N. 88 SENTENZA 8 - 17 marzo 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza  -  Medici  veterinari  iscritti   all'albo
 professionale  -  Svolgimento  di  attivita'  di  lavoro dipendente o
 autonomo  -  Forma  di  previdenza  obbligatoria  -  Opzione  per  la
 cancellazione  dall'E.N.P.A.V.  -  Ripristino con effetto retroattivo
 dell'obbligo di iscrizione - Effetti sull'obbligo di  versamento  dei
 contributi   previdenziali   anche   per   i   periodi   pregressi  -
 Insussistenza  di  contraddittorieta'  tra  la  dichiarata  finalita'
 interpretativa  della norma di interpretazione autentica e la sua re-
 ale natura innovativa - Ragionevolezza - Insussistenza di  disparita'
 di trattamento nei confronti di altre categorie professionali nonche'
 nel caso della doppia iscrizione - Non fondatezza.
 
 (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, ventiseiesimo comma).
 
 (Cost., artt. 2, 3, 4, 25, secondo comma, 36, 38, 53, 101, 102 e 104)
 
(GU n.12 del 22-3-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  11,  comma  26,
 della  legge  24  dicembre  1993,  n.  537  (Interventi correttivi di
 finanza pubblica), promossi con le ordinanze emesse il 16 aprile 1994
 dal pretore di Perugia, il 17 marzo 1994 dal pretore di  Vasto,  l'11
 maggio  1994 dal pretore di Bassano del Grappa, il 18 maggio 1994 dal
 pretore di Udine, il 3 giugno 1994  dal  pretore  di  Rovigo,  il  25
 maggio  1994  dal  pretore  di Gela, il 16 giugno 1994 e il 22 giugno
 1994 dal pretore di Asti, il 18 luglio 1994 dal pretore di  Camerino,
 il  19  luglio  1994 dal pretore di Campobasso, il 29 luglio 1994 dal
 pretore di Prato, il 18 agosto 1994 dal pretore  di  Perugia,  il  20
 agosto  1994  dal pretore di Bologna, il 4 agosto 1994 dal pretore di
 Piacenza, il 5 settembre 1994 dal pretore di  Ascoli  Piceno,  il  12
 ottobre  1994 dal pretore di Como ed il 20 agosto 1994 dal pretore di
 Bologna rispettivamente iscritte ai nn. 358, 385, 406, 435, 494, 495,
 515, 546, 547, 568, 597, 612, 639, 662,  674,  690,  718  e  721  del
 registro  ordinanze  1994 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica nn. 26, 27, 28, 30, 38, 40, 42, 44, 47,  48  e  50,  prima
 serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Dominici Sergio ed altri, di
 Bizzotto  Franco  ed  altro,   di   Fazzini   Uberto   ed   altri   e
 dell'E.N.P.A.V.,  nonche'  gli  atti di intervento del Presidente del
 Consiglio dei Ministri;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  21  febbraio  1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Uditi  gli  avv.ti  Antonio Bagianti e Antonio Funari per Dominici
 Sergio ed altri, Mario Bertolissi e Luigi Manzi per  Bizzotto  Franco
 ed  altro,  Michele  Miscione  per  Fazzini Uberto ed altri, Giuseppe
 Abbamonte e Paolo De Camelis  per  l'E.N.P.A.V.  e  l'Avvocato  dello
 Stato Giuseppe Stipo per il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ordinanza del 16 aprile 1994 il pretore di Perugia - nel
 corso di un giudizio promosso da  Dominici  Sergio  ed  altri  medici
 veterinari  per l'accertamento della inesistenza di qualsiasi obbligo
 contributivo  nei  confronti  dell'E.N.P.A.V.  (Ente   Nazionale   di
 Previdenza  ed  Assistenza  dei Veterinari) per gli anni 1991, 1992 e
 1993  -  ha   sollevato   questione   incidentale   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 11, comma 26, legge 24 dicembre 1993 n. 537
 per   sospetta  violazione  degli  artt.  38,  101,  102,  104  della
 Costituzione; questione ritenuta rilevante dovendo farsi applicazione
 della disposizione censurata al fine  di  stabilire  se  in  capo  ai
 ricorrenti  sussista,  o  meno,  l'obbligo contributivo nei confronti
 dell'E.N.P.A.V. per gli anni 1991-1993.
    Premette il giudice rimettente che in base alla  legge  18  agosto
 1962,  n.  1357  (art.  2,  comma  2) l'iscrizione all'E.N.P.A.V. era
 obbligatoria per tutti i veterinari (di eta' inferiore agli anni  65)
 iscritti  negli  albi professionali anche se svolgenti esclusivamente
 attivita' di lavoro  dipendente.  Successivamente  con  la  legge  n.
 136/1991 cit. (di riforma dell'E.N.P.A.V.) e' stato invece introdotto
 il contrario principio per cui l'iscritto all'albo professionale, che
 svolga  esclusivamente attivita' di lavoro dipendente od autonomo con
 altra forma di previdenza obbligatoria, ha la facolta' di iscriversi,
 o meno, all'E.N.P.A.V. (artt. 24, commi 2 e 3, e 32); contestualmente
 e' stato previsto in generale un contributo  minimo  soggettivo  piu'
 elevato  (art. 11), mentre gli iscritti all'albo e non all'E.N.P.A.V.
 sono tenuti a versare soltanto un contributo  di  solidarieta'  (art.
 11, comma 4).
    Nella specie - prosegue il giudice rimettente - i ricorrenti hanno
 esercitato  la facolta' di rinuncia all'iscrizione all'E.N.P.A.V., ma
 a distanza di tre anni dall'entrata in vigore della legge di riforma,
 con l'art. 11 (punto 26) della  legge  finanziaria  per  l'anno  1994
 (legge  n. 537/1993) e' stata introdotta una norma che - nell'intento
 di  ristabilire  il  presupposto  dell'imposizione  contributiva  nei
 confronti  dei  veterinari  che avevano esercitato l'opzione e con il
 ricorso ad una norma interpretativa dell'art. 32, primo comma,  della
 legge  n.  136/91  cit.  -  ha ripristinato a carico di questi ultimi
 l'obbligo  di  iscrizione  all'E.N.P.A.V.,  disponendo  altresi'   la
 nullita'  di  diritto dei relativi provvedimenti di cancellazione, ed
 il pagamento dei contributi frattanto maturati.
    Le censure di incostituzionalita' investono sotto vari profili  la
 norma impugnata.
