N. 90 ORDINANZA 8 - 17 marzo 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Legge  penale  -  Persona  affetta  da  HIV  -  Rinvio   obbligatorio
 dell'esecuzione  della pena nei casi di incompatibilita' con lo stato
 di detenzione - Analoga questione gia'  dichiarata  non  fondata  (v.
 sentenza n. 70/1994) - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.,  art.  146,  primo  comma, n. 3, come inserito dall'art. 2 del
 d.-l. 14 maggio 1993, n. 139, convertito,  con  modificazioni,  dalla
 legge 14 luglio 1993, n. 222).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.12 del 22-3-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
 MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 146, n. 3, del
 codice penale, cosi' come  modificato  dall'art.  1  della  legge  14
 luglio  1993,  n.  222,  che ha convertito il decreto-legge 14 maggio
 1993, n. 139 (Disposizioni urgenti relative al trattamento di persone
 detenute affette da HIV e di  tossicodipendenti),  promossi  con  due
 ordinanze  emesse  il 12 aprile 1994 dal Tribunale di sorveglianza di
 Torino nei procedimenti riuniti  di  sorveglianza  nei  confronti  di
 Bergamo Ciro e di Moscaritolo Michelangelo, iscritte ai nn. 526 e 527
 del  registro  ordinanze  1994  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1994.
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 22 febbraio 1995 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino ha  sollevato,
 con  due  ordinanze  di identico contenuto, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 146 n. 3 del codice  penale,  come  inserito
 dall'art.  2  del  decreto-legge 14 maggio 1993, n. 139 (Disposizioni
 urgenti relative al trattamento di persone detenute affette da HIV  e
 di  tossicodipendenti)  convertito, con modificazioni, dalla legge 14
 luglio  1993,  n.  222,  nella  parte  in  cui  prevede   il   rinvio
 obbligatorio  dell'esecuzione  della  pena  se  deve  avere luogo nei
 confronti di persona affetta da HIV nei casi di incompatibilita'  con
 lo  stato  di  detenzione  ai  sensi dell'art. 286- bis, comma 1, del
 codice di procedura penale;
      che a tal proposito  il  giudice  a  quo  deduce  la  violazione
 dell'art.  3,  primo comma, della Costituzione in quanto "la malattia
 continuera' a sussistere  e  la  pena  detentiva  di  fatto  restera'
 sospesa  sine  die",  con effetto asseritamente "deflagrante rispetto
 alla sistematicita' dell'ordinamento e alla razionalita'  dell'intero
 sistema",  giacche'  qualunque  reato  commetta  la  persona  che  ha
 ottenuto  il  differimento  dell'esecuzione  della  pena  "vi  e'  la
 certezza  che nessuna sanzione penale potra' essere eseguita nei suoi
 confronti";
      che  in  uno  dei  giudizi  e'  intervenuto  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 Generale dello Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
 inammissibile;
    Considerato che le ordinanze sollevano la medesima questione e che
 pertanto i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unico
 provvedimento;
      che questa Corte, chiamata a pronunciarsi su questione del tutto
 analoga,  ne  ha  dichiarato la non fondatezza (v. sentenza n. 70 del
 1994) osservando, fra l'altro,  che,  dovendosi  porre  a  fondamento
 della  nuova  ipotesi  di  differimento  della  esecuzione della pena
 "l'esigenza di assicurare il  diritto  alla  salute  nel  particolare
 consorzio  carcerario",  ne  deriva che la liberazione del condannato
 non puo' "ritenersi frutto  di  una  scelta  arbitraria"  cosi'  come
 neppure  puo' affermarsi "che la liberazione stessa integri, sempre e
 comunque, un fattore di compromissione delle contrapposte esigenze di
 tutela collettiva", giacche' non e' la pena differita in quanto  tale
 "a  determinare una situazione di pericolo, ma, semmai, la carenza di
 adeguati  strumenti  preventivi  volti ad impedire che il condannato,
 posto in liberta', commetta nuovi reati";
      e che,  pertanto,  non  adducendo  le  ordinanze  di  rimessione
 argomenti  nuovi  o  diversi da quelli allora esaminati, la questione
 deve essere dichiarata manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi;  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 146, primo  comma,
 n.  3  del codice penale, come inserito dall'art. 2 del decreto-legge
 14 maggio 1993, n. 139 (Disposizioni urgenti relative al  trattamento
 di   persone   detenute   affette  da  HIV  e  di  tossicodipendenti)
 convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio  1993,  n.  222,
 sollevata,   in   riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal
 Tribunale di sorveglianza di Torino con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'8 marzo 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 17 marzo 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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