N. 86 SENTENZA 8 - 17 marzo 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro - Licenziamento collettivo di lavoratori assunti a seguito  di
 collocamento  obbligatorio - Percentuali ammesse - Mancato rispetto -
 Ammissibilita'  -  Riferimento  all'interpretazione  della  Corte  di
 cassazione  -  Razionalita' del sistema di garanzie predisposte dalla
 legge - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 9, ultimo comma, convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  25  marzo  1983, n. 79; legge 23 luglio
 1991, n. 223, artt. 5, secondo comma, e 24, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 4 e 38).
 
(GU n.12 del 22-3-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici:  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
 MENGONI, prof. Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
 VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale del coordinato disposto
 dell'art. 9, ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983,  n.  17
 (Misure  per  il  contenimento  del  costo  del lavoro e per favorire
 l'occupazione), convertito con modificazioni nella legge del 25 marzo
 1983, n. 79, e degli artt. 5, secondo comma, e 24, primo comma, della
 legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,
 mobilita', trattamenti di  disoccupazione,  attuazione  di  direttive
 della Comunita' Europea, avviamento al lavoro e altre disposizioni in
 materia  di  mercato del lavoro), promosso con ordinanza emessa il 19
 maggio 1994 dal Tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente
 tra la Co.e.stra S.p.a. e Lenti  Alessio,  iscritta  al  n.  446  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di costituzione della Co.e.stra S.p.a. e  di  Lenti
 Alessio nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  7  febbraio  1995  il  Giudice
 relatore Fernando Santosuosso;
    Uditi l'avvocato Giorgio Bellotti per Lenti Alessio  e  l'avvocato
 dello  Stato  Maurizio  Fiorilli  per il Presidente del Consiglio dei
 Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con sentenza del 15-20 settembre 1993, il pretore di Firenze,
 su domanda di Alessio Lenti assunto dalla Co.e.stra. S.p.a. a seguito
 di avviamento obbligatorio e successivamente  licenziato  nell'ambito
 di un licenziamento collettivo, aveva dichiarato l'illegittimita' del
 licenziamento  stesso, ritenendo che il coordinato disposto dell'art.
 9, ultimo comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito
 con modificazioni nella legge del 25 marzo 1983, n. 79, e degli artt.
 5, secondo comma, e 24, primo comma, della legge 23 luglio  1991,  n.
 223,  vieti  il  licenziamento  collettivo  dei  lavoratori assunti a
 seguito di collocamento obbligatorio in numero tale  che,  nonostante
 il  rispetto  delle  percentuali  di cui alla legge 2 aprile 1968, n.
 482, all'interno dei licenziandi, le medesime non venissero mantenute
 nell'ambito dei lavoratori occupati all'esito del licenziamento.
    2. - In sede di appello, il Tribunale di  Firenze,  con  ordinanza
 emessa  in  data  19  maggio  1994,  - muovendo da un'interpretazione
 dell'art. 9, secondo comma, della legge  n.  79  del  1983,  ritenuta
 diritto  vivente, diversa da quella data dal giudice di primo grado -
 ha sollevato d'ufficio la questione di  legittimita'  costituzionale,
 per  contrasto con gli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, dei citati
 articoli, in quanto:
       a) consentirebbe al datore di lavoro di  licenziare  un  numero
 indefinito  di  lavoratori assunti con avviamento obbligatorio, salvo
 poi l'obbligo di riassumerne altri, privando cosi' di effettivita' il
 sistema del collocamento obbligatorio;
       b)  apparirebbe  irrazionale,   attesa   l'applicabilita'   del
 disposto  dell'art.  9,  ultimo  comma,  del decreto-legge 29 gennaio
 1983, n. 17, convertito con modificazioni nella legge 25 marzo  1983,
 n.  79, ai licenziamenti collettivi anche al di fuori dei presupposti
 di  cui  al  primo comma, del medesimo articolo, operata dall'art. 24
 della legge n. 223 del 1991;
       c)  discriminerebbe  i  lavoratori   assunti   con   avviamento
 obbligatorio   licenziati   a  seguito  di  licenziamento  collettivo
 rispetto ai lavoratori ordinari, non applicandosi nei loro  confronti
 la  precedenza  nella  riassunzione  di cui all'art. 15, sesto comma,
 della legge 29 aprile 1949, n. 264.