    Innanzi  tutto secondo il giudice rimettente non e' possibile dare
 all'art. 11, comma 26, un'interpretazione diversa da  quella  seguita
 in  sede  amministrativa  dell'E.N.P.A.V.,  non potendo ritenersi che
 essa disponga solo per il futuro, ovvero che operi  limitatamente  ai
 veterinari che si trovino in condizioni comunque diverse da quella di
 chi,  svolgendo  attivita'  di  lavoro  dipendente,  ha  provveduto a
 cancellarsi dall'E.N.P.A.V. Quindi  emerge  il  carattere  falsamente
 interpretativo    dell'art.    11,    comma   26   (ad   onta   della
 autoqualificazione  formale),  finalizzato   a   produrre   l'effetto
 retroattivo   di  una  disciplina  sostanzialmente  innovativa.  Cio'
 comporta un difetto di razionalita', e quindi il contrasto con l'art.
 3 della Costituzione, nel senso che il  legislatore,  utilizzando  lo
 strumento  tecnico dell'interpretazione autentica al di la' della sua
 funzione propria, ha oltrepassato i limiti della ragionevolezza.
    Ritiene  ancora  il  giudice  rimettente   che   tale   intervento
 legislativo, sovrapponendo la norma censurata alla precedente, che ne
 risulta  sostituita  con  eccesso dai limiti della ragionevolezza, ha
 operato una sottrazione  al  giudice  del  compito  istituzionale  di
 interpretare  ed  applicare  la  norma  di  legge in modo autonomo ed
 indipendente  da  ogni  altro  potere  con  conseguente  vizio  dello
 sviamento della funzione legislativa.
    Ove   poi   anche   si  ritenesse  l'art.  11  cit.  essere  norma
 autenticamente  interpretativa,  sussisterebbe  pur  sempre  la   non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 in    ordine    alla    rinnovata   obbligatorieta'   dell'iscrizione
 all'E.N.P.A.V. per coloro che, iscritti  in  epoca  antecedente  alla
 legge   n.   136/1991,  si  trovano  pur  tuttavia  nella  condizione
 lavorativa prevista dall'art. 24, comma 2,  della  stessa  legge.  In
 particolare,  l'obbligatorieta'dell'iscrizione  all'E.N.P.A.V.  anche
 per i medici veterinari gia' avvalentisi di altre forme di previdenza
 obbligatoria determina la violazione del principio di eguaglianza per
 disparita' di trattamento sia nei confronti dei  veterinari  "libero-
 professionisti"  (tenuti  a pagare solo i contributi per l'E.N.P.A.V.
 mentre sui veterinari "assicurati" grava una doppia previdenza),  sia
 nei   confronti   dei   veterinari,  che  trovandosi  nelle  medesime
 condizioni previste dall'art. 24, comma 2, della legge n.   136/1991,
 ma essendosi iscritti per la prima volta agli albi professionali dopo
 la  data  di  entrata  in vigore della legge da ultimo indicata, sono
 sottratti in forza dell'art. 11, comma 26,  della  legge  n.  537/93,
 all'obbligatorieta' dell'iscrizione all'E.N.P.A.V.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente la norma censurata viola anche
 l'art.  38  della  Costituzione,  da  cui  non   e'   dato   desumere
 l'obbligatorieta'   di   una  "doppia  previdenza",  tanto  piu'  che
 nell'ordinamento la facoltativita' dell'iscrizione e' espressione  di
 una  tendenza  legislativa indirizzata nel senso della unicita' della
 posizione   assicurativa   pubblica   nell'ambito   del    pluralismo
 previdenziale.  Inoltre  la  norma  in  esame  incidendo  con effetto
 retroattivo sulle  gia'  esistenti  situazioni  sostanziali,  frustra
 l'affidamento   di  una  determinata  categoria  di  cittadini  nella
 precedente disciplina con conseguente violazione anche  sotto  questo
 profilo dell'indicato parametro.
    Il  difetto  di  razionalita'  della  norma censurata riguarda poi
 anche  -  secondo  il  giudice  rimettente  -  quella   parte   della
 disposizione  che sancisce la "nullita' di diritto" dei provvedimenti
 di  cancellazione  adottati   dall'E.N.P.A.V.   nei   confronti   dei
 veterinari.
    2.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei Ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che la questione sia dichiarata manifestamente  infondata,  rilevando
 in  particolare  che,  pur  ammesso  che  la norma possa avere natura
 innovativa e  non  gia'  interpretativa,  l'irretroattivita'  non  e'
 comunque  un  valore  costituzionalmente protetto fuori del campo del
 diritto penale. Ulteriori argomentazioni sono state poi sviluppate in
 una memoria comune anche agli altri giudizi (v. infra).
    3. - Si e' costituito l'E.N.P.A.V. chiedendo che pregiudizialmente
 la questione di costituzionalita' sia  dichiarata  inammissibile  per
 difetto  di  rilevanza,  non  sussistendo  l'interesse  ad  agire dei
 veterinari ricorrenti  in  relazione  alla  domanda  di  accertamento
 negativo del debito contributivo.
    Nel  merito  la  difesa  ritiene  infondata  la  questione stessa,
 osservando che la necessita' di  assicurare  l'equilibro  finanziario
 delle    gestioni   previdenziali   delle   categorie   professionali
 costituisce la ragione giustificatrice della disciplina censurata, la
 quale  poi  e'  realmente  (e   non   gia'   solo   formalmente)   di
 interpretazione  autentica. Comunque deve tenersi conto del principio
 giurisprudenziale  secondo  cui la legge di interpretazione autentica
 non si distingue dalla legge innovativa con efficacia  retroattiva  e
 non  interferisce  di  per  se'  con  la  sfera  riservata  al potere
 giudiziario: il legislatore puo' conferire efficacia retroattiva alle
 sue   disposizioni   mediante    una    apposita    norma,    ovvero,
 indifferentemente,   mediante  l'autodefinizione  di  interpretazione
 autentica.
    Deve poi escludersi la violazione del  principio  di  eguaglianza,
 atteso che i veterinari gia' iscritti agli albi all'entrata in vigore
 della  legge  n.  136/91  non  solo  erano gia' tenuti all'iscrizione
 all'E.N.P.A.V. per effetto delle disposizioni della legge n. 1357/62,
 ma fruivano e fruiscono, a fronte della  "doppia"  contribuzione,  di
 benefici  previdenziali  differenti che si concretano in una "doppia"
 pensione.
    Ne' vi e' disparita' di trattamento tra  i  veterinari  dipendenti
 gia'  iscritti  e quelli che si iscrivono per la prima volta all'albo
 dopo l'entrata in vigore della legge n. 136/91, atteso che i primi si
 trovavano  in   una   situazione   diversa   proprio   perche'   gia'
 obbligatoriamente iscritti alla data di entrata in vigore della detta
 legge  e,  anzi, tenuti all'iscrizione sin da quando, con la legge n.
 1357/62, e' stata riformata la  previdenza  dei  veterinari;  d'altra
 parte  il  principio  solidaristico  consente  che  il lavoratore sia
 tenuto a sostenere oneri previdenziali anche in assenza di un proprio
 beneficio previdenziale diretto.
