N. 128 SENTENZA 5 - 14 aprile 1995

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Impiego  pubblico  -  Regione Sicilia - Dipendenti delle UU.SS.LL.  -
 Destituzione   dall'impiego   -   Commissione   di    disciplina    -
 Regolamentazione  -  Validita' delle sedute - Criteri - Sperequazione
 rispetto alla disciplina dettata dallo statuto degli impiegati civili
 dello Stato  -  Configurazione  della  commissione  disciplinare  non
 costituente,  come  collegio  perfetto,  un  principio generale - Non
 fondatezza.
 
 (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 61, quarto comma).
 
 (Cost., artt. 24, 76 e 97).
 
(GU n.16 del 19-4-1995 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Antonio BALDASSARRE;
 Giudici: prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi
    MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
    Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,
    dott. Riccardo CHIEPPA;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  61,  quarto
 comma,  del  d.P.R.  20  dicembre  1979,  n. 761 (Stato giuridico del
 personale delle unita' sanitarie locali), promossi con due  ordinanze
 emesse  il 17 gennaio 1994 dal Tribunale amministrativo regionale per
 la Sicilia, sezione staccata di  Catania,  sui  ricorsi  proposti  da
 Rosario  Valenti  e  da Natale Rapisarda, rispettivamente iscritte ai
 nn. 578 e 579 del registro ordinanze 1994 e pubblicate nella Gazzetta
 Ufficiale della Repubblica n. 41,  prima  serie  speciale,  dell'anno
 1994;
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di Rosario Valenti e di Natale
 Rapisarda;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  21  febbraio  1995  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
    Uditi  gli avvocati Enzo Silvestri per Rosario Valenti e Salvatore
 Mauceri per Natale Rapisarda;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con due ordinanze di identico contenuto emesse il 17  gennaio
 1994  nel  corso di due giudizi promossi, rispettivamente, da Rosario
 Valenti  e  Natale  Rapisarda   per   ottenere   l'annullamento   dei
 provvedimenti  disciplinari di destituzione dall'impiego adottati nei
 loro confronti dall'Unita' sanitaria locale  n.  35  di  Catania,  il
 Tribunale  amministrativo  regionale per la Sicilia, sezione staccata
 di Catania, ha sollevato  questioni  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  61,  quarto  comma,  del  d.P.R.  20 dicembre 1979, n. 761
 (Stato giuridico del personale delle  unita'  sanitarie  locali),  in
 riferimento agli artt. 24, 76 e 97 della Costituzione.
    La disposizione denunciata prevede per la validita' delle riunioni
 della  commissione  di  disciplina  la  presenza  di  due  terzi  dei
 componenti,  sicche',  ad   avviso   del   giudice   rimettente,   la
 composizione   della  commissione  potrebbe  variare  nel  corso  del
 giudizio,  mentre  la  valutazione   dell'esistenza   di   infrazioni
 disciplinari e della loro gravita', della colpevolezza del dipendente
 e  dell'entita'  della  sanzione  richiederebbe  la partecipazione di
 tutti i membri del collegio. A questa esigenza risponde  l'art.  148,
 quinto  comma,  del  testo  unico  delle  disposizioni concernenti lo
 statuto degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. 10  gennaio  1957,
 n.  3), che, con una norma considerata di principio, prescrive che le
 riunioni della commissione di disciplina (peraltro composta  di  soli
 tre membri) sono valide con la partecipazione di tutti i componenti.
    Il  Tribunale  amministrativo ritiene che l'art. 61, quarto comma,
 del d.P.R. n. 761 del 1979, emanato dal Governo in forza della delega
 concessa con la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ecceda i limiti della
 delega e sia pertanto in contrasto con l'art. 76 della  Costituzione.
