N. 9 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 18 marzo 1995

                                 N. 9
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 18
 marzo 1995 (della provincia autonoma di Trento)
 Agricoltura  e  foreste   -   Programma   nazionale   di   aiuti   al
    prepensionamento  in  agricoltura  in  attuazione  del regolamento
    C.E.E.  n.  2079/1992   -   Definizione   delle   condizioni   per
    l'ammissione  al  regime  di  aiuti  da  detto programma previsti,
    distintamente per i cedenti, per i lavoratori  dipendenti,  per  i
    rilevatori  agricoli e non agricoli, in attuazione dell'art. 6 del
    regolamento C.E.E., che demanda agli Stati membri di definire tali
    condizioni in riferimento alle situazioni contributive dei cedenti
    e  dei  lavoratori  dipendenti,  alle  dimensioni   minime   delle
    superfici  aziendali  cedute,  al numero dei lavoratori ammessi al
    prepensionamento  per  ogni  azienda  -   Previsione:   a)   della
    competenza   degli   assessorati   all'agricoltura   regionali   e
    provinciali per Trento e Bolzano per l'applicazione del  programma
    di  aiuti; b) dell'obbligo delle regioni di verificare il possesso
    dei requisiti per accedere al programma  di  prepensionamento;  c)
    dell'obbligo  delle  regioni  e province autonome di provvedere al
    controllo dei requisiti dei cedenti e dei rilevatori per il titolo
    delle domande e di provvedere alla  verifica  del  rispetto  delle
    condizioni poste dal regolamento C.E.E. n. 2079/1992 con controlli
    campionari  su  almeno  il  dieci  per  cento  dei  beneficiari  -
    Lamentata lesione della sfera di competenza provinciale in materia
    di agricoltura -  Mancanza  di  fondamento  legislativo  dell'atto
    impugnato.
 (Deliberazione C.I.P.E. 11 ottobre 1994).
 (Statuto  Trentino-Alto Adige, artt. 6, n. 21, 16, titolo VI, e rela-
    tive norme di attuazione).
(GU n.16 del 19-4-1995 )
   Ricorso per conflitto di attribuzioni della Provincia  Autonoma  di
 Trento,  in  persona  del  Presidente  della Giunta provinciale dott.
 Carlo  Andreotti,  autorizzato   con   deliberazione   della   Giunta
 provinciale  n. 1659 in data 17 febbraio 1995, rappresentato e difeso
 dagli  avvocati  prof.  Valerio   Onida   e   Gualtiero   Rueca,   ed
 elettivamente  domiciliato  presso  quest'ultimo in Roma, Largo della
 Gancia 1,  come  da  mandato  speciale  a  rogito  del  notaio  dott.
 Pierluigi  Mott di Trento in data 20 febbraio 1995, n. 60587 di rep.,
 contro il Presindente  del  Consiglio  dei  Ministri  pro-tempore  in
 relazione   alla   deliberazione   11   ottobre   1994  del  Comitato
 interministerialeper la programmazione economica, recante  "Programma
 nazionale  di aiuti al prepensionamento in agricoltura, in attuazione
 del  regolamento  CEE  n.  2079/1992",  pubblicata   nella   Gazzetta
 Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1995.
    Il  regolamento  CEE  n.  2079/92 del Consiglio, in data 30 giugno
 1992, prevede l'istituzione di un  regime  comunitario  di  aiuti  al
 prepensionamento   in   agricoltura,  applicato  negli  Stati  membri
 "tramite programmi pluriennali a livello nazionale o regionale" (art.
 4, par. 1).
    La Provincia Autonoma di  Trento,  come  e'  noto,  dispone  della
 competenza legislativa esclusiva e della competenza amministrativa in
 materia  di  agricoltura  e  foreste  (art. 8, n. 21, e art. 16 stat.
 spec.), e, ai sensi dell'art.  6  delle  norme  di  attuazione  dello
 statuto  di  cui  al  d.P.R.  19 novembre 1987, n. 526, e' competente
 altresi' a dare attuazione, nelle  materie  ad  essa  attribuite,  ai
 regolamenti comunitari.