    4. - Si sono costituiti i ricorrenti chiedendo  -  anche  con  una
 successiva    memoria    -   la   dichiarazione   di   illegittimita'
 costituzionale della disposizione censurata.
    In   particolare   sottolineano   il   carattere   sostanzialmente
 innovativo dell'art. 11, comma 26, legge 24 dicembre 1993 n. 537, che
 -   ripristinando   l'obbligo  di  iscrizione  all'E.N.P.A.V.  per  i
 veterinari - difetta di ragionevolezza ed e' fonte di  disparita'  di
 trattamento.
    Inoltre il carattere retroattivo della norma frustra l'affidamento
 degli  assicurati  nel  nuovo  regime  previdenziale introdotto dalla
 legge 12 aprile 1991, n. 136,  che  -  correttamente  interpretata  -
 aveva  introdotto  la facoltativita' dell'iscrizione per i veterinari
 dipendenti.
    5. - Successivamente il pretore di  Vasto  con  ordinanza  del  17
 marzo   1994   ha   sollevato   analoga   questione  di  legittimita'
 costituzionale  (con  riferimento  agli  artt.  3,  38  e  53   della
 Costituzione)   in  un  giudizio  avente  ad  oggetto  l'accertamento
 negativo dei contributi dovuti da medici veterinari dipendenti.
    In  particolare  lamenta  la  disparita'  di  trattamento  fra  la
 categoria  dei  veterinari  dipendenti  ed  altre categorie di liberi
 professionisti anche essi dipendenti per  i  quali  non  e'  previsto
 l'obbligo  di  iscrizione alle rispettive casse di previdenza qualora
 non esercitino anche l'attivita' libero-professionale  con  carattere
 di  continuita'.  Inoltre difetta il necessario presupposto economico
 derivante dall'esercizio  continuativo  dell'attivita'  professionale
 corrispondente  venendo  cosi' meno il necessario collegamento con la
 capacita' contributiva.
    6. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che  la questione sia dichiarata manifestamente infondata, insistendo
 in  particolare  sul   carattere   realmente   interpretativo   della
 disposizione censurata.
    7.  -  Si e' costituito l'E.N.P.A.V. chiedendo che la questione di
 costituzionalita' sia dichiarata inammissibile od infondata.
    8. - In analogo giudizio il pretore  di  Bassano  del  Grappa  con
 ordinanza  dell'11 maggio 1994 ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale (con riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione)
 della stessa disposizione. In particolare -  come  ulteriore  profilo
 rispetto  a  quelli  gia'  esaminati  -  sottolinea  che  nei sistemi
 previdenziali   riguardanti   altri   professionisti    intellettuali
 l'iscrizione   alla   Cassa   o   Ente  e'  prevista  come  meramente
 facoltativa, se non addirittura esclusa, per  i  soggetti  che  siano
 obbligatoriamente  iscritti  ad altre forme di previdenza. Rileva poi
 che il principio della unicita' della posizione assicurativa pubblica
 costituisce  espressione  di  una  linea  di  tendenza   del   nostro
 ordinamento  giuridico  (art. 1, comma 33, legge 24 dicembre 1993, n.
 537).
    9. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
    10.  - Si e' costituito l'E.N.P.A.V. chiedendo che la questione di
 costituzionalita' sia dichiarata inammissibile od infondata.
    11. - Si sono  costituiti  i  ricorrenti  chiedendo  -  anche  con
 successiva    memoria    -   la   dichiarazione   di   illegittimita'
 costituzionale della disposizione censurata, ribadendo  il  carattere
 meramente  apparente  di norma di interpretazione autentica dell'art.
 11, comma 26. Hanno poi ulteriormente  evidenziato  che  sussiste  la
 disparita'   di   trattamento   tra  "vecchi"  e  "nuovi"  veterinari
 dipendenti perche' il mero discrimine temporale non e' sufficiente  a
 differenziare le due posizioni atteso che si tratta di un obbligo che
 e'  destinato  a  ripetersi  nel  futuro.  Inoltre  la  disparita' e'
 ravvisabile  anche  se  si  compara  la  posizione   dei   veterinari
 dipendenti  con  quella di altri professionisti per i quali - in caso
 di svolgimento unicamente di  prestazione  lavorativa  subordinata  -
 l'iscrizione   all'ente   previdenziale  di  categoria  e'  meramente
 facoltativa.
    12. - In ulteriori  analoghi  giudizi  il  pretore  di  Udine  con
 ordinanza  del 18 maggio 1994, il pretore di Rovigo con ordinanze del
 3 giugno 1994, il pretore di Gela con ordinanza del 25  maggio  1994,
 il  pretore  di  Asti con ordinanza del 16 giugno 1994, il pretore di
 Camerino con ordinanza del 18 luglio 1994, il pretore  di  Campobasso
 con  ordinanza  del 19 luglio 1994, il pretore di Prato con ordinanza
 del 29 luglio 1994, (ancora) il pretore di Perugia con ordinanza  del
 18  agosto  1994,  il  pretore di Bologna con ordinanze del 20 agosto
 1994, il pretore di Piacenza con ordinanza del 4 agosto 1994, il pre-
 tore di Ascoli con ordinanza del 5 settembre 1994, il pretore di Como
 con ordinanza del  23  ottobre  1994  hanno  sollevato  questione  di
 legittimita'   costituzionale   (con   riferimento   ai  gia'  citati
 parametri, oltre che agli artt.  2,  4,  25,  comma  2,  e  36  della
 Costituzione) della stessa disposizione.
    In  particolare - limitatamente ai profili nuovi ed ulteriori - il
 pretore di Asti osserva che il recesso  dall'E.N.P.A.V.  operato  dai
 ricorrenti   per   gli  anni  1991-1993  ed  il  conseguente  sgravio
 contributivo hanno  fatto  si'  che  per  gli  anni  in  questione  i
 ricorrenti  medesimi  sono  stati  esclusi da qualsiasi prestazione a
 carico dell'ente  assicuratore;  sicche'  a  fronte  dell'obbligo  di
 pagare,  ora, i contributi arretrati che sarebbero stati dovuti se il
 recesso non vi fosse stato non  sussiste  piu'  alcun  diritto  degli
 iscritti  di  pretendere le prestazioni assicurative ed assistenziali
 collegate con una iscrizione per cosi'  dire  d'ufficio  che  avviene
 retroattivamente.  Analogamente  il pretore di Camerino considera che
 l'E.N.P.A.V. non provvede  soltanto  all'erogazione  di  pensioni  di
 vecchiaia,  alle  quali  avrebbero,  comunque, diritto i ricorrenti e
 quanti altri si  trovino  nelle  medesime  condizioni,  ma  anche  di
 indennita'  una  tantum e di provvidenze straordinarie alle quali non
 avrebbero piu'  diritto,  ove  relative  al  periodo  1991-1993,  pur
 avendone  maturato  i  requisiti.  Il  pretore  di  Como  poi ritiene
 ulteriormente violati l'art. 25, comma 2, della Costituzione (perche'
 l'efficacia retroattiva della norma lede i  diritti  acquisiti  degli
 assicurati) e l'art. 4 della Costituzione (per lesione del diritto al
 lavoro  e  alla tutela previdenziale).  Inoltre viola il principio di
 uguaglianza  il  fatto  che  tutti  i  cittadini  versino  contributi
 previdenziali  ad  un  unico  ente,  per poi ricevere dallo stesso il
 trattamento pensionistico; laddove  il  ricorrente  dovrebbe  versare
 contributi  a  due  enti  per  poi  ricevere  un unico trattamento di
 quiescenza.
