N. 89 SENTENZA 8 - 17 marzo 1995
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Legge penale - Associazioni sindacali - Attivita' illecite - Trattamento sanzionatorio penale - Repressione della condotta antisindacale - Legittimazione attiva esclusivamente riservata agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali - Difetto di rilevanza - Estraneita' al thema decidendum della norma incriminatrice citata - Carenza di motivazione - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (v. sentenza n. 54/1974 e 334/1988) - Manifesta inammissibilita' - Non fondatezza. (C.P., art. 271; legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 28). (Cost., artt. 23, 18, 21, 24, 35 e 39, primo comma).(GU n.12 del 22-3-1995 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE; Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 271 del codice penale e dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promosso con ordinanza emessa l'11 gennaio 1994 dal Tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra AMIAT, Azienda municipale igiene ambientale torinese e FALIA, Federazione autonomista lavoratori igiene ambientale - SALP, Sindacato autonomista lavoratori piemontesi, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice relatore Cesare Ruperto. Ritenuto in fatto 1. - In una controversia ex art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promossa dall'organismo locale (FALIA, Federazione autonomista lavoratori igiene ambientale - SALP, Sindacato autonomista lavoratori piemontesi) dell'associazione sindacale CONFEDERSAL (Confederazione sindacati autonomisti lavoratori), il Pretore aveva ritenuto che quest'ultima organizzazione possedesse il requisito di associazione a livello nazionale in quanto, seppure presente soltanto in sei regioni, mirava statutariamente a diffondersi su tutto il territorio, nell'ottica "della auspicata federalizzazione dello Stato italiano" (la Confederazione si poneva infatti come insieme di tre Federazioni: nord, centro e sud), "irrilevante essendo che questa" fosse prevista "nell'interesse della collettivita' dei popoli italiani e di tutte le risorse delle rispettive nazioni". Nel corso del giudizio di appello avverso la sentenza pretorile che, su tale premessa, aveva ravvisato l'antisindacalita' del comportamento della azienda, il Tribunale di Torino ha sollevato, con ordinanza emessa l'11 gennaio 1994, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 271 del codice penale e 28 della legge n. 300 del 1970, in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39, primo comma, della Costituzione. Premette il giudice a quo che la sommatoria di nazioni distinte di cui allo statuto della CONFEDERSAL non puo' considerarsi equivalente al concetto di nazione unitaria, non riducibile ad un mero a'mbito territoriale, di cui al citato art. 28. A sostegno di tale assunto il Tribunale compie un excursus dell'uso che del concetto di nazione e' stato fatto dal Costituente, concludendo nel senso che la norma dello statuto dei lavoratori postula associazioni che svolgono funzioni a beneficio del sistema nel suo complesso e non dei soli iscritti, cosi' incentivando le piu' ampie forme possibili di aggregazione sindacale. Tuttavia - prosegue il giudice remittente - l'art. 39 della Costituzione non richiede il "requisito nazionale"; la stessa formulazione della norma, inoltre, indicherebbe che vi sono interessi-base (qual e' quello alla liberta' sindacale nell'azienda) insiti nel diritto al lavoro, la cui garanzia sarebbe possibile soltanto attraverso la tutela immediata dell'organizzazione sindacale (intesa come comunita' dei lavoratori). In tal senso potrebbe dubitarsi della legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 39, primo comma, della Costituzione, dell'art. 28 citato, la' dove esclude la legittimazione delle associazioni sindacali che non siano nazionali "ancorche' esistenti come sindacati di fatto". Nel merito della controversia il giudice a quo rileva come la CONFEDERSAL non possa essere qualificata nazionale, aggiungendo altresi' che essa appare anzi essere antinazionale ex art. 271 c.p. e, come tale, non meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. L'art. 271 c.p., che tutela il sentimento nazionale ed opera come limite esterno dell'autonomia negoziale, non potrebbe considerarsi investito dalla declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 272, secondo comma, c.p., di cui alla sentenza n. 168 del 1986. Di conseguenza parrebbe necessario un intervento della Corte sulla norma onde rimuovere detto limite, intervento reso necessario anche dal fatto che "l'esistenza di organismi sindacali di distinte nazionalita' nell'ambito dello Stato costituisce un quid novum nel vigente ordinamento". 