N. 157 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 1994
N. 157 Ordinanza emessa il 25 novembre 1994 dal tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino Alto-Adige, sede di Trento sul ricorso proposto dal comune di Tuenno contro la provincia autonoma di Trento Regione Trentino-Alto Adige - Controlli - Controllo della giunta provinciale di Trento sulle deliberazioni degli enti locali dipendenti - Termine di venti giorni per l'annullamento dell'atto controllato - Previsione, in caso di sospensione di detto termine a seguito di richiesta da parte del presidente della giunta all'ente deliberante di chiarimenti o di elementi integrativi di giudizio, della ripresa di decorrenza del termine stesso dal momento della ricezione degli atti richiesti - Ingiustificata deroga al principio stabilito dalla legge nazionale sui controlli degli atti degli enti locali (art. 5 della legge n. 62/1953) circa il decorso di un nuovo termine di venti giorni dal ricevimento delle controdeduzioni in caso di sospensione del termine per richiesta di chiarimenti o di elementi integrativi di giudizio - Lesione dell'autonomia degli enti locali. (Legge regionale Trentino-Alto Adige 4 gennaio 1993, n. 1, art. 52, quarto comma; decreto del presidente della giunta regionale Trentino-Alto Adige 14 ottobre 1993, n. 19, art. 96). (Cost., artt. 5 e 130).(GU n.13 del 29-3-1995 )
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 335 del 1993, proposto dal comune di Tuenno, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dal dir. proc. Roberta de Pretis, con domicilio eletto presso la stessa in Trento, via Paradisi, 15/5; contro la provincia autonoma di Trento in persona del presidente della Giunta provinciale in carica, non costituito in giudizio; per l'annullamento del provvedimento della Giunta provinciale di Trento dd. 18 giugno 1993, n. 4760/28-A, con il quale e' stato disposto l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale di Tuenno dd. 29 marzo 1993, n. 7; Visto il ricorso con i relativi allegati; Vista la sentenza istruttoria n. 331/94 ed i documenti conseguentemente acquisiti; Visti gli atti tutti della causa; Udito il relatore consigliere Delio Pace, ed udito, altresi', alla pubblica udienza del 25 novembre 1994, la dottoressa Roberta de Pretis per il ricorrente, mentre nessuno e' comparso per l'amministrazione intimata; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso notificato in data 1 ottobre 1993, il comune di Tuenno impugnava, chiedendone l'annullamento, il provvedimento della Giunta provinciale di Trento n. 4760/28-A di data 18 giugno 1993, che, in sede tutoria, aveva disposto l'annullamento della deliberazione del consiglio comunale di Tuenno di data 29 marzo 1993, n. 7. A sostegno del ricorso deduceva i seguenti motivi: 1. - Violazione di legge (art. 52, legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1); eccesso di potere per carenza dello stesso. L'annullamento infatti e' avvenuto tardivamente e cioe' trascorso il termine di 20 giorni dalla ricezione, termine che era stato sospeso ed aveva ripreso a decorrere a seguito della presentazione degli elementi integrativi di giudizio forniti dal comune. 2. - Violazione di legge per erronea applicazione dell'art. 1, comma secondo e dell'art. 4, comma secondo, della legge regionale 3 marzo 1993, n. 4; eccesso di potere per carenza di presupposti. L'annullamento della deliberazione consiliare e' stato tra l'altro disposto per violazione degli accordi sindacali del 1990 che contrasterebbero con una norma di legge approvata posteriormente. Sarebbe evidente che gli accordi indicati nella legge non sono quelli del 1990, ma quelli successivi all'entrata in vigore della legge. 3. - Violazione di legge per errata interpretazione delle norme contenute nell'accordo sindacale 1 agosto 1990 e protocollo aggiuntivo 11 giugno 1992; eccesso di potere per carenza di motivazione. I livelli di inquadramento sono stati erroneamente calcolati, secondo l'organo tutorio, avendo il consiglio comunale preso a riferimento la fascia dei comuni con oltre 3000 abitanti, mentre Tuenno ha una popolazione lievemente inferiore. Ma il consiglio, afferma il ricorrente, ha giustificato il provvedimento con la complessita' dei servizi, mentra la Giunta provinciale a omessa ogni motivazione sul punto, con richiamo improprio alle norme invocate. 