    13. - E' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 chiedendo che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.
    14. - Si e' costituito l'E.N.P.A.V. chiedendo che la questione  di
 costituzionalita' sia dichiarata inammissibile od infondata.
    15.  -  Si sono costituiti alcuni ricorrenti chiedendo - anche con
 successiva   memoria   -   la   dichiarazione    di    illegittimita'
 costituzionale della disposizione censurata.
    16.  -  L'Avvocatura  dello  Stato  ha poi presentato una memoria,
 comune a tutti i giudizi, concludendo per la  manifesta  infondatezza
 delle  questioni  di  costituzionalita'. Preliminarmente l'Avvocatura
 prospetta l'opportunita' della restituzione degli atti ai  giudici  a
 quibus  in  ragione  della  normativa sopravvenuta relativamente alle
 modalita' di pagamento dei contributi in questione (art. 20 d.-l.  23
 dicembre  1994 n. 723) e alla disposta trasformazione dell'E.N.P.A.V.
 a partire dal 1› gennaio 1995 (d.lgs. 30 giugno  1994  n.  509),  che
 peraltro   ribadisce   l'obbligatorieta'  della  iscrizione  e  della
 contribuzione.  Nel  merito  insiste  nel   ribadire   il   carattere
 autenticamente  interpretativo  della disposizione censurata. Osserva
 poi in ordine ai singoli parametri  che  il  riferimento  all'art.  2
 della  Costituzione  (contenuto  nella  sola ordinanza del pretore di
 Ascoli) e'  del  tutto  generico;  che  non  sussiste  la  denunciata
 disparita'  (art.  3  della  Costituzione)  (avendo opportunamente il
 legislatore previsto che il passaggio, per i  veterinari  dipendenti,
 dall'obbligatorieta'  dell'iscrizione alla facoltativita' avvenga con
 gradualita' a partire dalla data di entrata in vigore della legge  n.
 136/91,  tenendo  anche  conto  delle esigenze finanziarie dell'ente,
 ancora  gravato  dalle  pensioni  spettanti  a  tutti  i   veterinari
 dipendenti  gia'  in quiescenza); che il riferimento all'art. 4 della
 Costituzione (contenuto nella sola ordinanza del pretore di Como)  e'
 inconferente  e  generico  (non  senza  considerare  che  comunque la
 contemporanea   iscrizione   a   due   casse  rafforza,  e  non  gia'
 indebolisce, la tutela previdenziale); che  l'irretroattivita'  della
 legge  non  e'  un valore costituzionalmente protetto fuori dal campo
 del diritto penale (art. 25, comma 2,  della  Costituzione);  che  il
 riferimento  all'art.  36  della  Costituzione  (contenuto nella sola
 ordinanza del pretore di Como) e'  generico  ed  immotivato;  che  la
 doppia  previdenza  vale  a  rafforzare  e  non certo a comprimere il
 precetto costituzionale (art. 38 della Costituzione)  che  ha  inteso
 assicurare  ai  lavoratori mezzi adeguati in caso di vecchiaia, e che
 comunque il  principio  di  iscrizione  ad  uno  o  piu'  sistemi  di
 previdenza  professionale  rientra  tra  le  scelte discrezionali del
 legislatore;  che  i  contributi  previdenziali  non   hanno   natura
 tributaria  e quindi il parametro dell'art. 53 della Costituzione non
 e' invocabile; che l'emanazione della  legge  interpretativa  rientra
 nella  discrezionalita' del legislatore senza che vi sia interferenza
 con il potere giudiziario (artt. 101, 102 e 104 della Costituzione).
    17. - Anche  la  difesa  dell'E.N.P.A.V.  ha  poi  presentato  una
 memoria  in  tutti  i  giudizi con cui insiste nelle conclusioni gia'
 rassegnate. In particolare sottolinea che non  vi  e'  disparita'  di
 trattamento   tra   veterinari   dipendenti   e   veterinari   liberi
 professionisti,  attesa  la  diversita'  delle  situazioni  poste  in
 comparazione,   e   che   la   disposizione  censurata  ha  carattere
 autenticamente interpretativo, anche perche' -  ove  la  disposizione
 interpretata  avesse effettivamente reso facoltativa l'iscrizione dei
 veterinari dipendenti - il legislatore avrebbe dovuto anche prevedere
 mezzi finanziari sostitutivi delle prevedibili  mancate  entrate  per
 effetto dell'esercizio dell'opzione. Infatti le entrate devono essere
 assicurate facendo leva sul principio della solidarieta' categoriale,
 che postula appunto l'obbligatorieta' dell'iscrizione tendenzialmente
 estesa  a  tutti  i  componenti  della  categoria interessata. Infine
 osserva che i veterinari  dipendenti,  essendo  assoggettati  ad  una
 doppia  contribuzione,  maturano  due  trattamenti pensionistici ( ex
 art. 1, comma 5, legge n. 136/91).
