N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 1995

                                N. 182
 Ordinanza emessa il  26  gennaio  1995  dal  pretore  di  Padova  nel
 procedimento penale a carico di Posa Giovanni ed altra
 Gratuito  patrocinio  -  Patrocinio  a  spese dello Stato nei giudizi
    penali   in   favore   dei   non   abbienti   -   Condizioni   per
    l'ammissibilita'  del beneficio - Requisito reddituale - Lamentata
    limitazione della rilevanza dei redditi dei familiari conviventi e
    non anche dei familiari che mantengono un collegamento  economico,
    pur  in  presenza di residenza anagrafica diversa - Violazione del
    principio di ragionevolezza e disparita' di trattamento -  Lesione
    dei   doveri   di   solidarieta'  economica  e  sociale  -  Dovuta
    assicurazione ai realmente non abbienti  dei  mezzi  per  agire  e
    difendersi in giudizio.
 (Legge 30 luglio 1990, n. 217, art. 3, secondo comma).
 (Cost., artt. 2, 3 e 24).
(GU n.15 del 12-4-1995 )
                              IL PRETORE
   L'imputata  dottoressa  Maur  Tiziana  ha  chiesto "l'ammissione al
 gratuito patrocinio a spese dello Stato" in riferimento  al  processo
 de  quo  (opposizione  a  decreto penale per il reato ex art. 659 del
 c.p. in relazione ad  asserito  non  impedimento  dello  strepito  di
 propri animali).
    Ella   ha   reso   le  dichiarazioni  autocertificative  di  rito,
 producendo anche dichiarazione dei  redditi  del  1993,  dalla  quale
 risulta  un  reddito  Irpef  di L. 1.533.000 e spese per L. 2.228.000
 (tra le quali L. 1.287.000 per la frequenza di  corsi  di  istruzione
 secondaria ed universitaria).
    Alla domanda del pretore, relativa alle fonti di sostentamento per
 fronteggiare  la naturali esigenze quotidiane del mangiare, vestire e
 delle spese  indispensabili  per  la  minima  sopravvivenza  (domanda
 ovviamente  originata esclusivamente dalla necessita' di accertare la
 ricorrenza delle condizioni di legge per porre a carico  dello  Stato
 le  spese  per  la  sua  difesa  processuale), la Maur ha riferito di
 essere aiutata dai propri genitori.
    Dal punto di vista  anagrafico  la  famiglia  della  Maur  risulta
 composta da lei sola; la stessa risulta vivere in una casa dell'Iacp,
 con  convivenza  di  fatto  con  altra persona, l'odierno coimputato,
 dipendente pubblico come insegnante (il quale ha peraltro evidenziato
 come altro sia la convivenza di fatto ed  altro  la  convivenza  more
 uxorio).
    Secondo  il  disposto  degli artt. 3 e 5 della legge n. 217 del 30
 luglio  1990,  il  reddito  da  tenere  in  considerazione   per   le
 valutazioni   sull'ammissibilita'   della   domanda   e'  quello  del
 richiedente e dei conviventi nella famiglia anagrafica.
    Secondo tale attuale normativa, quindi, la  richiesta  della  Maur
 dovrebbe essere accolta.
    Ritiene il pretore che il provvedimento di ammissione risulterebbe
 legittimo,   ma   con   riferimento  ad  una  normativa  che  suscita
 perplessita' sotto il profilo della adeguatezza costituzionale.
    Il riferimento alla convivenza  ed  alla  convivenza  con  i  soli
 familiari,  quale  ambito nel quale esclusivamente rilevare i redditi
 utili per la decisione, si appalesa  infatti  parametro  inidoneo  ad
 assolvere, con parita' di trattamento tra i cittadini, alla finalita'
 perseguita  dalla legge, che e' quella di assicurare una buona difesa
 ai cittadini non abbienti; si tratta certo di uno dei momenti e  casi
 in  cui  diviene  attuale  la ricerca di criteri obiettivi efficaci e
 paritari per dare contenuto al concetto di "non abbiente".