 Difatti  l'art.  47  della  legge di delegazione prevede che lo stato
 giuridico ed economico del personale delle  unita'  sanitarie  locali
 sia disciplinato secondo i principi generali e comuni del rapporto di
 pubblico  impiego,  assicurando  un  unico  ordinamento  in  tutto il
 territorio nazionale. Al modello  generale,  che  per  gli  impiegati
 civili   dello  Stato  configura  la  commissione  disciplinare  come
 collegio perfetto, si sarebbe  derogato,  con  la  norma  denunciata,
 senza alcuna giustificazione.
    Ad  avviso  del giudice rimettente l'art. 61 del d.P.R. n. 761 del
 1979 sarebbe anche in contrasto con il diritto inviolabile di  difesa
 garantito  dall'art.  24  della  Costituzione,  che  dovrebbe trovare
 attuazione anche  nei  procedimenti  disciplinari.  Questo  principio
 sarebbe  leso,  consentendosi  ad  un  componente  della  commissione
 disciplinare che non ha preso parte alla fase di  trattazione,  nella
 quale  si  esplica  la  difesa  dell'incolpato,  di  concorrere  alla
 decisione.
    La disposizione denunciata sarebbe  inoltre  in  contrasto  con  i
 principi  di  imparzialita'  e  buon  andamento,  che devono ispirare
 l'attivita'   della   pubblica   amministrazione   (art.   97   della
 Costituzione).   La  particolare  natura  del  giudizio  disciplinare
 richiede garanzie di imparzialita' del giudizio, tra le  quali  hanno
 valore  fondamentale  quelle relative all'attivita' della commissione
 di disciplina, le quali sono condizione necessaria per il corretto ed
 imparziale esercizio della funzione sanzionatoria.
    2.  -  Nei  giudizi  dinanzi alla Corte si sono costituiti Rosario
 Valenti e Natale Rapisarda,  ricorrenti  nei  giudizi  principali,  i
 quali,  aderendo  alle  prospettazioni  dell'ordinanza di rimessione,
 hanno chiesto  che  sia  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale
 della disposizione denunciata.
    La  difesa  delle  parti  private  osserva  che  le commissioni di
 disciplina sono organi  amministrativi  con  funzioni  decisorie,  da
 configurare come collegi perfetti, cosi' come prevede in via generale
 l'art. 148 del testo unico n. 3 del 1957.
    Sarebbe   in  contrasto  con  la  tutela  del  diritto  di  difesa
 dell'incolpato la possibilita' che  per  il  personale  delle  unita'
 sanitarie  locali, con una disciplina differenziata rispetto a quelle
 disposte per  i  dipendenti  dello  Stato,  venga  meno  la  garanzia
 costituita  dal  collegio  giudicante  perfetto, che decide nella sua
 composizione integrale, tenendo conto dell'apporto di ciascun membro.
    Le parti  private  denunciano  il  contrasto,  oltre  che  con  le
 disposizioni  costituzionali  indicate  dall'ordinanza di rimessione,
 anche con gli artt. 3, 4 e 25  (Rosario  Valenti)  o  con  l'art.  25
 (Natale Rapisarda) della Costituzione.
