N. 26 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 13 aprile 1995

                                 N. 26
 Ricorso  per  questioni  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 13 aprile  1995  (del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri)
 Regione Calabria - Impiego regionale - Integrazione all'art. 11 della
 legge  regionale n. 15 del 5 aprile 1985 che dispone l'inquadramento,
 ai fini giuridici ed economici, del personale assunto ai sensi  della
 legge   regionale   n.  4/1979,  dal  mese  successivo  a  quello  di
 approvazione della graduatoria degli idonei, con  la  previsione  del
 riconoscimento  del  servizio  prestato  dal  personale  in questione
 anteriormente  all'inquadramento  nel  ruolo  regionale   a   partire
 dall'entrata  in  vigore  della legge regionale 13 marzo 1979, n. 4 -
 Indebito riconoscimento di servizio non di ruolo (tra l'altro  svolto
 a  seguito  di  rapporto  di  lavoro  di  natura fiduciaria e a tempo
 determinato) in contrasto con  i  principi  della  legge  quadro  sul
 pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93, relativi alla omogeneizzazione
 delle  posizioni  giuridiche,  alla  perequazione  e  trasparenza dei
 trattamenti economici e all'efficienza amministrativa.
 (Delibera legislativa regione Calabria riapprovata l'8 marzo 1995).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.21 del 17-5-1995 )
    Ricorso  per   il   Presidente   del   consiglio   dei   ministri,
 rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, nei confronti
 della regione  Calabria,  in  persona  del  presidente  della  Giunta
 regionale  in carica, avverso la delibera legislativa riapprovata dal
 Consiglio regionale l'8 marzo 1995,  comunicata  al  Commissario  del
 Governo  il  20 marzo 1995, e recante "integrazione all'art. 11 della
 legge regionale n. 15 del 5 aprile 1985 - norme  per  l'inquadramento
 del personale assunto nei gruppi consiliari".
    Con  telegramma  30  agosto  1991  il  Governo  aveva  rinviato la
 delibera legislativa 31  luglio  1991  della  regione  Calabria,  ora
 riapprovata nello stesso testo con la delibera in epigrafe.
    Come  risulta dalla relazione al progetto di legge approvato dalla
 delibera che si impugna, "Il personale dei Gruppi consiliari, assunto
 a seguito della legge  regionale  n.  4/1979,  e'  stato  inquadrato,
 previo  superamento  di  concorso  interno,  nel  ruolo  regionale in
 applicazione dell'art. 11 della legge regionale 5 aprile 1985, n. 15.
    Il citato art. 11 della legge regionale n. 15/85 -  prevedendo  la
 decorrenza dell'inquadramento ai fini giuridici ed economici dal mese
 successivo  a quello di approvazione della graduatoria degli idonei -
 ha trascurato ogni valutazione del servizio  pregresso  prestato  dal
 predetto personale.
    Il  presente  progetto di legge tende, pertanto, ad ovviare a tale
 omissione, con il riconoscimento del servizio prestato dal  personale
 di cui trattasi anteriormente all'inquadramento nel ruolo regionale".
    La semplice lettura della relazione pone in evidenza i vizi in cui
 la  deliberazione  incorre,  e che i generici e indiretti riferimenti
 addotti a sostegno della proposta di riapprovazione non valgono certo
 a superare, come il  tempo  trascorso  dalla  precedente  delibera  -
 rinviato dal Governo per nuovo esame - dimostra.
    Ed  infatti  il  Governo  aveva  "rilevato  che  disposizione  cui
 articolo 2, disponendo valutazione con effetto retroattivo,  servizio
 precario   prestato   at  dipendenze  gruppi  consiliari,  ponesi  in
 contrasto con principi desumibili da legislazione statale in  materia
 che   non  consentono  siffatti  riconoscimenti  et  viola  pertanto,
 principio  omogeneizzazione  posizione  giuridiche  cui  art. 4 legge
 quadro   pubblico   impiego,   nonche'   generali   principi    buona
 amministrazione  et  discostandosi  da  disciplina  adottata da altre
 regioni per analoghe  fattispecie,  uguaglianza  cui  artt.  97  e  3
 Costituzione".
    Dopo  tali  rilievi,  solo  nell'imminenza della conclusione della
 legislatura  regionale  il  testo  del  disegno  di  legge  e'  stato
 riapprovato: ma i termini del problema non mutano.
    Ed  e'  proprio ripercorrendo l'iter della precedente legislazione
 regionale in materia, che si coglie  l'inammissibile  salto  compiuto
 con  la  proposta  in esame rispetto agli tessi principi entro cui in
 precedenza la regione aveva creduto di contenersi.
    Come si e' visto, il percorso trae origine dal III comma dell'art.
 2  della  legge  regionale  n.  13/1979  n.  4,  avente  ad   oggetto
 "Ristrutturazione e finanziamento dei gruppi consiliari" e che - dopo
 avere  previsto  la  assegnazione  a  ciascun gruppo consiliare di un
 contingente di personale  regionale  (entro  i  limiti  e  secondo  i
 criteri indicati) - cosi' stabilisce:
 "I gruppi consiliari, qualora non sia possibile reperire il personale
 di  propria  fiducia tra i dipendenti regionali, hanno la facolta' di
 avvalersi  di  personale  di  fiducia   esterno   all'amministrazione
 regionale nei limiti di due unita' del contingente stabilito al primo
 comma  del  presente articolo.   L'incarico e' conferito dagli stessi
 gruppi consiliari  con  contratto  a  tempo  determinato  risolto  di
 diritto alla fine della legislatura, salvo lo scioglimento anticipato
 del gruppo".
