N. 106 ORDINANZA 22 - 31 marzo 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sicurezza   pubblica   -   Cittadini  extracomumitari  -  Istanza  di
 espulsione  -  Requisiti  e  condizioni  valutabili  ai  fini   della
 pronunzia  in  materia  - Questione gia' dichiarata non fondata dalla
 Corte con le  sentenze  nn.  62  e  283  del  1994  e  manifestamente
 infondata con l'ordinanza n. 401/1994 - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L.  30  dicembre  1989,  n.  416, art. 7, commi 12-bis e 12- ter,
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio  1990,  n.  39
 nel  testo  introdotto  dall'art.  8 del d.-l. 14 giugno 1993, n. 187
 convertito, con modificazioni, nella legge 12 agosto 1993, n. 296).
 
 (Cost., artt. 3, 10, 27, 79 e 81).
 
(GU n.14 del 5-4-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7, commi  12-bis
 e  12-ter,  del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti
 in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno  dei  cittadini
 extracomunitari  e  di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
 ed apolidi gia' presenti  nel  territorio  dello  Stato),  convertito
 nella legge 28 febbraio 1990, n. 39, nel testo introdotto dall'art. 8
 del  decreto-legge 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure in materia di
 trattamento  penitenziario,  nonche'  sull'espulsione  dei  cittadini
 stranieri),  convertito  nella legge 12 agosto 1993, n. 296, promossi
 con due ordinanze emesse il 17 maggio e il 22 giugno 1994 dalla Corte
 d'appello di Milano sulle istanze proposte da Ben Amor  Lassad  e  da
 Youssef  Ahmed  Ahmed  Anwar,  iscritte ai nn. 532 e 665 del registro
 ordinanze  1994  e  pubblicate   nella   Gazzetta   Ufficiale   della
 Repubblica, nn. 39 e 47, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 22 febbraio  1995  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Ritenuto  che  la  Corte  d'appello  di  Milano,  nel pronunciarsi
 sull'istanza di espulsione presentata - ai sensi dell'art.  7,  commi
 12-bis  e  12-ter  del  decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme
 urgenti in materia di asilo politico, di  ingresso  e  soggiorno  dei
 cittadini   extracomunitari   e  di  regolarizzazione  dei  cittadini
 extracomunitari ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato),
 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990,  n.  39,
 cosi'  come  aggiunti  dall'art. 8, primo comma, del decreto-legge 14
 giugno  1993,  n.  187  (Nuove  misure  in  materia  di   trattamento
 penitenziario,  nonche'  sull'espulsione  dei  cittadini  stranieri),
 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 agosto 1993, n.  296  -
 nell'interesse del detenuto Ben Amor Lassad, condannato, con sentenza
 non  ancora  irrevocabile,  alla  pena  di  anni  sei  e mesi otto di
 reclusione e lire 40 milioni di multa per il reato  punito  dall'art.
 73, primo comma, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, dopo che la Corte
 di  cassazione aveva annullato il precedente provvedimento di rigetto
 della medesima istanza  di  espulsione,  emesso  dalla  stessa  Corte
 d'appello,  sul presupposto che la misura della pena (inferiore a tre
 anni),  costituirebbe  condizione  anche   per   l'espulsione   dello
 straniero  detenuto in stato di custodia cautelare, ha sollevato, con
 ordinanza  emessa  il  17  maggio  1994,  questione  di  legittimita'
 costituzionale   del  citato  art.  7,  commi  12-bis  e  12-ter,  in
 riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione;
      che ad avviso della Corte d'appello rimettente, l'impugnato art.