    3.  -  Si  e'  costituita  in   giudizio   l'appellante   societa'
 Co.e.stra.,  assumendo  la  conformita' a Costituzione del coordinato
 disposto degli artt. 9, ultimo comma, del  decreto-legge  n.  17  del
 1983,  convertito  con modificazioni nella legge n. 79 del 1983, e 5,
 secondo comma, della legge n. 223 del 1991, interpretato nel senso di
 imporre il rispetto della proporzione di cui alla citata legge n. 482
 del 1968 esclusivamente  nell'ambito  dei  licenziandi  e  non  anche
 nell'ambito del personale residuo.
    Ha  osservato  altresi' che il rispetto delle proporzioni predette
 in relazione ai lavoratori  occupati  e'  disciplinato  compiutamente
 dalla  legge  n.  482 del 1968, la cui corretta applicazione comporta
 come naturale conseguenza il mantenimento di tale  proporzione  anche
 in  seguito  a licenziamento collettivo effettuato nel rispetto della
 medesima proporzione fra i licenziandi.
    4. - Si e' costituito l'appellato  Alessio  Lenti,  rilevando  che
 l'interpretazione,  qualificata  come  diritto  vivente, del predetto
 art. 9, secondo comma, della legge n. 79 del 1983, e' ormai  superata
 dal   disposto  dell'art.  24  della  legge  n.  223  del  1991  che,
 riferendosi al solo secondo comma del citato art. 9 e  non  anche  al
 primo,  impone il rispetto delle proporzioni di cui alla legge n. 482
 del 1968 a tutti i datori di lavoro.
    5. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  dello  Stato, prospettando
 preliminarmente due profili di inammissibilita' della questione,  sia
 per  carenza  di motivazione circa il contrasto della norma impugnata
 con gli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, sia per  la  possibilita'
 di  interpretare  la  norma  stessa in maniera ritenuta conforme alla
 Costituzione.
    6. - Nelle memorie e alla udienza pubblica le parti  hanno  svolto
 le argomentazioni enunciate, confermando le conclusioni precisate nei
 rispettivi scritti difensivi.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  questione  che  viene  all'esame  della Corte e' se sia
 conforme agli artt. 3,  4  e  38  della  Costituzione  il  coordinato
 disposto  dell'art.  9,  ultimo  comma,  del decreto-legge 29 gennaio
 1983, n. 17 (Misure per il contenimento del costo del  lavoro  e  per
 favorire  l'occupazione), convertito con modificazioni nella legge 25
 marzo 1983, n. 79, e degli artt. 5, secondo comma, e 24, primo comma,
 della legge 23 luglio  1991,  n.  223  (Norme  in  materia  di  cassa
 integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di
 direttive  della  Comunita'  Europea,  avviamento  al  lavoro e altre
 disposizioni in materia di mercato del lavoro), nella  parte  in  cui
 consente  il licenziamento collettivo di lavoratori assunti a seguito
 di collocamento  obbligatorio  in  misura  tale  che,  nonostante  il
 rispetto  delle  percentuali di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482,
 all'interno  dei  licenziandi,  le  medesime  percentuali  non  siano
 rispettate  in  relazione  al numero di lavoratori occupati all'esito
 del licenziamento.
    2. - Il giudice rimettente solleva la questione concisamente e  in
 modo indistinto quanto ai tre parametri di riferimento, sovrapponendo
 profili    di    interpretazione    delle    norme   a   profili   di
 incostituzionalita' delle  stesse:  tant'e'  che  l'Avvocatura  dello
 Stato  chiede  preliminarmente  una pronuncia di inammissibilita' per
 carenza di motivazione o quanto meno perche' il giudice a quo avrebbe
 potuto risolvere in via interpretativa i dubbi prospettati.