                        Considerato in diritto
    1. - E' stata  sollevata  questione  incidentale  di  legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento agli artt. 2, 3, 4, 25, comma 2, 36,
 38, 53, 101, 102, 104 della Costituzione,  dell'art.  11,  comma  26,
 legge  24  dicembre  1993  n.  537  (Interventi correttivi di finanza
 pubblica) nella parte in cui - nei confronti dei veterinari (iscritti
 all'albo professionale, ma che svolgevano esclusivamente attivita' di
 lavoro  dipendente  od  autonomo  con  altra  forma   di   previdenza
 obbligatoria),   i   quali   avevano   optato  per  la  cancellazione
 dall'E.N.P.A.V. - ripristina con effetto retroattivo -  mediante  una
 disposizione (solo) formalmente interpretativa dell'art. 32, comma 1,
 della  legge  n.  136/91,  ma  in  realta'  innovativa - l'obbligo di
 iscrizione all'E.N.P.A.V. con conseguente  nullita'  di  diritto  dei
 provvedimenti    di    cancellazione    gia'   adottati   a   seguito
 dell'esercitata  rinuncia  e  conseguenziale  obbligo  di  versare  i
 contributi  previdenziali anche per il periodo pregresso. Si sospetta
 dai  giudici  remittenti:  a)  la   violazione   del   principio   di
 ragionevolezza  (art.  3  della  Costituizone), oltre che dell'art. 2
 della  Costituzione,  per  il  carattere  falsamente   interpretativo
 dell'art.  11,  comma  26,  cit.;  b)  lo  sviamento  della  funzione
 legislativa  con  indebita  interferenza  in  quella  giurisdizionale
 (artt.  101,  102  e  104  della  Costituzione);  c) la disparita' di
 trattamento (art. 3 della Costituzione) tra i  veterinari  dipendenti
 (soggetti   alla   doppia  contribuzione)  ed  i  veterinari  libero-
 professionisti o iscritti dopo l'entrata in vigore della legge n. 136
 del 1991 (soggetti ad una sola contribuzione) ovvero tra i  primi  ed
 altre  categorie  di  liberi-professionisti  (quali gli avvocati ed i
 procuratori) per i quali non e' previsto l'obbligo di iscrizione alle
 rispettive casse di  previdenza  qualora  non  esercitino  anche  con
 carattere  di  continuita'  l'attivita'  libero-professionale  ovvero
 ancora tra i primi, assicurati presso due enti previdenziali, e tutti
 coloro che sono assicurati presso un unico ente previdenziale perche'
 entrambe  le  categorie  percepiscono  un'unica   pensione;   d)   la
 violazione  del  diritto  alla  tutela  previdenziale  (art. 38 della
 Costituzione) sia perche' questa si  realizza  con  l'unicita'  della
 posizione  previdenziale  e  non gia' con la "doppia previdenza", sia
 perche'  -  essendo  prevista   una   contribuzione   con   efficacia
 retroattiva  -  il veterinario assicurato ha definitivamente perso la
 possibilita'  di  alcune  prestazioni  previdenziali  (una  tantum  e
 provvidenze  straordinarie);  e) (ancora) la violazione del principio
 di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) per  aver  previsto  ex
 post  la  nullita'  di  diritto  dei  provvedimenti  di cancellazione
 dall'E.N.P.A.V. gia' emessi sulla base  dell'interpretazione  opposta
 di   quella  poi  formalmente  riconosciuta  come  autentica;  f)  la
 insussistenza   della   capacita'   contributiva   (art.   53   della
 Costituzione) perche' l'obbligo contributivo e' imposto in assenza di
 svolgimento  di  attivita' libero-professionale; g) la violazione dei
 diritti quesiti (art. 25, comma 2,  della  Costituzione)  in  ragione
 dell'efficacia  retroattiva  della  disposizione  che  ha travolto le
 opzioni gia' esercitate; h) la lesione del diritto al lavoro (art. 4)
 e alla retribuzione (art. 36 della Costituzione).
    2.  -  I  giudizi  vanno  preliminarmente   riuniti   in   ragione
 dell'identita' della norma censurata e della evidente connessione tra
 le plurime censure mosse dai giudici rimettenti.
    3.  - Premesso che non sussiste ragione per restituire gli atti ai
 giudici a quibus a causa della normativa sopravvenuta, in  quanto  da
 una  parte  la  proroga  dei  termini per il pagamento dei contributi
 arretrati (art. 20 d.-l. 25 febbraio 1995) non incide  sull'  an  del
 debito,   che   invece   costituisce   oggetto   delle   censure   di
 costituzionalita', e che la trasformazione dell'E.N.P.A.V. a  partire
 dal  1  gennaio  1995 (d.lgs. 30 giugno 1994 n. 509) non incide sulla
 (non modificata) obbligatorieta' dell'iscrizione  all'ente  nei  casi
 previsti  dalla  legge,  va pregiudizialmente respinta l'eccezione di
 inammissibilita' della questione di costituzionalita' per difetto  di
 rilevanza,  sollevata dall'Avvocatura di Stato. Ed infatti in tutti i
 giudizi i ricorrenti (veterinari che operano esclusivamente in regime
 di rapporto di lavoro subordinato  senza  svolgere  libera  attivita'
 professionale  in  forma  autonoma) domandano l'accertamento negativo
 della debenza dei contributi previdenziali (in vari  casi)  richiesti
 in via stragiudiziale dall'E.N.P.A.V. sull'asserito presupposto della
 perdurante  obbligatorieta'  della  loro iscrizione. In ordine a tale
 domanda tutti i giudici rimettenti, con motivazione non implausibile,
 ritengono sussistere l'interesse ad agire (art. 100 c.p.c.)  sicche',
 dovendo  essi  fare  applicazione della disposizione censurata per la
 decisione di merito (di  mero  accertamento),  risulta  rilevante  il
 dubbio di costituzionalita' della stessa.
    4. - Nel merito tutte le censure sono infondate.
    Va  premesso  che  il  legislatore,  nell'istituire  con  legge 15
 febbraio 1958 n. 91 l'ente nazionale di previdenza ed assistenza  dei
 veterinari   (E.N.P.A.V.),   aveva   originariamente   previsto   che
 partecipassero all'ente medesimo tutti  i  veterinari  iscritti  agli
 albi  professionali  provinciali (art. 1); il finanziamento dell'ente
 era  costituito  da  un  contributo  fisso  mensile,   periodicamente
 rivalutabile.
    Successivamente  in sede di riordino dell'E.N.P.A.V. (con legge 18
 agosto 1962, n. 1357)  il  legislatore  confermava  il  generalizzato
 obbligo  di  iscrizione  dei veterinari all'ente per il solo fatto di
 essere iscritti negli albi professionali introducendo unicamente  una
 soglia   di   eta'  (sessantacinque  anni)  al  di  la'  della  quale
 l'iscrizione non era piu'  obbligatoria  (art.  2).  A  carico  degli
 stessi  veniva  posto  un  contributo  diretto obbligatorio in misura
 fissa rivalutabile ed un contributo integrativo pari all'un per cento
 sul reddito imponibile accertato per l'anno precedente per  l'imposta
 di ricchezza mobile categoria C1; un'ulteriore contribuzione derivava
 dall'applicazione di marche su certificazioni ed attestati.
    La   generalita'  dell'obbligo  di  iscrizione  comportava  che  i
 veterinari, i quali svolgessero la loro attivita' nell'ambito  di  un
 rapporto  di  lavoro  subordinato  e  pertanto  fossero  iscritti  al
 relativo   ente   previdenziale,   avevano   una   doppia   posizione
 contributiva,  di  per  se' pienamente compatibile con la garanzia di
 tutela previdenziale prescritta dall'art. 38  della  Costituzione  in
 favore  di  ogni  lavoratore  essendovi semmai un rafforzamento della
 tutela stessa anche se a fronte di un doppio obbligo contributivo.