 7, commi 12-bis e 12-ter,  contrasterebbe:  a)  con  l'art.  3  della
 Costituzione,   per   la  ingiustificata  disparita'  di  trattamento
 realizzata,  non  soltanto  tra  cittadini  e  stranieri,  ma  anche,
 all'interno  della  categoria  degli  stranieri,  tra  quanti abbiano
 riportato una condanna definitiva e quanti siano detenuti in stato di
 custodia cautelare, perche', rispetto  a  questi  ultimi,  il  limite
 ostativo  della  pena inflitta (inferiore a tre anni) non opererebbe,
 cosi' come per i primi, con la sola preclusione  dei  reati  indicati
 dall'art.   275,   terzo   comma,  c.p.p.;  b)  con  l'art.  3  della
 Costituzione, sotto il profilo del principio  di  ragionevolezza,  in
 quanto  i  reati  contemplati  nell'art.  275,  terzo  comma, c.p.p.,
 sarebbero puniti con pene edittali  piu'  basse  di  quelle  previste
 dall'art.  73,  primo  comma,  del  d.P.R.  n.  309 del 1990, che non
 essendo  ricompreso   in   questo   elenco   non   sarebbe   ostativo
 all'espulsione  dell'imputato straniero sottoposto a misura cautelare
 detentiva;  c)  con  l'art.  27   della   Costituzione,   in   quanto
 pregiudicherebbe  la  realizzazione  della funzione rieducativa della
 pena; d) con l'art. 10 della Costituzione, in quanto non prevederebbe
 idonee garanzie di ordine internazionale  a  tutela  degli  stranieri
 espulsi  nei paesi di origine o di provenienza nei quali sia prevista
 la pena di morte nei confronti di  autori  di  reati  in  materia  di
 stupefacenti;  e)  con  l'art.  79  della  Costituzione,  perche'  si
 risolverebbe in un provvedimento generalizzato di clemenza,  adottato
 senza il rispetto delle procedure previste dalla Costituzione; f) con
 l'art.  81 della Costituzione, perche', senza prevederne la copertura
 finanziaria, addosserebbe allo Stato le maggiori spese derivanti  dai
 costi della procedura di espulsione e dalla mancata ripetizione delle
 spese processuali;
      che,  con  ordinanza  di  contenuto  analogo emessa il 22 giugno
 1994, la Corte d'appello  di  Milano,  dovendosi  pronunciare,  nella
 medesima   situazione   processuale   sopraindicata   -   ossia  dopo
 l'annullamento da parte della Corte  di  cassazione,  del  precedente
 provvedimento  di  rigetto  -,  sull'istanza di espulsione di Youssef
 Ahmed Ahmed Anwar, condannato, con sentenza non ancora  irrevocabile,
 alla pena di anni sei e mesi otto di reclusione e lire 120 milioni di
 multa, per il reato previsto dall'art. 73, primo comma, del d.P.R. n.
 309  del  1990,  ha  sollevato  identica  questione  di  legittimita'
 costituzionale dello  stesso  art.  7,  commi  12-bis  e  12-ter,  in
 riferimento agli artt. 3, 10, 27, 79 e 81 della Costituzione;
      che  il  Presidente  del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso dall'Avvocatura dello Stato, e' intervenuto in questo  secondo
 giudizio,  osservando che la questione di legittimita' costituzionale
 in oggetto sarebbe identica a quella decisa dalla sentenza n. 62  del
 1994,  in  parte nel senso dell'inammissibilita' e in parte nel senso
 della non fondatezza.
    Considerato  che  i  giudizi,  avendo  ad  oggetto   le   medesime
 questioni, vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;
      che  la questione di legittimita' costituzionale, in riferimento
 agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dell'art.  7,  commi  12-bis  e
 12-ter  del  decreto-legge n. 416 del 1989, convertito nella legge n.
 39 del 1990, nel testo introdotto dall'art. 8  del  decreto-legge  n.