    La Corte ritiene che queste eccezioni debbano essere superate  sia
 in  quanto  il  giudice  a  quo dichiara di attenersi al "consolidato
 orientamento" della Corte di Cassazione "da  assumersi  come  diritto
 vivente", sia perche' sembra enucleabile dall'ordinanza di rimessione
 la   censura   di   incostituzionalita'   delle   disposizioni  cosi'
 interpretate con riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della  Costituzione
 sotto un triplice profilo:
       a)  in  quanto  la  possibilita'  per  il  datore  di lavoro di
 "licenziare un numero illimitato di invalidi assunti  con  avviamento
 obbligatorio,  ed  anche  la  loro  totalita', salvo poi l'obbligo di
 riassumerne dei nuovi, priverebbe di  ogni  effettivita'  il  sistema
 obbligatorio";
       b)  "nel  momento  in cui l'art. 24 della legge n. 223 del 1991
 rende  applicabile  ai  licenziamenti  collettivi  la  norma  di  cui
 all'art.  9,  secondo  comma, della legge n. 79 del 1983, al di fuori
 dei  presupposti  di  cui  al  primo  comma  del  medesimo  articolo,
 l'interpretazione   riferita   diventerebbe  irrazionale,  in  quanto
 verrebbe meno la giustificazione che in origine la sorreggeva";
       c) mentre i lavoratori  ordinari  "hanno  la  precedenza  nella
 riassunzione presso la medesima azienda entro un anno (art. 15, sesto
 comma,  della  legge  n.  264  del 1949), cio' non e' possibile per i
 lavoratori assunti con avviamento obbligatorio".
    3. - La questione e' infondata.
    Occorre  partire  dalla  interpretazione  data  dalla   Corte   di
 Cassazione  al  sistema  normativo  cui  fa  riferimento  il  giudice
 rimettente. Considerata anzitutto la distinzione del momento genetico
 del rapporto di lavoro da quello della sua cessazione, il legislatore
 ha predisposto  per  alcune  categorie  protette  di  lavoratori  due
 distinti  procedimenti  e  discipline. La legge n. 482 del 1968 detta
 una  regolamentazione  speciale  per   quanto   attiene   alla   fase
 costitutiva  del  rapporto,  stabilendo  anche  (art.  10)  che  agli
 "assunti  al  lavoro  in  forza  della  presente  legge  deve  essere
 applicato  il  normale trattamento economico, giuridico e normativo",
 ivi compresa la disciplina comune dei  licenziamenti  collettivi  per
 riduzione del personale.
    In relazione a questo secondo momento, quello della cessazione del
 rapporto, il legislatore e' intervenuto con un'altra norma speciale -
 proprio  per  evitare quanto temuto dal giudice a quo, e cioe' che il
 datore di lavoro possa licenziare un numero illimitato di invalidi  -
 stabilendo (art. 9 della legge n. 79 del 1983) che questo numero "non
 puo'  essere superiore alle percentuali previste dalla legge 2 aprile
 1968, n. 482".
    Per  la  Corte  di  Cassazione,  tale  rinvio  si  riferisce  alle
 percentuali  del numero dei lavoratori da includere nel licenziamento
 collettivo e non opera come strumento  per  ristabilire  l'equilibrio
 del  personale  che  residua all'esito del licenziamento. E cio', sia
 per  i  limiti  della  portata letterale della norma, sia perche' non
 sarebbe logicamente possibile far carico alla norma medesima  di  una
 finalita' (in ordine all'equilibrio degli assunti) che non e' propria
 della disciplina relativa alla fase terminale del rapporto.
    4.  -  Quello  che  occorre valutare in questa sede e' se la norma
 cosi' come interpretata sia costituzionalmente illegittima.
    Nella motivazione dell'ordinanza  di  rimessione,  la  censura  di
 incostituzionalita'  puo'  cosi'  sintetizzarsi:  non  essendo  stato
 condizionato  il  licenziamento  collettivo  alla   proporzione   tra
 lavoratori  ordinari  e  lavoratori  invalidi  anche  nell'ambito del
 personale   residuo   all'esito   del   licenziamento,    la    norma
 pregiudicherebbela    tutela   degli   invalidi   (costituzionalmente
 garantita) e violerebbe i principi di ragionevolezza ed eguaglianza.
