N. 234 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 febbraio 1995

                                N. 234
 Ordinanza  emessa  il  13  febbraio  1995 dal giudice per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Verbania sull'istanza proposta  da
 Di Stefano Claudio
 Processo penale - Custodia cautelare in carcere - Criteri per
    l'applicazione  - Possibilita' di soddisfare le esigenze cautelari
    mediante l'applicazione di altre misure  coercitive  -  Esclusione
    nelle  ipotesi  previste  dal terzo comma dell'art. 275 del c.p.c.
    (nella specie: "omicidio": art. 575 del c.p.) - Irragionevolezza -
    Lesione del principio di presunzione di innocenza dell'imputato.
 (C.P.P. 1988, art. 275).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.18 del 3-5-1995 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Il g.i.p. dott. Massimo Terzi nel procedimento sopra  rubricato  a
 carico  di  Di Stefano Claudio nato ad Acquafondata (Frosinone) il 12
 agosto  1955  attualmente  detenuto  presso  casa  circondariale   di
 Verbania,  difeso  dagli avv.ti Marcello Campisani del foro di Como e
 dott. proc. Chiara Alladio del foro di Verbania, imputato del delitto
 p. e p. dall'art. 575 del c.p. perche' cagionava la morte di Puppieni
 Adriana colpendola ripetutamente al capo con un  manico  d'ascia,  in
 Omegna il 16 febbraio 1994.
    Parti  civili  Zucchi  Anna  Bice,  Puppieni  Maria Luisa, Cottini
 Gianluca, Puppieni Giuliana tutti elettivamente depositati presso  lo
 studio  degli  avv.ti  G.  Russo  e  G. Frattini entrambi del foro di
 Verbania, difesi dagli avv.ti Giuseppe  Russo  e  Giovanni  Frattini,
 nonche' dall'avv. A. Savoini del foro di Vercelli.
    Rilevato   che   all'esito   del  giudizio  abbreviato  la  difesa
 dell'imputato ha chiesto la remissione in liberta' del Di Stefano che
 questo g.i.p. respingeva con la seguente motivazione con  dispositivo
 del 14 dicembre 1994:
    Sull'istanza  di rimessione in liberta' del Di Stefano, sentito il
 parere del p.m.;
    Rilevato che il titolo del reato ai sensi dell'art. 275 del c.p.p.
 non consente l'applicazione di misura diversa rispetto alla  custodia
 cautelare  in  carcere;  ritenuto  che  la presunzione legislativa di
 sussistenza delle esigenze cautelari non puo' ritenersi superata  con
 riferimento  all'art.  274, lett. c) atteso che proprio in ragione di
 tale presunzione, la possibilita'  che  in  ragione  della  peculiare
 situazione  creatasi  con  le  parti civili, le analizzate situazioni
 psichiche che hanno portato al riconoscimento della diminuente di cui
 all'art.  89  del  c.p.,  le  modalita'   del   reato   stesso,   non
 costituiscono giuridicamente elemento tranquillizzante in ordine alla
 reiterazioni  di  reati della stessa specie cosi' come si esplichera'
 piu' compiutamente in sentenza attesa  l'impossibilita'  di  assumere
 provvedimento meno afflittivo e che possa essere sufficiente garanzia
 rispetto  all'esigenza cautelare la cui presunzione di sussistenza si
 ritiene  permanere  per  difetto  di  una  completa  prova   positiva
 contraria;  ritenuto  altresi'  che nel caso in esame si evidenzi con
 particolare rilevanza la illegittimita'  costituzionale  della  norma
 con  riferimento  non  alla presunzione di sussistenza delle esigenze
 cautelari, bensi' al divieto di applicazione di  diverse  misure  che
 possano  garantire  le  esigenze; respinge l'istanza di rimessione in
 liberta' e dispone con separata ordinanza la  remissione  alla  Corte
 costituzionale  della  questione  in  ordine  alla legittimita' della
 norma impugnata rilevando che nella peculiare  fattispecie  non  puo'
 disporsi  una  sospensione  integrale della decisione atteso che cio'
 pregiudicherebbe   il   diritto   dell'imputato   di   impugnare   il
 provvedimento   nella   parte   in   cui   questo  g.i.p.  disconosce
 l'insussistenza  della  esigenza  cautelare,  provvedimento  che  ove
 riformato, farebbe automaticamente diventare irrilevante la questione
 sollevata;
                             O S S E R V A
    Non appare manifestamente infondata la questione di illegittimita'
 costituzionale dell'art. 275 del c.p.p. nella parte in cui esclude al
 terzo  comma la facolta' per il giudice di applicare misura cautelare
 meno  afflittiva;  cio'  con  riferimento  all'art.   3,   27   della
 Costituzione.
    Infatti  appare  irragionevole  impedire, sia pure per reati cosi'
 gravi, che il giudice possa valutare il caso di merito; ed invero  se
 puo' ritenersi rientrante nei poteri del legislatore l'imposizione di
 presunzioni  di valutazioni in ragione del titolo del reato - come la
 presunzione di sussistenza di esigenze cautelari - che  impongano  di
 fatto  una  motivazione di superamento della presunzione da parte del
 giudicante, non puo' ritenersi  ragionevole  in  un  ordinamento  che
 esclude  che  la  misura  cautelare  possa  essere finalizzata ad una
 anticipata espiazione della pena ( ex art. 27,  secondo  comma  della
 Costituzione),  che  la  prevenzione  delle  esigenze cautelari debba
 necessariamente essere tutelata  con  il  carcere  a  prescindere  da
 qualsiasi  valutazione;  ed  invero  appare  molto  piu'  corretto un
 meccanismo di inversione che imponga al giudice di valutare e  quindi
 motivare  per  i  titoli di reato previsti una applicazione di misura
 cautelare meno afflittiva derogando ad una presunzione di adeguatezza
 - normativamente prevista - di quella  della  custodia  cautelare  in
 carcere.
    Giova  rilevare  che  nel procedimento in esame - come chiaramente
 esplicato nell'ordinanza riportata - la rilevanza della questione  e'
 in  re  ipsa  avendo  la  norma  in  esame de facto impedito a questo
 giudice di valutare l'applicabilita' di diversa misura richiesta.
   Si dispongono le comunicazioni di rito e la trasmissione degli atti
 in copia alla Corte costituzionale.
      Verbania, addi' 13 febbraio 1995
             Il giudice per le indagini preliminari: TERZI
 
 95C0491