4. - Eccesso di potere per carenza di motivazione e violazione del principio di conservazione del provvedimento amministrativo. A tutto concedere l'annullamento avrebbe potuto esser parziale, mentre nulla si e' detto in ordine all'inquadramento nei profili professionali diversi da quelli ritenuti illegittimi, del restante personale. L'Amministrazione intimata non si e' costituita in giudizio. Alla pubblica udienza del 10 giugno 1994, con sentenza istruttoria n. 331, venne disposta l'acquisizione dell'accordo sindacale e di quello integrativo, tutti gli atti di controllo con le date dei singoli provvedimenti e relazione del servizio enti locali della Provincia attestante le date dei controlli e degli accertamenti connessi. La provincia autonoma di Trento provvide a far pervenire la documentazione richiesta. Alla pubblica udienza del 25 novembre 1994, la vertenza venne trattenuta in decisione. D I R I T T O Ritiene il Collegio che prelimare ad ogni altra questione si ponga la soluzione del dubbio di costituzionalita', da sollevarsi d'ufficio, della norma invocata dal ricorrente con il primo motivo di ricorso, e' cioe' dell'art. 52, comma quarto, della legge regionale del Trentino Alto-Adige 4 gennaio 1993, n. 1, ora riprodotta nell'art. 96, quarto comma, del t.u. approvato con d.P.G.R. 14 ottobre 1993, n. 19/L in rapporto agli articoli 5 e 130 della Costituzione. Per quanto attiene alla rilevanza della questione sul contenzioso in esame, si osserva quanto segue: 1. - L'accoglimento o il rigetto del primo mezzo di censura appare pregiudiziale alla decisione del ricorso, anche prescindendo dalla grande importanza della questione sul piano generale. Dagli atti del processo risulta che la deliberazione 29 marzo 1993, n. 7, venne trasmessa per il controllo di legittimita' alla Giunta provinciale, alla quale pervenne in data 21 aprile 1993. L'assessore agli enti locali chiese elementi di giudizio con lettera 26 aprile, spedita il 3 maggio e pervenuta al comune il 7 maggio. Dal 21 aprile al 3 maggio si calcolano 12 giorni, che vengono imputati allo spatium deliberandi di 20 giorni riservato dalla legge al controllo tutorio, con uno spazio residuo di giorni 8. Gli elementi di giudizio vennero forniti il giorno 4 giugno e il telegramma di annullamento reca la data del 18 giugno, dopo ben 14 giorni, quindi oltre il termine previsto dalla norma. 2. - Quanto agli altri motivi di ricorso non appare fondata la seconda censura, che deduce violazione di legge ed eccesso di potere per carenza dei presupposti. Basti considerare che la norma applicata (l'art. 1, comma secondo, della legge regionale 5 marzo 1993, n. 4), che fa riferimento alla violazione di precisi accordi sindacali provinciali, riproduce sostanzialmente l'art. 31 del t.u. sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti dei comuni approvato con d.P.G.R. 10 maggio 1983, n. 3/L, che gia' imponeva di graduare i trattamenti economici del personale in conformita' agli accordi sindacali provinciali. Appaiono invece fondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso in quanto, annullando la deliberazine consiliare sui punti ritenuti illegittimi, la Giunta provinciale ha semplicemente richiamata la norma dell'accordo sindacale che lega le qualifiche, o meglio i livelli retributivi, alla consistenza demografica del comune, affermando che il comune di Tuenno doveva esser parificato a quelli con popolazione inferiore ai 3000 abitanti, senza darsi carico della prospettata situazione, che a detta del consiglio comunale esigeva una riqualificazione dei posti disponendo di strutture e servizi tali da integrare quella dimensione minima operativa individuata nel protocollo aggiuntivo all'accordo sindacale, che induce a scostarsi dal rigido aggancio al livello demografico. Anche la motivazione del provvedimento non appare adeguata, dovendo necessariamente il servizio tutela darsi carico di una piu' incisiva ed esaustiva motivazione, che dimostrasse infondate le ragioni addotte dal comune. Il quarto motivo di ricorso puo' essere parimenti accolto, nulla essendo stato detto in ordine agli altri contenuti della deliberazione, anche se intuitivamente essi si ritiene che avrebbero potuto esser riprodotti nel nuovo provvedimento che, a seguito dell'annullamento, il consiglio comunale avrebbe dovuto assumere. Da quanto osservato appare chiaro che l'esito del ricorso e' legato alla applicazione della norma contenuta nell'art. 52 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1, concernente i controlli sulle deliberazioni comunali, ora trasfuso nel t.u. approvato con d.P.G.R. 14 ottobre 1992, n. 19/L. Recita infatti il quarto comma di tale articolo: "Il termine e' sospeso per una sola volta se prima della sua scadenza il presidente della Giunta provinciale o l'assessore competente chieda chiarimenti o elementi integrativi di giudizio all'ente deliberante. In tal caso il termine per l'annullamento riprende a decorrere dal momento della ricezione degli atti richiesti". Giova ricordare che in passato questo tribunale aveva esaminata la questione sotto la vigenza della precedente legge regionale sull'ordinamento dei comuni (art. 62 t.u., approvato con decreto Presidente Giunta Regionale 19 gennaio 1984, n. 6/L), che invece prevedeva esplicitamente che la richiesta di elementi integrativi di giudizio interrompesse i termini del controllo che riprendevano a decorrere ex novo dalla data dell'effettivo ricevimento dei chiarimenti richiesti (sent. TRGA Trento, 20 febbraio 1989, n. 33, annullata dal Consiglio di Stato, sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154). La questione allora posta era conseguente alla norma