N. 156 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 1995
N. 156 Ordinanza emessa il 13 gennaio 1995 dal pretore di Reggio Calabria, sezione distaccata di Melito Porto Salvo nel procedimento penale a carico di Romeo Vittoria ed altri Edilizia e urbanistica - Condono edilizio - Previsione della sospensione di tutti i procedimenti penali relativi a costruzioni abusive ultimate o interrotte con il sequestro entro il 31 dicembre 1993 ed estinzione dei reati dopo l'avvenuto pagamento - Indebita rinuncia dello Stato alla pretesa punitiva senza la prescritta maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera come richiesto per la concessione dell'amnistia - Lesione del principio di uguaglianza. (Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39). (Cost., artt. 3 e 79).(GU n.13 del 29-3-1995 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Visti gli atti del sopracitato procedimento contro: 1) Romeo Vittoria nata in Africo il 29 settembre 1913 ed ivi residente, via E. Toti n. 36; 2) Versace Giuseppe nato in Africo il 25 aprile 1950 ed ivi residente, via E. Toti n. 36; 3) Romeo Giuseppe nato a Brancaleone il 25 settembre 1958 e residente, a Bruzzano Zeffirio, via Moro n. 22, imputati del reato di cui agli artt.: A) Art. 20, lett. B) della legge 28 febbraio 1985, n. 47 per avere, in concorso tra loro, eseguito i lavori di costruzione di un manufatto a 2 piani f.t. esteso mq 25 circa per piano in assenza della concessione edilizia; B) Artt. 17 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 per avere, in concorso tra loro, iniziato la costruzione di cui al capo A) senza nulla osta del Genio civile; C) Artt. 18 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 e 110 del c.p., per avere, in concorso tra loro, effettuato la costruzione di cui al capo A) senza direzione tecnica di un professionista autorizzato. Acc. in Africo il 25 febbraio 1993. Vista la legge 11 marzo 1953, n. 87 ed in particolare l'art. 23, primo e secondo comma; preso atto dell'istanza del p.m. a che sia sollevata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in relazione agli artt. 79 e 3 della Costituzione; Ritenuto che le prospettate questioni appaiono tutte rilevanti e non manifestamente infondate per i seguenti motivi: MOTIVI DI RILEVANZA La questione sollevata si presenta di evidente rilevanza in quanto, dall'applicazione del combinato disposto degli artt. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e 44 della legge n. 47/1985, discende la obbligatoria sospensione del procedimento, anche a prescindere da una richiesta di parte, qualora, come nel caso di specie, il reato sia stato commesso entro il 31 dicembre 1993, termine ultimo previsto dall'art. 39 della legge citata, per l'operativita' del meccanismo del condono per i reati di cui all'art. 20 della legge n. 47/1985. Poiche' inoltre la norma di cui si eccepisce la illegittimita' costituzionale deve venire applicata dal giudice, nella valutazione della sussistenza dei presupposti per l'inizio della procedura della sanatoria, ne discende, logicamente la indubbia rilevanza della norma sopra citata nel presente processo. Sul punto vale richiamare quanto gia' statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 369 del 23/31 marzo 1988 in identica fattispecie, e cioe' che divengono rilevanti le questioni di costituzionalita' relative a tutte le disposizioni di legge (adesso integralmente fatte rivivere dalla legge citata) che risultano intimamente collegate fra loro nell'unico fine di regolamentare il meccanismo procedimentale della sanatoria. MOTIVI DI NON MANIFESTA INFONDATEZZA A) Violazione dell'art. 79 della Costituzione. Ritiene questo pretore che il condono edilizio possa essere qualificato giuridicamente come una misura clemenziale con la quale lo Stato rinuncia, in presenza di particolari presupposti (tempus commissi delitti, determinate caratteristiche dell'opera abusiva) ad esercitare la propria pretesa punitiva nei confronti dell'autore dell'abuso, condizionando tale rinuncia al versamento di determinati importi da parte di colui