    Nella  discussione  orale  le  parti, pur ribadendo le conclusioni
 gia' formulate negli scritti difensivi, hanno  chiesto  in  subordine
 che si interpreti la disposizione denunciata nel senso che in ciascun
 giudizio  debba  essere  comunque  assicurata  l'immutabilita'  della
 composizione   della   commissione   disciplinare   nel   corso   del
 procedimento.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  due  questioni  di legittimita' costituzionale hanno ad
 oggetto la disposizione legislativa che, regolamentando  le  riunioni
 delle  commissioni  di  disciplina istituite in ogni unita' sanitaria
 locale, prevede per la validita' delle  loro  sedute  la  maggioranza
 qualificata  di  due terzi dei componenti (art. 61, quarto comma, del
 d.P.R.  20  dicembre  1979,  n.  761).  Il  Tribunale  amministrativo
 regionale  per  la  Sicilia, sezione staccata di Catania, ritiene che
 questa disposizione, discostandosi  dalla  disciplina  dettata  dallo
 statuto  degli  impiegati  civili  dello  Stato,  che richiede per la
 validita'  delle  riunioni  della  commissione   di   disciplina   la
 partecipazione  di tutti i componenti (art. 148 del d.P.R. 10 gennaio
 1957, n. 3), sia in contrasto:
       a) con l'art. 76 della Costituzione, in quanto la  disposizione
 e' stata adottata con decreto legislativo senza rispettare i principi
 della  legge  di  delegazione.  Questa prevede per il personale delle
 unita' sanitarie locali uno  stato  giuridico  conforme  ai  principi
 generali  e  comuni  del  rapporto di pubblico impiego (art. 47 della
 legge 23 dicembre 1978, n. 833),  tra  i  quali  si  assume  compreso
 quello  della  configurazione  della  commissione  di disciplina come
 collegio perfetto;
       b) con l'art. 24 della Costituzione, in quanto la  possibilita'
 che   alla  decisione  disciplinare  partecipi  un  componente  della
 commissione che non ha assistito alla trattazione orale violerebbe il
 diritto di difesa, da proteggere anche nei procedimenti disciplinari;
       c) con l'art. 97 della Costituzione, in quanto sarebbe  violato
 il  principio di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione:
 nel  procedimento  disciplinare  la  garanzia  di  imparzialita'  del
 giudizio   richiederebbe   una   particolare   configurazione   della
 commissione di disciplina.
    2.  -  Le  due questioni hanno ad oggetto la stessa disposizione e
 sono prospettate in riferimento ai medesimi parametri costituzionali.
 I  relativi  giudizi  vanno  riuniti  per  essere  decisi  con  unica
 sentenza.
    3. - I termini delle questioni di legittimita' costituzionale sono
 esclusivamente  quelli  fissati  nelle  ordinanze  di rimessione. Non
 possono pertanto essere presi in considerazione gli  altri  parametri
 di  valutazione  (artt.  3, 4 e 25 della Costituzione) indicati dalle
 parti private costituite in giudizio.
    4.  -  Le  ordinanze  di  rimessione  muovono  dalla   sostanziale
 assimilazione   del   principio   di   immutabilita',   che  riguarda
 l'identita' di composizione del collegio amministrativo nel corso  di
 ciascun  giudizio  disciplinare,  con  la configurazione dello stesso
 collegio come  perfetto,  destinato  ad  operare  con  la  necessaria
 presenza  di tutti i componenti. L'esigenza di rispettare il criterio
 del collegio perfetto viene difatti prospettata come  necessaria  per
 escludere   che   partecipino  alla  deliberazione  componenti  della
 commissione disciplinare i quali non siano stati presenti a tutta  la
 trattazione orale.
    Questa impostazione non puo' essere condivisa.
    L'immutabilita'  dei  membri del collegio risponde ad un principio
 comune ad  ogni  specie  di  giudizio  disciplinare,  dovendo  essere
 escluso  dalla decisione chi non ha assistito alla trattazione orale.
 Questa regola, connessa con la necessita' che chi decide conosca,  e'
 rispettata   anche  nel  procedimento  che  si  svolge  dinanzi  alle
 commissioni  disciplinari  delle  unita'  sanitarie  locali.  Difatti
 l'art.  51  del  d.P.R.  n.  761  del  1979  stabilisce  che  a  tale
 procedimento si applicano  le  disposizioni  del  testo  unico  degli
 impiegati  civili  dello  Stato,  tra  le  quali  quella  che prevede
 l'immutabilita'   della   composizione   della   commissione    nella
 trattazione  e  nella  deliberazione  (art.  115  del d.P.R. n. 3 del
 1957).