    L'art.  42 della legge finanziaria provinciale per il 1995 - legge
 provinciale 3 febbraio 1995, n. 1 - detta le disposizioni  necessarie
 per  l'attuazione del predetto regolamento CEE n. 2079/92, stabilendo
 che la Giunta provinciale, con il piano pluriennale di  sviluppo  del
 settore   agricolo   previsto  dall'art.  4  del  testo  unico  delle
 disposizioni di cui alla legge provinciale 31 agosto 1981,  n.  17  e
 successive  modificazioni  ed integrazioni (testo unico approvato con
 deliberazione della Giunta provinciale 22 dicembre 1988,  n.  16560),
 "fissa i criteri e le modalita' per la concessione delle agevolazioni
 previste dal predetto regolamento stabilendo che per la concessione e
 liquidazione  delle agevolazioni si osservano, in quanto applicabili,
 le disposizioni di cui agli artt. 12 e 16 del citato testo  unico;  e
 autorizzando la spesa relativa per ciascuno degli esercizi finanziari
 1995, 1996 e 1997.
    Con  deliberazione  in  data  11  ottobre  1994,  pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 1995, il CIPE ha  approvato  il
 "Programma  nazionale  di  aiuti al prepensionamento in agricoltura",
 allegato alla medesima deliberazione.
    L'allegato alla predetta deliberazione  esordisce  affermando  che
 "nell'applicazione   del  regolamento  CEE  n.  2079/92,  si  ritiene
 opportuno  presentare  un  unico  programma   valido   per   l'intero
 territorio   nazionale,  pur  essendo  lo  stesso  caratterizzato  da
 sensibili differenziazioni nei sistemi e  nelle  strutture  agrarie",
 differenze  -  si  aggiunge  -  che "non possono essere semplicemente
 ricondotte all'approccio tradizionale 'Nord-Sud', essendo distribuite
 in modo consistente su tutto il territorio tanto da produrre  effetti
 a  'macchia  di  leopardo'"  (punto  1:  delimitazione geografica del
 programma).
    Successivamente  il  programma  contiene   gli   elementi   e   le
 determinazioni previste dal regolamento CEE.
    Dopo  la  descrizione  della situazione strutturale delle aziende,
 dei lavoratori e dei redditi agricoli (punto 2) e la descrizione  dei
 regimi vigenti in materia di pensionamento e prepensionamento e degli
 importi  pensionistici  attualmente  versati  (punto 3), il programma
 definisce al punto 4 le condizioni  per  l'ammissione  al  regime  di
 aiuti da esso previsti, distintamente per i cedenti, per i lavoratori
 dipendenti,  per  i rilevatari agricoli e non agricoli, in attuazione
 dell'art. 5 del regolamento CEE, che demanda  agli  Stati  membri  di
 definire  tali  condizioni,  in  particolare integrando le condizioni
 minime previste dal regolamento con una serie di  elementi,  relativi
 ad  esempio alle situazioni contributive dei cedenti e dei lavoratori
 dipendenti, alle dimensioni minime delle superfici aziendali  cedute,
 al  numero di lavoratori ammessi al prepensionamento per ogni azienda
 (punti 4.2, 4.3, 4.4, 4.5);  nonche'  le  condizioni  applicabili  ai
 terreni   resi   disponibili   e   le   condizioni  di  miglioramento
 dell'azienda  del  rilevatario,  in  attuazione  di  quanto  previsto
 dall'art. 6 del regolamento (punti 4.6 e 4.7).
    In  particolare,  nel  punto 4.2 e nel punto 4.7 si prevede che le
 Regioni e le Province autonome, "con delibera della Giunta  regionale
 o provinciale", da trasmettere entro trenta giorni al Ministero delle
 risorse   agricole   nonche'   alla   Commissione   europea,  possono
 rideterminare "per talune  aree"  i  limiti  minimi  della  sperficie
 aziendale  ceduta,  e  rispettivamente  i  limiti  dell'ingrandimento
 minimo in termini di superficie "in funzione della  specificita'  del
 territorio".
    Il punto 5 determina l'entita' degli aiuti previsti dal programma,
 in  relazione  alle  diverse  forme di aiuto previste dall'art. 3 del
 regolamento.