    Dove, appunto, va sottolineato che venivano conferiti incarichi di
 servizio  precario,  con  contratti  a tempo determinato da parte dei
 gruppi  consiliari:  contratti  destinati   a   risolversi   a   fine
 legislatura o anche prima.
    Solo  con  la  successiva  legge  regionale 5 aprile 1985 n. 15 la
 regione ritenne (art. 11) che il personale cosi'  assunto  "entro  la
 data  del  31  agosto  1984  e  in servizio continuativo alla data di
 entrata in vigore della presente legge  e',  a  domanda,  inquadrato,
 previo  superamento  di  apposito  concorso  interno riservato, nelle
 qualifiche  funzionali  del  ruolo  unico  regionale  stabilendo  che
 l'inquadramento  decorre,  ai  fini  giuridici ed economici, dal mese
 successivo a quello di approvazione della graduatoria degli idonei".
    Ed e' a questo punto che si e' proposta la norma in esame  con  la
 quale,   dopo   avere  elegantemente  espunto  (con  l'art.  1)  quel
 fondamentale  inciso  dell'appena  richiamato  art.  11  secondo  cui
 l'inquadramento  decorreva  "ai fini giuridici ed economici" dal mese
 successivo a quello di approvazione della graduatoria, si e' previsto
 che "Il servizio prestato dal personale di cui all'articolo 11  della
 legge  regionale  5  aprile  1985,  n.  15, a partire dall'entrata in
 vigore della legge regionale 13 marzo 1979,  n.  4,  e'  riconosciuto
 agli effetti dell'anzianita' e degli aumenti periodici di stipendio".
    E  tale norma e', come il Governo non aveva mancato di rilevare in
 sede di rinvio, in patente contrasto con tutti i principi in materia,
 ed in primis con quelli costituzionali.
    Si tratta, infatti, di un riconoscimento, con effetto retroattivo,
 del  servizio  prestato   dal   personale   dei   gruppi   consiliari
 anteriormente  all'inquadramento  nel  ruolo  regionale  e  quindi in
 contrasto con i principi in materia di impiego  presso  le  pubbliche
 amministrazioni che non consentono il riconoscimento del servizio non
 di  ruolo: servizio svolto per di piu', nel caso di specie, a seguito
 di rapporto di lavoro di natura fiduciaria e  quindi  instaurato  per
 chiamata, a tempo determinato.
    Qui viene ignorato, dunque, l'art. 117 della Costituzione, perche'
 la  legge  29  marzo  1983  n. 93 (legge quadro sul pubblico impiego)
 stabilisce all'art. 1  che  "Le  disposizioni  della  presente  legge
 costituiscono  principi  fondamentali  ai  sensi  dell'art. 117 della
 Costituzione. Le amministrazioni dello Stato,  anche  ad  ordinamento
 autonomo,  delle  regioni  a  statuto ordinario, delle provincie, dei
 comuni  e  di  tutti  gli  enti  pubblici  non  economici  nazionali,
 regionali  e  locali si attengono ad essa ciascuna secondo il proprio
 ordinamento".
    E l'art. 4 enuncia la fondamentale regola che gli atti in  materia
 "devono  ispirarsi ai principi della omogeneizzazione delle posizioni
 giuridiche,  della  perequazione  e   trasparenza   dei   trattamenti
 economici e dell'efficienza amministrativa".
    E'  con  tali  principi, appunto, che la regolamentazione proposta
 dalla regione Calabria si pone  in  potente  contrasto:  se  da  essi
 deriva, come deriva, la non riconoscibilita' dell'anzianita' maturata
 nel   periodo   pre-ruolo,  tanto  meno  tale  riconoscimento  potra'
 effettuarsi in una situazione di rapporto  originario  cosi'  anomala
 come quella descritta.
    E,  d'altra  parte,  il  provvedimento, volto a consentire anche a
 siffatto personale di usufruire  indebitamente  degli  avanzamenti  e
 benefici  contrattuali  previsti  per  i  dipendenti  regionali  c.d.
 storici, contrasta altresi' con il principio di buona amministrazione
 di cui all'art. 97 della Costituzione richiamato anche  espressamente
 dall'art.  3  della  legge  sul pubblico impiego citata e valorizzato
 dalla giurisprudenza amministrativa  in  casi  del  genere.  E  cosi'
 determinandosi,  a  favore  di  detto  personale,  una  situazione di
 particolare favore rispetto agli altri  dipendenti  regionali,  viene
 pure  violato  il  principio  di  uguaglianza di cui all'art. 3 della
 Costituzione.
   Per quanto precede,  si  chiede  di  dichiarare  la  illegittimita'
 costituzionale della delibera regionale impugnata.
    Si  produrranno il testo della delibera legislativa, il telegramma
 di rinvio e la delibera del Consiglio dei Ministri.
      Roma, addi' 31 marzo 1995
                Plinio SACCHETTO, avvocato dello Stato
 
 95C0465