    Dopo oltre trent'anni di collaudata operativita' di questo sistema
 previdenziale di categoria fondato sulla generalita' dell'obbligo  di
 iscrizione  all'E.N.P.A.V.  il legislatore, nel por mano alla riforma
 dell'ente (con la legge 12 aprile  1991  n.  136),  ha  compiuto  una
 scelta diversa, che si inquadra in una piu' generale tendenza diretta
 a  contenere  il  fenomeno  della "doppia previdenza", ed ha previsto
 (all'art. 24) un doppio regime  di  iscrizione:  quella  obbligatoria
 (per   tutti  i  veterinari  iscritti  agli  albi  professionali  che
 esercitano la libera professione o svolgono  attivita'  professionale
 come  lavoratori  autonomi  convenzionati  con  associazioni,  enti o
 soggetti pubblici e privati) e quella facoltativa (per  i  veterinari
 parimenti  iscritti  negli  albi  professionali,  ma  che  esercitano
 esclusivamente attivita' di lavoro dipendente o attivita'  di  lavoro
 autonomo  per  le  quali  siano iscritti ad altre forme di previdenza
 obbligatoria, oltre che  per  i  veterinari  che  al  compimento  del
 sessantacinquesimo anno di eta' non possano far valere trenta anni di
 contribuzione).  I  primi sono tenuti (ex artt. 11, commi 1, 2 e 3, e
 12) al pagamento dei contributi previdenziali (distinti in contributo
 soggettivo, in misura proporzionale al reddito professionale prodotto
 nell'anno precedente a partire da un  importo  minimo  in  ogni  caso
 dovuto,   e   contributo   integrativo,   parametrato  sull'attivita'
 professionale e di certificazione); i secondi,  ancorche'  fuori  dal
 sistema  previdenziale  di  categoria, partecipano non di meno al suo
 finanziamento   con   un   contributo   di   solidarieta'   anch'esso
 proporzionale  al reddito professionale prodotto nell'anno precedente
 a partire da un importo minimo in ogni caso dovuto  (art.  11,  comma
 4).
    5.  -  Puo' subito rilevarsi che nel transitare da un unico regime
 di  iscrizione  obbligatoria  generalizzata  ad  uno   bimodale   che
 all'iscrizione    obbligatoria   affianca   ipotesi   di   iscrizione
 facoltativa il legislatore - in tesi -  avrebbe  potuto  determinarsi
 sia nel senso di operare una netta e radicale frattura con il passato
 applicando immediatamente a tutti (i veterinari) il nuovo regime, sia
 nel senso di prevedere una qualche gradualita', variamente disegnata,
 per assicurare un progressivo passaggio modulato nel tempo.
    Accantonando, per ora, il problema interpretativo di individuare i
 termini  in  cui  tale ulteriore scelta poteva trovarsi espressa gia'
 nella legge di riforma n. 136 del 1991, deve subito considerarsi  che
 l'adozione della seconda delle due possibili opzioni prima ipotizzate
 risulta  sancita  in  modo inequivocabile nella norma censurata (art.
 11, comma 26, legge 24 dicembre 1993  n.  537)  che  -  interpretando
 autenticamente  l'art.  32  della cit. legge n. 136/91 - ha precisato
 che l'iscrizione all'E.N.P.A.V. non e' piu' obbligatoria soltanto per
 i  veterinari  che  si  iscrivono  per  la  prima  volta  agli   albi
 professionali  successivamente  alla  data di entrata in vigore della
 predetta legge, ed ha coerentemente previsto, da un lato, la nullita'
 di diritto dei provvedimenti di cancellazione adottati dall'ente  nei
 confronti  dei  veterinari  gia'  obbligatoriamente iscritti all'ente
 medesimo in forza della precedente normativa e, dall'altro, l'obbligo
 di corrispondere i contributi nel frattempo maturati.
    Il  legislatore  del  1993  ha  quindi  chiarito  di  volere   una
 accentuata   gradualita'  del  passaggio  dalla  vecchia  alla  nuova
 disciplina   nel   senso   che,   riservandosi   la    facoltativita'
 dell'iscrizione  soltanto  ai "nuovi" veterinari dipendenti, si viene
 di conseguenza a prevedere un ampio arco di tempo nel corso del quale
 e'  destinata  progressivamente  ad  aumentare  la  percentuale   dei
 veterinari     dipendenti    che    possono    fare    l'opzione    e
 corrispondentemente a ridursi  la  percentuale  di  quelli  che  sono
 mantenuti   nel   vecchio   regime   della  generalizzata  iscrizione
 obbligatoria.
    6. - In questo contesto normativo possono esaminarsi distintamente
 le singole censure mosse all'art. 11, comma 26, cit., delle quali  la
 piu'  radicale  e'  quella  che  -  con  riferimento all'art. 3 della
 Costituzione (ma anche all'art. 2 della Costituzione) - si fonda  sul
 suo   asserito   carattere  solo  apparentemente  di  interpretazione
 autentica, ma in realta' "innovativo". Circostanza questa che di  per
 se'  non  indirizza  univocamente  lo scrutinio di costituzionalita'.
 Quando il legislatore utilizza leggi che qualifica  come  interpreta-
 tive   per   introdurre   una   normativa  "innovativa"  a  carattere
 retroattivo, la legittimita' di queste va valutata secondo  i  canoni
 consueti  con riferimento sia alla nuova disciplina in se', sia, piu'
 limitatamente, al suo  ambito  di  applicabilita'  in  quanto  esteso
 retroattivamente    a   fatti,   condotte   o   rapporti   pregressi.
 Parallelamente l'eventuale riscontro del carattere sostanziale  della
 (dichiarata funzione di) interpretazione autentica non assolve di per
 se'  la  disposizione  da  ogni  censura  atteso  che  e'  pur sempre
 retroattivamente  che  la  norma  dichiarata  nella  disposizione  di
 interpretazione  autentica  si  salda  alla  norma  enucleabile dalla
 disposizione censurata; e di tale  operazione  normativa,  diversa  e
 distinta  dalla  interpretazione  compiuta dal giudice, questa Corte,
 quando investita, puo' verificare la costituzionalita' anche sotto il
 profilo della ragionevolezza (ex art. 3 della Costituzione).
    Al  fine  di  riconoscere  o  negare il carattere interpretativo o
 innovativo della disposizione deve verificarsi, con giudizio riflesso
 retrospettivamente  e  tenendo  conto  del  contesto   normativo   di
 riferimento,  se  la  disposizione  interpretata  poteva,  tra i vari
 significati  plausibili  secondo  gli  ordinari  canoni  ermeneutici,
 esprimere anche il dato precettivo successivamente meglio esplicitato
 dalla disposizione di interpretazione.