    La configurazione della  commissione  disciplinare  come  collegio
 perfetto  non  costituisce  un  principio  generale, comune a tutti i
 rapporti di pubblico impiego, e  risponde  ad  esigenze  diverse.  Lo
 statuto  degli impiegati civili dello Stato prevede, per la validita'
 delle riunioni della commissione di disciplina, la presenza di  tutti
 i   componenti   (art.   148),   ma  in  un  contesto  nel  quale  la
 partecipazione  di  tutti  e  tre  i  membri  della  commissione   e'
 necessaria  per assicurare la stessa collegialita' nella composizione
 e nel funzionamento dell'organo. Ma per alcune categorie  nell'ambito
 del  pubblico  impiego  non  manca  la  previsione  di commissioni di
 disciplina che deliberano con  la  partecipazione  della  maggioranza
 qualificata  e  non  della  totalita'  dei  componenti (si vedano, ad
 esempio, l'art. 21 della legge 3 aprile 1979,  n.  103  e  l'art.  12
 della  legge  27  aprile  1982,  n.  186), anche in casi nei quali il
 procedimento disciplinare si svolge in forme giurisdizionali (art.  1
 della legge 30 dicembre 1988, n. 561).
    La  configurazione  delle  commissioni di disciplina come collegio
 perfetto non e' neppure coessenziale alla funzione di  valutazione  e
 di  giudizio propria di questo organo, tanto piu' che la variabilita'
 numerica dei componenti e' prevista  talvolta  anche  per  i  collegi
 giurisdizionali (si veda la sentenza n. 284 del 1986).
    Il  decreto  legislativo,  nello  stabilire  che le riunioni delle
 commissioni di disciplina delle unita' sanitarie locali  sono  valide
 con  la  presenza  di  due  terzi  dei  componenti,  non e' quindi in
 contrasto, per il profilo considerato, con i principi della delega, e
 risponde all'esigenza di assicurare il funzionamento  di  un  organo,
 che  si prefigura a composizione mista e numericamente non ristretta,
 senza  farne  dipendere  l'operativita'   dalla   possibile   mancata
 partecipazione di alcune sue componenti.
    Il   dubbio   di   legittimita'   costituzionale,  prospettato  in
 riferimento all'art. 76 della Costituzione, non e' pertanto fondato.
    5. - Le questioni non sono fondate  neppure  in  riferimento  agli
 artt. 24 e 97 della Costituzione.
    Il  diritto di difesa non si estende nel suo pieno contenuto oltre
 la  sfera  della  giurisdizione  sino  a  coprire  ogni  procedimento
 contenzioso   di  natura  amministrativa,  ma  rispecchia  un  valore
 inerente ai diritti inviolabili della persona e contribuisce  a  dare
 concreto  spessore  anche all'imparzialita' dell'Amministrazione, che
 nell'esercizio della potesta' sanzionatoria deve porre l'incolpato in
 grado di far ascoltare e  valutare  le  proprie  ragioni  da  chi  e'
 chiamato  a  decidere. Lo stesso principio concorre ad integrare ed a
 rendere effettivo anche il criterio di buon  andamento,  che,  in  un
 procedimento destinato ad incidere direttamente e profondamente sulla
 condizione  di  chi  vi  e'  sottoposto, richiede la raccolta di ogni
 elemento valutativo,  garantendo  all'incolpato  la  possibilita'  di
 contribuire   a   questa   acquisizione.   Una  volta  assicurate  la
 partecipazione dell'interessato e la presenza  per  la  deliberazione
 disciplinare   dei   soli  componenti  della  commissione  che  hanno
 assistito all'intera trattazione  orale,  i  principi  costituzionali
 sopra richiamati non sono lesi dalla composizione non totalitaria del
 collegio.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi,   dichiara   non  fondate  le  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 61, quarto comma, del d.P.R. 20
 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico  del  personale  delle  unita'
 sanitarie  locali),  sollevate, in riferimento agli artt. 24, 76 e 97
 della Costituzione, dal Tribunale  amministrativo  regionale  per  la
 Sicilia,  sezione  staccata  di Catania, con le ordinanze indicate in
 epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 aprile 1995.
                      Il Presidente: BALDASSARRE
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 14 aprile 1995.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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