale della pretesa sostanziale dedotta  in  giudizio  tale  parte
 accessoria  della  controversia, che per principio costituzionale non
 puo' essere distolta.
    3.5. - Il sospetto  di  illegittimita'  dell'art.  4  della  legge
 citata   si   estende   poi   alla  violazione  dell'art.  113  della
 Costituzione, in un ambito che vede come giudice naturale delle rela-
 tive controversie il giudice amministrativo.
    3.6. - La lesione delle  posizioni  soggettive  costituzionalmente
 garantite  si  accompagna  nella  specie all'illegittima interferenza
 dell'esercizio del potere amministrativo nella sfera di  attribuzioni
 del   potere   giurisdizionale,   per  quanto  spettante  al  giudice
 amministrativo a norma dell'art. 103 della Costituzione, ampliando il
 sospetto di incostituzionalita' della norma anche per tale profilo.
    4. - L'incostituzionalita' dell'art. 4, se dichiarata dalla  Corte
 costituzionale,    pone    in   evidenza,   poi,   il   sospetto   di
 incostituzionalita' dell'art. 1, primo coma, lett.  b)  della  stessa
 legge,  nella parte in cui stabilisce che per i dipendenti statali il
 computo dell'indennita' integrativa speciale nella  base  di  calcolo
 della  indennita'  di buonuscita o analogo trattamento sia effettuato
 "nella misura di una quota  pari  al  60  per  cento  dell'indennita'
 integrativa  speciale  annua in godimento alla data di cessazione dal
 servizio  con  riferimento  agli  anni  utili  ai  fini  del  calcolo
 dell'indennita'  di  buonuscita  o analogo trattamento". La questione
 relativa e' anch'essa non manifestamente infondata.
    Pur tenendo presente l'indicazione della Corte costituzionale,  la
 quale   non   ha   escluso   la   possibilta'   che   la  complessiva
 omogeneizzazione delle prestazioni  di  fine  rapporto  possa  essere
 realizzata  secondo  moduli  improntati  al principio di gradualita',
 appare irrazionale il  criterio  che  ha  indotto  il  legislatore  a
 contenere  nella  misura  del  60  per  cento  anzidetto  la quota di
 computabilita' dell'indennita' integrativa  speciale  nella  base  di
 calcolo  dell'indennita' di anzianita' e analoghi trattamenti di fine
 servizio spettanti ai dipendenti pubblici e, segnatamente,  a  quelli
 statali,  specie  in  considerazione  del  mantenimento della diversa
 posizione dei lavoratori degli enti locali e tenuto conto  del  fatto
 che  ormai  sia  gli  uni che gli altri sono iscritti e gestiti da un
 medesimo ente, e' cioe' l'I.N.P.D.A.P.
    La discrezionalita' del legislatore ordinario nella determinazione
 della base di calcolo ai fini del trattamento di fine rapporto non si
 puo' ritenere estesa alla previsione di ingiustificate commisurazioni
 sperequate  e  inidonee  a  soddisfare  l'esigenza  di omogeneita' ed
 adeguatezza cui  la  riforma  avrebbe  dovuto  ispirarsi  secondo  le
 indicazioni   contenute   nella  sentenza  n.  243/1993  della  Corte
 costituzionale, con la conseguenza che l'art. 1, primo  comma,  lett.
 b)  della  legge  n.  87/1994 appare in violazione dei principi posti
 dagli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    5. - La pretesa dedotta nel presente giudizio e' stata posta anche
 con riguardo alla rivalutazione monetaria ed  agli  interessi  legali
 sulle  maggiori  somme  riconosciute dovute. Tale parte della pretesa
 diviene preclusa dall'art. 2, quarto comma della legge in  esame,  il
 quale  dispone  che  le somme dovute in conseguenza del computo nella
 indennita' di fine servizio dell'indennita' integrativa speciale "non
 danno  luogo  a  corresponsione  di  interessi  ne'  a  rivalutazione
 monetaria".
    Sembra  evidente, la violazione per effetto di una norma siffatta,
 sia dell'art. 3 che dell'art. 36 della Costituzione  in  quanto  essa
 espone,  da  un  lato,  i  crediti  considerati,  per  le conseguenze
 dell'inadempimento  ai  debiti   correlativi,   ad   un   trattamento
 risarcitorio  deteriore  rispetto  a  quello  previsto per ogni altro
 credito di qualsiasi genere ed anche da lavoro dipendente, senza  che
 sussistano  peculiarita'  differenziatrici;  dall'altro  espone  tale
 specifico credito, nel suo carattere di retribuzione differita  ormai
 legislativamente  stabilita,  alla sminuizione conseguente al decorso
 del tempo, che  ne  svilisce  la  proporzionalita'  alla  qualita'  e
 quantita'  del lavoro prestato e la sufficienza alla esistenza libera
 e dignitosa del lavoratore.
    Ne risulta la non manifesta infondatezza anche di tale questione.
    6. - Tutte le questioni di illegittimita' costituzionale cosi' de-
 lineate rigardo alla legge n. 87/1994 sono rilevanti  ai  fini  della
 definizione  del giudizio. Quella concernente l'art. 4, perche' dalla
 sua risoluzione in un senso  o  nell'altro  dipende  se  il  giudizio
 stesso  possa  pervenire  a conclusioni di merito o essere dichiarato
 estinto. Tutte le altre, perche',  nel  caso  di  incostituzionalita'
 dichiarata dell'art. 4, la loro risoluzione condizionera' il giudizio
 nel merito delle pretese dedotte.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1 della legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
 n.  87,  sospende il giudizio e ordina l'immediata trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale per  la  risoluzione  di  legittimita'
 costituzionale:
       a)  dell'art.  4  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87, per
 contrasto con gli artt. 3, 24 primo e secondo comma, 25, primo comma,
 103 e 113 della Costituzione;
       b) dell'art.  3  della  legge  29  gennaio  1994,  n.  87,  per
 contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione nella parte in cui non
 esclude dall'obbligo della presentazione della domanda  i  dipendenti
 gia' cessati dal servizio i quali abbiano promosso azione giudiziaria
 per  il  computo  dell'indennita'  integrativa speciale nella base di
 calcolo del trattamento di fine servizio;
       c)  dell'art.  1, lett. b), della legge 29 gennaio 1994, n. 87,
 nella parte in  cui  al  60  per  cento  dell'indennita'  integrativa
 speciale  annua  in godimento alla data della cessazione dal servizio
 la quota computabile nella base di calcolo ai fini dell'indennita' di
 anzianita', per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione;
       d) dell'art. 2, quarto comma della legge 29  gennaio  1994,  n.
 87,  in  quanto esclude che le somme dovute a titolo di prestazione a
 norma della stessa legge diano luogo a  corresponsione  di  interessi
 ne'  a  rivalutazione  monetaria,  per contrasto con gli artt. 3 e 36
 della Costituzione;
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  alle  parti  in
 causa  ed  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
      Cosi' deciso in Venezia, addi' 13 ottobre 1994
                  Il presidente: (firma illeggibile)
    Il segretario: (firma illeggibile)
                                      L'estensore: (firma illeggibile)
 95C0338