    Nella  fattispecie  la  piena  plausibilita'  dell'interpretazione
 successivamente tradotta in chiaro risulta  dalla  lettura  congiunta
 degli artt. 24 e 32 della legge di riforma del 1991. L'art. 32, prev-
 edendo che soltanto a decorrere dalla data di entrata in vigore della
 legge  medesima  e' abrogato il secondo comma dell'art. 2 della legge
 n. 1357/62, ben poteva lasciare intendere che solo a partire da  tale
 data   veniva   meno   la  generale  obbligatorieta'  dell'iscrizione
 all'E.N.P.A.V., cosi' contestualmente confermandosi  la  connotazione
 di  obbligatorieta'  per  quelle iscrizioni effettuate in precedenza,
 anche sul rilievo  che  altrimenti  la  disposizione  sarebbe  potuta
 apparire  priva  di  utile  significato  normativo,  atteso  che, per
 effetto della mera  successione  delle  leggi,  si  sarebbe  comunque
 dovuto  ritenere  l'art. 2 abrogato per incompatibilita' dall'art. 24
 cit.  D'altra  parte  quest'ultima  disposizione   nel   disciplinare
 l'"iscrizione"  non  poteva  che riferirsi ai veterinari che iscritti
 non fossero, sicche' anche il "passaggio dalla forma  obbligatoria  a
 quella   facoltativa"   e   la   "facolta'  di  rinuncia",  parimenti
 contemplati dal secondo comma, ben avrebbero potuto  essere  riferiti
 anch'essi   unicamente   alle   nuove   iscrizioni,  condizionate  (a
 differenza delle precedenti  iscrizioni  "obbligatorie")  nella  loro
 successiva  vigenza  ad  un  presupposto  variabile  nel tempo, quale
 appunto  l'esercizio  della  libera  professione   o   dell'attivita'
 professionale    come    lavoratori    autonomi   convenzionati   con
 associazioni, enti o soggetti pubblici o privati.
    La riscontrata plausibilita' dell'interpretazione  recepita  nella
 disposizione  censurata  e' sufficiente per riconoscerne il carattere
 di  interpretazione  autentica;  non  senza  considerare   che   tale
 plausibilita'  ha  di  fatto  un  concreto riscontro (non tanto nella
 giurisprudenza che non si e' potuta formare per la brevita' di  tempo
 tra  la  riforma  e  la norma interpretativa, quanto) nella attivita'
 amministrativa dell'E.N.P.A.V. che - come emerge dalle  ordinanze  di
 rimessione  e  dalle  difese  delle  parti  -  ha posto all'Autorita'
 vigilante  proprio  tale  problema  interpretativo.  Il  riconosciuto
 carattere  di interpretazione autentica conduce di per se' a ritenere
 infondata la censura di irragionevolezza,  che  nella  prospettazione
 dei  giudici  rimettenti  si  regge  esclusivamente sull'asserita (ma
 insussistente) contraddittorieta' tra  la  sua  dichiarata  finalita'
 interpretativa e la reale natura "innovativa".
    7.  Dalle conclusioni appena raggiunte in ordine alla natura della
 disposizione censurata consegue poi  l'infondatezza  anche  di  altre
 censure connesse.
    Non  fondata,  infatti,  si appalesa la censura di sviamento della
 funzione legislativa per interferenza in quella  giurisdizionale  con
 riferimento  agli  artt.  101,  102  e  104 della Costituzione avendo
 questa Corte gia' ritenuto che diversi e non comparabili sono il  pi-
 ano  dell'intervento  legislativo  mediante  norme di interpretazione
 autentica ed il piano della giurisdizione (sentenza n. 402/1993).
    Neppure e' leso il principio di  ragionevolezza  per  la  prevista
 nullita' di diritto delle cancellazioni gia' disposte dall'E.N.P.A.V.
 trattandosi   di   provvedimenti  che  si  fondavano  su  un  erroneo
 presupposto conseguente ad una lettura dell'art. 24 cit.  contrastata
 dalla  norma di interpretazione autentica. La natura della quale - in
 una al rilievo che il principio di irretroattivita' della  legge  non
 e' costituzionalizzato fuori dalla materia penale - consente anche di
 escludere ogni violazione di diritti quesiti.
    Ne'    la   tutela   previdenziale   dei   veterinari   dipendenti
 obbligatoriamente assicurati puo' dirsi in ipotesi  lesa  ove  questi
 stessi  non  possano  piu'  beneficiare  pienamente  - in ragione del
 provvedimento di cancellazione prima disposto e poi revocato -  delle
 prestazioni  erogabili  medio  tempore  dall'E.N.P.A.V.  Si tratta di
 eventuali, ancorche' possibili, inconvenienti  di  fatto  conseguenti
 all'affidamento  in  una  determinata  interpretazione tra le plurime
 plausibili:   affidamento   che,   peraltro,   non   puo'   ritenersi
 illegittimamente eluso dalla norma censurata proprio in ragione della
 natura interpretativa di questa.
    8.  - Neppure sussiste la disparita' di trattamento denunciata dai
 giudici rimettenti sotto piu' profili.
    8.1.  -  Non   sussiste   all'interno   della   stessa   categoria
 professionale  (dei  veterinari)  tra coloro che in quanto lavoratori
 subordinati  o  autonomi  beneficiano  gia'  di  altra  assicurazione
 obbligatoria  e  quelli  che  esercitano la libera professione ovvero
 l'attivita' professionale come lavoratori autonomi convenzionati  con
 associazioni,  enti  o  soggetti  pubblici o privati. La struttura di
 tipo  solidaristico  dei  sistemi  previdenziali   (in   particolare)
 professionali  -  gia'  evidenziata  da  questa  Corte  (sentenza  n.
 133/1984) - giustifica l'onere della contribuzione a carico di  tutti
 gli  appartenenti  all'ordine  anche  in  ragione  del  solo elemento
 oggettivo  del  potenziale  esercizio  dell'attivita'   professionale
 connesso all'iscrizione nel relativo albo (ordinanza n. 813 e 707 del
 1988).  D'altra  parte  tale  principio solidaristico, che giustifica
 l'iscrizione (e la contribuzione)  anche  dei  veterinari  percettori
 soltanto  di  reddito  dipendente  (od  anche autonomo in presenza di
 altro  obbligo  assicurativo),  opera  anche  per  i  veterinari  non
 iscritti  all'E.N.P.A.V.  (ma  iscritti  all'albo) alla stregua della
 nuova disciplina dettata dalla piu' volte richiamata legge n. 136/91;
 anch'essi sono tenuti, per il solo fatto dell'iscrizione all'albo, ad
 un contributo di solidarieta' (art.  11,  comma  4),  la  cui  minore
 entita'  rispetto  al  contributo minimo dovuto (ex art. 11, comma 2)
 dai veterinari obbligatoriamente iscritti in ragione della precedente
 disciplina pur se non percettori di reddito professionale autonomo e'
 giustificata dalla circostanza che questi, a  differenza  dai  primi,
 fruiscono  -  in  quanto  iscritti all'E.N.P.A.V. - delle prestazioni
 previdenziali.