    Il punto 6 disciplina le "competenze  amministrative",  stabilendo
 fra  l'altro  che  "l'applicazione  del  programma  di  aiuti  e'  di
 competenza degli assessorati all'agricoltura regionali, o provinciali
 per Trento e Bolzano", potendo le  Regioni  e  le  Province  delegare
 altri  enti  per  la  raccolta e l'istruttoria delle domande; che "le
 Regioni verificano il possesso dei requisiti richiesti  per  accedere
 al  programma  di  prepensionamento"; che "le amministrazioni daranno
 priorita', nell'accoglimento delle domande, a  quelle  che  prevedono
 l'assunzione delle terre cedute da parte di giovani rilevatari (al di
 sotto  dei 40 anni) che presentino domanda per il finanziamento di un
 piano di miglioramento aziendale ai sensi dell'art. 7 del regolamento
 CEE n. 2328/91"; che il Ministero delle risorse  agricole  predispone
 d'intesa   con   le   amministrazioni   regionali  i  moduli  per  la
 presentazione delle domande, definendo le modalita' di invio da parte
 delle  Regioni  degli  elenchi  dei  beneficiari  all'AIMA   per   la
 liquidazione   dei   premi;   che   le  amministrazioni  regionali  e
 provinciali "concordano le modalita'  per  l'effettuazione  da  parte
 dell'AIMA dei pagamenti ai beneficiari degli aiuti".
    Il  punto  7  contiene  le  stime  relative  alle  persone  e alle
 superfici interessate; il punto 8 enuncia i costi del  programma,  il
 calendario  di applicazione, e dispone, in tema di controlli, che "le
 amministrazioni competenti (Regioni e Province  autonome)  provvedono
 al  controllo cartaceo dei requisiti dei cedenti e dei rilevatari per
 il totale delle domande e provvedono alla verifica del rispetto delle
 condizioni poste dal regolamento n. 2079/92 con controlli  campionari
 in  campo  su almeno il 10% dei beneficiari", e che il Ministero e le
 amministrazioni erogatrici prevedono controlli periodici,  "anche  in
 collaborazione  con  le  amministrazioni  regionali  e delle province
 autonome", sia sulla  documentazione  giustificativa  presentata  dai
 beneficiari, sia mediante verifiche dirette.
    Il  programma  si  conclude  con  paragrafi  concernenti  le norme
 nazionali vigenti (punto 9), la compatibilita' degli aiuti con  altre
 misure nazionali e comunitarie (punto 10) e le comunicazioni dei dati
 sull'attuazione del programma (punto 11).
    La   deliberazione   in  questione  appare  illegittima  e  lesiva
 dell'autonomia della provincia autonoma.
    Essa infatti dispone che gli aiuti vengano erogati sulla  base  di
 un  programma  nazionale,  laddove,  essendo  la materia di esclusiva
 competenza provinciale, il programma avrebbe dovuto essere  formulato
 dalla Provincia con riguardo al proprio territorio, tanto piu' che il
 regolamento  CEE prevede espressamente che i programmi possano essere
 "a livello nazionale o regionale" (art. 4,  comma  1).  Ne'  varrebbe
 osservare  che  ivi  si  prevedono anche programmi nazionali, poiche'
 l'alternativa  lasciata  aperta  dalla  norma  comunitaria   comporta
 necessariamente   che   la   competenza,   e  dunque  il  livello  di
 programmazione, siano determinati sulla base delle norme del  diritto
 interno,  nel  nostro  caso  in  base al riparto costituzionale delle
 competenze. Del resto, sul piano sostanziale, si e' gia'  notato  che
 lo  stesso  programma  approvato  dal CIPE da' atto dell'esistenza di
 "sensibili differenziazioni nei sistemi e nelle  strutture  agrarie",
 che  dunque  dovrebbero  indurre  in  ogni caso, anche per ragioni di
 merito, a definire programmi regionali o provinciali.
    Il programma nazionale approvato dal CIPE non si  limita  peraltro
 alla  fissazione di linee guida o principi o criteri, ma definisce in
 tutti i dettagli il regime di aiuti, stabilendo tutti gli elementi in
 relazione  ai  quali  nel  regolamento  comunitario   si   rinvia   a
 determinazioni  ad  opera del diritto interno degli Stati membri. Non
 potrebbe nemmeno dirsi che il programma nazionale tenda ad assicurare
 un certo grado di uniformita' agli interventi delle diverse Regioni e
 Province autonome, in vista di ipotetici interessi unitari.
