N. 167 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 1995
N. 167 Ordinanza emessa il 17 gennaio 1995 dal pretore di Perugia, sezione distaccata di Assisi nel procedimento penale a carico di Manini Arnaldo Inquinamento - Rifiuti (nella specie: residui da ciclo produttivo) - Esclusione dalla categoria se quotati in borse merci o in listini mercuriali istituiti presso le camere di commercio - Conseguente inapplicabilita' della disciplina penale in tema di rifiuti - Lamentata reiterazione a catena di decreti-legge anche con modifiche - Disparita' di trattamento - Lesione del principio di tutela dell'ambiente e della salute, di certezza e di riserva di legge in materia penale nonche' di adeguamento dell'ordinamento giuridico italiano alle norme CEE, in particolare direttive nn. 156 e 689 del 1991 - Denunciata carenza dei presupposti di necessita' ed urgenza per l'emissione del decreto-legge. (D.-L. 7 gennaio 1995, n. 3, art. 12). (Cost., artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 77).(GU n.13 del 29-3-1995 )
IL PRETORE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel processo di cui in epigrafe a carico di Manini Arnaldo. O S S E R V A All'odierno processo l'avv. Quinto De Santis, quale difensore di Manini Arnaldo, chiedeva emettersi sentenza di assoluzione perche' il fatto non e' preveduto dalla legge come reato, in ordine ai reati di cui ai capi b) e c) dell'imputazione, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 12 del d.-l. 7 gennaio 1995, n. 3. Ritiene il giudicante che la decisione sul punto, che non puo' essere scissa dall'analisi del reato di cui al capo a), merita preliminarmente l'esame della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del d.-l. 7 gennaio 1995, n. 3. R i l e v a n z a Dalle emergenze processuali sembra risultare, salva ogni successiva determinazione, la presenza nell'odierna vicenda di rifiuti classificabili come residui anche in forza delle determinazioni amministrative di cui al decreto del Ministero dell'ambiente datato 5 settembre 1994. In forza di queste attuali emergenze processuali rileva il giudicante come l'ipotesi accusatoria in esame attiene ad attivita' riguardanti sostanze classificabili, ex art. 1 del d.-l. n. 3 del 1995, come "residui". Per l'effetto sembra applicabile all'odierna fattispecie l'art. 12, sesto comma, del d.-l. n. 3 del 1995, che realizza una abrogazione della normativa penale dell'originario impianto sanzionatorio di cui al d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915. Non manifesta infondatezza Cio' premesso si nota, conformemente a quanto testualmente ritenuto dalla Corte costituzionale 9 marzo 198810 marzo 1988, n. 302, che "in via di principio la reiterazione dei decreti-legge suscita gravi dubbi relativamente agli equilibri istituzionali e ai principi costituzionali, tanto piu' gravi allorche' gli effetti sorti in base al decreto reiterato sono praticamente irreversibili (come, ad esempio, quando incidono sulla liberta' personale dei cittadini) o allorche' gli stessi effetti sono fatti salvi, nonostante l'intervenuta decadenza, ad opera dei decreti successivamente riprodotti". Tali dubbi appaiono particolarmente fondati nell'odierna vicenda in cui il d.-l. n. 3 del 1995 fa seguito ai decretilegge, non convertiti nei termini e ripresentati anche con modifiche, di seguito indicati, d.-l. 9 novembre 1993, n. 443, d.-l. 7 gennaio 1994, n. 12, d.-l. 10 marzo 1994, n. 169, d.-l. 6 maggio 1994, n. 279, d.-l. 8 luglio 1994, n. 438, d.-l. 7 settembre 1994, n. 530 e d.-l. 7 novembre 1994, n. 619. Sorge il fondato sospetto che la reiterazione cosi' ostinata di decreti-legge non convertiti nei termini e talvolta contenenti anche profonde modifiche l'uno dall'altro con rilevanti effetti in tema di abrogazione o meno delle norme contenenti fattispecie penali, costituisca una palese violazione del combinato disposto degli artt. 25 e 77 della Costituzione in materia penale, infatti non si comprende come la necessita' ed urgenza della decretazione normativa e la connessa provvisorieta' della normativa nonostante la naturale vocazione del decreto-legge a disporre anche in via definitiva, possa conciliarsi, in materia penale, con la mancanza di alcuna scadenza temporale o di limite al legislatore in sede di conversione. Tale contrasto si acuisce allorche' la precarieta' legislativa si protragga, come nel caso di specie, per l'arco di oltre un anno, sempre che l'attuale decreto-legge venga finalmente convertito o defitivamente abbandonato. In pratica questo pretore potrebbe emettere una sentenza assolutoria per un fatto che, pur essendo in ipotesi offensivo di un bene, quale la salute pubblica, tutelato al massimo rango costituzionale viene depenalizzato in forza di una normativa non solo provvisoria, ma costantemente reiterata, addirittura con modifiche, nel tempo in mancanza di conversione legislativa. A prescindere dall'eventuale contrasto tra la normativa interna in esame e quella comunitaria, segnatamente con le direttive CEE 156/91 e 689/91, il dettato dell'art. 12 del d.