che intenda valersi della procedura di sanatoria, con conseguente declaratoria di estinzione del reato. Orbene, un istituto che presenta siffatte caratteristiche pare a questo pretore assimilabile all'amnistia: anch'essa infatti, a norma dell'art. 151 del c.p., ha un'operativita' circoscritta ai reati commessi in un determinato periodo di tempo; essa puo' inoltre essere condizionata ad obblighi; infine, ha come conseguenza l'estinzione del reato. Pare comunque a questo pretore che, avendo il condono natura di provvedimento clemenziale, debba essere assimilato all'amnistia almeno sotto il profilo della conformita' con la Carta costituzionale. Posto dunque tale inquadramento giuridico per l'istituto del condono edilizio, ne consegue che lo stesso non puo' essere introdotto nell'ordinamento che con legge approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, e non, come e' avvenuto nel caso del condono del 1994, con lo strumento della legislazione ordinaria. E' ben vero che la Corte costituzionale, con la sopra citata sentenza n. 369 del 23/31 marzo 1988, esaminando la questione della natura giuridica del condono edilizio previsto dalla legge n. 47/1985, lo ha qualificato "provvedimento di clemenza atipico", non riconducibile all'istituto dell'amnistia ne' a quello dell'oblazione: pur tuttavia, la Corte, in tale occasione si e' espressa con grande chiarezza sulla natura clemenziale dell'istituto in oggetto. Va rilevato a questo proposito che l'art. 79 della Costituzione, successivamente alle modifiche apportate dall'art. 1 della legge costituzionale 6 marzo 1992, n. 1, prevede che "l'amnistia e l'indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera in ogni suo articolo e nella votazione finale". La norma costituzionale enuncia dunque nella maniera piu' chiara che i provvedimenti clemenziali (quali sono appunto l'amnistia e l'indulto) possono essere introdotti nell'ordinamento solo con la particolare procedura in essa prevista; e poiche' la stessa Corte costituzionale ha qualificato il condono edilizio come un provvedimento clemenziale atipico, ne discende che il legislatore del 1994, ricorrendo allo strumento della legislazione ordinaria per introdurre il condono, ha disatteso la previsione dell'art. 79 della Costituzione. B) Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Ritiene questo pretore che proprio dalla lettura del citato precedente della Corte costituzionale possano ricavarsi le argomentazioni piu' pregnanti a sostegno della non conformita' a costituzione della normativa di cui alla legge n. 724/1994; sotto il duplice profilo della irragionevolezza e della violazione del principio di uguaglianza, anche in relazione agli artt. 9, secondo comma, 41, secondo e terzo comma, 42, secondo comma della Costituzione. E infatti la Corte costituzionale ha statuito, nella pronuncia n. 369 del 1988, che, ogni qualvolta lo Stato rinunci alla propria pretesa punitiva, e la punibilita' venga utilizzata per fini estranei a quelli relativi alla difesa dei beni tutelati attraverso l'incriminazione penale, tale rinuncia, venendo ad incidere sul principio di uguaglianza affermato dall'art. 3 della Costituzione, "deve trovare la sua giustificazione nel quadro costituzionale che determina il fondamento nei limiti dell'intervento dello Stato": cio' al fine di non incorrere appunto nella violazione del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione. In allora, la Corte costituzionale ritenne di "salvare" la disciplina del condono edilizio, che era stata sottoposta al suo vaglio, respingendo le sollevate questioni di legittimita' costituzionale, in considerazione del fatto che era all'epoca vivamente sentita ed urgente l'esigenza di "chiudere con un passato di illegalita' di massa" in occasione dell'entrata in vigore di una nuova ed articolata disciplina in materia di controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia. La suddetta esigenza, evidenziata dalla Corte costituzionale nella pronunzia sopra citata, non pare viceversa possa essere sottesa ad un intervento legislativo, quale la legge 