    Il programma nazionale non e' infatti un atto  di  indirizzo  (che
 peraltro  non  sarebbe  in alcun modo previsto dalla legge), e non ha
 contenuto di indirizzo nei  confronti  di  un'attivita'  regionale  e
 provinciale   lasciata  comunque  alla  disciplina  autonoma  e  alla
 discrezionalita' delle Regioni e delle Province autonome:  ma  ha  il
 contenuto di un'esaustiva disciplina, sostanziale e procedurale, e di
 una  minuziosa definizione degli interventi, dopo la quale non resta,
 in  capo  alle  amministrazioni  regionali  e  provinciali,  se   non
 un'attivita'  puramente  esecutiva ed interamente vincolata, peraltro
 da svolgersi  sotto  la  guida  ed  "al  servizio"  del  Ministero  e
 dell'AIMA.
    Alle  Regioni e alle Province autonome si riserva solo, come si e'
 visto, in taluni casi ed entro confini rigorosi (e  cosi'  solo  "per
 talune  aree"),  e  addirittura  individuando  nella  Giunta l'organo
 provinciale competente (con  macroscopica  violazione  dell'autonomia
 organizzativa  della Provincia), la possibilita' di derogare a taluni
 limiti numerici di superficie (punti 4.2 e 4.7).
    Si  prevede  bensi'  che  l'applicazione  del  programma  sia   di
 competenza  delle  Regioni  e delle Province autonome, o meglio degli
 "assessorati  all'agricoltura"  delle  stesse,   ancora   una   volta
 individuando, in spregio all'autonomia organizzativa della Provincia,
 gli  uffici  provinciali  competenti,  che  vengono cosi' configurati
 nella sostanza come uffici "serventi" del Ministero.  Ma  l'attivita'
 amministrativa  prevista  in  capo alla Provincia sarebbe comunque di
 pura e stretta esecuzione, dovendosi conformare al programma, a tutte
 le  minuziose  disposizioni in esso contenute, alle priorita' da esso
 stabilite ai fini dell'accoglimento delle domande  (punto  6,  quarto
 capoverso),   e  dovendosi  addirittura  adottare  i  "moduli"  e  le
 modalita' di invio all'AIMA degli elenchi dei  beneficiari,  definiti
 dal  Ministero  sia  pure  d'intesa  con le amministrazioni regionali
 (punto 6, quinto capoverso). Parimenti, il  programma  stabilisce  il
 numero  esatto  degli  agenti  impiegati  in ogni Regione o Provincia
 autonoma per l'attuazione del programma (oltre al  numero  di  agenti
 impiegati   presso  la  Cassa  per  la  formazione  della  proprieta'
 contadina),  e  dispone  che  essi  "opereranno   nell'ambito   degli
 assessorati   all'agricoltura,   degli  Enti  regionali  di  sviluppo
 agricolo (ERSA) o altre strutture controllate dalle  amministrazioni"
 (punto  5.3,  primo  e secondo capoverso); una volta di piu' violando
 l'autonomia organizzativa della provincia.
    Infine la liquidazione dei premi e l'erogazione dei pagamenti  non
 sono  affidate  alle  Regioni  o alle Province, ma all'AIMA, sia pure
 concordando le relative modalita' con le amministrazioni regionali  e
 provinciali (punto 6, quinto e ultimo capoverso).
    Sono  dunque  molteplici  ed  evidenti  i  profili  sotto  i quali
 l'impugnata deliberazione del CIPE appare violare  l'autonomia  della
 provincia ricorrente.
    Peraltro,  come  si e' accennato, il programma nazionale approvato
 dal CIPE non ha alcuna base legislativa, e dunque, in quanto atto che
 pretende di vincolare l'attivita' amministrativa (e,  indirettamente,
 l'attivita' normativa) delle Regioni e delle Province autonome, in un
 ambito  di  loro  piena  competenza,  viola il principio di legalita'
 sostanziale.
    Non  varrebbe  sostenere  che  il  fondamento  "legislativo"   del
 programma    sarebbe    costituito   dal   regolamento   comunitario,
 direttamente applicabile.
