N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 aprile 1995

                                 N. 20
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 5  aprile  1995  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri)
 Regione Toscana - Beni in genere - Facolta' della regione di
    attribuire  a titolo di proprieta' ad un comune o ad una provincia
    beni patrimoniali  disponibili  della  regione  stessa  utilizzati
    dall'ente  locale per l'erogazione di servizi o per lo svolgimento
    di  funzioni  istituzionali,  con  l'obbligo   di   mantenere   la
    destinazione di detti beni, di non alienarli, di non costituire su
    di  essi  diritti  reali  o  personali  senza l'autorizzazione del
    consiglio regionale - Previsione che,  in  caso  di  mutamento  di
    destinazione  dei  beni  in questione, la regione ne riacquisti la
    proprieta' non ipso iure, ma in seguito a decreto  del  presidente
    della  regione  che  costituisce  titolo  per  la trascrizione nei
    registri immobiliari e per la volturazione catastale  del  bene  -
    Previsione,  altresi', della facolta' della regione di trasferire,
    a titolo oneroso, agli stessi enti, altri beni di  sua  proprieta'
    diversi  da  quelli  sopra  menzionati,  con  le  condizioni  e le
    procedure previste dalla legge impugnata, con il divieto per venti
    anni di ulteriore alienazione e  di  costituzione  di  diritti  di
    superficie  -  Indebita  legiferazione della regione in materia di
    diritto privato riservata allo Stato.
 (Delibera legislativa regione Toscana riapprovata il 7 marzo 1995).
 (Cost., artt. 117, 119 (relativamente alla prima questione), e 42,
    primo, secondo e terzo comma).
(GU n.18 del 3-5-1995 )
    Ricorso  per   il   Presidente   del   Consiglio   dei   Ministri,
 rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  nei confronti
 della  regione  Toscana,  in  persona  del  presidente  della  giunta
 regionale  in carica, avverso la delibera legislativa riapprovata dal
 consiglio regionale il 7 marzo 1995, e concernente  "attribuzione  ai
 comuni e alle province di beni immobiliari regionali".
    Con telegramma 27 febbraio 1995 il Governo ha rinviato la delibera
 legislativa   31   gennaio   1995,   poi   riapprovata   con  qualche
 modificazione.
    1. - L'art. 1, primo comma, della delibera  legislativa  in  esame
 prevede  che  "possono  essere  attribuiti  in  proprieta'  a  titolo
 gratuito"  ad  un  comune  o  ad  una  provincia  beni   patrimoniali
 disponibili della regione "che siano utilizzati" (non e' precisato se
 in  tutto o anche solo in parte, e in quale momento) dall'ente locale
 "per l'erogazione di servizi" (non e' precisato quali  servizi  ed  a
 chi  erogati)  ovvero  "per lo svolgimento di funzioni istituzionali"
 (non e' precisato se  siano  comprese  anche  quelle  esercitate  per
 delega ex art. 118, terzo comma, della Costituzione).
    L'art.  5,  dopo le modifiche apportate in sede di riapprovazione,
 prevede:
       a) nel primo comma, che il comune o  provincia  si  obbliga  "a
 mantenere la destinazione dei beni";
       b)  nel  secondo comma, che il comune o provincia si obbliga "a
 non alienare .. ne' a (rectius, ed  a  non)  costituire  su  di  essi
 diritti  reali  o  personali" (quindi anche a non dare in locazione o
 affitto) senza il consenso della regione da esprimersi  in  forma  di
 "autorizzazione" data dal consiglio regionale;
       c)   nel   terzo  e  quarto  comma,  che  "il  mutamento  della
 destinazione" (non si parla piu' degli atti di cui al secondo  comma)
 "determina il riacquisto della proprieta' .. da parte della regione";
 e  cio' non ipso iure, ma - parrebbe - per effetto di un decreto (non
 meramente  dichiarativo)  del  presidente  della giunta regionale che
 costituisce "titolo per la trascrizione nei  registri  immobiliari  e
 per la volturazione catastale del bene a favore della regione".
    L'art. 5 che precede contrasta con l'art. 117 - in particolare con
 il  c.d.  "limite  del  diritto  privato"  -, con l'art. 119, primo e
 quarto  comma,  della  Costituzione  -  comma  quest'ultimo  ove   e'
 ravvisabile una riserva relativa di legge statale -, e con l'art. 42,
 primo,   secondo  e  terzo  comma,  della  Costituzione  (e  potrebbe
 aggiungersi l'art. 121, quarto comma, della Costituzione).