    Nel caso  di  specie,  il  fatto  della  vita  autonoma  in  luogo
 anagraficamente  diverso  da  quello della famiglia di origine appare
 fatto che non  giustifica  il  non  tener  conto  dei  redditi  della
 famiglia  di  origine,  posto  che risulta che la stessa contribuisca
 fattivamente al sostentamento della imputata (le spese dichiarate per
 gli studi  sono  anche  sintomatiche  di  ulteriori  spese  connesse;
 l'assegnazione, da accertare se regolare o di fatto, di casa pubblica
 presuppone  la  corresponsione di un canone; il vivere in casa in uso
 proprio presuppone le spese correnti relative; lo stesso mantenimento
 degli animali per i quali e' in  definitiva  processo  e'  indice  di
 ulteriori spese).
    Poiche'  quindi  all'autonomia  anagrafica puo' non corrispondere,
 come nel caso concreto, la cessazione  di  rapporti  economici  e  di
 contribuzione   con   la   famiglia  di  origine,  suscita  dubbi  di
 irragionevolezza l'individuazione di  tale  criterio  come  idoneo  a
 giustificare   la   delimitazione   del   reddito/parametro   per  le
 valutazioni di ammissibilita'; in altre parole, quale  ragionevolezza
 ha  il  distinguere  la  posizione  di  chi, pur continuando a godere
 dell'aiuto della famiglia di  origine,  va  a  vivere  da  solo  (che
 avrebbe  diritto  all'assistenza  a cura dello Stato) da colui che e'
 nelle stesse condizioni ma convive con la famiglia? Il  comprensibile
 desiderio  di liberta' di movimento e vita puo' essere posto a carico
 dello  Stato,  quando  ad  esso  non  sia  accompagnata   l'effettiva
 autonomia dalla famiglia di origine?
    Ritiene  pertanto  il  pretore  che  sia  rilevante  nel  presente
 giudizio (perche' la soluzione del quesito influisce direttamente sul
 provvedimento di ammissione da prendere,  perche'  ove  la  doglianza
 venisse accolta il giudice potrebbe richiedere documenti integrativi,
 relativi  al  reddito  familiare) e non manifestamente infondata, con
 riferimento ai parametri  dell'art.  2  (con  riferimento  ai  doveri
 inderogabili  di solidarieta' economica e sociale), 3 (per violazione
 del principio di  ragionevolezza  e  parita'  di  trattamento),  24.3
 (assicurazione  ai  realmente  non  abbienti  dei  mezzi  per agire e
 difendersi  in  giudizio)  della  Costituzione,   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 3.2 della legge n. 217 del 30
 luglio 1990 nella parte in cui  limita  ai  familiari  conviventi  la
 determinazione  del  reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio
 pubblico.
    La interpretazione dell'espressione convivenza  (che  allo  stato,
 anche   con  riferimento  alla  certificazione  anagrafica  richiesta
 dall'art. 5, lett. a), non puo' che essere intesa in  senso  stretto,
 "sotto  il  medesimo  tetto")  in  termini piu' ampi (il collegamento
 permanente  anche  solo   economico)   necessita   comunque   di   un
 autorevolissimo  sostegno,  attesa  la  sua  quasi  contrarieta' alla
 lettera della legge, sicche' allo stato non puo' essere accolta.
    Vanno adottati i provvedimenti come da dispositivo.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 e ss. della legge n. 87/1953;
    Dichiara rilevante nel  presente  giudizio  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3.2
 della legge n. 217 del 30 luglio 1990, con riferimento agli artt.  2,
 3  e  24.3 della Costituzione, nella parte in cui limita ai familiari
 conviventi e non ai familiari che mantengono  collegamento  economico
 pur  nella  diversita'  di residenza anagrafica la determinazione del
 reddito rilevante per l'ammissione al patrocinio pubblico;
    Sospende il presente processo;
    Ordina la notifica dell'ordinanza al Presidente del Consiglio  dei
 Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti delle Camere;
    Atti alla Corte costituzionale.
    Letto  in  pubblica  udienza,  alla  presenza  di  tutte  le parti
 processuali interessate, in Padova il 26 gennaio 1995.
                         Il pretore: CITTERIO
 
 95C0382