    Infatti il regolamento si limita a dare  fondamento  e  titolo  ad
 interventi  normativi  e  amministrativi  delle  autorita' competenti
 degli Stati membri,  senza  interferire  sul  riparto  interno  delle
 competenze, tanto meno sul riparto costituzionale di tali competenze;
 esso  quindi  giustifica  e richiede determinazioni e scelte di dette
 autorita', ma non giustifica in alcun modo l'imposizione di vincoli o
 l'emanazione di indirizzi nei confronti delle Regioni e  delle  Prov-
 ince  autonome - costituzionalmente competenti a dare attuazione allo
 stesso regolamento - da parte delle autorita' centrali dello Stato.
    E' vero che il d.-l. 7 novembre 1994,  n.  621,  convertito  senza
 modificazioni   dalla   legge  17  dicembre  1994,  n.  737,  ha  ora
 autorizzato la spesa di lire 100 miliardi per il 1994 "per assicurare
 il pronto avvio dell'attuazione" di tre regolamenti CEE in materia di
 agricoltura, fra cui il regolamento n. 2079/92: somma  "da  assegnare
 all'Ente  per  gli interventi nel mercato agricolo - E.I.M.A., che vi
 attribuisce evidenza contabile,  per  la  copertura  della  quota  di
 finanziamento  a  carico  del bilancio nazionale" (comma 1); e che ai
 sensi del successivo comma 2, l'EIMA "eroga gli aiuti ai  beneficiari
 individuati   con   provvedimento  delle  Regioni  o  delle  Province
 autonome", per quanto qui interessa, "in base al programma  nazionale
 approvato  dal  CIPE  in  data  11  ottobre 1994 per l'attuazione del
 regolamento n. 2079/92".
    Ma,  in  primo luogo, e' da osservare che il d.-l. n. 621 del 1994
 e' intervenuto dopo l'approvazione da parte del CIPE del programma in
 questione, il quale dunque non trova in esso in alcun modo il proprio
 fondamento ne' i propri limiti. Il principio di legalita' sostanziale
 non e' certo rispettato attraverso il richiamo a  posteriori,  in  un
 atto legislativo, del provvedimento amministrativo emanato in assenza
 di fondamento legislativo.
    In ogni caso, il d.-l. n. 621 del 1994 non da' alcun fondamento ad
 un  intervento  statale  in  funzione  di  indirizzo o di vincolo nei
 confronti delle Regioni e delle Province autonome, non individua  gli
 interessi  unitari  che  dovrebbero  in ipotesi giustificare siffatto
 intervento, non stabilisce criteri e limiti per l'esercizio  di  tale
 supposta  potesta'  di indirizzo: si limita a prevedere la formazione
 di un programma nazionale anziche' di programmi regionali, con  cio',
 appunto,  ledendo  la  competenza  delle  Regioni  e  delle  Province
 autonome, ma nulla dice quanto al contenuto del programma medesimo.
    Inoltre la previsione, nel  decreto  legge,  di  un  finanziamento
 statale a titolo di quota "nazionale" del finanziamento del regime di
 aiuti  comunitari (art. 1, primo comma, del d.-l. n. 621 del 1994, in
 fine) interferisce  con  il  finanziamento  del  programma  di  aiuti
 disposto dalla Provincia con il ricordato art. 42 della l.p. n. 1 del
 1995.  Si  noti  che, consentendo il corso di tale legge provinciale,
 che e' posteriore sia al decreto legge n.  621  del  1994,  sia  alla
 delibera   del   CIPE   11  ottobre  1994,  il  Governo  ha  mostrato
 implicitamente  di  ritenere  anch'esso  che  il  programma  sia   di
 competenza  provinciale,  in  contrasto  con quanto previsto in detti
 atti statali.
    Il d.-l. n. 621  del  1994  e'  stato  impugnato  dalla  esponente
 Provincia con ricorso a questa Corte notificato il 4 gennaio 1995. Ma
 gli   stessi  vizi  di  violazione  dell'autonomia  sia  normativa  e
 amministrativa,  sia  finanziaria  della  provincia,  oltre  ai  vizi
 ulteriori   gia'   indicati,  inficiano  la  delibera  del  CIPE  qui
 impugnata.