    Per dimostrare l'infondatezza di tale  questione,  e'  sufficiente
 osservare  che,  se  il  licenziamento  collettivo  viene operato nel
 rispetto delle percentuali previste dall'art. 9, secondo comma, della
 legge n. 79 del 1983, l'eventuale squilibrio tra le due categorie  di
 lavoratori riscontrabile nel personale residuo non deriva dalla norma
 relativa  al regolare licenziamento, e nemmeno dalla disciplina delle
 assunzioni obbligatorie, ma  da  situazioni  contingenti,  oppure  da
 precedenti  inadempienze  a detta disciplina: situazioni e violazioni
 che  possono  essere  eventualmente   regolarizzate   applicando   lo
 specifico  procedimento  proprio  delle  assunzioni,  che tiene anche
 conto delle esigenze produttive  e  organizzative  dei  vari  settori
 dell'impresa.
    5.  -  Anche  sotto  il profilo dell'art. 3 della Costituzione, la
 razionalita'  del  sistema  delle  assunzioni   obbligatorie   appare
 rafforzata  e  non pregiudicata dal limite numerico del licenziamento
 di questi lavoratori, e la estensione di  detto  limite  al  caso  di
 legittima riduzione del personale (legge n. 223 del 1991) costituisce
 un  ulteriore  sviluppo della garanzia precedentemente prevista dalla
 legge n. 79 del 1983 solo per le imprese in crisi.
    Ne'  si   ravvisa   la   violazione   degli   invocati   parametri
 costituzionali   per   il   fatto   che  la  legge  non  consente  la
 interdipendenza dei procedimenti delle due distinte  discipline,  non
 apparendo  ragionevole  utilizzare  lo strumento legislativo previsto
 per  i  licenziamenti  in  funzione  compensativa  per  risanare  una
 eventuale  precedente situazione che ha specifici mezzi normativi per
 essere regolarizzata. La riprova dell'esattezza di questa conclusione
 e' nel dovere per il datore di lavoro di  rispettare  le  percentuali
 dei  licenziandi anche nell'opposta ipotesi in cui per vari motivi si
 fosse determinata una anteriore situazione occupazionale  di  esubero
 di   personale  invalido  rispetto  alle  percentuali  di  assunzioni
 obbligatorie.
    6. - Non e' infine sufficiente  invocare  isolatamente  la  tutela
 derivante  dall'art. 4 della Costituzione, dal momento che il diritto
 al lavoro risulta assicurato dalle norme  limitative  del  potere  di
 recesso  del  datore di lavoro (sentenza n. 130 del 1984); disciplina
 che garantisce uguaglianza di  trattamento  (anche  in  relazione  al
 licenziamento) per tutti i lavoratori.
    Da  questa uguaglianza di disciplina discende l'infondatezza della
 censura di disparita'  di  trattamento  fra  lavoratori  assunti  con
 procedimento ordinario e quelli con collocamento obbligatorio ai fini
 della  preferenza  nella riassunzione entro un anno dal licenziamento
 (art. 15, sesto comma, della legge n. 264 del 1949), dal momento che,
 come  si e' sopra ricordato, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 482
 del 1968 "a coloro che sono assunti in  forza  della  presente  legge
 deve  essere  applicato il normale trattamento economico, giuridico e
 normativo".
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 del  coordinato disposto dell'art. 9, ultimo comma, del decreto-legge
 29 gennaio 1983, n. 17 (Misure per  il  contenimento  del  costo  del
 lavoro  e  per  favorire l'occupazione), convertito con modificazioni
 nella legge 25 marzo 1983, n. 79, e degli artt. 5, secondo  comma,  e
 24, primo comma, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia
 di  cassa  integrazione,  mobilita',  trattamenti  di disoccupazione,
 attuazione di direttive della Comunita' Europea, avviamento al lavoro
 e altre disposizioni in materia di mercato del lavoro), sollevata, in
 riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, dal Tribunale di
 Firenze con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                       Il redattore: SANTOSUOSSO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0345