-l. n. 3 del 1995, astrattamente applicabile al caso di specie, sembra in conflitto con i principi costituzionali che statuiscono il principio di legalita' e la riserva di legge in materia penale. Sul punto del rispetto del principio di legalita', la situazione di incertezza legislativa cagiona perniciosi effetti in tema di prevedibilita' delle decisioni giudiziarie in quanto gli imputati sottoposti a processo penale per un medesimo fatto vengono giudicati in forza di una normativa precaria e mutevole nel tempo. Cio' e' tanto piu' grave in materia ove e' doveroso stabilire un discrimine certo tra condotta lecita e comportamento illecito, come ricordato in generale anche dalla giurisprudenza costituzionale (per tutte v. Corte cost. 24 marzo 1988 n. 364). Per quanto riguarda il secondo profilo, la ratio della riserva di legge consiste nell'attribuire al potere legislativo il monopolio penale col duplice scopo di evitare l'arbitrio del potere giudiziario e di quello del potere esecutivo. Non si contesta certo la natura di fonte legale di diritto al decreto-legge, sancita dall'art. 77 della Costituzione, ma si vuole ricordare come l'appartenenza di una propria potesta' legislativa al Governo presupponga la sussistenza di casi straordinari di necessita' ed urgenza. In effetti per il decreto-legge si tratta - come riconosciuto dalla dottrina la cui citazione nominativa degli autori e' preclusa da un'opportuna applicazione analogica del disposto dell'art. 118, terzo domma, r.d. 18 dicembre 1941 n. 1368 contenente le disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile - di una fonte assolutamente unica nel suo genere in quanto subordinata alla conversione legislativa. Si pensi ai problemi che puo' suscitare il passaggio in giudicato, per mancata impugnazione nei termini di rito, di una sentenza penale del giudice di primo grado che abbia applicato la norma abrogata da un decreto-legge non convertito nei termini di sessanta giorni. Sebbene la prassi della rinnovazione dei decreti-legge sia divenuta pressoche' costante, al punto che decreti-legge vengono modificati nelle more del procedimento di conversione con separato decreto-legge (v. d.-l. 15 dicembre 1994 n. 684 il cui art. 1 modifica l'art. 1 del d.-l. 25 novembre 1994 n. 649 in una materia la cui attuale disciplina va individuata nel dettato dell'art. 39, legge 23 dicembre 1994 n. 724), questo pretore non ritiene che l'unico strumento di garanzia per il cittadino sia costituito da un'eventuale revisione costituzionale sul punto che riformuli i presupposti per l'esercizio della decretazione d'urgenza. Infatti, e' pacifico, in primo luogo, che i decreti-legge possono essere sindacati sotto il profilo dei vizi propri che ne inficiano la legittimita', ancor prima dell'intervento dell'eventuale legge di conversione; per tale motivo e' ammesso, qualora ne sussistono i presupposti, sollevare una questione di legittimita' costituzionale avverso un decreto-legge non ancora convertito. Ma oltre a cio' si ricorda che ai sensi dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione il Governo si assume la responsabilita' dell'adozione del decreto-legge. Le sanzioni a cui l'esecutivo soggiace in caso di mancata conversione del decreto-legge non consistono esclusivamente in quelle di natura politica, che per loro natura ovviamente esulano dall'odierno esame, ma si riflettono anche nell'ambito strettamente giuridico. Infatti va considerato che la facolta', di cui all'art. 77, terzo comma, della Costituzione, di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti e' meramente eventuale e non obbligatoria. Sembra percio' logico ritenere che, qualora il decreto-legge venga emanato in assenza dei presupposti giustificativi, non e' necessario attendere l'intervento del legislatore, ma il giudice puo' dichiarare l'illegittimita' della norma, contenuta nel decreto-legge. Tale pronuncia, che non spetta naturalmente al giudice di merito, deve essere eventualmente pronunciata dalla Corte costituzionale, qualora ritenga, come sostiene questo pretore, che il decreto-legge non poteva essere presentato o, come nel caso di specie, reiteratamente presentato, con o senza modifiche, essendo venuto meno il presupposto giustificativo della decretazione d'urgenza. Nel caso di specie, dunque, sussistendo i presupposti questo giudice puo' sollevare la questione con riferimento al menzionato dettato costituzionale. In ogni caso il disposto dell'art. 12 del d.-l. n. 3 del 1995 sembra confliggere con il dettato costituzionale anche sotto altri parametri, che qui per brevita' espositiva possono intendersi sostanzialmente indicati nei seguenti: con il combinato disposto degli articoli 3 e 25 della Costituzione, in quanto il decreto in esame, che sembra reintrodurre il contenuto del d.m. 26 gennaio 1990 gia' parzialmente dichiarato illegittimo costituzionalmente (Corte cost. 25 ottobre 1990 n. 512), sottrae la disciplina dei rifiuti a quelle sostanze che la camera di commercio inserisce nei listini ufficiali, con cio' creando un contrasto di fatto coi principi costituzionali di parita' di trattamento e riserva di legge penale (cfr. decreto Ministero dell'ambiente 5 settembre 1994 pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994 n. 212, supplemento ordinario); con l'art. 10 per il contrasto di fondo fra il decreto-legge in esame e la normativa comunitaria, segnatamente direttive CEE n. 156 del 18 marzo 1991, n. 689 del 12 dicembre 1991 e regolamento n. 259 del 1 febbraio 1993, ancora da recepire; con il combinato disposto degli articoli 9 e 32 della Costituzione che tutelano l'ambiente e la salute come ambiente naturale in senso lato. Per queste considerazioni la questione nel presente processo e' rilevante e non manifestamente infondata per cui deve essere sollevata anche d'ufficio.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per violazione degli articoli 3, 9, 10, 25, 32 e 77 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12 del decreto-legge 7 gennaio 1995 n. 3, nei sensi di cui in motivazione; Sospende il giudizio in corso; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, ordina che a cura della cancelleria gli atti del presente giudizio vengano trasmessi alla Corte costituzionale e che la presente ordinanza, letta all'odierna pubblica udienza, venga trasmessa al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Assisi, addi' 17 gennaio 1995 Il pretore: SOTTANI 95C0366