    In particolare, se lo Stato pretende di assegnare alle  erogazioni
 previste  nel  proprio programma, ed effettuate dall'ElMA (o AIMA che
 dir si voglia), la funzione di quote "nazionali" di finanziamento del
 regime di aiuti, potrebbero essere negati i finanziamenti  comunitari
 per  gli  aiuti  non  contemplati  dal  programma e dal finanziamento
 statale  (ad  esempio  perche'  non  trovino  capienza  nelle   somme
 assegnate dallo Stato), ma previsti dal programma provinciale formato
 ai  sensi  dell'art.  42  della  l.p. n. 1 del 1995, ed erogati dalla
 Provincia  a  carico  del  proprio  bilancio.  Poiche'   infatti   il
 cofinanziamento  comunitario  e'  collegato  e  condizionato a quello
 nazionale (cfr. artt. 1  e  8  del  regolamento  CEE),  la  Provincia
 rischia  di  non  vedersi  riconosciuta  la  quota di cofinanziamento
 comunitario relativa agli aiuti da essa erogati, e che non verrebbero
 finanziati dallo Stato, perdendo cosi' una  parte  del  finanziamento
 comunitario di cui potrebbe usufruire.
    L'erogazione   diretta   da  parte  dello  Stato,  sulla  base  di
 condizioni stabilite nel programma statale, di aiuti ai  beneficiari,
 sia  pure  individuati  dalla  Provincia in applicazione del medesimo
 programma statale, non e' poi in armonia - anche se  tali  erogazioni
 dovessero  configurarsi  come aggiuntive e non sostitutive rispetto a
 quelle  della  Provincia,  e  non   precludere   il   cofinanziamento
 comunitario  di queste - con l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992, che
 vieta  allo  Stato,  nelle  materie  di  competenza  provinciale,  di
 attribuire ad organi o enti statali funzioni  amministrative  diverse
 da  quelle  spettanti  allo  Stato  secondo  lo statuto, e vieta alle
 amministrazioni  statali  e  agli  enti  dipendenti  dallo  Stato  di
 disporre   spese   e   di  concedere  direttamente  o  indirettamente
 contributi o finanziamenti a soggetti  diversi  dalla  Provincia  per
 attivita' nell'ambito del territorio provinciale.
    In  altri  termini,  per  rispettare  lo  statuto  e  le  norme di
 attuazione, lo Stato dovrebbe assegnare e trasferire a  favore  della
 Provincia  - anche ai sensi dell'art. 5 della legge 30 novembre 1989,
 n. 386 - le somme che ritenesse di destinare sul proprio bilancio  al
 cofinanziamento  del  regime comunitario di aiuti, e consentire cosi'
 alla Provincia di erogare gli aiuti a favore di un numero piu'  ampio
 di destinatari, pur sempre da essa individuati sulla base del proprio
 programma.
                               P. Q. M.
    La  Provincia  ricorrente chiede che la Corte, in accoglimento del
 presente ricorso, voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e  per
 esso   al   CIPE,  approvare  un  programma  nazionale  di  aiuti  al
 prepensionamento in agricoltura, in attuazione del regolamento CEE n.
 2079/92, con i contenuti di cui al programma approvato  con  delibera
 CIPE   in   data   11   ottobre   1994,   ne'  vincolare  l'attivita'
 amministrativa della Provincia autonoma di assegnazione ed erogazione
 degli  aiuti  in  questione,  e  che  non  spetta  all'Ente  per  gli
 interventi  nel  mercato agricolo - EIMA - erogare detti aiuti; e per
 l'effetto annullare la delibera del  CIPE  11  ottobre  1994,  meglio
 indicata  in  epigrafe, per violazione dell'art. 6, n. 21 e dell'art.
 16 dello statuto speciale di cui al d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,  e
 delle relative norme di attuazione, fra cui in particolare, quelle di
 cui  al  d.P.R.    22  marzo  1974,  n. 279, all'art. 6 del d.P.R. 19
 novembre 1987, n.  526, e agli artt. 3 e 4 del d.lgs. 16 marzo  1992,
 n.   266,   nonche'   per   violazione  del  principio  di  legalita'
 sostanziale; e per violazione delle norme di cui al titolo  VI  dello
 stesso  statuto  speciale  in  tema  di  autonomia  finanziaria della
 Provincia e delle relative norme di attuazione, e dell'art.  5  della
 legge 30 novembre 1989, n. 386.
      Roma, addi' 3 marzo 1995
            Prof. avv. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA
 
 95C0365