    8.2. - Ne' sussiste disparita'  all'interno  della  categoria  dei
 veterinari  secondo  l'epoca  dell'iscrizione  all'E.N.P.A.V. La gia'
 evidenziata scelta di gradualita' operata dal legislatore  nella  sua
 discrezionalita'  per  regolamentare  il  passaggio dal precedente al
 nuovo  regime  rende  ragione  di  tale  differenziazione.   La   non
 irragionevolezza   di   tale  scelta  risulta  poi  confermata  dalla
 necessita' di mantenere l'equilibrio finanziario dell'ente che in via
 principale e' preposto ad erogare le prestazioni  previdenziali  agli
 assicurati  e parimenti ad approntare a tale scopo l'idonea provvista
 di mezzi mediante la percezione di contributi,  mentre  solo  in  via
 eccezionale  puo' essere lo Stato chiamato ad interventi integrativi.
 E'  quindi  giustificato  che  il  legislatore,  secondo  la   scelta
 risultante    dalla   disposizione   interpretata   integrata   dalla
 disposizione di interpretazione autentica, si sia preoccupato che non
 venisse  improvvisamente  meno  la  solidarieta'  all'interno   della
 categoria  degli  iscritti  come  si  sarebbe potuto verificare se si
 fosse accordato a tutti i veterinari dipendenti (o convenzionati)  la
 facolta'  di rinunciare all'iscrizione. La solidarieta' esterna della
 collettivita' solo eccezionalmente e sussidiariamente puo'  integrare
 quella  categoriale  in ragione del tendenziale autofinanziamento dei
 sistemi previdenziali settoriali;  principio  questo  ribadito  anche
 recentemente da questa Corte (sentenza n. 78/1995) con l'affermazione
 che  "il  precetto  che  siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati
 alle esigenze di vita  dei  lavoratori  si  riferisce  principalmente
 all'organizzazione  e  alla  gestione  della previdenza obbligatoria,
 alla quale deve  essere  garantito  un  flusso  di  contributi  degli
 assicurati   proporzionato   ai   bisogni   da   soddisfare,   mentre
 l'intervento solidaristico della collettivita' generale va limitato a
 casi giustificati da particolari condizioni, equamente selezionate, e
 comunque contenuto nei limiti delle disponibilita' del bilancio dello
 Stato".
    D'altra parte mette conto  osservare  che  la  contribuzione  alla
 quale  continuano  ad  essere  obbligati  i  veterinari dipendenti (o
 convenzionati) iscritti prima della riforma non e' certo senza  causa
 atteso  che  -  come  gia'  rilevato  -  gli stessi beneficiano delle
 prestazioni previdenziali erogate dall'ente. In particolare l'art. 1,
 comma 5, legge n. 136/91 espressamente prevede la  cumulabilita'  del
 trattamento  di  pensione  erogato dall'E.N.P.A.V. con la pensione di
 guerra o dell'I.N.P.S. o di qualsiasi  altra  pensione  o  assegno  o
 trattamento  di natura mutualistica o previdenziale e con le pensioni
 statali.
    8.3. - Neppure, infine, puo' ravvisarsi disparita' di  trattamento
 nei  confronti  di  altre categorie professionali per le quali non e'
 previsto l'obbligo dell'iscrizione all'ente  di  categoria  anche  in
 presenza  di  iscrizione  ad  altro ente previdenziale. La disciplina
 differenziata  non  e'  utilmente  comparabile  per  la  piu'   volte
 affermata  autonomia  dei  diversi sistemi previdenziali di categoria
 (sentenza n. 132 e 133 del 1984, n. 259 del 1992, n. 73 del  1992  e,
 da  ultima, n. 78/1995). Non senza considerare che la gradualita' del
 passaggio dal  regime  di  iscrizione  obbligatoria  generalizzata  a
 quello   che  vede  coesistere  l'iscrizione  obbligatoria  e  quella
 facoltativa rende comunque ragione della  differenza  di  disciplina,
 destinata  progressivamente ad attenuarsi (in termini quantitativi di
 concreta applicazione) fino a scomparire (per cancellazione dall'albo
 professionale dei veterinari dipendenti o convenzionati gia' iscritti
 prima della riforma).
    Ne'  sul  versante  delle  prestazioni  sussiste  disparita'   per
 trattamento  uguale  di situazioni diverse sotto il profilo che anche
 nel caso della doppia  iscrizione,  come  in  quello  dell'iscrizione
 singola,  vi  sarebbe  un'unica  pensione,  attesa la gia' richiamata
 cumulabilita' delle prestazioni prevista dall'art. 1, comma 5, cit. e
 quindi  la  sostanziale erroneita' del presupposto interpretativo sul
 quale si regge tale specifica censura.
    9. - Infondate poi sono altre censure in  vario  modo  contigue  a
 quelle esaminate.
    Non  sussiste  violazione  del  diritto  alla tutela previdenziale
 perche' - come gia' evidenziato - la "doppia previdenza"  non  e'  in
 se'  contraria  all'art.  38 della Costituzione (cfr. sentenza 133/84
 cit.)   comportando   un'accentuazione   del   grado   di   copertura
 dell'assicurato,  mentre  la  linea di tendenza, sancita dalla stessa
 legge n. 537 del 1993 all'art. 1, commi 32 e 33, diretta  a  superare
 questa    situazione,   peraltro   presente   in   vari   ordinamenti
 previdenziali  settoriali,  esprime  una  scelta  discrezionale   del
 legislatore  di  carattere  programmatico proiettata verso il futuro,
 destinata a realizzarsi, nei tempi e nei modi dal legislatore  stesso
 ritenuti  possibili  ed  opportuni, anche - in tesi - nello specifico
 settore qui considerato, ma non anche una esigenza di adeguamento  al
 parametro costituzionale.
    Non  e'  infine  ipotizzabile  una  violazione del principio della
 capacita' contributiva (art. 53 della  Costituzione)  non  avendo  le
 contribuzioni previdenziali natura tributaria (sentenza n. 173/1986);
 ne'  sussiste  violazione del diritto al lavoro (art. 4), o di quello
 alla  retribuzione  proporzionata  e  sufficiente  (art.   36   della
 Costituzione),   venendo  in  rilievo  nella  disposizione  censurata
 unicamente il profilo della tutela previdenziale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondate   le   questioni   di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 26, legge 24 dicembre
 1993  n.  537 (Interventi correttivi di finanza pubblica) sollevate -
 con riferimento agli artt. 2, 3, 4, 25, comma 2,  36,  38,  53,  101,
 102,  104 della Costituzione - dal pretore di Perugia, dal pretore di
 Vasto, dal pretore di Bassano del Grappa, dal pretore di  Udine,  dal
 pretore di Rovigo, dal pretore di Gela, dal pretore di Asti, dal pre-
 tore  di  Prato,  dal pretore di Camerino, dal pretore di Campobasso,
 dal pretore di Bologna, dal  pretore  di  Piacenza,  dal  pretore  di
 Ascoli  Piceno  e  dal  pretore  di Como con le ordinanze indicate in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0347