2. - E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso nel senso dell'inammissibilita' per irrilevanza della questione relativa all'art. 271 c.p. e dell'infondatezza delle censure rivolte all'art. 28 della legge n. 300 del 1970. Sotto il primo profilo l'Autorita' intervenuta osserva che, ove dalla norma penale potesse argomentarsi l'illiceita' dell'associazione, cio' si rifletterebbe sulla legittimita' della stessa, a prescindere dal connotato definitorio "nazionale" adottato nell'art. 28. Rileva altresi' l'Avvocatura come il carattere nazionale riguardi la dimensione organizzativa della presenza sul territorio dell'organizzazione e non gia' la coerenza del suo statuto con la concezione politica di nazione intesa in senso unitario. Elemento, questo, d'incerta verificabilita' ed inconferente al fine della delimitazione della legittimazione, siccome non rilevante quanto a rappresentativita' e quindi non sintomatico dell'idoneita' dell'azione sindacale. Considerato in diritto 1. - Il Tribunale di Torino dubita, in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39, primo comma, della Costituzione, della legittimita' costituzionale degli artt. 271 c.p. e 28 della legge n. 300 del 1970. La prima norma e' censurata in quanto, con l'affermare il disvalore dell'antinazionalita' vietando le associazioni che si propongono o che svolgono un'attivita' diretta a distruggere o a deprimere il sentimento nazionale, viene a limitare l'autonomia associativa e a privare del requisito della nazionalita' dette associazioni, non consentendo inoltre che siano costituite associazioni sindacali di distinte nazionalita' nell'a'mbito dello Stato. La norma dello statuto dei lavoratori e' invece sospettata d'illegittimita' costituzionale nella parte in cui consente la legittimazione attiva esclusivamente agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali. 2. - La questione concernente l'art. 271 c.p. e' manifestamente inammissibile per l'evidente irrilevanza nel giudizio in corso dinanzi al giudice remittente, il quale e' chiamato a pronunciarsi sull'appello avverso la sentenza del Pretore in tema di comportamento antisindacale. La totale estraneita' al thema decidendum, della citata norma incriminatrice, non consente di estrapolare dalla stessa criteri e definizioni utilizzabili a fini diversi da quelli penali. Il sindacato di legittimita' non puo' quindi essere ammesso; sul punto l'ordinanza di rimessione appare, non a caso, del tutto carente, sia con riguardo alla motivazione circa la rilevanza, sia in ordine al giudizio di non manifesta infondatezza. 3. - Analoga carenza, a prima vista, sembra ravvisabile anche con riferimento alla seconda delle descritte censure. Risulta tuttavia sufficientemente comprensibile il senso di queste, proponendosi il Tribunale di ottenere dalla Corte una decisione ampliativa delle ipotesi di legittimazione ad agire ex art. 28 con riferimento al requisito della dimensione nazionale. E dunque va esclusa l'inammissibilita' della sollevata questione; la quale e' peraltro infondata. 3.1. - Il procedimento di repressione della condotta antisindacale si aggiunge alle tutele gia' assicurate alle associazioni sindacali, e rappresenta un mezzo ulteriore per garantire in modo particolarmente rapido ed efficace i diritti del sindacato. Il fatto che il legislatore abbia riservato la relativa azione a determinati soggetti collettivi, risulta coerente con la razionalita' delle scelte poste a base di criteri per individuare la maggiore rappresentativita' degli stessi, piu' volte scrutinate positivamente da questa Corte. In particolare la concezione che assume la dimensione organizzativa nazionale come indice di adeguato livello di rappresentativita' (cfr. la sentenza n. 54 del 1974 e, soprattutto, la sentenza n. 334 del 1988) e' apparsa idonea a "consentire la selezione, tra i tanti possibili, dell'interesse collettivo rilevante da porre a base del conflitto con la parte imprenditoriale". Piu' in generale e con riferimento all'unica norma costituzionale sulla quale si sofferma in proposito il giudice a quo , questa Corte ha osservato come l'opzione nel senso di un livello rappresentativo nazionale, oltre a corrispondere al ruolo tradizionalmente svolto dal movimento sindacale italiano, si uniformi al principio solidaristico nel quale va inserito anche l'invocato art. 39 della Costituzione. Cio', naturalmente, non esclude che lo stesso legislatore possa in futuro dettare nuove regole idonee a realizzare diversamente "i principi di liberta' e pluralismo sindacale additati dal primo comma dell'art. 39 della Costituzione", anche prevedendo strumenti di verifica dell'effettiva rappresentativita' delle associazioni (sentenza n. 30 del 1990). Ma il controllo di compatibilita' tra l'indice della dimensione organizzativa nazionale e la realta' sociale esistente non puo' concludersi, allo stato, che con la conferma della non contrarieta' del modello statutario al disegno del Costituente.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 271 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 18, 21, 24, 35 e 39, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Torino con l'ordinanza di cui in epigrafe; Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita' sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), sollevata, in riferimento alle medesime norme, dallo stesso Tribunale di Torino con l'ordinanza citata. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1995. Il Presidente: BALDASSARRE Il redattore: RUPERTO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 17 marzo 1995. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 95C0348