 187  del  1993, convertito nella legge n. 296 del 1993, e' gia' stata
 dichiarata non fondata da questa Corte, con le sentenze nn. 62 e  283
 del 1994, e manifestamente infondata con l'ordinanza n. 401 del 1994;
      che,  in  particolare,  nel  giudicare dei presupposti normativi
 richiesti per l'espulsione  dello  straniero  sottoposto  a  custodia
 cautelare  questa Corte ha affermato che la scelta del legislatore di
 escludere i reati indicati dall'art. 275, terzo  comma,  c.p.p.,  non
 puo'  ritenersi  "arbitraria  e  non  sorretta  da  criteri  logici e
 razionali",  poiche',  consentendosi  l'espulsione   soltanto   nelle
 "ipotesi  di  reato  diverse  da  quelle  per  le  quali  la custodia
 cautelare in carcere e' la sola misura cautelare applicabile", queste
 formano oggetto di un giudizio presuntivo di minore gravita', analogo
 a quello espresso dalla stessa norma, con riferimento alla situazione
 dello straniero condannato con  sentenza  irrevocabile,  rispetto  al
 quale   "l'adozione   dell'ordinanza   di   espulsione   e',  invece,
 subordinata alla circostanza che la pena da espiare, anche se residua
 di una maggior pena, non sia superiore a tre anni" (v. sentenza n. 62
 del 1994);
      che  questa  Corte  ha  altresi'  affermato  che  la   finalita'
 rieducativa  della  pena  non  puo'  "venire in questione quando tale
 trattamento (penitenziario)  e'  interrotto  ovvero,  come  nel  caso
 dell'espulsione esaminata, quando e' sospeso" (v. sentenza n. 283 del
 1994);
      che  le  censure  ulteriori addotte dalle ordinanze introduttive
 del presente giudizio non sono idonee  a  modificare  le  conclusioni
 raggiunte da questa Corte nelle citate pronunzie aventi ad oggetto le
 norme impugnate (v. sentenze nn. 62 e 283 del 1994 e ordinanza n. 401
 del 1994);
      che,  in  particolare,  dall'invocato art. 10 della Costituzione
 non si desumono limiti per l'espulsione basati  sulla  considerazione
 degli   ordinamenti   penali  vigenti  nei  paesi  di  origine  o  di
 provenienza  dello  straniero,  laddove,  in  ogni  caso,  la   norma
 impugnata  impone  al  giudice,  cui sia stato chiesto da parte dello
 stesso interessato  di  provvedere  all'espulsione,  di  valutare  la
 sussistenza  "di  gravi  pericoli per la sicurezza e l'incolumita' in
 conseguenza di eventi bellici o epidemie";
      che il richiamo all'art. 79 della  Costituzione  non  giova  nel
 caso  in  esame,  atteso che la misura disposta dalla norma impugnata
 non si configura, al pari dell'amnistia, come una causa di estinzione
 (del reato o della pena), bensi' si  configura  come  "un'ipotesi  di
 sospensione   della   custodia   cautelare  in  carcere  (cosi'  come
 l'espulsione dello  straniero  condannato  con  sentenza  passata  in
 giudicato costituisce una causa di sospensione della esecuzione della
 pena detentiva)" (v. sentenza n. 62 del 1994);
      che  non  risulta,  altresi',  utilmente  invocato  il parametro
 dell'art. 81 della Costituzione, dal momento che le  disposizioni  in
 esame  ben difficilmente possono connotarsi come comportanti maggiori
 spese, in considerazione del fatto che la misura dell'espulsione  ivi
 prevista risulta "giustificata essenzialmente dall'interesse pubblico
 di ridurre l'enorme affollamento carcerario" e che, pertanto, da tale
 fine   direttamente   perseguito  deriva  anche  prevedibilmente  una
 riduzione  della  spesa,  da  cui  non  si  puo'  prescindere   nella
 valutazione dei costi diretti o indiretti derivanti dal provvedimento
 di espulsione in esame;
      che,   per   quanto   esposto,   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale oggetto del presente giudizio deve  essere  dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7, commi 12-bis  e
 12-ter,  del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (Norme urgenti in materia
 di  asilo  politico,  di   ingresso   e   soggiorno   dei   cittadini
 extracomunitari  e  di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari
 ed apolidi gia' presenti nel territorio dello Stato), convertito  con
 modificazioni  nella  legge  28  febbraio  1990,  n.  39,  nel  testo
 introdotto dall'art. 8 del d.-l. 14 giugno 1993, n. 187 (Nuove misure
 in materia di trattamento penitenziario, nonche' sull'espulsione  dei
 cittadini  stranieri),  convertito  con  modificazioni nella legge 12
 agosto 1993, n. 296, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10,  27,
 79  e  81 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Milano, con le
 ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1995.
                Il Presidente: BALDASSARRE
                Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 31 marzo 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 95C0407