regolamentare regionale che imponeva di congiungere il periodo trascorso prima della richiesta di chiarimenti a quello residuo, limitando a soli 20 giorni effettivi lo spazio temporale complessivo del controllo. La nuova norma approvata dalla regione Trentino Alto-Adige vuole ripescare quella regolamentare che il Consiglio di Stato aveva sottesa, dichiarandola contrastante con la legge ed imponendo di disattenderla. Ritiene il Collegio evidente la irrazionalita' della disposizione contenuta nell'art. 52 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1, ora tradotta nell'art. 96 del t.u. approvato con d.P.G.R. 14 ottobre 1993, n. 19/L. Nella dizione legislativa lo spazio complessivo per l'esame delle deliberazioni comunali e' stabilito in venti giorni effettivi, ma in caso di richiesta di elementi integrativi di giudizio, che ovviamente sono richiesti dopo un primo esame del provvedimento, il tempo a disposizione si comprime in modo eccessivo, tanto da vanificare il corretto potere di controllo, giacche' il doppio esame del provvedimento eseguito in due distinti momenti, richiede parecchio tempo, specie se trattasi di atto complesso o di difficile interpretazione, per il quale si devono impiegare alcuni giorni per l'esame preliminare che accerti la carenza di documentazione o di elementi di giudizio, e che poi e' seguito dalla allegazione di documenti complessi che esigono pure studio consulenze o pareri. A ricevimento degli atti, che talora son piu' complessi del provvedimento stesso, resta spesso all'organo tutorio uno spazio assolutamente insufficiente, rendendo vano, o solamente rituale, il controllo di legittimita', con il pericolo che divengano esecutivi provvedimenti inficiati da gravi vizi. Si corre altresi' il pericolo (absit iniuria verbis) che i provvedimenti siano volutamente trasmessi all'autorita' tutoria incompleti, per rubare spazio ed efficacia al controllo, e cio' particolarmente quando si tratta di decisioni che investono interessi del personale o degli amministratori stessi. La norma si manifesta in contrasto con i principi costituzionali sul controllo di legittimita' degli atti amministrativi. Appare infatti indispensabile che tale controllo venga espletato nella sua interezza, riservando all'organo tutorio adeguato spazio, che consenta un esame completo degli atti. E' pure necessario che l'esame attenga a tutti gli atti che ad esso sono collegati, disponendo, come fa la legge, che, ove essi manchino, o qualora il provvedimento contenga espressioni ambigue, ermetiche o elusive, l'organo tutorio possa acquisire tutti gli atti o gli elementi necessari ad una esatta disamina del provvedimento, e disponga di adeguato spazio temporale. Appare logico che i venti giorni che la legge riserva al controllo del primo atto siano parimenti riservati anche all'esame degli elementi integrativi acquisiti, e che tale compito non sia compresso nello spazio di pochissimi giorni. A tale principio e' ispirata la legge nazionale sul controllo degli atti comunali e cioe' l'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, che esplicitamente afferma che il termine di venti giorni "rimane sospeso se, prima della sua scadenza, l'organo di controllo chieda chiarimenti o elementi integrativi di giudizio alla provincia o al comune: In tal caso la deliberazione diviene esecutiva se l'organo di controllo non ne pronuncia l'annullamento entro 20 giorni dal ricevimento delle controdeduzioni" (quarto comma, art. 59). Gia' il Consiglio di Stato (sez. V, 26 febbraio 1992, n. 154) aveva precisato che il potere di controllo costituisce un diritto soggettivo di una persona giuridica di diritto pubblico, ed e' manifestazione di quella particolare posizione di supremazia nei confronti delle comunita' locali e del corrispondente territorio propria in via generale degli enti territoriali a carattere locale. Aggiunge il supremo organo che tale supremazia costituisce un diritto soggettivo a carattere costituzionale, il che basta a giustificare la decisione di questo Collegio di ritenere non manifestatamente infondata la questione, e di sottoporla al giudizio della suprema Corte costituzionale, sospendendo il presente giudizio.
P. Q. M. Visti gli art. 134 della Costituzione, e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritiene rilevante e non manifestamente e infondata la questione di legittimita' costituzionale del quarto comma dell'art. 52 della legge regionale 4 gennaio 1993, n. 1, ora trasfuso nell'art. 96 del t.u. approvato con d.P.G.R. 14 ottobre 1993, n. 19/L, in riferimento agli art. 5 e 130 della Costituzione; Sospende il giudizio sul ricorso n. 335/1993 in epigrafe precisato e rimette gli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della segreteria alle parti in causa ed al presidente del Consiglio regionale, trasmettendo gli atti alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Trento, addi' 25 novembre 1994. Il presidente: MICHELOTTI Il consigliere estensore: PACE Il consigliere: SCOGNAMIGLIO 95C0354