23 dicembre 1994, n. 724, che ha semplicemente riaperto i termini del condono di cui alla legge n. 47/1985, limitandosi in pratica a reiterare una procedura per l'introduzione della quale, tuttavia, non sussistono giustificazioni analoghe a quelle individuate dalla sentenza sopra citata per il condono del 1985. La stessa Corte costituzionale, infatti, ha precisato che, ove l'estinzione della punibilita' venga irrazionalmente in contrasto con la finalita' della sanzione penale, risultando cosi' una "variante arbitraria", non potrebbe considerarsi costituzionalmente legittima. La Corte ha altresi' ribadito che la non punibilita' o la procedibilita' dei moderni condoni penali, "specie quando essi concellano reati lesivi di beni fondamentali della comunita', va usata negli stretti limiti consentiti dal sistema costituzionale"; viceversa, un esercizio arbitrario della non punibilita' equivarrebbe addirittura "ad alterare, con il principio d'obbligatorieta' della pena, l'intero volto del sistema costituzionale in materia penale". Richiamandosi ancora al "rispetto dei vincoli esterni" posti dalla Costituzione al potere di clemenza, la Corte costituzionale ha, sempre nella succitata pronuncia, ritenuto che, nel caso di condono di cui alla legge n. 47/1985, tali vincoli esterni fossero stati rispettati, considerando che si era inteso porre basi normative per la futura tutela di fondamentali esigenze sottese al governo del territorio, quali la sicurezza dell'esercizio dell'iniziativa economica privata, il suo coordinamento ai fini sociali (art. 41, secondo e terzo comma della Costituzione), la funzione sociale della proprieta' (art. 42, secondo comma) e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico ed artistico (art. 9, secondo comma della Costituzione). Viceversa, le ragioni poste dal legislatore del 1994 a fondamento dell'introduzione del nuovo condono edilizio (rectius, della riapertura dei termini del vecchio condono edilizio) e individuate nel "rilancio economico ed occupazionale dei lavori pubblici e dell'edilizia privata" nonche' "nella semplificazione dei procedimenti in materia urbanistica-edilizia" non sembrano in alcun modo riconducibili al "quadro costituzionale che determina il fondamento ed i limiti dell'intervento punitivo dello Stato": al contrario si deve rilevare che la normativa introdotta dal legislatore del 1994 viene ad incidere pesantemente su alcuni valori primari contenuti in postulati costituzionali quali la tutela del paesaggio, dell'ambiente, del patrimonio storico ed artistico, nonche' la funzione sociale della proprieta' e dell'iniziativa economica privata. E' inoltre di palmare evidenza che provvedimenti clemenziali di questo genere, ciclicamente riproposti, non possono che perdere la loro natura di provvedimenti eccezionali emanati per far fronte a particolari situazioni e per rispondere a specifiche esigenze di natura sociale, producendo pericolosi effetti sul piano della certezza del diritto. In particolare, per meglio evidenziare la sussistenza di molteplici possibili casi di violazione del principio di uguaglianza e di compromissione, del principio della certezza del diritto che possono derivare dall'applicazione della legge 23 dicembre 1994, n. 724, basti pensare, a titolo di esempio, al caso del cittadino che, per il fatto di aver commesso un abuso edilizio in territorio di comune retto da amministratori osservanti la legge, abbia visto la propria opera demolita in applicazione delle sanzioni previste dalla legge n. 47/1985 e, per contro, ad altro cittadino che, avendo abusivamente costruito in centro non amministrato con altrettanto zelo, puo' oggi sanare il proprio illecito fruendo della procedura del condono.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, in relazione agli artt. 79 e 3 della Costituzione; Dispone la sospensione del presente procedimento e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza, letta in dibattimento, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati. Melito Porto Salvo, addi' 13 gennaio 1995 Il pretore: BOCCACCIO 95C0353