    Ed invero gli "obblighi" di cui ai primi  due  commi  dell'art.  5
 pongono,  al  "diritto  di  godere  e di disporre" (art. 832 del cod.
 civ.), vincoli che impediscono  l'esercizio  di  facolta'  dominicali
 "tipiche" e quindi danno luogo ad una figura di proprieta' diversa da
 quella  "tipica"  data  dal codice civile (cfr. anche art. 826, primo
 comma, del cod. civ.). Ne' appare sostenibile che gli  "obblighi"  in
 questione  sarebbero  non  "reali"  e  percio'  esterni al diritto di
 proprieta': i divieti di alienazione (specie se illimitati nel tempo)
 di beni (specie se immobili) e di diritti reali  su  essi  costituiti
 sono  considerati con disfavore dal codice e dalle leggi civili (arg.
 artt. 692 e segg. del  cod.  civ.)  e  comunque  sono  eccezionali  e
 tassativi  (cfr.  art.  1024 del cod. civ.) proprio in considerazione
 della forte incidenza di essi sul contenuto essenziale ed  intrinseco
 della  proprieta';  parimenti  deve  dirsi  per  i divieti, specie se
 assoluti (come nel primo  comma),  di  mutamento  delle  destinazioni
 d'uso (ovviamente qui non si parla di diritto urbanistico).
    Ancor   piu'  vistosa  la  contrarieta'  ai  menzionati  parametri
 costituzionali  del  terzo  e  quarto  comma,  dell'art.  5,  ove  si
 introduce,  oltretutto in violazione di una riserva di legge statale,
 un atipico  "modo  di  acquisto"  che  sostanzialmente  concreta  una
 ipotesi  di  espropriazione  senza indennizzo, e si configura un atto
 (non e' chiaro se di diritto amministrativo  o  di  diritto  privato)
 produttivo di effetti civilistici traslativi e suscettibile di essere
 trascritto  nei  registri immobiliari. A questo proposito, si osserva
 che il carattere "aperto" dell'art. 2645 del cod. civ. non  autorizza
 ingerenze   dei   legislatori   regionali   nella   disciplina  delle
 trascrizioni immobiliari.
    2. - L'art. 1, secondo comma, della delibera legislativa in  esame
 prevede  che "gli altri beni" (ossia i beni non considerati nel primo
 comma)  del  patrimonio   disponibile   regionale   "possono   essere
 attribuiti  in proprieta' a titolo oneroso" a comuni e provincie (sin
 qui nulla di anomalo); il comma pero' aggiunge "con le  condizioni  e
 le  procedure  previste dalla presente legge". Se ben si e' compreso,
 si introdurebbe un divieto di  vendere  altrimenti,  e  quindi  anche
 secondo  il  diritto comune (ed a prezzo liberamente pattuito) il che
 e' di per  se'  parecchio  anomalo,  e'  diventa  irrazionale  quando
 raccordato con l'art. 3, primo comma ("entro un anno dalla entrata in
 vigore della presente legge").
    Il  successivo  art.  6  prevede  anche per questi beni attribuiti
 "nella forma di compravendita" (cosi'  si  esprime  l'art.  8,  terzo
 comma)  un  divieto di alienazione e di costituire su di essi diritti
 di superficie (non anche  altri  diritti  reali  o  personali).  Tale
 divieto e' qui limitato nel tempo a venti anni. Inoltre, l'art. 8, al
 secondo  e  terzo  comma,  prevede  che  l'attribuzione  dei beni "e'
 sottoposta"  (parrebbe  diverso  da  "puo'  essere sottoposta") a non
 precisate "condizioni" e "riserve", che non  pare  debbano  risultare
 anche  dal rogito (l'art. 8, terzo comma, menziona solo il divieto di
 alienazione).
    Anche gli artt. 3, primo comma, 6 ed 8, terzo  comma,  contrastano
 con gli artt. 117 e 119, primo e quarto comma della Costituzione, per
 le  ragioni  sopra  indicate  con riferimento all'art. 5 della stessa
 delibera. Anche se, ovviamente, un divieto non eterno di  alienazione
 e' meno deformante la figura "tipica" della proprieta'.
   Per  quanto  precede,  si  chiede  di  dichiarare la illegittimita'
 costituzionale  della  delibera  regionale  impugnata,  quanto   agli
 articoli indicati nel ricorso.
    Si  produrranno il testo della delibera legislativa, il telegramma
 di rinvio e la delibera del Consiglio dei Ministri.
      Roma, addi' 26 marzo 1995
                  Franco FAVARA, avvocato dello Stato
 
 95C0441